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LUCIANO LODOLI
EPISTEMOLOGIA ED ECOLOGIA DELLA MENTE
SEMPLICI SPUNTI DI UN DISCORSO COMPLESSO
testo in costruzione
"Consideriamo ora per un momento se un calcolatore pensi. Io direi di no. Ciò
che pensa e procede per tentativi ed errori è l'uomo più il calcolatore più
l'ambiente. E le linee di demarcazione tra uomo, calcolatore ed ambiente sono del
tutto artificiali e fittizie: sono linee che tagliano i canali lungo i quali vengono
trasmesse le informazioni o le differenze; non sono confini del sistema pensante.
Quello che pensa è il sistema totale, che procede per tentativi ed errori, ed è
costituito dall'uomo più l'ambiente."
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1990
Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il
serio... perfino l'amore e l'odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra
pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della
natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile
riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale.
Gregory Bateson, Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano - Adelphi, Milano,
1989
PROLOGO
Epistemologia è una parola vagamente cacofonica, ardua, dal significato
sfuggente, spesso brandita come arma di dissuasione e intimidazione nei
confronti con potenziali concorrenti. Tranquilli! Non intendiamo attingere
arcane sfere filosofiche o gnoseologiche o fare un discorso accademico, da
“iniziziati”. Al contrario, cercheremo di percorrere un sentiero conoscitivo
semplice, seppur né banale, né dogmatico, né metafisico.
Alla fine saremo soddisfatti se avremo almeno fatto intravedere a chi legge
la possibilità di operare uno spostamento dell’attenzione dal piano logico
attinente il significato delle varie accezioni del termine epistemologia inteso
come campo di speculazione degli addetti allo studio di una disciplina (quale
essa sia), al processo dell'apprendere ad apprendere e dello spiegarsi
l'apprendimento, quale modalità di costruzione dei significati personali.
PRIMA TAPPA
Il significato di epistemologia, da episteme (scienza) e logos (discorso)
designa lo studio generale dei criteri che garantiscono la validità di una
conoscienza, ossia che ci autorizzano a qualificarla come “scienza” (episteme)
e non come semplice opinione (doxa).
E' questa una prima accezione del significato di epistemologia per
l'approfondimento della quale rimandiamo alla voce epistemologia curata da
Ludovico Geymonat in “Enciclopedia Europea Garzanti”, Milano 1977.
Che cosa distingue dunque le ipotesi scientifiche da quelle non scientifiche,
cioè, puramente fantastiche, prive di credibilità?
Un primo indirizzo, indirizzo empiristico, fa capo a R. Carnap e B. Russel e
si basa sul presupposto che una teoria scientifica (fisica, biologica ecc.)
assuma significato scientifico se per ciascuno dei suoi termini esistono ben
determinate “regole di corrispondenza” che lo collegano a “dati ossevabili”.
Sebbene reso più flessibile ed articolato da C. G. Hempel, tale indirizzo ha
perso progressivamente credibilità in quanto, tra l'altro, una legge scientifica
asserisce l'esistenza di determinate relazioni tra termini variabili in diversi
infiniti domini e, pertanto, per verificarla occorrerebbe constatare che per
ogni relazione la medesima sussiste tra un numero infinito di dati, mentre è
ovvio che i dati raggiungibili da ogni osservazione, per quanto estesa, sono
sempre finiti.
Per ovviare a questa impasse, K. Popper ha sostenuto che, indirizzo
falsificazionista, una teoria per essere definita scientifica non necessiti affatto
di essere verificata (essere verificabile) ma che sia sufficiente verificare che
possiede criteri di falsificabilità, ossia che ammette la possibilità che si
verifichi la presenza di elementi tali che sia possibile verificare eventi
(falsificatori potenziali), la cui presenza ne provocherebbe la falsità. Una volta
precisati questi falsificatori la teoria deve essere sottoposta a continue
verifiche ed accettata solo fino a che non si verifichi l'eventuale falsificazione.
