lac
lenti a contatto
contact lenses
Codirettori scientifici
L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma)
Comitato scientifico
L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo),
R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze),
P. Gheller (Bologna), S. Lorè (Roma),
A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova),
U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova),
A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona),
L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste)
Ringraziamenti
Si ringrazia S.Opt.I. per la collaborazione scientifica
Comitato editoriale
A. Calossi (Certaldo), M. Lava (Roma),
C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma)
Segreteria
O. De Bona, M. Lava
Via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE)
Tel. 041.5939411
E-mail: [email protected]
Nome della rivista
LAC
Direttore responsabile
Marco Perini
Proprietario testata
BieBi Editrice
Editore
BieBi Editrice
di Mauro Lampo
Via Losana, 4 - 13900 Biella
Tiratura
Quadrimestrale, 32 pagine
Tipografia
True Color
Via Cave 1 - 28831 Baveno (Verbania)
Registrazione Tribunale
Biella, in data 6/5/99 al n. 487
Sped. gratuita
Numeri arretrati
1
Presso la segreteria
sommario
luglio 2002 vol. IV, n. 2
Articoli
Iposecrezione lacrimale e ridotta
sensibilità corneale in portatori
di lenti a contatto rischi di aggravamento dopo
chirurgia rifrattiva?
N. Pescosolido, M. Trinchi
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
A. Calossi
pag.
4
pag.
15
Rubriche
3
Tips & tricks
L. Boccardo
pag.
29
Novità editoriali
L. Boccardo
pag.
30
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto-rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
Nicola Pescosolido, Maria Trinchi
Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, Dipartimento di Scienze Oftalmologiche, Università degli Studi di
Roma “La Sapienza”
Sommario
Dopo il trattamento con “keratomileusis laser in situ”
(LASIK) l’80 % dei pazienti accusa una sensazione di secchezza oculare così come dopo fotocheratectomia laser (PRK).
L’ “occhio secco” è correlato alla riduzione della secrezione
lacrimale dovuta alla resezione dei nervi corneali centrali
durante la formazione del flap 1,2 o l’ablazione della superficie
corneale. La conseguenza di questo evento è l’alterazione dell’arco riflesso sensitivo che esiste tra cornea - sistema nervoso - ghiandole lacrimali e che controlla la secrezione lacrimale riflessa.
I sintomi di secchezza oculare sono frequenti dal primo al
sesto-nono mese dall’intervento per poi risolversi. Inoltre, la
secrezione lacrimale e la sensibilità corneale è minore nei portatori di lenti a contatto da molto tempo sia preoperatoriamente che dopo 6 mesi.
La resezione dei nervi corneali centrali determina un’altra
condizione patologica: la “epiteliopatia neurotrofica” caratterizzata da erosioni epiteliali puntate, che insorge in una
piccola percentuale di pazienti (1%-2%)3 che non presentano
segni e sintomi di occhio secco e con i tests di produzione
lacrimale normali . Questa condizione patologica è dovuta
ad una perdita di trofismo dell’epitelio 4 per il venir meno
di alcuni neurotrasmettitori ad azione trofica in seguito alla
rottura dei tonchi nervosi del flap.
Queste condizioni a parere degli autori pregiudicano una
applicazione di lac idrofile qualora siano necessarie in questo
spazio temporale, mentre non vi sarebbero differenze nelle
risposte di sensibilità e dell’indice di funzione lacrimale a
nove mesi dalla LASIK tra portatori e non portatori di lac
prima dell’intervento.
Parole chiave
lenti a contatto, sensibilità corneale, secrezione
lacrimale, epiteliopatia neurotrofica, chirurgia
rifrattiva
Ricevuto il 14 maggio 2001
Accettato per la pubblicazione il 6 settembre 2001
La sensibilità corneale è mediata dagli assoni terminali
dei nervi ciliari lunghi, rami della prima branca del trigemino ossia del nervo oftalmico 5,6. Da settanta ad
ottanta rami radiali entrano nella cornea a livello
medio-stromale, appena entrati al centro della cornea
si ramificano orizzontalmente e verticalmente dando
origine ad un ricco plesso subepitelale al di sotto dello
strato della Bowman 7. Una normale sensitività corneale
è essenziale per la integrità strutturale e funzionale
della superficie corneale.
