Scienza delle Finanze_2015_2016_(10)

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SCIENZA DELLE FINANZE
Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche
Corso di Economia aziendale
Prof. MICHELE SABATINO
Copyright © 2008 – The McGraw-Hill Companies s.r.l.
Giovanni Costa, Paolo Gubitta, Organizzazione Aziendale
La governance europea delle
politiche fiscali e l’adozione
del bilancio dello Stato
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La dimensione quantitativa del settore
pubblico in alcune economie occidentali
contemporanee
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Gli effetti della crisi economica
internazionale sulle economie
occidentali
La Tabella della diapositiva precedente permette di notare come i settori
pubblici di alcune economie occidentali abbiano “reagito” alla crisi
economica internazionale, originatasi con le difficoltà registrate nel mercato
immobiliare statunitense ed estesasi al settore finanziario nell’autunno del
2008, e poi all’economia reale di tutto il mondo.
Tra il 2005 e il 2010, in tutti i Paesi si è verificata una crescita più o
meno sostenuta della spesa pubblica, una diminuzione delle entrate
pubbliche sul PIL e una conseguente estensione dei debiti.
Ci sono Paesi in cui la spesa pubblica è aumentata molto (in Spagna, nel
Regno Unito e negli Stati Uniti), Paesi che hanno registrato un incremento
intorno al 4% del PIL (Canada, Danimarca e Giappone) e altri in cui è
aumentata intorno al 3% del PIL (Italia, Francia e Germania).
Ugualmente ci sono Paesi in cui le entrate pubbliche sono diminuite in
maniera sostanziale, mentre l’Italia è l’unico Paese che mostra un
incremento (2,7 punti percentuali), seguito dal Giappone.
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Gli effetti della crisi economica
internazionale sulle economie
occidentali
Questi indicatori vanno letti tenendo sempre a mente
che si tratta di rapporti; ciò significa che se, per
esempio, il rapporto tra spesa pubblica e PIL è
aumentato questo può essere dovuto al fatto che il
numeratore del rapporto è rimasto costante, mentre il
denominatore è diminuito.
Spesso infatti in una situazione di crisi economica le
spese pubbliche (vedi le indennità di disoccupazione)
possono aumentare automaticamente mentre il PIL
ridursi a causa delle difficoltà economiche.
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Il Trattato di Maastricht e il Patto
di Stabilità e Crescita
L’Unione Europea ha un suo proprio Bilancio che però ha
dimensioni ridotte (pari all’1,08% del PNL del totale degli Stati
membri) ed è finalizzato a un numero circoscritto di politiche
(essenzialmente quella agricola e quella di gestione dei fondi
strutturali).
L’adozione dall’1 gennaio 1999 della moneta unica per 11
degli Stati membri dell’Unione Europea ha comportato la loro
rinuncia a una politica monetaria propria, la cui gestione è
stata conferita alla Banca centrale europea (BCE), che agisce
di concerto con le Banche centrali degli Stati aderenti
all’Unione Economica e Monetaria, dando luogo al così detto
SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali).
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Il Patto di Stabilità e Crescita
Il Trattato di Maastricht prevedeva 5 parametri:
- Tasso di cambio senza variazioni superiori al 2%;
- Inflazione non superiore all’1,5% rispetto alla media dei
tre Paesi più virtuosi;
- Tassi d'interesse non superiore al 2% rispetto al Paese con
inflazione più bassa;
- Disavanzo di bilancio inferiore al 3% del PIL;
- Debito pubblico inferiore al 60% del PIL.
Questi ultimi due parametri sono stati espressi in maniera più
chiara nel 1999 nel Patto di Stabilità e Crescita PSC. A oggi il
Trattato di Maastricht e il Patto di Stabilità e Crescita
rappresentano il principale strumento con cui gli Stati membri
dell’Unione Monetaria hanno disciplinato le condizioni per
accedere all’Unione stessa prima e poi vincolato le proprie
politiche fiscali nel tentativo di renderle coerenti.
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Il Patto di Stabilità e Crescita
Il patto di stabilità e di crescita (PSC) rientra quindi nel
contesto della terza fase dell'Unione economica e
monetaria (UEM). Tale patto si prefigge di garantire che
la disciplina di bilancio dei paesi dell'Unione europea
(UE) continui dopo l'introduzione della moneta unica.
