Parrocchia Madonna della Strada - Cagliari
Giovedì santo
13 aprile 2017
Preghiera comunitaria
Canto: Populus meus
Dal Vangelo di Giovanni
Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato
glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo
glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per
poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora
lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un
comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri". Simon
Pietro gli disse: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado,
tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi". Pietro disse:
"Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!".
Rispose Gesù: "Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico:
non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte.
Signore Gesù,
come nell’Ultima Cena con i “tuoi”.
Ora sei in mezzo a noi come colui che serve.
Tu, l’Altissimo, ci onori del tuo servizio.
Umile ai nostri piedi,
ce li lavi, ce li baci, ce li profumi di crisma,
ce li calzi di mansuetudine e di pace,
per farci camminare dietro di te
fino alla Casa del Padre.
Sappiamo che la strada del ritorno
passa per l’orto degli Ulivi,
sale sul monte della Croce,
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scende nella grotta del Sepolcro,
sbocca nel Giardino rifiorito.
Signore Gesù,
pur essendo stolti e lenti di cuore,
desideriamo saperti imitare
e, nel tuo nome, di servirci a vicenda,
per rendere visibile nei nostri gesti
la tua immensa carità divina
ed essere un giorno introdotti
alla cena della Pasqua eterna
dove tu stesso, come ci hai promesso, ancora passerai a servirci,
saziandoci di gioia con la luce radiosa del tuo Volto.
Amen.
Canto: Tristis est anima mea
Dal Vangelo di Matteo
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato
Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui,
mentre io vado là a pregare". E, presi con sé Pietro
e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare
tristezza e angoscia. E disse loro: " La mia anima è
triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me". Andò un poco più
avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: "Padre mio, se è possibile,
passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi
tu!". Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro:
"Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e
pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è
debole". Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: "Padre mio, se
questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua
volontà". Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi
si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza
volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro:
"Dormite pure e riposatevi! Ecco, l'ora è vicina e il Figlio dell'uomo viene
consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi
tradisce è vicino".
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“Vieni fuori!”;
vieni fuori dall’ingorgo della tristezza senza speranza;
sciogli le bende della paura che ostacolano il cammino;
ai lacci delle debolezze e delle inquietudini che ti bloccano,
ripeti che Dio scioglie i nodi.
Preghiera
Signore Gesù, tu sei con noi,
vivo e vero, nell’Eucaristia.
Signore, accresci la nostra fede.
Signore, donaci una fede che ama.
Tu che ci vedi, tu che ci ascolti, tu che ci parli:
illumina la nostra mente perché crediamo di più;
riscalda il nostro cuore perché ti amiamo di più!
La tua presenza, mirabile e sublime
ci attragga, ci afferri, ci conquisti.
Signore, donaci una fede più grande.
Signore, donaci una fede più viva.
Giovanni Paolo II
Seguendo Gesù impariamo a non annodare le nostre vite attorno ai
problemi che si aggrovigliano: sempre ci saranno problemi, sempre, e
quando ne risolviamo uno, puntualmente ne arriva un altro. Possiamo
però trovare una nuova stabilità, e questa stabilità è proprio Gesù, la
risurrezione e la vita: con lui la gioia abita il cuore, la speranza rinasce, il
dolore si trasforma in pace, il timore in fiducia, la prova in offerta
d’amore. E anche se i pesi non mancheranno, ci sarà sempre la sua mano
che risolleva, la sua Parola che incoraggia e dice a tutti noi, a ognuno di
noi: “Vieni fuori! Vieni a me!”. Dice a tutti noi: “Non abbiate paura”.