Questo significato del termine epistemologia è più attinente allo studio della
scienza e del metodo scientifico secondo la scuola di Geymonat (filosofia della
scienza).
Al termine viene attribuito un significato più esteso quando viene usato
come sinonimo di gnoseologia.
Questi sono aspetti della questione che riguardano la filosofia in generale e
la filosofia della scienza in particolare. Per tutto ciò che si riferisce allo studio
di fenomeni fisici, chimici e, per alcuni aspetti, biologici, può essere attribuita
una qualità di “oggettivo” e “razionale” alla realtà.
Possiamo dire che, quando la presenza dell’osservatore nell’esperimento ha
solo una piccola influenza sui risultati, questi possono essere accettati come
dati sufficientemente approssimati, da un lato al “reale”, dall’altro al
“razionale”.
Ad esempio in fisica i risultati di uno studio su un gas saranno sempre un
compromesso pragmatico tra leggi che definiscono entità inesistenti, ma
logiche (per es. le leggi dei gas ideali) e sostanze reali (i gas reali) che a queste
leggi non rispondono a meno di importanti approssimazioni. Tanto più
piccole saranno le approssimazioni necessarie tanto più sarà “oggettiva” la
qualità che potrà essere attribuita ai risultati ottenuti.
Cartesio assumeva che essere scienziato coincide con il prendere distanza
dal proprio essere soggettivo, l’assumere un punto di vista esterno, neutrale
(in tal senso obiettivo) e mantenere sotto controllo tutte i fattori del fenomeno
da esaminare, tranne quello, o quei pochi, da studiare e misurare le variazioni
che avvengono nel sistema.
Un simile approccio è sicuramente fecondo nello studio di ciò che è
inanimato. Il progresso scientifico e tecnologico degli ultimi secoli è
indiscutibilmente di enorme portata. Ma...
Per almeno duecent'anni, diciamo dai tempi di Newton fin verso la fine dell' '800,
l'interesse dominante della scienza si rivolse a quelle catene di cause ed effetti che
potessero essere attribuite a forze e collisioni. La matematica a disposizione di
Newton era prevalentemente quantitativa, e questo fatto, insieme con la
concentrazione dell'attenzione sulle forze e le collisioni, portò a misurare con
notevole precisione distanze, tempi, masse ed energie.
Come le misurazioni del topografo debbono essere in armonia con la geometria
euclidea, così il pensiero scientifico doveva essere in armonia con le grandi leggi
di conservazione. La descrizione di un qualunque evento esaminato da un fisico o
da un chimico doveva essere basata su bilanci di massa e di energia, e questa
regola conferì all'edificio concettuale delle scienze esatte un tipo particolare di
rigore.
Com'era abbastanza naturale, i pionieri della scienza del comportamento
iniziarono la loro indagine col desiderio che le loro speculazioni fossero fondate su
una simile base rigorosa. Lunghezza e massa erano concetti che difficilmente essi
potevano usare nella descrizione del comportamento (qualunque cosa esso fosse),
ma l'energia sembrava più maneggevole. Era allettante collegare l' 'energia' a
metafore già esistenti, come la 'forza' delle emozioni o del carattere, o il 'vigore';
oppure considerare l' 'energia' in qualche modo opposta alla 'stanchezza' o all'
'apatia'. Il metabolismo rispetta un bilancio energetico (qui 'energia' è intesa in
senso stretto), e l'energia consumata nel comportamento dev'essere inclusa in
questo bilancio; pertanto sembrò sensato considerare l'energia un fattore
determinante del comportamento.
Sarebbe stato più fruttuoso considerare la mancanza di energia come un
ostacolo al comportamento, poiché alla lunga un uomo che muore di fame
smetterà di 'comportarsi'. Ma anche questo non va: un'ameba priva di cibo per un
certo tempo diviene più attiva; il suo consumo di energia è funzione inversa
dell'energia immagazzinata.