Formalmente, il patto di stabilità e di crescita è costituito
da una risoluzione del Consiglio europeo (adottata nel
1997) e da due regolamenti del Consiglio del 7 luglio
1997 che ne precisano gli aspetti tecnici (controllo della
situazione di bilancio e del coordinamento delle politiche
economiche; applicazione della procedura d'intervento in
caso di deficit eccessivi).
In esito a varie discussioni sull'applicazione del PSC, i
regolamenti sono stati modificati nel giugno del 2005,
nel 2010, nel 2011 e ancora nel 2012.
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Le modifiche al Patto di
Stabilità e Crescita
Al di là del richiamo ai noti parametri del Trattato di
Maastricht anche nel PSC, tra il primo e il secondo ci
sono alcune differenze. In particolare, il secondo è
articolato in una parte preventiva e una repressiva.
La prima prevede uno scambio di informazioni con la
Commissione finalizzata a evitare che i Paesi membri
incorrano in disavanzi eccessivi; la seconda indica le
sanzioni da adottare in questa eventualità.
Queste due parti sono state riformate con prima con un
insieme di regolamenti approvati dal Consiglio Europeo
del 2010 il cd Six-Pact e poi successivamente con il
Patto euro plus o Two-Pact nel 2011. Infine un ulteriore
accordo è stato il trattato internazionale adottato nel
2012 da 25 Stati su 27 e denominato Fiscal Compact.
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Le modifiche al Patto di
Stabilità e Crescita
Prevenzione
Le norme del "braccio preventivo" del PSC vincolano i governi al
rispetto degli impegni presi per arrivare a politiche di bilancio solide e
al coordinamento fissando per ognuno di essi un obiettivo, noto
come obiettivo di bilancio a medio termine (OMT).
Questi obiettivi relativi ai disavanzi (o agli avanzi) di bilancio sono
definiti in termini strutturali, ossia prendono in considerazione le
oscillazioni del ciclo economico e scremano gli effetti dovuti a misure
una tantum e ad altre misure temporanee.
Gli Stati membri che adottano l'euro come moneta descrivono il modo
in cui intendono raggiungere i rispettivi OMT nei "programmi di
stabilità", e gli altri Stati membri nei "programmi di convergenza".
Questi vengono valutati dalla Commissione europea e dai governi dei
paesi dell’UE durante il semestre europeo.
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Le modifiche al Patto di
Stabilità e Crescita
Correzione
Nell'ambito del "braccio correttivo" del patto di stabilità e
crescita, la procedura per i disavanzi eccessivi garantisce la
correzione degli squilibri a livello di bilancio o di debito pubblico.
Si tratta di un approccio graduale per il contenimento dei
disavanzi e la riduzione dei debiti eccessivi.
Il trattato UE definisce eccessivo un disavanzo di bilancio
superiore al 3% del PIL. Il debito pubblico è considerato
eccessivo (ai sensi del trattato) se supera il 60% del PIL senza
ridursi a un tasso adeguato (definito come una diminuzione
dell’eccesso di debito del 5% all’anno in media nell’arco di tre
anni).
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Le modifiche al Patto di
Stabilità e Crescita
Per effetto del c.d. six pack si stabilisce:
- l’obbligo per gli Stati membri di convergere verso l’obiettivo il pareggio
di bilancio con un miglioramento annuale dei saldi pari ad almeno lo 0,5%;
- l’obbligo per i Paesi il cui debito supera il 60% del PIL di adottare misure
per ridurlo ad un ritmo soddisfacente, nella misura di almeno 1/20 della
eccedenza rispetto alla soglia del 60%, calcolata nel corso degli ultimi tre
anni;
- un semi-automatismo delle procedure per l’irrogazione delle
sanzioni per i Paesi che violano le regole del Patto. Le sanzioni sono infatti
sono raccomandate dalla Commissione e si considerano approvate dal
Consiglio a meno che esso non la respinga.
Ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe
un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del PIL realizzato nel’anno
precedente, convertito in ammenda in caso di non osservanza della
raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo.
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La storia del Patto di Stabilità e
Crescita
2014 - Riesame del patto di stabilità e crescita
2013 - Fiscal Compact. L'importanza degli obiettivi di bilancio (gli obiettivi
a medio termine) viene accresciuta che fanno parte di un trattato
intergovernativo, il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla
governance (TSCG).
