I canti di Cacciaguida

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I canti di Cacciaguida
Paradiso, XV, vv. 97-148
Nel cielo di Marte appare a Dante una grande croce luminosa. Sui suoi bracci si muovono le luci
dei beati, che intonano una musica celestiale: si tratta di coloro che morirono per la fede, Gli
spiriti sospendono concordemente il loro canto per consentire il colloquio di Dante con uno di essi.
Dal braccio destro della croce trascorre infatti sino alla sua base una luce: si apre così l'episodio di
Cacciaguida, che è centrale nel Paradiso e nell'intero poema ed occupa ben tre canti. Cacciaguida,
un trisavolo di Dante, con formule altamente intonate ringrazia Dio per aver aperto al suo discendente la porta del cielo ed esprime l'ardente affetto per lui e la gioia per l'incontro a lungo atteso
con un linguaggio che supera le possibilità d'intendimento umano, Questi solenni preliminari conferiscono un'aura di sacralità all'incontro. Poi Cacciaguida spiega a Dante chi egli sia ed evoca la
Firenze antica in cui ebbe i natali.
«Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.
«Firenze, quando era racchiusa entro l'antica cerchia delle mura,
da cui ancora oggi riceve il suono delle ore,
era pacifica, temperante e di casti costumi.
Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.
Le donne fiorentine non avevano collane o diademi,
non gonne impreziosite da ricami e fregi, non cinture
troppo ricche che attirano l'attenzione più che la bellezza di chi le
indossa.
Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, ché 'l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.
Nascendo, non faceva ancora paura
La figlia al padre, che il momento giusto per il matrimonio
passasse e la dote
da sborsare fosse spropositata.
Non avea case di famiglia vòte;
non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che 'n camera si puote.
Non c’erano case vuote di una famiglia;
non vi era giunto ancora Sardanapalo
ciò che si può fare nelle camere.
Non era vinto ancora Montemalo
dal vostro Uccellatoio, che, com' è vinto
nel montar sù, così sarà nel calo.
Roma non era ancora vinta
Da Firenze. Roma che, come è vinta
Nell’ascesa, così lo sarà nella decadenza.
Bellincion Berti vid' io andar cinto
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
Io ho visto Bellincion Berti indossare cinture
semplicissime di cuoio con fibbie d'osso, e allontanarsi dallo
specchio
la moglie senza avere il viso dipinto;
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
e ho visto i Nerli e i Vecchietti
accontentarsi di vestire pelli non foderate di pellicce preziose,
e le loro donne erano contente di esercitare umili mansioni
domestiche, come filare la lana
Oh fortunate! ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.
Oh fortunate! erano certe
d'essere sepolte in patria, e ancora nessuna
era abbandonata dai loro mariti, partiti per la Francia a curare i
loro affari.
L'una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idïoma
che prima i padri e le madri trastulla;
L'una vegliava a protezione del bambino nella culla,
e, per calmare il suo pianto, usava quel linguaggio
infantile che diverte le madri e i padri prima che lo sentano dai
piccoli;
l'altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.
l'altra, mentre fila la lana,
attorniata dalla servitù raccontava
le antiche leggende dei Troiani, di Fiesole e di Roma.
Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia.
Allora, sarebbero stati oggetto di tale stupore
una donna immorale come Cianghella1 o un politico corrotto come
Lapo Salterello2,
come oggi lo sarebbero un Cincinnato3 o una Cornelia4....
A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida
cittadinanza, a così dolce ostello,
A una così pacifica e serena
vita civile, tra cittadini
così fiduciosi gli uni degli altri, in una dimora così dolce,
Maria mi diè, chiamata in alte grida;
e ne l'antico vostro Batisteo
insieme fui cristiano e Cacciaguida.
la Madonna, invocata con alte grida da mia madre durante il
travaglio del parto, mi fece nascere;
e nell'antico battistero fiorentino
fui battezzato cristiano ricevendo il nome di Cacciaguida.
….»
…»
Cianghella, figlia di Arrigo della Tesa e sposata a Lito degli Alidosi di Imola, rimasta vedova ebbe molti
amanti; qui è assunta come sinonimo per antonomasia di donna scostumata.
