Vito Pignatelli, coordinatore Tecnologie Biomasse e Bioenergie Unità Tecnica Fonti Rinnovabili Enea La produzione di energia da fonte rinnovabile sotto qualsiasi forma, diretta o via bio-carburante, deve essere una produzione efficiente il più possibile; cioè ci si devono mettere meno soldi e meno energia possibile e tirare fuori più soldi e più energia eco -compatibile che sia possibile . Grazie per l’invito e grazie per avermi affidato, di fatto, la chiusura del convegno. Cerchiamo, allora, d i fissare al cuni punti, di fare emergere una sintesi di quanto è stato detto integrandola con alcuni elementi relativi alla ricerca che vorrei porre all’attenzione di tutti. Il Prof. Lorenzoni ha detto: io ho l’impressione che non sia stata fatta ricerca. Io vorrei di re che in realtà in Italia per un lunghissimo lasso di tempo non è più stata fatta ricerca per quello che noi intendiamo della ricerca, cioè una ricerca pubblica finalizzata ad una maggiore conoscenza scientifica e direttamente allo sviluppo di una tecnolo gia. Dico questo perché il bio -gas è stato anche questo, è stato detto più volte , però noi non dobbiamo dimenticare che l’Italia nella prima metà degli anni ’80 era leader nelle tecnologie del bio -gas, lo sa bene Piccinini, lo sa bene il Prof. Zorzoli che era Consigliere di Amministrazione autonomia quando io sono entrato all’ENEA come geometra ricercatore. Ed a parte questo, era un momento in cui in Italia si investiva sulle rinnovabili; molti ricordano il progetto finalizzato Energetica 2, gestito da me a l C.N.R. che poneva l’accento sullo sviluppo di fonti di energie rinnovabili . Molti dei termini che si usano oggi prima non esistevano, bio -metano esisteva, ma non esisteva bio-diesel, neanche bio -carburante, si parlava solo di etanolo. In realtà se noi oggi parliamo di poter produrre il bio -metano, è perché disponiamo di affidabili tecnologie per la produzione di bio -gas, tecnologie che nascono da una serie di studi e poi giustamente nascono dallo sviluppo che è stato fatto direttamente da chi ha investito in questo settore. Oggi quindi abbiamo una maturità che fa sì che il bio -gas non sia quello che era all’inizio; all’inizio il bio gas era un bidone, una scatola nera dove uno buttava dentro qualcosa, aspettava un po’ di tempo, si collegava e tirava fuori il gas accendendo una fiamma, era quello. Se il bio-gas è diventato una fonte energetica, se è diventato una tecnologia matura e possiamo parlare di bio -metano, è perché è stata fatta molta ricerca. Dal pubblico fino ad un certo punto, dal privato, dall’im prenditoria privata fino ad un altro punto. Allora, che cosa resta da fare ? E’ solo una questione di dosare bene gli incentivi? E’ solo una questione di sviluppare delle quote normative? No, è anche una questione di tecnologia. Ed è una questione di tecno logia perché noi tutti siamo consapevoli del fatto che lo sviluppo delle rinnovabili vada incentivato, ma che l’incentivo non deve essere un sussidio, il che vuol dire che la produzione di energia da fonte rinnovabile sotto qualsiasi forma, diretta o via b iocarburante, deve essere una produzione efficiente il più possibile; cioè ci si devono mettere meno soldi e meno energia possibile e tirare fuori più soldi e più energia eco -compatibile che sia possibile. Quando si dice che i bio -carburanti li può fare chiunque, che la bio -energia la può fare chiunque, non è vero, nel senso che qualcuno può provare a fare del bio -carburante o l’energia per usar la a casa sua, ma se poco poco si esce dal cortile di casa, il bio -carburante deve andare in un motore, il bio -carburante deve essere immesso in una rete ed il bio -carburante, quale che sia, deve rispettare degli standard. Il motivo per cui è fallita , ed è fallita, la produzione del bio -diesel su piccola scala in Austria dall’inizi o degli anni ‘90, quando la gente s i faceva gli impiantini a livello di azienda agricola, è proprio questo, io mi produco il mio bio -diesel lo uso nel mio trattore, ma fuori dal mio trattore fuori dalla mia azienda, non posso pe rché non risponde a determinati requisiti. Il bio-metano è un carburante fungibile come si dice: io prendo il bio -gas, gli tolgo l’anidride carbonica, gli tolgo le impurità e produco il bio -metano, d’altronde è quello che succede pure nei pozzi petroliferi, non è che quando si trivella e si tira fuori il metano viene fuori il metano puro. Viene fuori il metano con l’anidride carbonica e impurità che deve essere “pulito”; solo che in quel caso si fa su larga scala, il costo viene direttamente scaricato sul metano che viene venduto e nessuno ne parla, eppure ci sono giacimenti metaniferi dove l’anidride carbonica è molto elevata. Allora, che dobbiamo fare noi, diciamo come ricerca, per produrre un buon bio -gas che serva ad ottenere un buon bio -metano? Per fare un buon bio-metano noi dobbiamo avere un bio -gas ad alto tenor e di metano e dobbiamo avere un bio -gas pulito, questo vuol dire conoscere