Gli scienziati dell' '800 (Freud in particolare) che tentarono di gettare un ponte
tra i dati comportamentali e i princìpi fondamentali della scienza chimica e fisica
erano certo nel giusto quando ritenevano necessario quel ponte, ma nel torto, io
credo, quando vedevano nell' 'energia' il suo sostegno.
Massa e lunghezza non sono certo adatte per la descrizione del comportamento,
ma è difficile che più adatta sia l'energia. Dopo tutto, l'energia è Massa x
Velocità2, e nessuno scienziato del comportamento sostiene veramente che l'
'energia psichica' sia di tale entità.
...
Tornando ora al problema se ai principi fondamentali della scienza e della
filosofia si sia giunti, allo stadio primitivo, tramite ragionamento induttivo a
partire dai dati empirici, ci si accorge che la risposta non è semplice. È difficile
immaginare come si sia potuti giungere alla dicotomia tra sostanza e forma
tramite argomenti induttivi. Dopo tutto, nessun uomo ha mai visto materia senza
forma e indifferenziata, proprio come nessuno ha mai visto o sperimentato un
evento 'casuale'. Se dunque alla nozione di un universo "informe e vuoto" si è
giunti per induzione, ciò è stato per un mostruoso - e forse erroneo - balzo di
estrapolazione.
E anche ammettendo ciò, non è affatto evidente che il punto donde hanno preso
le mosse i filosofi primitivi sia stata l'osservazione: è almeno altrettanto verosimile
che la dicotomia tra forma e sostanza sia stata un'inconscia deduzione dalla
relazione soggetto-predicato nella struttura del linguaggio primitivo. Questo,
tuttavia, è un problema che oltrepassa i limiti di una speculazione fruttuosa.
Comunque, l'argomento centrale - ma di solito non esplicito - sia delle lezioni che
davo agli ospiti del reparto psichiatrico, sia di questi saggi, è costituito dal ponte
tra i dati del comportamento e i 'principi fondamentali' della scienza e della
filosofia; e le osservazioni critiche che ho fatto sopra a proposito dell'uso
metaforico dell' 'energia' nelle scienze del comportamento si riassumono in
un'accusa piuttosto semplice rivolta a molti dei miei colleghi:
che essi cioè hanno tentato di costruire il ponte verso la metà sbagliata
dell'antica dicotomia tra forma e sostanza. Le leggi di conservazione dell'energia e
della materia riguardano la sostanza più che la forma; ma i processi mentali, le
idee, la comunicazione, l'organizzazione, la differenziazione, la struttura, sono
questioni di forma più che di sostanza.
Nel corpo dei principi fondamentali la metà che riguarda la forma è stata, negli
ultimi trent'anni, enormemente arricchita dalle scoperte della cibernetica e della
teoria dei sistemi. Argomento di questo libro è la costruzione di un ponte tra i fatti
della vita e del comportamento, e ciò che oggi sappiamo sulla natura della
struttura e dell'ordine.
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1990
SECONDA TAPPA
Noi che ci avviamo ad affrontare l’enigma della mente, dobbiamo spostare
l’attenzione su ciò che è vivente.
Diceva Bateson che una cosa è studiare come si trasmette il moto tra due
bocce, un’altra è osservare cosa succede se diamo un calcio ad un piccolo
cane.
Se una boccia ne colpisce un’altra questa risponde con l’energia ricevuta
dalla prima.
Se diamo un calcio ad un cagnetto, se il calcio è abbastanza forte accadrà
dapprima qualcosa che ha a che fare con le leggi della fisica ed il cane sarà
sbalzato lontano, ma poi ciò che avviene sarà legato al metabolismo del cane,
sarà condizionato dalla sua mente. Il cane ci morderà o scapperà o altro, ma
sempre si comporterà in base a dei fatti che sono distinti dalle forze della
fisica e questi fatti sono essenzialmente non fisici: sono idee.