2 Lapo Salterello, giurista e rimatore contemporaneo di Dante, fu un politico senza scrupoli e viene
proposto dal poeta come simbolo di corruzione politica
3 Lucio Quinzio Cincinnato, come narrra Livio, fu nominato dittatore nella guerra contro gli Equi; dopo la
vittoria, restituì la carica e tornò a coltivare i propri campi. È citato quindi come esempio di politico
integerrimo
4 Cornelia, madre di Tiberio e Caio Gracco, è citata dagli storici antichi come matrona di altissima virtù,
dedita solo all'educazione dei figli.
1
Paradiso, XVI, vv. 46-72
Cacciaguida spiega che fu fatto cavaliere dall'imperatore Corrado III e che lo seguì alla crociata,
dove trovò la morte, venendo direttamente dal martirio alla pace del paradiso. L'accenno alla
dignità cavalleresca del suo antenato stimola in Dante l'orgoglio aristocratico, che gli fa
dimenticare come la nobiltà ereditata col sangue sia poca cosa e come il pregio di una stirpe si
esaurisca in breve se non è continuamente rinnovato dai meriti personali dei singoli discendenti.
Dante chiede quindi a Cacciaguida quali furono i suoi antenati e in quali anni si svolse la sua
fanciullezza, quanto numerosa fosse allora la popolazione di Firenze e quali fossero le famiglie più
insigni. La luce del beato diviene più splendente per l'ardore di carità che ha modo di manifestarsi
rispondendo a tali quesiti. Cacciaguida dà pochi ragguagli sulla propria famiglia, sottolineando solo
che abitava entro la cerchia antica di Firenze. Ricorda poi come il numero degli abitanti fosse
allora molto limitato, e questo gli offre l'occasione per scagliare una veemente invettiva contro la
Firenze del presente.
Tutti color ch'a quel tempo eran ivi
da poter arme tra Marte e 'l Batista5,
eran il quinto di quei ch'or son vivi.
Tutti i fiorentini che a quel tempo
erano in grado di portare le armi
erano un quinto degli abitanti attuali.
Ma la cittadinanza, ch'è or mista
di Campi, di Certaldo e di Fegghine6,
pura vediesi ne l'ultimo artista.
Ma la popolazione, che ora è mescolata
di gente che proviene dal contado,
in compenso era composta tutta da fiorentini puri, sino al più
umile artigiano
Oh quanto fora meglio esser vicine
quelle genti ch'io dico, e al Galluzzo7
e a Trespiano8 aver vostro confine,
Come sarebbe meglio se fossero rimaste confinanti
quelle popolazioni del contado, e al Galluzzo
e al Trespiano fossero ancora i confini del territorio comunale,
che averle dentro e sostener lo puzzo
del villan d'Aguglion9, di quel da Signa10,
che già per barattare ha l'occhio aguzzo!
piuttosto che averle dentro e dover sopportare il puzzo
del contadino di Aguglione e di quello da Signa,
che per cogliere occasioni di traffici disonesti sempre aguzza
l'occhio!
5
La città è designata mediante l'indicazione di quelli che erano allora i suoi estremi, il Ponte Vecchio, dove si
trovava una statua creduta di Marte, e il Battistero di San Giovanni.
6
Campi è un borgo nella valle del Bisenzio, Certaldo è in Valdelsa, Fegghine (oggi Figline) è in Valdarno:
sono tutte località intorno a Firenze. La crescita della città era dovuta a un fenomeno di urbanesimo: attratti
dalla prospettiva di far fortuna con i traffici, molti si trasferivano in città dalla campagna. Per Dante, che
guarda con evidente disprezzo i "villani" inurbati, questo è un fenomeno estremamente negativo, perché
contamina la purezza della cittadinanza e crea pericoloso disordine scatenando appetiti, volontà di
sopraffazione, conflitti.
