Relazione 13 ° Conferenza Internazionale sulla Thalassemia e le Emoglobinopatie Abu Dhabi 20-23 Ottobre 2013 Michel Sadelain - “Ingegnerizzazione delle cellule staminali per curare le Emoglobinopatie.” Il Prof. Michel Sadelain ha illustrato lo stato di avanzamento degli studi che sta conducendo da diversi anni sul possibile utilizzo della terapia genica per la cura della Thalassemia. Attualmente l’unica terapia curativa per la Thalassemia è il trapianto di midollo osseo, che è una strada percorribile solo quando è disponibile un donatore compatibile e comporta dei rischi di rigetto da parte dell’ospite. I vantaggi di una terapia genica rispetto a un trapianto classico sono diversi: si risolverebbe il problema della mancanza di donatori in quanto il donatore delle cellule staminali è lo stesso paziente (autotrapianto) e secondariamente non comporterebbe il rischio di rigetto. La ricerca che ha condotto in questi anni ha consentito di produrre un vettore lentivirale modificato, in cui è stato inserito il gene della Beta globina, che avesse determinate caratteristiche: espressione della proteina specificatamente negli eritrociti, espressione della proteina sostenuta nel tempo e sicurezza del vettore, cioè il numero di copie di vettore che entrano nella cellula è 1/2 copie per cellula. Questo protocollo di trasduzione in vitro del gene corretto è stato testato dapprima in un modello murino e successivamente in un modello di primate prima di avere l’autorizzazione dall’FDA per l’utilizzo nell’uomo. Gli obiettivi che ha dovuto raggiungere per ottenere l’approvazione dall’FDA per un trial clinico sui pazienti sono stati diversi: Stabilire un protocollo efficace e sicuro per il prelievo delle cellule staminali CD34+ da sangue periferico dei pazienti (8 milioni /kg) Produrre una grande quantità di vettore sufficiente a trasdurre tutte le cellule staminali in vitro Mettere a punto un protocollo efficiente di trasduzione in vitro delle cellule staminali Testare il profilo farmacologico e tossicologico sotto il profilo della sicurezza Il protocollo approvato prevede un blando condizionamento con farmaci chemioterapici (Busulfan) per fare spazio nel midollo alle nuove cellule trasdotte in vitro con il gene corretto della Beta globina. Il paziente si reca in ospedale per 2 volte, nella prima viene sottoposto a un trattamento con GMCSF per mobilizzare le cellule staminali dal midollo osseo in circolo nel sangue periferico, in modo da poter essere poi raccolte e prelevate la seconda volta, in cui viene 1 fatta una linfocitoaferesi e le staminali del paziente vengono congelate. A questo punto viene fatta la correzione in vitro in laboratorio in condizioni di massima sterilità. Due mesi dopo viene fatto il trapianto vero e proprio ovvero le cellule del paziente “corrette” vengono reinfuse dopo il condizionamento. Al momento 2 pazienti sono stati trattati e si sta monitorando l’attechimento delle cellule reinfuse ovvero “il grado di correzione” o in altri termini la % di cellule che portano il gene corretto. Il primo paziente inizialmente aveva un 1% che nel tempo è salito a 5%; nel secondo paziente si è avuto subito un 5/6%. Ci si aspetta che nel tempo possa ancora crescere questa % e si spera che un 10/15% possa portare ad avere un livello di emoglobina sufficiente per essere indipendenti dalle trasfusioni. Attualmente infatti i 2 pazienti sono ancora sottoposti a trasfusioni, ma i ricercatori esprimono un cauto ottimismo per questi due primi trapianti. 2 Geoffrey Dusheiko - “ Terapie Emergenti per HBV/HCV” Il professor Dusheiko ha illustrato come il sovraccarico di ferro, l’infezione da HBV o HCV siano fattori predisponenti per il cancro al fegato, per il quale le terapie attuali sono il trapianto, la resezione di parte dell’organo o la chemioterapia. Il processo neoplastico è un evento terminale che può sopraggiungere dopo un lungo processo di infiammazione e degenerazione del tessuto epatico (fibrotico e poi cirrotico) e un’infezione da HCV attiva ovvero una replicazione virale in atto aumenta il rischio di cirrosi. Il virus dell’HCV ha 6 diversi genotipi e a seconda del genotipo può essere più o meno aggressivo e quindi di conseguenza più o meno facile da debellare. L’infezione da HCV dà un’epatopatia cronica che può dare nel 30% dei casi cirrosi, nel 40% fibrosi e nel restante 30% nessun tipo di danno; il rischio è maggiore se si è maschi e se si aggiungono altri fattori come l’alcol. I pazienti thalassemici che hanno contratto un’infezione da HCV/HBV devono essere monitorati con gli strumenti ad oggi a disposizione per testare la funzionalità epatica e il danno tissutale e cioè la risonanza