Ciò a cui il cane risponde ciò a cui rispondiamo tutti noi mammiferi (e anche
altri animali) ciò che viene considerato attinente alla mente è la differenza, la
relazione.
Nel corso di quasi un secolo, a partire da Piaget fino a Bateson e Maturana, si
sviluppa un filone di pensiero che, fatti propri i fondamenti di una articolata
teoria dei sistemi e della complessità, si libera dalle panie dell’illusione di
poter accedere a luoghi privilegiati di osservazione della “realtà” a partire da
posizioni riduzionistiche (che vogliono poter comprendere le parti
rinunciando alla comprensione dell’insieme, ignorando il tutto dell’insieme) o,
all’opposto, olistiche (che vogliono poter comprendere il tutto dell’insieme
rinunciando alla comprensione delle parti che lo costituiscono).
La nuova teoria dei sistemi sottolinea l’importanza fondamentale della
molteplicità dei punti di vista dell’ osservatore in ogni approccio alla
comprensione della realtà e del comportamento degli esseri viventi.
In campo psicologico e più particolarmente psicoterapeutico si vengono a
delineare, Piaget, Bateson e Kelly precursori, i fondamenti del bacino di
pensiero che fa capo al post-razionalismo con Guidano in Italia e più
universalmente al costruttivismo con Maturana, Varela, Mahoney.
Presupposto del costruttivismo è che la conoscenza umana, l'esperienza,
l'adattamento, sono caratterizzati da una partecipazione attiva dell'individuo.
La realtà è inconoscibile come qualcosa di esistente a prescindere dal soggetto
che ne fa esperienza, poiché è il soggetto stesso (osservatore ed agente) che la
crea, partecipando in maniera attiva alla sua costruzione.
Ciò che viene “conosciuto” non è un mondo che esiste indipendentemente
dall'osservatore (la cosa in sè, anche se esiste, non è conoscibile), bensì la
percezione di differenze da parte dell’osservatore stesso nell'ambiente e la
comprensione di interconnessioni tra i vari sistemi che osserva, costruisce e
integra nella sua rappresentazione mentale.
" Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce". Tra gli anglosassoni
è abbastanza comune pensare alle 'ragioni' del cuore o dell'inconscio come a
forze, impulsi, palpiti allo stato embrionale, quelli che Freud chiamava Trieben.
Per Pascal, che era francese, la faccenda era abbastanza diversa, e senza dubbio
egli pensava alle ragioni del cuore come a un insieme di regole di logica e di
calcolo altrettanto preciso e complesso che le ragioni della coscienza.
(Ho notato che gli antropologi anglosassoni a volte fraintendono gli scritti di
Claude Lévi-Strauss proprio per questo motivo: essi dicono che egli dà troppa
evidenza all'intelletto e ignora i 'sentimenti'; la verità è che egli assume che il
cuore possegga algoritmi precisi).
Questi algoritmi del cuore, o, come si dice, dell'inconscio, sono, tuttavia,
codificati e organizzati in modo affatto diverso dagli algoritmi del linguaggio. E
poiché una gran parte del pensiero conscio è strutturata nei termini della logica
del linguaggio, gli algoritmi dell'inconscio sono doppiamente inaccessibili. Non si
tratta solo del fatto che la mente cosciente ha difficile accesso a questa materia,
ma anche che quando tale accesso è ottenuto, ad esempio nei sogni, nell'arte, nella
poesia, nella religione, nell'ebbrezza e simili, resta ancora un formidabile
problema di traduzione.
In linguaggio freudiano ciò si esprime di solito dicendo che le operazioni
dell'inconscio sono strutturate in termini di processo primario, mentre i pensieri
della coscienza (specialmente i pensieri verbalizzati) sono espressi in processo
secondario.
Nessuno, che io sappia, sa alcunché del processo secondario. Tuttavia si suppone
d'ordinario che tutti lo conoscano perfettamente, e quindi non tenterò in alcun
modo di darne una descrizione particolareggiata, assumendo che voi ne sappiate
quanto me.