Papa Francesco, Carpi 2 aprile 2017
riflessione
Di fronte ai grandi “perché” della vita abbiamo due vie:
stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi,
o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri. Sì, perché ciascuno di
noi ha già un piccolo sepolcro, qualche zona un po’ morta
dentro il cuore: una ferita, un torto subìto o fatto, un
rancore che non dà tregua, un rimorso che torna e ritorna, un peccato
che non si riesce a superare. Individuiamo oggi questi nostri piccoli
sepolcri che abbiamo dentro e lì invitiamo Gesù. È strano, ma spesso
preferiamo stare da soli nelle grotte oscure che abbiamo dentro, anziché
invitarvi Gesù; siamo tentati di cercare sempre noi stessi, rimuginando e
sprofondando nell’angoscia, leccandoci le piaghe, anziché andare da Lui,
che dice: «Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi, e io vi darò
ristoro» (Mt 11,28). Non lasciamoci imprigionare dalla tentazione di
rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso per quello che ci succede;
non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere
rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è
l’atmosfera del sepolcro; il Signore desidera invece aprire la via della vita,
quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della risurrezione del
cuore, la via dell’“Alzati! Alzati, vieni fuori!”. E’ questo che ci chiede il
Signore, e Lui è accanto a noi per farlo.
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Dal salmo 116
Amo il Signore,
perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora
ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, liberami, Signore".
Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.
Ritorna, anima mia, al tuo riposo,
perché il Signore ti ha beneficato.
Sì, hai liberato la mia vita
dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò
alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.
Canto: Ubi caritas
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Preghiera
Dal Vangelo di Giovanni
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io
pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il
mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo
conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò
orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi
invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete
che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei
comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà
amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
riflessione
Il soffio della vita di Dio ci libera da quella asfissia di
cui tante volte non siamo consapevoli perché ci siamo
abituati a respirare un’aria in cui è rarefatta la
speranza, aria di tristezza e di rassegnazione, aria soffocante di panico e
di ostilità. No all’asfissia dello spirito per l’inquinamento causato
dall’indifferenza, dalla trascuratezza di pensare che la vita dell’altro non
mi riguarda; per ogni tentativo di banalizzare la vita, specialmente quella
di coloro che portano nella propria carne il peso di tanta superficialità.
No all’inquinamento intossicante delle parole vuote e senza senso, della
critica rozza e veloce, delle analisi semplicistiche che non riescono ad
abbracciare la complessità dei problemi umani, specialmente i problemi di
quanti maggiormente soffrono. No all’asfissia di una preghiera che ci
tranquillizzi la coscienza, di un’elemosina che ci lasci soddisfatti, di un
digiuno che ci faccia sentire a posto. No all’asfissia che nasce da intimismi
che escludono, che vogliono arrivare a Dio scansando le piaghe di Cristo
presenti nelle piaghe dei suoi fratelli: quelle spiritualità che riducono la
fede a culture di ghetto e di esclusione.
E’il tempo per pensare e domandarci: che sarebbe di noi se Dio ci avesse
chiuso le porte?; che sarebbe di noi senza la sua misericordia che non si è
stancata di perdonarci e ci ha dato sempre un’opportunità per
ricominciare di nuovo? Dove saremmo senza l’aiuto di tanti volti
silenziosi che in mille modi ci hanno teso la mano e con azioni molto
concrete ci hanno ridato speranza e ci hanno aiutato a
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ricominciare?
Papa Francesco, Quaresima 2017
Signore, la nostra fede è come cenere: tiepida e inconsistente!
La nostra speranza è come cenere: leggera e portata dal vento.
Il nostro sguardo è come la cenere: grigio e spento.
Le nostre mani sono come la cenere: quanta polvere!
La nostra comunità è come la cenere: quanta dispersione!
Signore Dio nostro, ti ringraziamo:
il soffio del tuo Spirito accende di nuovo il suo fuoco
che cova sotto le nostre ceneri. Amen
Canto: Christus factus est
Con tutta umiltà
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (2, 1-11)
Fratelli, se dunque c'è qualche consolazione in Cristo, se c'è
qualche conforto, frutto della carità, se c'è qualche
comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,
rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità,
rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma
ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso.
Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
"Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre.
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riflessione
La felicità che ognuno desidera può esprimersi in tanti
modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di
amare. Questa è la strada. E’ sempre una questione di
amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più.