"Two pack“. Il rispetto del PSC viene ulteriormente corroborato da nuove
disposizioni che rafforzano il coordinamento economico tra gli Stati
membri e introducono nuovi strumenti di monitoraggio.
2011 - "Six pack“ - Il PSC viene ampliato con un insieme di nuove
disposizioni.
2005 - Modifica del PSC. I legislatori UE modificano il PSC in modo da
tenere meglio conto delle singole circostanze nazionali e conferire una
maggiore logica economica alle norme da rispettare. Sorveglianza e
coordinamento vengono rafforzati.
La procedura per il disavanzo
eccessivo viene resa più chiara e rapida.
1997 - Patto di stabilità e crescita. Gli Stati membri dell’UE convengono
di rafforzare la sorveglianza e il coordinamento delle politiche economiche
e di bilancio nazionali per far rispettare i limiti relativi al disavanzo e al
debito stabiliti dal trattato di Maastricht.
1992 - Firma del trattato di Maastricht
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Il Semestre europeo
Il Consiglio ECOFIN del 2010 ha introdotto il cd
Semestre europeo.Il semestre europeo è un ciclo di
coordinamento delle politiche economiche e di bilancio
nell'ambito dell'UE. Rientra nel quadro della governance
economica dell'Unione europea. Durante il semestre
europeo gli Stati membri allineano le rispettive politiche
economiche e di bilancio agli obiettivi e alle norme
convenuti a livello dell'UE.
Il semestre europeo si articola intorno a tre nuclei di
coordinamento della politica economica: riforme
strutturali in linea con la strategia Europa 2020,
politiche di bilancio in linea con il patto di stabilità e
crescita
e
prevenzione
degli
squilibri
macroeconomici eccessivi.
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Il Semestre europeo
In particolare, la nuova procedura di sorveglianza si articola nelle seguenti
fasi:
gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’indagine annuale
sulla crescita;
febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica
economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;
metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali
di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) ed i
Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di
stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio
europeo;
inizio giugno: sula base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea
elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai
singoli Stati membri;
giugno: il Consiglio ECOFIN approva le raccomandazioni della
Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal
Consiglio europeo di giugno;
seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di
bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute.
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Le ragioni economiche
dei vincoli
Nonostante quanto previsto dal Patto di Stabilità e Crescita,
sull’opportunità di vincolare le politiche fiscali dei Paesi
aderenti a una unione monetaria non c’è consenso unanime.
Secondo la teoria delle aree valutarie ottimali (AVO), la
perdita del potere sulla politica monetaria, e in particolare
sullo strumento del tasso di cambio, richiede la flessibilità dei
salari e della forza lavoro per affrontare gli shock simmetrici
(che colpiscono cioè tutti i Paesi nello stesso modo) e la
necessità di centralizzare una parte significativa dei Bilanci
nazionali per far sì che i Paesi colpiti da shock asimmetrici
(ossia che riguardano un solo Paese) possano beneficiare di
trasferimenti automatici.
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Le ragioni economiche
dei vincoli
Sulla base di queste indicazioni, riferendosi alla
prospettiva di un’unione monetaria europea, il
Rapporto MacDougall del 1977 suggeriva una
progressiva centralizzazione del potere di Bilancio.
Qualora questa strada non fosse percorribile, la teoria
tradizionale delle AVO raccomanda che le politiche
fiscali nazionali siano lasciate libere di rispondere con
una certa flessibilità agli shock negativi.
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Le ragioni economiche
dei vincoli
Questa libertà può essere utilizzata da parte degli Stati membri
creando spillover negativi sugli altri Paesi.
Un Paese con alto debito può anche divenire inadempiente e
l’integrazione dei mercati finanziari di un’unione è tale per cui il non
salvataggio metterebbe in difficoltà soprattutto le istituzioni
finanziarie degli altri Paesi.
Ci sarebbero pressioni sulla Banca centrale perché allenti la
propria politica monetaria o perché intervenga in salvataggio del
Paese inadempiente, comprandone i titoli.
In tutte e due i casi ci sarebbe un aumento dell’offerta di moneta
e un effetto sull’inflazione a carico di tutti i cittadini
dell’Unione.
