Approfondiamo l`ernia inguinale Il sistema

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16
dicembre2002
OMEOPATIAOMOTOSSICOLOGIA
Il sistema immunitario:
nostro baluardo difensivo
Modifichiamo la nostra immunità migliorando la risposta allo stress(1ª parte)
In campo medico, l’immunologia (la branca che studia il
sistema immunitario) rappresenta uno degli argomenti più
difficili ed ancora poco conosciuti.
Vediamo di capire che cosa è e
come funziona. Intanto, si chiama sistema immunitario perché evidentemente le sue funzioni sono svolte da diversi organi: quelli più importanti sono
rappresentati dai linfonodi, la
milza, il fegato, le tonsille,
l’appendice e l’intestino (con i
suoi tessuti linfatici), il timo, il
midollo osseo, le mucose e i
globuli bianchi del sangue. Un
compito che devono svolgere è
quello di riconoscere un agente patogeno (che può causare
malattia) interno o esterno al
nostro organismo ed eliminarlo. È chiaro che per poter effettuare un così grosso lavoro,
essi devono essere nel migliore stato di salute possibile.
Ogni secondo noi veniamo a
contatto con una infinità di sostanze, tra cui batteri, virus,
funghi, parassiti, tossine inquinanti (gas atmosferici, tossine
alimentari, metalli pesanti,
ecc.). Il nostro corpo deve essere pronto nel riconoscere tali
sostanze ed eliminarle il più
presto possibile tramite gli organi chiamati emuntori (che
puliscono il nostro organismo)
tra cui il rene, l’intestino, il fegato, il polmone, la pelle. Ma
non ci sono solo sostanze esterne da eliminare, esistono anche sostanze interne rappresentate da prodotti tossici del
metabolismo, da cellule morte,
cellule anomale, ecc, che
anch’esse devono essere eliminate. Si può quindi facilmente
capire che il primo requisito
per ottenere una immunità valida è quello che si chiama “drenaggio”: esistono, infatti, in
medicina naturale (e solo in
medicina naturale) alcuni prodotti che servono per pulire i
nostri organi ed ottimizzare le
difese.
Un ruolo fondamentale viene
svolto dai globuli bianchi, che
hanno ruoli molteplici. Alcuni
hanno il compito di “ingoiare”
detriti, germi ed altre tossine;
altri sono implicati nella produzione di istamina e, quindi,
sono coinvolti nelle manifestazioni allergiche. Altri ancora
devono riconoscere la sostanza
estranea e portarla a contatto
con altre cellule che la possano
neutralizzare; ma merita una
particolare attenzione un grup-
po di globuli bianchi chiamati
linfociti. Questi ultimi hanno
svariate funzioni in parte ancora non del tutto ben conosciute: oltre alla produzione di anticorpi, essi sono dei veri e propri “cervelli” circolanti nel sangue, in altre parole, ricevono
ed emettono segnali chimici
proprio come fa il nostro cervello.
Questi segnali possono, per
esempio, essere rappresentati
da ormoni: molte sostanze ormonali influenzano in maniera
anche massiccia il nostro sistema immunitario, basta pensare
agli ormoni sessuali, a quelli tiroidei, ipofisari, ecc.
Ma quello che è veramente sorprendente, è che i linfociti possono essere “contattati” direttamente anche da sostanze chimiche ormonali prodotte dalla
ghiandola surrenale: il cortisone, che il nostro corpo sintetizza giornalmente con un ritmo
biologico ben preciso, ha
un’influenza fondamentale sulle difese immunitarie.
Questa ghiandola, però, produce anche adrenalina, che a sua
volta va a influenzare questi
globuli bianchi. Sapete cosa significa? Significa che lo stress
(l’adrenalina aumenta sotto
stress) modifica pesantemente
la nostra immunità. Si sta così
delineando in maniera sempre
più chiara che la psiche ha un
ruolo capitale per le nostre difese: quante volte ci capita di
osservare pazienti che, dopo
un forte stress prolungato, soffrono di herpes labiale ricorrente (che è una chiara manifestazione di difese immunitarie
deboli)?
Da studi relativamente recenti,
è stato dimostrato che addirittura il cervello stesso produce
sostanze chimiche che modulano direttamente la funzione
dei linfociti: possiamo pensare
di poter modificare la nostra
immunità migliorando la risposta allo stress?
Vista la enorme importanza
dell’argomento, continueremo
a parlarne il prossimo mese.
dott. Danilo Vaccai
medico-chirurgo
omeopata-omotossicologo
specialista in reumatologia
Gli interessati
a maggiori informazioni possono
rivolgersi alla nostra redazione
il lunedì e il martedì
tel. 055340811,
fax 055340814
e-mail: [email protected]
CHIRURGIA
Approfondiamo
l’ernia inguinale
MEDICINAESTETICA
Il laser contro
le rughe
Gli straordinari risultati ottenuti in questi ultimi decenni in campo
medico dalla ricerca scientifica hanno contribuito ad allungare in
modo importante la vita media dell’individuo. L’aspettativa comune
di una vita più lunga ed in salute, fa emergere sempre più
prepotentemente nuove problematiche, tra cui la richiesta
crescente di poter mantenere nel corso degli anni un aspetto
piacevole e giovanile.