Sebbene alcune variazioni della sensibilità corneale
siano normali, una sua spiccata riduzione può essere
causata da diversi fattori come gli agenti atmosferici
(vento, umidità, calore)8,9 o dagli insidiosi effetti collaterali di alcuni farmaci come gli antidepressivi largamente usati dalla persone di media e avanzata età 10.
Condizioni fisiopatologiche generali come ad esempio
le alterazioni ormonali che si hanno nella menopausa
per l’abbassamento dei livelli di estrogeni che inducono
un aumento dell’incidenza di “cheratite sicca” 11 oppure
un altra condizione predisponente è stata vista nel diabete. A livello oculare l’ipoestesia lac correlata, la cheratite neuroparalitica erpetica e alcuni trattamenti
medici e chirurgici oculari inducono una riduzione
della sensibilità.12
Come è noto, la superficie oculare (cornea, congiuntiva,
ghiandole lacrimali accessorie, ghiandole di Meibomio)
e la ghiandola lacrimale principale costituiscono una
unità funzionale integrata, in connessione attraverso
l’arco riflesso sensitivo, che in parte agisce insieme formando un sistema a feedback 13-15. La stimolazione delle
fibre nervose sensitive che innervano la superficie oculare dà l’avvio alla lacrimazione riflessa ed al meccanismo dell’ammiccamento14 .
La lacrimazione riflessa provvede alla produzione della
fase acquosa del film lacrimale14; che riduce gli attriti,
veicola l’ossigeno, idrata la cornea collaborando così
alla sua trasparenza e difende la superficie oculare
dagli agenti microbici grazie al lisozima, alla lattoferrina ed alle immunoglobuline IgAs e dagli agenti tossici rimovendo le scorie metaboliche e i corpi estranei
ad azione allergizzante.
L’ammiccamento provvede alla distribuzione e alla
rimozione delle lacrime dalla superficie oculare.
In alcune condizioni patologiche delle fibre nervose
4
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
sensitive corneali (cheratite neuroparalitica), in un loro
danno o nella loro amputazione chirurgica la produzione della fase acquosa lacrimale è ridotta e se bilaterale è ridotto anche l’ammiccamento16,17.
La sensibilità corneale è molto alta, elaborata centralmente e interpretata solamente come dolorosa18.
La cosiddetta lacrimazione basale risulta dal continuo
stimolo dei fattori ambientali sulla superficie oculare
e si pensa che questi segnali agiscano al di sotto della
soglia di percezione negli individui normali 16.
Diverse procedure chirurgiche sono state associate ad
una perdita marcata della normale sensibilità corneale. La perdita della sensibilità è un evento reversibile1, 19 ,20.
Il ritorno ad una normale sensibilità corneale si ha
entro 12 mesi dopo cheratoplastica penetrante 21 e
anche dopo cheratotomia radiale19.
Dopo cheratectomia fotorefrattiva (PRK) (Fig. 1) la sensibilità si ripristina nei primi 3 mesi post operatori22.
Figura 2
Il microcheratotomo e la tecnica della sezione lamellare per la
LASIK. Sezione traversa di un microcheratomo mentre produce
una sezione lamellare corneale. Quando il microcheratomo si muove
(freccia) lungo la cornea dentro il binario dell’anello di suzione (5),
la lama oscillante del microcheratomo (1) taglia la sezione lamellare (2). La profondità del taglio è determinata dall’aggiustamento
dello spessore, o piastra spaziatrice, (3) al di sotto della lama. La
sezione lamellare seguirà la linea punteggiata mostrata, un dispositivo di stop dello strumento preverrà una totale scissione della
sezione lamellare. Da qui, la sezione lamellare diventa un perno
(4), un lembo a forma di disco che potrà essere riflesso a mostrare
il sottostante letto stromale che viene trattato e ridelineato con il
laser ad eccimeri (Rosa et al., 1996 91; modificata)
Figura 1
Tecnica chirurgica della PRK. Effetto fotoablativo del laser sulla
superficie corneale. (Rosa et al., 1996 91; modificata)
Per quanto riguarda la LASIK (cheratomileusis laser in
situ), questa è una tecnica chirurgica cheratorefrattiva
lamellare che modifica la curvatura anteriore della
cornea che rimuove parte dello stroma, lasciando “virtualmente” intatti la membrana di Bowman e l’epitelio
corneale 23-25. Questa tecnica implica il taglio,tramite un
microcheratomo, di un lembo corneale o flap incernierato (il cui diametro è di 8-10 mm ed uno spessore di
140-180 µm pari a 2/3-3/4 dello spessore corneale centrale (Fig. 2). Esso è formato dall’epitelio corneale, dalla
membrana di Bowman e dalla parte superficiale dello
stroma). Quindi si esegue il suo ribaltamento (Fig. 3).