magnetica e altri strumenti di imaging per visualizzare la struttura epatica, oltre che il dosaggio di biomarkers per la funzionalità epatica. La terapia attuale per HCV è l’Interferone + la Ribavirina, che danno una % di risposta positiva nel paziente talassemico non inferiore a quella riscontrata nei pazienti non thalassemici, anche se bisogna tenere conto del fatto che sono farmaci anemizzanti e perciò occorre incrementare le trasfusioni di un 30%. Oggi però ci sono a disposizione nuovi farmaci, gli inibitori delle proteasi, Telaprevir e Boceprevir, che si sono dimostrati efficaci, associati a Interferone e Ribavirina, nel debellare i genotipi più ostici come il genotipo 1. Purtroppo possono comparire fenomeni di resistenza del virus, con mutazioni nelle proteasi del virus che lo rendono resistente e causano un fallimento della terapia. Anche questi farmaci hanno pur sempre l’effetto collaterale dell’anemia. Un nuovo farmaco è l’inibitore della polimerasi virale Sofosbuvir, che attualmente è in sperimentazione clinica fase 2. L’efficacia della terapia dipende anche dal livello di fibrosi in atto: una fibrosi F0/F1 risponde meglio di un F3/F4. Oggi è possibile anche prevedere una risposta positiva o negativa alla terapia grazie a dei “marcatori” sul DNA: recentemente è stato scoperto il polimorfismo dell’IL28b che è associato con una eliminazione del virus spontanea o indotta da terapia ed è perciò predittivo di una buona risposta ai farmaci e può essere utile valutarlo nel caso si debba intraprendere una terapia. L’utilizzo di questi nuovi farmaci è principalmente concepito per 3 essere associato a interferone e ribavirina ma si pensa che in futuro si possa andare verso una terapia orale senza interferone, che è molto problematico dal punto di vista degli effetti collaterali. Si sta quindi entrando in una nuova era per il trattamento dell’HCV poiché ci sono tanti nuovi antivirali a disposizione; il problema è che attualmente non ci sono delle linee guida che diano delle raccomandazioni chiare su quali terapie usare a seconda dei pazienti e soprattutto di quando iniziare la terapia. Quello che è certo è che i pazienti dovrebbero essere motivati nel momento in cui intraprendono una terapia e devono conoscere tutti i rischi/benefici del trattamento attuale e di quello futuro. La decisione di quale terapia attuare da parte del medico richiede un’attenta indagine del paziente e necessita di un forte dialogo medico-paziente. 4 Nicos Skordis - “Pregnancy and Fertility in Thalassemia” Il dott. Skordis ha illustrato uno studio fatto su centinaia di donne con emoglobinopatie che ha dimostrato come le % di gravidanze portate a termine, la % di nascite premature e di aborti erano simili alle % della popolazione normale e di come la terapia trasfusionale e la terapia chelante migliorano i livelli ormonali e la conservazione della funzione ovarica. La gravidanza è quindi sicura anche per le donne talassemiche anche se esistono delle controindicazioni. La complicanza più pericolosa sono i problemi cardiaci, spesso correlati a sovraccarico di ferro: poiché durante la gravidanza aumenta lo stress cardiaco, a donne con problemi cardiaci è vivamente sconsigliato di intraprendere una gravidanza o quantomeno prima le pazienti vengono trattate con una aggressiva terapia ferrochelante per diminuire il sovraccarico di ferro prima dell’ eventuale gravidanza. Un’altra controindicazione è un’infezione in corso da HCV/HBV/HIV poiché potrebbe essere trasmessa al feto e anche in questo caso le pazienti vanno prima curate per l’infezione. Altri fattori di rischio per la riuscita di una gravidanza sono il diabete e l’ipotiroidismo, per cui è bene che prima del concepimento o nelle prime settimane di gestazione venga fatto uno screening per il diabete e per la funzionalità tiroidea. Se le condizioni sono favorevoli per una gravidanza, il medico deve prevedere una consulenza genetica per il partner, in quanto un partner portatore di thalassemia avrebbe come conseguenza un 50% di probabilità di avere un figlio malato e in questo caso intervengono problemi etici . Oggi è possibile che in donne thalassemiche regolarmente trasfuse e ben chelate incorra una gravidanza spontaneamente ma nella maggior parte dei casi vi è una condizione di ipofertilità nelle donne ed è necessaria una stimolazione ovarica con gonadotrofine che ha buone probabilità di successo e in alcuni casi la fecondazione in vitro può essere l’unica soluzione anche se c’è il rischio di plurifecondazione e quindi di parti gemellari. Il pool di follicoli ovarici con l’età diminuisce e nelle donne talassemiche questa diminuzione è più rapida ma è