La pelle col passare degli anni tende ad assottigliarsi e a rilassarsi.
Compaiono fini rughette intorno agli occhi e sul contorno delle
labbra, determinando un cambiamento dello sguardo e
dell’espressione del volto. Questa tendenza della pelle a fissurarsi è
dovuta prevalentemente alla disidratazione e alla perdita di
collagene ed è secondaria non solo all’invecchiamento, ma anche
ad altre cause (fumo, stress, eccessiva esposizione solare, nutrizione
scorretta, inquinamento atmosferico, abuso di alcol).
Le apparecchiature laser di ultima generazione, esempi di alta
tecnologia applicata alla medicina e alla chirurgia, sono in grado di
offrire risposte adeguate per il trattamento delle rughe, delle
macchie da invecchiamento sul viso e sulle mani, di esiti cicatriziali e
di altre antiestetiche lesioni cutanee. Con la laser chirurgia il
paziente ha il vantaggio di poter essere operato ambulatoriamente
in modo indolore, spesso senza necessità di anestesia locale, senza
rischi di sanguinamento e necessità di fastidiose medicazioni.
Questa tecnica, definita “laser resurfacing” è una nuova metodica
sicura ed affidabile in grado di produrre, in mani esperte, risultati
strabilianti. È una tecnica semplice ma di estrema precisione che
impone al dermatologo precisi criteri di selezione dei pazienti, di
preparazione pre-operatoria e di gestione del delicato periodo
post-operatorio.
Solo operatori con una preparazione approfondita, una grande
esperienza pratica e una grande accuratezza chirurgica potranno
garantire risultati clinici adeguati alle possibilità di queste
apparecchiature laser.
Il sistema laser chirurgico di più recente introduzione è denominato
Erbium. È un laser che penetra pochissimo nei tessuti: l’energia del
raggio laser si trasforma in calore nello strato superficiale della pelle
e lo vaporizza per uno spessore di pochi millesimi di millimetro. Si
ottiene così la rimozione dei tessuti invecchiati ed uno stimolo alla
produzione di nuove cellule. Le fibre collagene del derma
sottostante si stirano contribuendo a dare un aspetto più levigato
alla pelle. Si formano anche nuove fibre collagene che
ringiovaniscono la pelle.
Si possono trattare le rughe del contorno occhi e della regione
intorno alla bocca, oppure l’intero viso. È anche possibile migliorare
le cicatrici dell’acne e della varicella. Dopo la terapia la pelle risulta
più tesa, liscia e levigata senza però determinare alcuna alterazione
dell’espressione naturale del volto.
Il Laser ad Erbium permette inoltre di trattare con la stessa
precisione e non invasività, anche nei verrucosi, xantelasmi
(accumuli di colesterolo a livello delle palpebre), verruche, fibromi e
macchie solari del viso e delle mani.
dott. Franco Paciolla
c/o MEDLIGHT
Via delle Panche, 97c (zona Careggi)
Viale Gramsci, 12 (zona piazza Beccarla) - Tel. 055410180
È generalmente un problema di pertinenza maschile
L’ernia inguinale rappresenta la
più frequente ernia addominale
ed è generalmente un problema di pertinenza maschile, pur
potendolo riscontrare anche
nelle donne. Questa diversità di
incidenza della patologia è legata alla differente anatomia del
canale inguinale nei due sessi.
L’ernia inguinale deve infatti il
suo nome al fatto che si forma
lungo il canale inguinale che
non è altro che un condotto che
collega l’addome con l’esterno
attraversando, a tutto spessore,
la parete addominale. Nelle fasi
iniziali l’ernia impegna parzialmente il canale inguinale, poi
totalmente fino ad arrivare alla
sua fuoriuscita verso il sacco
scrotale.
Nell’uomo il canale inguinale
serve a far passare vasi arteriosi
e venosi, nervi e condotto deferente destinati al testicolo. Nella donna il contenuto del tragitto inguinale è costituito soltanto dal legamento rotondo e da
un’estroflessione del peritoneo
detta canale di Nuck; risulta
perciò molto meno vulnerabile
e per tale motivo è più difficile
che si formi l’ernia.
I sintomi
Da un punto di vista pratico solitamente l’ernia inguinale può
essere apprezzata come una tumefazione dolente in corrispondenza dell’inguine destro o sinistro. In realtà non è sempre
così e specialmente nelle fasi
iniziali, quando si parla di punta
d’ernia, la tumefazione può non
essere visibile anche se è presente dolore, specialmente alla
stazione eretta o dopo una giornata di sforzi. Il riposo ma in
particolare lo stare distesi (per
esempio sul letto o sul divano di
casa), fa passare i sintomi in
maniera quasi immediata. Può
pagina precedente
sembrare strano ma risultano
meno fastidiose le enormi ernie
inguino-scrotali (cioè che finiscono dentro lo scroto) generalmente tipiche dei soggetti
anziani e datate decine di anni.