Il processo primario è caratterizzato (ad esempio da Fenichel) come privo di
negazioni, privo di tempi, privo di qualunque identificazione di modo verbale (cioè
non ha identificazione di indicativo, congiuntivo, ottativo, ecc.), e come
metaforico. Queste caratterizzazioni sono basate sull'esperienza degli psicanalisti,
che debbono interpretare i sogni e le strutture della libera associazione.
È vero anche che il soggetto del discorso del processo primario è diverso dal
soggetto del linguaggio e della coscienza. La coscienza parla di cose o persone e
attribuisce predicati alle cose o alle persone specifiche che sono state menzionate.
Nel processo primario le cose o le persone sono, di solito, non identificate, e il
discorso è concentrato sulle relazioni che si sostiene esistano tra di esse. In realtà,
questo è solo un modo diverso per dire che il discorso del processo primario è
metaforico: una metafora mantiene invariata la relazione che 'illustra', mentre
sostituisce ai termini della relazione cose o persone diverse. In una similitudine
l'uso di una metafora è segnalato dall'inserimento delle locuzioni 'come se' o
'come'. Nel processo primario (come nell'arte) non vi sono segni che indichino alla
mente conscia che il materiale del messaggio è metaforico.
(Uno schizofrenico compie un notevole passo avanti verso un più normale
equilibrio quando può inquadrare le sue asserzioni schizofreniche o i commenti
delle sue voci in una terminologia che impiega il "come se".
La 'relazione' ha tuttavia un contorno un po' più nitido di quanto si potrebbe
desumere dalla semplice affermazione che il materiale del processo primario è
metaforico e non identifica i termini specifici della relazione. Il soggetto del sogno
e gli altri materiali del processo primario sono, in realtà, relazione nel senso più
ristretto di relazione tra l'io e altre persone o tra l'io e l'ambiente.
Agli anglosassoni che trovano molesta l'idea che i sentimenti e le emozioni siano
i segni esterni di algoritmi precisi e complessi, si deve di solito dire che queste
faccende, cioè la relazione tra l'io e gli altri e tra l'io e l'ambiente, sono, in realtà,
il contenuto di quelli che sono chiamati 'sentimenti': amore, odio, timore, fiducia,
ansia, ostilità, ecc. Queste astrazioni, che si riferiscono a strutture di relazione,
hanno sfortunatamente ricevuto un nome il cui uso di solito presuppone che i
'sentimenti' siano caratterizzati principalmente dall'intensità piuttosto che dà una
precisa struttura. Questo è uno dei contributi bislacchi che la psicologia ha fornito
a un'epistemologia distorta.
Sia come sia, per il nostro scopo attuale è importante osservare che le
caratteristiche del processo primario sopra descritte sono le caratteristiche
inevitabili di qualunque sistema di comunicazione tra organismi che debbano
usare soltanto la comunicazione iconica. Questa stessa limitazione è caratteristica
dell'artista e del sognatore e del mammifero pre-umano o dell'uccello. (La
comunicazione degli insetti, forse, è un'altra faccenda).
Nella comunicazione iconica non vi sono né tempi, né negazioni semplici, né
contrassegni di modi.
Particolarmente interessante è l'assenza delle negazioni semplici, poiché essa
obbliga spesso gli organismi a dire l'opposto di ciò che vogliono per giungere a
enunciare che essi vogliono l'opposto di ciò che dicono.
Due cani s'incontrano e hanno bisogno di scambiarsi il messaggio: Non vogliamo
combattere ". Tuttavia l'unico modo in cui il combattimento può esser menzionato
in una comunicazione iconica è tramite l'esibizione delle zanne. È poi necessario
che i cani scoprano che questa menzione al combattimento era, di fatto, solo
esplorativa. Essi devono perciò indagare che cosa significhi l'esibizione delle
zanne; allora ingaggiano una zuffa; scoprono che nessuno dei due vuole, in fin dei
conti, uccidere l'altro; dopo di che possono diventare amici.