7
sulla via di Siena, a sud
8
sulla via di Bologna, a nord
9
Baldo d'Aguglione, uomo politico insignito di cariche importanti, che nel 1311 riformò gli Ordinamenti di
Giustizia e concedette un'amnistia agli esuli ghibellini e bianchi, confermando però il bando per le personalità
maggiori (tra gli esclusi fu Dante)
10
Fazio de' Morubaldini, che tradì la parte bianca per passare ai Neri e nel 1310 fu ambasciatore di Firenze
presso il papa Clemente V per chiedere il suo aiuto contro l'imperatore Arrigo VII
Se la gente ch'al mondo più traligna
non fosse stata a Cesare noverca,
ma come madre a suo figlio benigna,
Se le persone che al mondo più si allontanano dalla retta via11
non fossero stati così ostili all'imperatore,
ma, come fa una madre con il suo bambino, lo avessero
sostenuto,
tal fatto è fiorentino e cambia e merca,
che si sarebbe vòlto a Simifonti,
là dove andava l'avolo a la cerca;
chi ora è divenuto fiorentino ed esercita l'attività bancaria e
mercantile,
sarebbe rimasto nel paese originario di Simifonti,
dove il suo antenato esercitava il commercio al minuto;
sariesi Montemurlo ancor de' Conti;
sarieno i Cerchi nel piovier d'Acone,
e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
il castello di Montemurlo apparterrebbe ancora ai conti Guidi12;
i Cerchi13 sarebbero rimasti nella pieve di Acone,
e forse i Buondelmonti14 in Val di Greve.
Sempre la confusion de le persone
principio fu del mal de la cittade,
come del vostro il cibo che s'appone;
La mescolanza di popolazioni di origini diverse
fu sempre causa del male delle città,
come del vostro male il nuovo cibo che si sovrappone ad altro cibo
non ancora digerito;
e cieco toro più avaccio cade
che cieco agnello; e molte volte taglia
più e meglio una che le cinque spade.
e un toro cieco cade più rapidamente
di un agnello cieco; e spesso taglia
meglio una spada sola di cinque15.
Il papa e la sua curia. Il papa traligna perché non esercita il suo compito di guida spirituale e si immischia
nelle questioni politiche. La curia è indicata metaforicamente come matrigna nei confronti dell'imperatore,
mentre dovrebbe essere come una madre benevola verso il proprio figlio. Gli ostacoli frapposti dal papa
all'imperatore (Dante allude al contegno di Clemente v verso Arrigo VII, in occasione della sua discesa in
Italia) impediscono a quest'ultimo di esercitare la sua autorità. E siccome l'imperatore è il garante dell'ordine
sociale e della giustizia, il venire meno della sua azione apre la strada allo scatenarsi degli appetiti, che
sconvolgono l'ordine sociale, determinando l'ascesa di ceti un tempo umili e portano alla confusione del
vivere civile. L'espansione delle attività mercantili e bancarie, che per Dante è fonte di ogni male, è da lui
vista come conseguenza di questa abdicazione dell'imperatore ai propri poteri e dell'intromissione del papa
nelle faccende politiche. L'ordine esistente è identificato da Dante con la volontà stessa di Dio: violarlo, come
avviene con l'ascesa della classe mercantile, significa violare la legge che regola l'universo. Per questo Dante
è così ostile alla «gente nova». Egli è convinto inoltre che l'avidità connaturata allo spirito mercantile (la
«lupa» del canto i dell'inferno) sia all'origine di infiniti altri vizi, sopraffazioni, violenze, devastazioni, conflitti,
corruzione dei costumi.
12
I Guidi furono costretti a cedere il castello a Firenze, divenendo semplici cittadini. Cioè se l'autorità
imperiale fosse rimasta salda, i grandi feudatari non sarebbero stati costretti a cedere i loro possedimenti alle
città. All'ascesa sociale della classe mercantile si accompagna la decadenza di quella feudale, altro fenomeno
deleterio per Dante, che vede nella nobiltà la garanzia di sopravvivenza delle virtù cortesi e cavalleresche
13
La famiglia che capeggiava la parte bianca
14
Sono la famiglia che fu all'origine delle contese civili in Firenze, secondo la leggenda Cioè secondo Dante,
se non vi fosse stata l'immigrazione massiccia dal contado in città, non vi sarebbe stata neppure l'occasione
per la divisione in fazioni.
15
Fuori di metafora: uno Stato privo di guida va in rovina più rapidamente se è grande, ed un esercito
piccolo ma compatto è più forte di uno grande ma diviso al suo interno.