In questo caso il canale inguinale è stato infatti con il tempo
così allargato e abituato al passaggio dell’ernia che i sintomi
legati al suo stiramento sono
spariti e questi soggetti sono
perciò asintomatici. Il rischio è
però lo strozzamento in quanto
il grosso sacco è occupato da
svariate decine di centimetri di
anse intestinali che possono avvolgersi su se stesse creando
un grave pericolo. Al contrario i
giovani pazienti hanno spesso
presente il momento in cui
l’ernia si è affacciata per la prima volta: generalmente in occasione di uno sforzo violento o in
ogni caso di uno sforzo non abituale riferiscono di aver avvertito la sensazione di “strappo”. È
difficile che un paziente con il
sospetto di ernia inguinale sbagli la sua diagnosi. Prima di tutto perché spesso la si vede e poi
perché i sintomi sono classicamente conosciuti un po’ da tutti. In realtà, a parte il classico fastidio rilevato come sensazione
di peso o di bruciore, non è raro
osservare disturbi dell’alvo o
della diuresi. Questi si manifestano quando vi è una partecipazione importante dell’intestino oppure della vescica
nell’ernia. Solo raramente è necessario ricorrere all’esame
ecografico per la diagnosi differenziale tra ernia e tumefazione
di altra natura. A questo proposito va ricordato come sia importante porre attenzione, nella
valutazione di un’eventuale ernia inguinale, alla possibile concomitanza di varicocele, di idrocele, di cisti del funicolo, di tu-
mefazioni testicolari, di linfonodi inguinali tumefatti, di ernie
crurali.
Il trattamento
L’ernia lasciata a se stessa può
andare incontro alle classiche
complicanze che abbiamo elencato nello scorso incontro (incarceramento, intasamento,
strozzamento ecc.), per cui si è
soliti generalmente farvi fronte
o con un trattamento conservativo, come l’uso del cinto erniario, oppure con il trattamento
chirurgico. Si fa ricorso al cinto
in quei soggetti in cui, per motivi di salute o per l’età avanzata,
sia sconsigliato l’intervento chirurgico. Il cinto non solo può infatti creare aderenze ma anche
stimolare un’infiammazione
cronica. È inoltre poco igienico
e crea impedimento in determinate situazioni; in linea di massima è ormai in disuso anche in
relazione al fatto che l’approccio chirurgico ha preso il sopravvento per gli innumerevoli
progressi che lo hanno reso
estremamente efficace e sicuro. Innanzitutto vanno ricordati
i nuovi materiali protesici che
funzionano come “toppe sulla
sede di uscita dell’ernia”. In
passato l’intervento era infatti
più doloroso in quanto l’ernia
veniva riparata avvicinando
q u e g l i s t e s s i te ssuti che
l’avevano lasciata uscire. Il risultato era una forte tensione
della sede operata che creava
notevoli disturbi alle comuni attività. Questi nuovi materiali
protesici rendono non necessaria la tensione dei tessuti sottostanti e svolgono un’importante
funzione di sostegno al nuovo
tessuto che trova una facile impalcatura su cui disporsi formando un vero e proprio muro.
In questo senso il risultato è
stato così eccellente che il numero delle recidive è drasticamente ridotto dall’avvento dei
materiali protesici. Anche
l’evoluzione delle tecniche anestesiologiche hanno giocato un
ruolo fondamentale nel rendere sempre più routinario tale intervento. I miglioramenti sono
stati ottenuti sia nei materiali
(gli aghi utilizzati per fare le
anestesie “spinali” hanno adesso una nuova conformazione:
più sottili e con punta specificatamente meno traumatica), sia
nella farmacologia degli stessi
anestetici (minori quantità di
anestetico a parità di effetto
anestesiologico).
Inoltre l’anestesia locale è diventata sempre più diffusa per
il trattamento dell’ernia inguinale e il paziente riprende a
camminare immediatamente
dopo l’intervento con importanti vantaggi. Perciò anche la degenza in ospedale viene ridotta
con estrema soddisfazione del
paziente che non solo quindi
può rientrare rapidamente
nell’ambiente a lui più consono,
ma è anche in grado di riprendere le proprie attività seppure
con un minimo di attenzioni.
Sarà infatti necessario astenersi da grossi sforzi nella prima
settimana per poi riprendere
gradualmente le comuni attività. È evidente che chi svolge lavori leggeri o semplicemente di
concetto potrà rientrare a ritmo
pieno rapidamente, al contrario
chi svolge mansioni pesanti dovrà attendere più a lungo.
dott. Marco Marranci
medico chirurgo
specialista in chirurgia
dell’apparato digerente
ed endoscopia chirurgica digestiva
e-mail: [email protected]
informazioni presso la redazione:
tel. 055340811
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