bene il processo, questo vuol dire lasciare gli spazi per un’attività di ricerca che consenta di ottimizzare la conoscenza della microbiologia, il controllo del processo, in modo da avere la m aggiore produzione del bio -gas. Tutti quanti devono essere consapevoli del fatto che scende re giù di livello e costruire impianti di bio -gas sempre più piccoli, vuol dire andare incontro a sempre maggiori difficoltà. Questo perché non è che se io dimezzo la taglia di un impianto dimezzo il costo di un impianto; e questo naturalmente su un impianto piccolo che produce poco vuol dire minori introiti, più lunghi tempi di ammortamento e quindi una maggiore criticità da un punto di vista economico. D all’altro punto di vista, un impianto piccolo è più difficile da gestire, perché qualunque cosa succed a nell’alimentazione della materia prima, a meno che non l o si alimenti sempre con la stessa materia prima, (ma abbiamo visto che la maggior parte degli i mpianti sono alimentati da un mix di materie prime), se io cambio qualcosa o altero qualcosa nel mix della materia prima, più l’impianto è piccolo è più sarà sensibile a questo. La storia del bio-gas italiano è piena di tanti impianti che agli inizi partiv ano poi si fermavano, non producevano, producevano male, funzionavano male : nati male e finiti peggio . Quello che manca è una ricerca che strettamente colleghi il mondo della ricerca e del mondo industriale, finalizzata ad ampliare la gamma delle materie p rime, perché noi abbiamo un problema di c olture, perché noi abbiano il problema di integrare l a produzione del bio -gas. A qualcuno potrà anche non piacere, ma la produzione del bio -gas, derivante dalla materia prima agricola e dalla frazione organica dei rifiuti urbani (se la raccolta differenziata dei rifiuti urbani si amplierà), crescerà enormemente ed è la cosa migliore da fare con questa rifrazione organica, produrre bio -gas, certo in una filiera diversa e parallela a quella agricola. Quindi ricerca su lle colture, perché anche lì non possiamo pensare che in Italia produrremmo bio -carburanti da materie prime agricole di prima generazione; nella migliore delle ipotesi , facendo due conti, viene fuori che fra bio-diesel e bio -etanolo di prima generazione in Italia nel 2020 dovremmo produrre quasi un milione e mezzo di tonnellate annue d i prodotto. Con che le produciamo, dove le produciamo? Se siamo consapevoli del fatto che per produrre bio-carburanti non si possono usare solo materie prime residuali, dovre mo comunque ricorrere a delle colture, e a quali colture ricorr ere? Qui sta lo sforzo, l’immaginazione, l’inventiva, il coraggio di sperimentare colture diverse da impiantare su terreni che l’agricoltura ha in Italia, perché in Italia ci sono terreni agricoli abbandonati da anni, sui quali non conviene più coltivare il grano, sui quali non conviene più coltivare nulla a destinazione alimentare. La competizione non è fra un campo coltivato a destinazione alimentare ed un campo coltivato a bio-carburanti; il problema non va posto in quei termini, casomai la competizione corretta è fra un campo coltivato a bio -carburanti ed un campo abbandonato, perché è lì che è la chiave del discorso. Di ricerche avanzate sul discorso del bio gas, bio-metano, del resto, ce ne sono tantissim e. Dalla tecnologia di up -grading che oggi funziona benissimo, alle scale più grandi (poi si scende di scala e cominciano ad esserci problemi di costo e di resa ), al discorso importantissimo di sviluppare bio -gas dai processi fermentativi in dirizzati alla produzione di miscele di gas che contengano anche idrogeno, cosiddetti processi a doppio stadio; qui si arriva a quello che si chiama idro -metano, cioè una miscela di bio -gas arricchita di idrogeno, che è ovviamente un vettore energetico più prezioso (come è stato descritto dal professor Chiaramonti nel suo intervento) cioè metano ottenuto sempre a partire da bio -masse ma per vie bio -sintetiche e quest a è l’ultima particolarità che riguarda la ricerca. Tutti sanno che c’è stato negli ultimi anni un boom di interesse sul discorso delle micro -alghe, delle produzioni di micro -alghe a fini energetici che ha un suo fascino. La coltivazione di micro -alghe non mi ruba terreno, ha in teoria una elevatissima resa di conversione, può utilizzare anidrid e carbonica, può utilizzare reflui, quindi vale la pena di seguire nuove tecnologie per produrre, nuovi tipi di gas ed il discorso dell’integrazione delle micro -alghe fatte crescere utilizzando proprio quei nutrienti, per esempio degli effluenti chimici, d ella digestione. Questo soltanto per dire quanti altri nuovi temi possono essere suscettibili di sviluppo . Tutto questo ci porta a dire che il bio-metano fatto da un buon bio -gas, rappresenta realmente forse l’unica possibilità di sviluppare in Italia dei bio-carburanti con nostre risorse, con nostre energie per raggiungere e possibilmente superare gli obiettivi che il nostro Paese si è posto. Grazie.