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Le ragioni economiche
dei vincoli
Un salvataggio di un Paese inadempiente da parte della Banca
centrale alimenterebbe la convenienza a comportamenti
opportunistici.
In realtà, l’esistenza di un Paese con un debito molto elevato ha
l’effetto citato sui tassi di interesse dell’unione monetaria solo se i
mercati finanziari non sono perfetti; se lo sono, infatti, dovrebbero
distinguere il rischio di inadempienza di ciascun Paese in maniera
tale da diversificare i tassi di interesse richiesti per i titoli di ciascuno
di loro.
A proposito dell’inadempienza di un Paese, invece, una clausola di
non salvataggio è stata espressamente prevista nel Trattato di
Maastricht.
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Sostenibilità del Debito
Si definisce il vincolo di Bilancio come la somma del saldo primario (G-T)
e della spesa per interessi (rB) e si assume che il deficit può essere
finanziato con emissione di titoli del debito pubblico φB/φt o/e creazione
di moneta φM/φt.
G-T + rB = φB/φt - φM/φt
Poiché le banche centrali non possono finanziare il debito con la stampa
di moneta il debito sarà finanziato con φB/φt = B che espresso in
rapporto al PIL sarà B/Y=b
Riordinando i termini e usando la regola della derivata avremo che
b = (g-t) + (r-x)b
Dove g=G/Y, t=T/Y e x=Y/Y’
A finchè il rapporto debito/PIL sia stabile ossia b=0 dovremo fare in modo
che (r-x)b=t-g
Cioè se il tasso nominale di interesse r supera il tasso di crescita del PIL
x è necessario che l’avanzo di bilancio (t-g) sia positivo >0 altrimenti il
trend del debito sarà negativo.
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La definizione
di operatore pubblico
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Il conto economico consolidato delle Pubbliche
Amministrazioni
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Il conto economico consolidato delle Pubbliche
Amministrazioni
Il Conto consolidato delle PA è il conto di tutti gli enti e
le amministrazioni pubbliche aggregati a partire dai
dati di bilancio di ciascuna amministrazione.
Se gli enti hanno tra di loro rapporto economici e
finanziari (trasferimenti tra livelli diversi, ect..) è
necessario eliminare il computo dei flussi interni per
evitare sovrapposizioni e comprendere l’entità reale
dei prelievi dal settore privato a quello pubblico.
L’indebitamento netto o deficit è la differenza tra
entrate e uscite del conto consolidato delle PA ed è il
primo parametro del Patto di Stabilità e Crescita anche
se nella nuova formulazione si parla di indebitamento
depurato dagli effetti del ciclo economico.
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Il Bilancio dello Stato: l’art. 81 della
Costituzione
Il Bilancio dello Stato è il principale documento di
finanza pubblica di un paese. In Italia la normativa che
lo disciplina è stata modificata più volte ma sempre
entro i principi costituzionali
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Il Fiscal Compact e la modifica
dell’articolo 81
A seguito della firma da parte dell’Italia del Fiscal
Compact, è stata adottata la legge costituzionale
1/2012 che ha modificato il quadro costituzionale entro
il quale deve svilupparsi la normativa sul bilancio dello
Stato, modificando l’articolo 81, e ha esplicitamente
coinvolto gli enti periferici nel mantenimento degli
equilibri di bilancio, modificando anche gli articoli 117 e
119.
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Art. 81, commi 1 e 2
1. Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio
bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del
ciclo economico.
2. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare
gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere
adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al
verificarsi di eventi eccezionali.
I primi due commi sono la principale novità di questo articolo e
rispondono all’esigenza di dare forza costituzionale all’impegno
assunto dall’Italia con il Fiscal Compact di assicurare l’equilibrio del
bilancio
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Art. 81, comma 3
3. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi
per farvi fronte.
Questo comma stabilisce che il Parlamento e il Governo non
possono alterare gli equilibri finanziari risultanti dal bilancio di
previsione per l’anno in corso caricando l’esercizio di nuove e/o
maggiori spese rispetto alle previsioni. Se il Governo, e la
maggioranza che lo sostiene, ritengono essenziali tali maggiori
spese, devono assumersi la responsabilità politica di indicare
come reperire i fondi per finanziarle (con nuovi o maggiori tributi o
con riduzione di spese già previste in bilancio oppure, ove
possibile, con indebitamento)
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Art. 81, comma 4
4. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il
rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
Il 4° comma stabilisce che i documenti contabili relativi alle entrate e
alle spese dello Stato sono formati dal Governo e presentati al
Parlamento per la discussione e l’approvazione. In questa
procedura si concretizza un principio fondamentale del moderno
Stato di diritto a democrazia rappresentativa, nel quale il potere
dell’Esecutivo di riscuotere le imposte e spendere il denaro pubblico
per soddisfare i bisogni collettivi è fondato sulla legge, ovvero sul
consenso dei rappresentanti che siedono nell’organo legislativo.