(Si considerino i cerimoniali dei trattati di pace tra gli abitanti delle Isole
Andamane; e anche le funzioni dell'asserzione invertita o sarcasmo, e gli altri tipi
di umorismo nel sogno, nell'arte e nella mitologia).
In generale il discorso degli animali riguarda la relazione tra l'io e gli altri o tra
l'io e l'ambiente. In nessuno dei due casi è necessario identificare i termini della
relazione: l'animale A dice a B della sua relazione con B, e a C della sua relazione
con C; l'animale A non ha bisogno di dire all'animale C della sua relazione con B. I
termini della relazione sono sempre presenti e percettibili per illustrare il discorso,
e sempre il discorso è iconico, nel senso che è composto di azioni parziali
('movimenti d'intenzione') che evocano l'azione globale che viene menzionata.
Perfino quando il gatto vi chiede del latte, esso non può menzionare la cosa
desiderata (se non è presente e percettibile); il gatto dice: " Mamma, mamma ", e si
aspetta che da questa invocazione di dipendenza voi indoviniate che ciò che vuole
è il latte.
Tutto ciò indica che i pensieri del processo primario e la comunicazione di tali
pensieri agli altri sono, in senso evoluzionistico, più arcaici delle più coscienti
attività di linguaggio, ecc. Ciò ha conseguenze per l'intera economia e struttura
dinamica della mente. Samuel Butler è stato forse il primo a osservare che ciò che
conosciamo meglio è ciò di cui siamo meno consci; e cioè che il processo di
formazione delle abitudini è una discesa della conoscenza verso livelli meno consci
e più arcaici. L'inconscio non contiene soltanto le faccende penose che la coscienza
preferisce non considerare, ma anche molte faccende che ci sono così familiari che
non abbiamo bisogno di considerarle. L'abitudine pertanto rappresenta una
cospicua economia di pensiero cosciente. Noi possiamo fare certe cose senza
pensarvi coscientemente. L'abilità di un artista, o meglio la dimostrazione di
un'abilità, diviene un messaggio su queste porzioni del suo inconscio. (Ma forse
non un messaggio dall'inconscio).
Ma la faccenda non è proprio così semplice. Alcuni tipi di conoscenza possono
essere calati vantaggiosamente a livelli inconsci, ma altri tipi debbono essere
mantenuti alla superficie. Grosso modo, possiamo permetterci di calare
nell'inconscio quei generi di conoscenza che continuano a essere veri
indipendentemente dalle variazioni dell'ambiente, mentre dobbiamo tenere a
portata di mano tutti quei controlli del comportamento che devono essere
modificati in ogni caso particolare. Il leone può calare nel suo inconscio la
proposizione che la zebra è la sua preda naturale, ma quando ha di fronte una
zebra particolare dev'essere in grado di modificare le mosse del suo attacco per
adattarsi al terreno particolare e alle particolari tattiche di fuga di quella zebra
particolare.
L'economia del sistema spinge infatti gli organismi a calare nell'inconscio quei
tratti generali della relazione che restano sempre veri, e a mantenere nella
coscienza la prassi dei casi particolari.
Le premesse possono, con vantaggio economico, esser 'calate', ma le conclusioni
particolari devono essere coscienti. Benché sia economico, l'atto di 'calare'
nell'inconscio, tuttavia, esige un prezzo: l'inaccessibilità. Poiché il livello al quale
le cose sono calate è caratterizzato da algoritmi iconici e dalla metafora, diventa
difficile per l'organismo esaminare la matrice da cui scaturiscono le sue
conclusioni coscienti. Viceversa, si può notare che ciò che è comune a una
particolare asserzione e a una metafora corrispondente è di una generalità tale da
rendere appropriato il calarlo nell'inconscio.
Bateson G., Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1990.
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