Gesù, nella sua passione, ci ha amato sino alla fine; sulla croce ha rivelato
l’Amore che si dona senza limiti. Che cosa potremmo rimproverare a Dio
per le nostre infermità e sofferenze che non sia già impresso sul volto del
suo Figlio crocifisso? Al suo dolore fisico si aggiungono la derisione,
l’emarginazione e il compatimento, mentre Egli risponde con la
misericordia che tutti accoglie e tutti perdona: «per le sue piaghe siamo
stati guariti» (Is 53,5; 1 Pt 2,24). Gesù è il medico che guarisce con la
medicina dell’amore, perché prende su di sé la nostra sofferenza e la
redime. Noi sappiamo che Dio sa comprendere le nostre infermità,
perché Lui stesso le ha provate in prima persona (cfr Eb 4,15).
rifiuti per trovare qualcosa da mangiare; di soldati stanchi e affamati che
guardano annoiati quel che resta. L'acqua corrente va e viene, come pure
l'elettricità. Chissà quanto tempo ci vorrà per ricostruire tutto… Quanto
lavoro per lenire il dolore di chi ha perso mogli, figli, case e affetti. Si
lavora in continuazione nella parrocchia di san Francesco. I pozzi d'acqua
potabile sono sempre disponibili per le persone che non possono
permettersela, e diversi pulmini partono ogni minuto per distribuirla
anche oltre il quartiere di Azizieh. Il giovedì è dedicato alla distribuzione
dei pacchi alimentari. Nel centro di accoglienza c’è Bashir, un bambino
sui cinque anni. Il padre è disperso chissà dove e la madre non lavora.
L'unica speranza che hanno di sopravvivere, lei e il figlio, è l'aiuto che
ricevono settimanalmente dalla parrocchia. Bashir è timido, ma sorride.
Come lui, centinaia di persone attendono il loro turno nel salone. A
ognuno viene dato un voucher con cui può comprare del cibo e i
medicinali che gli occorrono. Ma prima, in un breve istante di silenzio,
Padre Ibrahim invita tutti a pregare per invocare il dono tanto atteso
della pace in Siria. Perchè il pane è importante, ma non è tutto.
Canto: O crux ave
…nel cuore “ Aleppo”
“Ad oggi, dopo 6 anni, i dati di una guerra senza fine
sono tragici. Nessuno sa bene quanti siano i morti:
forse oltre 450 mila, di cui 100 mila sarebbero civili,
20 mila bambini e 10 mila donne. I profughi sono
oggi quasi la metà della popolazione: 6 milioni e mezzo gli sfollati
interni, altri cinque sparsi nei campi profughi tra Turchia, Iraq, Libano e
Giordania. Migliaia e migliaia di famiglie che non hanno né una casa né
cibo o acqua potabile. Da cristiani abbiamo cercato di “allargare” la
nostra tenda ai fratelli mussulmani.” Padre Ibrahim
Aleppo: macerie. Case e strade distrutte per chilometri. Da Dicembre i
volti delle persone finalmente sorridono, le macchine sono tornate a
circolare. Anche qualche attività commerciale ha ripreso a funzionare, e
alla sera qualche luce dalle finestre illumina le case degli aleppini. Il
traffico intasa di nuovo la città, e i clacson imperversano come in ogni
città araba che si rispetti. Basta girare l'angolo, però, per riempirsi gli
occhi di palazzi sventrati dai missili e dalle bombe; di bambini
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che giocano coi detriti delle case; di anziani che rovistano tra i
Padre nostro.
Ai piedi della croce
Maria ci insegna nella sua desolazione, che l’ammanta
di ogni virtù, a coprirci di umiltà e di pazienza, di
prudenza e di perseveranza, di semplicità e di silenzio
perché nella notte di noi, dell’umano che è in noi, brilli
per il mondo la luce di Dio che abita in noi. Maria ha
saputo troppo bene coprire di dolcezza e di luce e di silenzio la sua viva
angosciosa agonia. Eppure: non c’è dolore simile al suo...Se un giorno le
sofferenze raggiungessero certi culmini, in cui tutto in noi sembra
ribellarsi perché il frutto della nostra «passione» pare tolto dalle nostre
mani e più dal nostro cuore, ricordiamoci di lei.
Sarà con questo gelo che ci renderemo un po’ simili a lei, che si staglierà
meglio la figura di Maria nelle nostre anime.
Canto: Sub tuum praesidium
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