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Art. 81, comma 5
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non
per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro
mesi.
Il 5° comma disciplina l’ipotesi, non infrequente in passato, che il
disegno di legge del bilancio non giunga al voto finale entro il 31
dicembre e pertanto si apra un nuovo anno finanziario senza che la
Pubblica Amministrazione sia autorizzata a compiere gli atti di
gestione, in particolare gli atti di spesa iscritti nel bilancio. Per
evitare la paralisi dello Stato che ne deriverebbe, i costituenti hanno
previsto che il Parlamento possa espressamente autorizzare con
legge l’esercizio provvisorio del bilancio non ancora approvato, ma
con il limite temporale massimo di quattro mesi
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Art. 81, comma 6
6. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i
criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei
bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche
Amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei
princìpi definiti con legge costituzionale
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In sintesi
• Il Bilancio dello Stato è un documento politico, giuridico e contabile.
• Il Bilancio dello Stato è un Bilancio preventivo, annuale.
• Il Rendiconto è costituito da un Bilancio consuntivo annuale e da un
conto del patrimonio dello Stato.
• Essendo il Bilancio dello Stato una legge meramente formale, per poter
attuare una manovra finanziaria, il Governo e il Parlamento, prima di
approvare la legge di Bilancio, approvano una legge detta Finanziaria,
che traduce in legge le scelte di politica economica e finanziaria per il
periodo successivo, anche modificando le leggi tributarie e di spesa
vigenti.
• In conseguenza di ciò il Progetto di Bilancio, presentato in un primo
momento con entrate e spese previste secondo la legislazione vigente,
può essere variato recependo le disposizioni della Finanziaria; in tal
modo il disegno di legge di Bilancio sottoposto all’approvazione del
Parlamento entro il 31 dicembre di ogni anno assume un contenuto
programmatico.
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La Legge di Stabilità
• A seguito delle recenti innovazioni costituzionali e
normative (Legge 243/2012) la legge di bilancio si
articola in due parti: la prima recante le innovazioni
legislative e il saldo da finanziare (Legge di stabilità)
mentre la seconda le previsioni di bilancio a
legislazione vigente con le variazioni determinate dalla
prima sezione.
• Inoltre la modifica all’art. 81 della Costituzione
introduce la regola del pareggio di bilancio.
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DEF
Documento di Economia e Finanza
Il DEF è un documento di programmazione che contiene
il quadro macro economico, gli obiettivi di finanza
pubblica e gli strumenti per raggiungerli. E’ un atto di
indirizzo politico che il governo presente entro il 10 aprile
ed invia alla Commissione Europea entro il 30 aprile.
Il DEF si compone del Programma di Stabilità,
dell’analisi dei conti pubblici e del Piano Nazionale di
Riforme.
Il documento deve quantificare gli obiettivi di disavanzo
corrente (entrate e spese correnti), l’indebitamento netto
e l’ammontare del fabbisogno complessivo per ciascun
anno del bilancio pluriennale (tre anni).
Entro il 20 settembre è possibile una nota di
aggiornamento.
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Il contenuto della legge
di Stabilità
Così come la legge Finanziaria, anche la legge di Stabilità
ha un contenuto obbligatorio, uno eventuale e uno vietato
ed è suddivisa in una parte di testo in forma di articoli di
legge e in alcune tabelle.