11
Paradiso, XVII, vv. 46-142
Cacciaguida elenca a Dante le famiglie fiorentine più ragguardevoli ai suoi tempi, molte delle quali
sono ormai estinte. Con quelle famiglie Firenze era pacifica e serena ed il suo popolo era «glorioso
e giusto», né era ancora lacerato dalle lotte di parte. Dante espone poi al suo avo un quesito che
lo angustia particolarmente. Durante il suo percorso per l'inferno e il purgatorio gli erano state
dette parole che lo avevano turbato profondamente. Vorrebbe dunque sapere da Cacciaguida, che
è in grado di vedere nella mente di Dio le cose future, quale sorte lo attenda, per essere meglio
preparato ad affrontarla. Cacciaguida gli risponde in modo chiaro e diretto, non con i giri oscuri di
parole degli oracoli antichi.
Qual si partio Ipolito d'Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene.
Come Ippolito1 dovette allontanarsi da Atene
per colpa della spietata e perfida matrigna,
così tu dovrai allontanarti da Firenze.
Questo si vuole e questo già si cerca,
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
là dove Cristo tutto dì si merca.
Questo si vuole e questo già si prepara,
e ben presto verrà attuato da parte di chi sta tramando
là dove ogni giorno si fa mercato delle cose di Cristo.
La colpa seguirà la parte offensa
in grido, come suol; ma la vendetta
fia testimonio al ver che la dispensa.
la colpa sarà attribuita alle vittime
dalla voce popolare, come suole avvenire abitualmente, ma la
punizione divina
testimonierà la verità, che è anche colei che la dispensa.
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l'arco de lo essilio pria saetta.
Tu lascerai ogni cosa da te amata
più caramente; e questo è il primo dolore
che l'esilio ti provocherà.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
Tu Proverai come è amaro
il pane mendicato ad altri, e che cammino faticoso e sgradevole
è salire e scendere per le scale altrui.
E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle;
E ciò che più ti riuscirà gravoso da sopportare,
saranno i compagni malvagi e stolti
insieme con i quali precipiterai nella misera condizione di esule;
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr' a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.
perché ingrati, irragionevoli ed empi
contro di te essi si riveleranno; ma poco dopo,
per questo comportamento, essi, non tu, patiranno una
sanguinosa sconfitta2.
Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova; sì ch'a te fia bello
averti fatta parte per te stesso.
il loro modo di agire della loro bestiale stoltezza
sarà la prova; sì che sarà motivo d'onore
per te essere uscito da ogni partito, restando solo con la tua
dignità.
Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che 'n su la scala porta il santo uccello;
Il tuo primo rifugio e la prima dimora ospitale
sarà la cortesia dello Scaligero,
che (nella sua insegna) porta l'aquila imperiale su una scala;
ch'in te avrà sì benigno riguardo,
che del fare e del chieder, tra voi due,
fia primo quel che tra li altri è più tardo.
che avrà nei tuoi confronti un riguardo così benevolo,
che tra il concedere e il domandare, tra voi due,
verrà prima ciò che in genere viene dopo.
Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fier l'opere sue.
Con lui vedrai Cangrande, colui che subì l'influsso,
nascendo, così fortemente di questa stella (Marte),
che le sue imprese saranno memorabili.
Non se ne son le genti ancora accorte
per la novella età, ché pur nove anni
son queste rote intorno di lui torte;
Il popolo non si è ancora accorto del suo valore
a causa della sua età troppo giovanile, poiché solo nove volte
questo cielo ha girato intorno a lui;
ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,
parran faville de la sua virtute
in non curar d'argento né d'affanni.
ma prima che Clemente V, il papa guascone, inganni il nobile
Arrigo VII,
appariranno i primi segni del suo valore
nel suo non curarsi del denaro e delle fatiche.
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì che ' suoi nemici
non ne potran tener le lingue mute.
Le sue doti di generosità manifeste
saranno anche, sì che persino i suoi nemici
non potranno evitare di riconoscerle.
A lui t'aspetta e a' suoi benefici;
per lui fia trasmutata molta gente,
cambiando condizion ricchi e mendici;
Affidati a lui e ai suoi benefici;
da lui sarà mutata di condizione sociale molta gente,
ricchi e mendicanti si scambieranno di posizione;
e portera'ne scritto ne la mente
di lui, e nol dirai»; e disse cose
incredibili a quei che fier presente.
e di qui porterai in terra impresso nella memoria
su di lui, e non rivelerai ciò che dirò»; e disse cose incredibili
perfino a coloro che vi assisteranno.
Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose
di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie
che dietro a pochi giri son nascose.
Poi aggiunse: «Figlio, queste sono le spiegazioni
di ciò che ti fu detto; ecco le insidie
che stanno in agguato dopo pochi anni.
Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,
poscia che s'infutura la tua vita
vie più là che 'l punir di lor perfidie».
Non voglio però che tu nutra odio per i tuoi concittadini,
poiché la tua vita si prolunga nel futuro
ben oltre il tempo in cui le loro malvagie azioni saranno
punite».
Poi che, tacendo, si mostrò spedita
l'anima santa di metter la trama
in quella tela ch'io le porsi ordita,
Dopo che l'anima beata di Cacciaguida si mostrò libera
dal compito di porre la trama
sull'ordito della tela che io gli avevo proposto,
io cominciai, come colui che brama,
dubitando, consiglio da persona
che vede e vuol dirittamente e ama:
io cominciai a dire, come una persona che desidera
fortemente,
essendo in dubbio, un consiglio da una persona
che vede, vuole e ama in modo giusto (colui che chiede):
«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;
Vedo bene, padre mio, come incalza
il tempo contro di me, per infliggermi un colpo
tale (l'esilio), che è tanto più doloroso quanto più ci si trova
impreparati;
per che di provedenza è buon ch'io m'armi,
sì che, se loco m'è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi.
per la qual cosa è bene che io mi armi di previdenza,
sì che, se mi vien tolto il luogo più caro,
io non perda altri luoghi (dove rifugiarmi) a causa dei miei
versi.
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,
Giù per il mondo delle pene eterne (l'inferno),
su per il monte (del purgatorio) dalla cui bella cima
gli occhi di Beatrice mi innalzarono al cielo,
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s'io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume;
e poi per il paradiso, di stella in stella,
ho appreso cose che, se le riferirò,
avranno un sapore molto aspro per molti;
e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico».
e se io mostrerò di amare tiepidamente la verità,
temo di perdere la possibilità di vivere tra coloro
che chiameranno questo tempo antico».
La luce in che rideva il mio tesoro
ch'io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro;
La luce entro cui splendeva il tesoro
che io trovai in cielo, dapprima lampeggiò,
come uno specchio d'oro colpito da un raggio di sole;
indi rispuose: «Coscïenza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca.
poi rispose: «Ogni coscienza sporca
per le proprie colpe o per quelle dei congiunti
certamente sentirà l'asprezza delle tue parole.
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov' è la rogna.
Tuttavia, messa da parte ogni menzogna,
manifesta senza reticenze tutto ciò che hai visto;
e lascia pure che chi ha la rogna si gratti.
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.
Perché se le tue parole saranno spiacevoli
appena saranno assaggiate, un nutrimento vitale
lasceranno poi, quando saranno digerite.
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d'onor poco argomento.
Le parole con cui proclamerai la verità faranno come il vento,
che percuote più violentemente le cime più alte;
e ciò è un motivo non piccolo d'onore.
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note,
Perciò ti sono stati mostrati in questi cieli,
nel monte del purgatorio e nell'abisso doloroso dell'inferno
solo anime di persone famose,
che l'animo di quel ch'ode, non posa
né ferma fede per essempro ch'aia
la sua radice incognita e ascosa,
perché l'animo di chi ascolta non si appaga
né presta fede ad esempi che riguardino
persone sconosciute e oscure,
né per altro argomento che non paia».
o ad altro tipo di argomentazione che non appaia evidente».
1
Ippolito, figlio di Teseo re di Atene, fu costretto a lasciare la città a causa della matrigna Fedra, che prima
aveva cercato di sedurlo e poi, respinta, si era vendicata calunniandolo presso il padre, che lo aveva
scacciato. Allo stesso modo Dante, innocente come Ippolito, per una falsa accusa (di baratteria) sarà cacciato
da Firenze, non madre ma matrigna verso il proprio grande figlio.
2
Allude probabilmente alla battaglia della Lastra (1304) in cui i fuoriusciti bianchi e ghibellini furono
sanguinosamente sconfitti nel tentativo di rientrare in Firenze. A quella data Dante aveva già rotto con essi,
quindi scampò alla loro sorte.
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