possibile controllare la riserva follicolare tramite un semplice dosaggio dell’ormone anti mulleriano, che è un indicatore della riserva dei follicoli ovarici. In caso di gravidanza è prevista la sospensione dei chelanti orali ( mentre il desferal è sicuramente sospeso nei primi tre mesi di gestazione, poi a discrezione del medico nel caso in cui vi sia un forte sovraccarico) della vitamina C e degli ACE inibitori mentre può essere somministrato acido folico, calcio e vitamina D. 5 In previsione di una gravidanza la terapia con bifosfonati deve essere sospesa almeno 6 mesi prima. Il problema dell’infertilità maschile è dovuto principalmente al ferro che si deposita nei testicoli. I problemi di oligospermia, astenospermia si possono testare a casa con uno stick simile a quello per il test di gravidanza. Ci sono terapie con gonadotropine per indurre la spermatogenesi e la risposta è variabile. E’ possibile anche la criopreservazione degli ovuli e dello sperma. In conclusione quindi la maternità e la paternità non sono un obiettivo raggiungibile per tutti i thalassemici ma sicuramente ci sono mezzi a disposizione per renderlo possibile. 6 Vincenzo De Santis /M. Yassin - “Problemi endocrinologici e patologia ossea: ruolo di GH e vitamina D” I Professori De Santis di Ferrara e il Prof Yassin del Qatar hanno tenuto due relazioni su patologia ossea e problemi endocrinologici, complicanze che sono strettamente correlate. L’osso è un organo dinamico, metabolicamente attivo e in costante rimodellamento da parte di cellule specializzate (osteoblasti e osteoclasti) che rispettivamente costruiscono nuovo osso e distruggono il vecchio. Nella Talassemia Major si manifesta un progressivo e precoce invecchiamento osseo che è dovuto a una serie di meccanismi patogenetici (anemia cronica, tossicità del sovraccarico di ferro e carenze ormonali) che convergono a causare perdita di massa ossea e deterioramento della struttura scheletrica con rischio di fratture. Ciò è dovuto a uno sbilanciamento a favore del riassorbimento con una insufficiente controparte di nuova formazione ossea. Oggi ci sono a disposizione farmaci come i bifosfonati e nuovi farmaci biologici, come il Denosumab per prevenire e contrastare il fenomeno osteoporosi. I problemi endocrini come l’ipotiroidismo, l’ipogonadismo e il deficit staturale sono complicanze che riguardano maggiormente le fasi dell’infanzia e dell’adolescenza ma oggi si pensa che abbiano una rilevanza anche in età adulta; ad esempio possono favorire la patologia ossea come anche possono essere connessi con la patologia cardiaca. Ad esempio l’ormone della crescita GH ha un effetto anche sulla funzionalità cardiaca , sull’omeostasi del glucosio e sull’osso. In uno studio fatto presso diversi centri è stato visto come anche in età adulta, con una % variabile dall' 8% to 44 %, vi può essere una carenza di GH, che può dare sintomi a livello neurologico, di ansietà e tristezza ed è quindi opportuno monitorarlo e in alcuni casi si può pensare a una terapia supplettiva. Un altro fattore importante che esercita i suoi effetti sull’omeostasi del calcio e sul cuore è la vitamina D, che è stato dimostrato essere carente nei pazienti thalassemici adulti; anche in questo caso c’è un consenso generale sulla terapia supplettiva sia per prevenire la patologia ossea che per gli effetti benefici sul cuore. 7 Antonio Piga “Ferrokin nuovo chelante orale ha terminato la sperimentazione fase 2” Il Prof. Piga ha illustrato i risultati conclusivi dopo la sperimentazione di fase 2 per valutare la tollerabilità, la sicurezza e la farmacodinamica del nuovo chelante orale Ferrokin o FBS0701. A questo studio ha preso parte anche il nostro centro della microcitemia e quindi i nostri pazienti. Questo farmaco appartiene alla stessa classe di farmaci dell’EXJADE e quindi ha un meccanismo di azione simile, ma la somministrazione è una singola dose. In questo studio randomizzato sono state testate due dosi: il farmaco è ben tollerato e quasi tutti i pazienti hanno portato a termine lo studio. Ci sono blandi effetti collaterali gastrointestinali, mentre in un 16% di pazienti si è avuto un incremento delle transaminasi. La creatinina monitorata durante le 24 settimane di studio non ha mostrato rialzi significativi, segno di una buona funzionalità renale. Per quanto riguarda l’efficacia ci sono dati preliminari a 24 settimane della Liver Iron Concentration misurata in risonanza magnetica e alle due dosi testate si ha una diminuzione di LIC in un 29% di pazienti che arriva al 44% dei pazienti alla dose più alta. Ulteriori studi utilizzando un dosaggio più alto proseguiranno per valutare l’efficacia. 8