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Il contenuto obbligatorio della legge
di Stabilità
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il livello massimo del ricorso al mercato e del saldo netto da finanziare
in termini di competenza, coerentemente con quanto stabilito nel DEF;
gli effetti derivanti dalla manovra sul saldo netto da finanziare,
sull’indebitamento
netto
e
sul
fabbisogno
della
Pubblica
Amministrazione;
l’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico
impiego;
le Tabelle A e B, una di parte corrente e l’altra in conto capitale, che
quantificano i fondi speciali, ossia gli accantonamenti per la copertura di
nuove leggi di spesa;
la Tabella C per finanziamento di leggi di spesa permanenti;
la Tabella D che descrive gli stanziamenti annuali destinati al
finanziamento delle leggi che dispongono spese in conto capitale a
carattere pluriennale;
la Tabella E che contiene le riduzioni delle autorizzazioni legislative di
spesa corrente che si ritengano superflue.
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Il contenuto eventuale della legge
di Stabilità
• variazioni di aliquote, detrazioni e deduzioni e
altre misure che incidono sulla determinazione
della singola imposta, ma non nuove imposte e
tasse;
• norme per l’attuazione del Patto di Stabilità
Interno.
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Il contenuto vietato della legge di
Stabilità
• norme di delega, perché è difficile stabilirne
l’impatto finanziario;
• norme
a
carattere
ordinamentale
e
organizzatorio e interventi localistici e micro
settoriali (se così valutate dai Presidenti delle
assemblee parlamentari). Norme di questo
tipo possono essere contenute in appositi
Disegni di legge collegati da discutere entro il
mese di gennaio (fuori sessione).
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Bilancio di cassa e bilancio
di competenza
Le entrate e le spese dell’Amministrazione Pubblica sono il risultato
di procedimenti che si svolgono in più fasi successive.
Tra le fasi per realizzare le entrate se ne ricordano solo due: quella
dell’accertamento, nella quale l’Amministrazione acquisisce il diritto
a riscuotere un credito da un determinato soggetto, e quella della
riscossione, nella quale il credito viene materialmente versato nelle
casse dello Stato.
Tra le fasi per realizzare una spesa si ricordano quella
dell’impegno, nella quale l’Amministrazione assume l’obbligo di
pagare una determinata somma a un determinato soggetto, e quella
del pagamento, nella quale la somma impegnata viene
effettivamente erogata.
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Bilancio di cassa e bilancio
di competenza
Tra l’accertamento e la riscossione di un’entrata trascorre un
periodo di tempo che può collocare i due eventi in due esercizi
diversi; la stessa situazione può verificarsi per l’impegno e il
pagamento di una spesa.
Ciò determina la distinzione tra Bilancio di competenza e Bilancio
di cassa: nel primo sono registrate le entrate e le spese nella fase
in cui si prevede che sorgerà per lo Stato, rispettivamente, il diritto a
riscuotere e l’obbligo a pagare; nel secondo sono registrate entrate
e spese nella fase in cui se ne prevede, rispettivamente, la
riscossione e il pagamento.
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Residui attivi e passivi
Dal momento che si può verificare che alcune entrate
accertate in un esercizio non vengano anche riscosse
nell’esercizio, così come alcune spese impegnate in un
esercizio non vengano effettivamente pagate in
quell’esercizio, si generano i cosiddetti residui e
precisamente le entrate accertate e non riscosse danno
luogo a residui attivi, mentre le spese impegnate e non
pagate danno luogo a residui passivi.
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La
classificazione
economica
delle entrate
e delle uscite
Organizzata per
Titoli, Categorie e
Capitoli di spesa e
di entrata
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La classificazione funzionale
delle uscite
La classificazione
funzionale ha lo scopo di
valutare le attività
economiche dello Stato
e i suoi obiettivi. Le
spese di ciascuna
funzione-obiettivo sono
specificate in 4 livelli di
dettaglio. Il primo livello
è quello di seguito:
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Bilancio per Missioni e
Programma
Attualmente la classificazione delle spese e
delle entrate è cambiata e si basa su 34
Missioni come base degli obiettivi da
perseguire da parte dello Stato, 168
Programmi che concretizzano le missioni
pubbliche e a seguire le UPB - Unità
Previsionali di Base che costituiscono le
unità
elementari
del
bilancio
(un
raggruppamento di vecchi capitoli di spesa)
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I Saldi di Bilancio
A partire dal 1978 il Bilancio dello Stato contiene alcuni
quadri riassuntivi nei quali si riassumono i differenziali
di risultato.
