12 Giovedì 23 Febbraio 2017 ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA Considerato a lungo come genio solitario viene esposto con i lavori degli artisti della sua epoca Louvre, Vermeer con gli altri Le sue 12 grandi opere in concorrenza con i contemporanei DI ciale. Nel XVII secolo Delft (25 mila abitanti) era in comunicazione con altre città, da Amsterdam a Haarlem, Leyde, La Haye, Rotterdam e Dordrecht. Lo si capisce dai canali, dalle carrozze. Vermeer adorava mappamondi e cartine. I collezionisti facevano a gara e anche tra gli artisti si era sviluppata una certa concorrenza. ANGELICA RATTI A poteosi della stagione consacrata al secolo d’oro olandese, il Louvre di Parigi riunisce 12 grandi dipinti di Johannes Vermeer (Delft,1632-1675) che raffigurano scene di vita quotidiana, domestica, nella mostra «Vermeer e i maestri della pittura di genere». Sono esposti fino al 22 maggio insieme a una cinquantina di altri lavori opera dei suoi contemporanei che erano in competizione con colui che veniva considerato il genio solitario della pittura nel paese dove i suoi tableaux sono preziosi come i diamanti di Anversa. Qui sopra, «La lattaia» (1657-1658) di Vermeer e, accanto, «Giovane donna con la collana di perle», 1663 La mostra restituisce la vera identità all’artista olandese, della cui vita si conosce molto poco, e che, invece di rimanere isolato come si è creduto per molto tempo, rivaleggiava con gli altri maestri olandesi per meglio trionfare. Vermeer è «Ragazza col turbante» stato recuperato (1665-1666) di Vermeer nel 1866 da un secolo e mezzo di oblio gra- ha costruito intorno a lui la zie al critico d’arte Théophile leggenda di un artista tanThoré-Bürger, che ne ha ri- to geniale quanto solitario. velato la grande bellezza. E Fu lui a cucirgli addosso il soprannome di «Sfinge di Delft», suo luogo natale, in conseguenza del mistero che aleggiava intorno alla sua vta: non si conosceva nessuno dei suoi maestri e nessuno dei suoi allievi. E della sua vita si sapeva ancora meno. Le opere di Vermeer sono assai rare (37 ad oggi) e sono stati centellinate dal mercato. Anche perchè l’artista le ha vendute in esclusiva a uno dei suoi grandi collezionisti. Ebbene, Vermeeer, figlio di un mercante di stoffe, non ha vissuto la propria vita ripiegato in uno splendido isolamento. Tutta l’esposizione del Louvre ha il compito di demolire questa leggenda. E lo fa mettendo in scena 12 delle sue opere che raffigurano scene di vita quotidiana borghese insieme a una sessantina di altri dipinti, opere di Gerrit Dou, Gerard ter Borch, Jan Steen, Pieter de Hooch, Gabriel Metsu, e ancora Caspar Netscher, Frans van Mieris. Artisti che lavoravano fuori da Delft nelle diverse città della Repubblica delle sette province unite. Vermeer ha sicuramente viaggiato. Niente lo prova, ma tutte queste pitture esposte sono lì a suggerirlo con i loro temi e i loro dettagli, sostiene Balise Ducos, responsabile della sezione dipinti del Louvre e curatore della esposizione. Alle opere dell’artista olandese il quotidiano francese Le Figaro ha dedicato un numero spe- Vermeer e i suoi contemporanei erano pittori molto lenti perchè molto meticolosi nel dipingere i particolari dei loro quadri. Il primato spetta a Gerrit Dou, allievo di Rembrandt, anche il più caro fra loro, che, si dice, abbia impiegato tre giorni per un dettaglio di tre centimetri. Lui e Vermeer hanno visto i caravaggeschi di Utrecht. Al Louvre, grazie a un percorso tematico comparativo, con le scene di musica, di toilette, di scrittura, di lavori manuali che si confrontano nelle opere dei vari maestri, i dipinti di Vermeer si impongono immediatamente, al primo colpo d’occhio rispetto a quelli dei suoi contemporanei, come variazioni sublimi rispetto a loro. La sua appare come una pittura magica, alleggerita rispetto a quella dei suoi rivali. «La Lattaia», dipinta da Vermeer tra il 1657 e il 1658 è considerata la Gioconda del Rijksmuseum di Amsterdam. © Riproduzione riservata NEL 2011 L’ECONOMIA ERA QUELLA DI UN PAESE IN GUERRA: IN DIECI ANNI (2003-2013) IL PIL AVEVA PERSO IL 10% La Spagna era ko, ora ha svoltato e cresce del 3,2 per cento DI ETTORE BIANCHI N el 2011 l’economia della Spagna «era quella di un paese in guerra», quando il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, gli chiese di entrare a far parte del suo governo come ministro dell’economia. Luis de Guindos, può rivendicare per il 2016 la crescita del 3,2 per cento. Tra il 2003 e il 2013 il pil spagnolo aveva perso il 10%. La situazione economica è migliorata ma quella politica è differente perchè non c’è una maggioranza e il governo deve comunque dialogare con l’opposizione. Il paese comunque è riuscito a rimontare la china e adesso il governo si appresta a preparare il bilancio di previsione 2017. La Commissione europea stenta a credere che Madrid riuscirà a mantenere i propri impegni di riduzione del debito pubblico dal 4,6% del pil nel 2016 al 3,1% a fine 2017. Il ministro Luis de Guindos anticipa a Le Figaro, che sarà al 3,5%: «comunque sia», dice, «la Spagna avrà ridotto il proprio deficit di sei punti tra il 2011 e il 2017». Da quando si è insediato al ministero dell’economia, la Spagna non ha mai rispettato una sola volta gli obiettivi posti da Bruxelles, ma la Commissione è stata indulgente nel 2012 e nel 2013 in piena recessione. Comunque la Spagna ha ridotto costantemente il proprio deficit, ha sostenuto il ministro. «Siamo partiti da un livello molto alto, 9,5% quando sono arrivato al governo. Adesso la Spagna è uno dei paesi europei che ha ridotto più degli altri il proprio deficit negli ultimi anni. Finalmente la via spagnola viene considerata un modello corretto». Senza contestare l’obiettivo fissato dalla Commissione Ue, la Spagna avanza, di fatto, al proprio ritmo evitando le sanzioni. Il principale argomento di tasso di crescita». Luis de Guindos Madrid è la crescita. «In passato, la Spagna era il grande malato d’Europa. Oggi un buon numero di miei omologhi all’Ecofin», ha raccontato il ministro de Guindos, «sarebbero entusiasti di cambiare il loro tasso di deficit con il nostro Per giustificare l’indulgenza di Bruxelles, Pierre Moscovici aveva sostenuto che «la Spagna è un pilastro politico della zona euro». La paura di nutrire i discorsi anti-austerità, specialmente di Podemos, ha avuto gioco. Ora il dibattito nel paese è sulla ripartizione dei frutti della crescita. Il ministro vuole vedere nel rilancio dell’occupazione il successo della riforma del mercato del lavoro adottata dal proprio governo nel luglio 2012. La disoccupazione è passata dal 26,93% di inizio 2012 al 18,63% di fine 2016. Il prezzo è stato quello di una maggiore precarietà. La prossima grande riforma sarà quella delle pensioni. © Riproduzione riservata