Essenzialmente sono 4 i differenziali:
- Risparmio pubblico: differenza tra entrate e spese
correnti;
- Saldo netto da finanziare: differenza delle
operazioni finali escluse le operazioni di accensione e
rimborso dei prestiti;
- Indebitamento netto: differenza tra entrate e spese
finali decurtate dalle operazioni finanziarie;
- Ricorso al mercato: differenza tra entrate e spese
totali.
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I Saldi di Bilancio
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Scheda 8.1
LA FORMAZIONE DEL DEBITO
PUBBLICO IN ITALIA
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Il debito italiano: l’origine
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Il debito italiano: l’origine
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Il debito italiano: l’origine
I dati delle figure precedenti possono essere letti più
facilmente se si distinguono tre periodi:
1.dall’inizio degli anni ’80 fino al 1992;
2.dal 1992 al 2005;
3.dal 2005 a oggi.
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Il debito italiano:
dagli anni ’80 al 1992
Gli anni ’70 e ’80 sono stati caratterizzati da un saldo
primario costantemente negativo.
Negli anni ’70, a seguito dell’estensione degli
interventi del welfare state a favore della grande
maggioranza della popolazione e delle pressioni sul
Bilancio pubblico derivanti dalle crisi petrolifere,
l’incremento nelle uscite è stato solo parzialmente
accompagnato da un aumento della pressione
fiscale.
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Il debito italiano:
dagli anni ’80 al 1992
A partire dai primi anni ’80, la pressione fiscale ha
cominciato ad aumentare stabilmente, poiché le riforme
tributarie adottate nella prima metà degli anni ’70 sono entrate
definitivamente a regime.
Il saldo primario è rimasto negativo perché anche le uscite
hanno continuato a crescere, sebbene all’epoca non si siano
verificati rilevanti mutamenti istituzionali rispetto a quanto
avvenuto negli anni ’70.
In effetti, gli anni ’80 sono stati inoltre caratterizzati da una
continua crescita della spesa per interessi, dovuta
all’aumentare dei tassi di interesse, che all’epoca dovevano
coprire sia il rischio di cambio, ossia il rischio di una
svalutazione della lira, sia le aspettative di inflazione, che
allora era piuttosto alta.
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Dal 1992 al 2005
La firma del Trattato di Maastricht e l’obiettivo
dell’ammissione all’Unione Monetaria hanno caratterizzato il
decennio ’90: il saldo primario è stato per la prima volta
positivo nel 1992 e nel 1997 ha raggiunto il suo massimo,
pari al 6,62% del PIL. Il dato del saldo primario si spiega con
un notevole incremento della pressione fiscale, e ha
permesso di raggiungere nel 1997 un indebitamento netto
inferiore al 3%.
Lo stock del debito è passato dall’essere inferiore al
60%, alla fine degli anni ’70, a superare il 100%, agli inizi
degli anni ’90 e arrivare a oltre il 120% del PIL, nel
triennio 1994-1996.
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Dal 1992 al 2005
L’inversione di tendenza verificatasi nel 1992 ha permesso al
rapporto debito/PIL di ridursi costantemente nel decennio
1996-2005.
A questo risultato hanno contribuito l’incremento della
pressione fiscale, il controllo del saldo primario, ma
soprattutto il risparmio sulla spesa per interessi sui titoli
di Stato, che è stato uno degli effetti positivi dell’ingresso
nell’Unione Monetaria.
Adottando la moneta unica, gli interessi sui titoli del debito
pubblico non devono più coprire il rischio di cambio della lira,
bensì quello dell’euro, che è molto più contenuto.
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Il 2005 e gli anni seguenti
Il 2005 segna una nuova svolta: il saldo primario è azzerato,
l’indebitamento netto sfiora il limite del 3% e dall’anno successivo il
rapporto debito/PIL ricomincia a crescere.
Nell’ultimo biennio la crisi economica internazionale ha
definitivamente allontanato la finanza pubblica italiana dai
parametri europei. Questo è avvenuto anche negli altri Paesi
dell’Unione Monetaria, per l’effetto combinato della contrazione del
PIL e dell’adozione di politiche anticicliche per attenuare gli effetti
della crisi. In Italia non sono state adottate politiche per alleggerire
gli effetti della crisi e la contrazione del PIL è l’unica spiegazione
dell’allontanamento dell’indebitamento netto dall’obiettivo europeo
e del ritorno del rapporto debito/PIL a valori superiori a quelli
registrati nella prima metà degli anni ’90.
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