Dopo questa prima operazione si effettua il trattamento
dello stroma sottostante con un laser ad eccimeri a 193
nm (eccimeri) seguito dal riposizionamento del flap
(Fig. 4-5). La LASIK è il trattamento d’elezione per le
alte miopie, poiché non causa haze stromali, richiede
5
Figura 3
LASIK tecnica chirurgica - sezione lamellare. Il lembo corneale
lamellare (L) è riflesso così da esporre lo stroma corneale superficiale che sarà trattato con il laser ad eccimeri. Questo lembo viene
fatto con il microcheratotomo. La creazione di una sezione lamellare che rimane adesa alla cornea tramite un perno (P) come uno
sportello, piuttosto che un disco totalmente staccabile, consentirà il suo riposizionamento nella posizione originaria dopo il trattamento laser. Questo per minimizzare l’astigmatismo post operatorio (Rosa et al., 1996 91; modificata)
brevi periodi di riabilitazione visiva e ottenuta l’acuità
visiva ottimale non regredisce. Questi eventi sono frequenti con la cheratectomia refrattiva (PRK) 26-28. Oggi
con il perfezionamento della LASIK e con una sempre
maggiore esperienza dei medici tale tecnica è larga-
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
Figura 4
LASIK tecnica chirurgica-trattamento laser. Una volta formato il
lembo (L), il letto stromale della cornea (S) è ablato di una data
quantità e risagomato utilizzando il laser ad eccimeri (LASER)
(Rosa et al., 1996 91; modificata)
Figura 5
LASIK tecnica chirurgica-stadio post trattamento laser. Dopo il
trattamento laser del letto stromale (S) la curvatura stromale risulta
appiattita di una quantità predeterminata (un cambiamento rifrattivo negativo). Il lembo corneale (L) sarà poi riposizionato al di
sopra dell’area trattata ed il cambiamento della curvatura fatto nel
letto corneale sarà trasferito alla superficie anteriore del lembo (Rosa
et al., 1996 91; modificata)
mente usata per la correzione di tutti i gradi di miopia.
Studi preliminari hanno trovato che la LASIK offre
eccellenti risultati nella correzione della miopia da
moderata a severa, con poche complicanze in “mani
esperte” 29-31.
Il flap corneale di 8,5 mm disseca le fibre nervose che
innervano circa il 60% della superficie corneale. Tale
evento, in una fase precoce, abolisce l’arco riflesso della
sensibilità corneale, che presiede ai livelli di secrezione
lacrimale 2, 32,33. Segue una fase tardiva in cui c’è un recupero della sensibilità grazie alla rigenerazione assonica.
In alcuni casi tale rigenerazione avviene in modo
abnorme e ne risulta una supersensibilità corneale.
Durante questa procedura, i nervi stromali superficiali
sono tagliati a livello dei margini del flap corneale ed i
nervi del letto stromale sotto il flap sono di conseguenza
esposti alla fotoablazione laser 34.
Linna et al. (1998) 32 hanno dimostrato che nella cornea
di coniglio a 5 mesi dalla LASIK, l’epitelio, il sottoepitelio e l’innervazione stromale anteriore avevano raggiunto una densità ed una architettura quasi normale.
Perez -Santonja et al. (1999)1 hanno visto che in 17 occhi
sottoposti alla LASIK per correggere la miopia la sensibilità corneale si approssimava ai valori normali 6 mesi
dopo l’intervento.
I risultati di Benitez del Castillo et al. (2001) 34 hanno
mostrano una profonda riduzione nella sensibilità corneale ad 1 settimana, ad 1 ed a 3 mesi dopo la LASIK.
Sebbene in alcuni casi il recupero era a 6 mesi, la sensibilità corneale ritornava ai suoi valori preoperatori a
9 mesi; il recupero risultava tardivo rispetto a quello
che si ha con la PRK 1.
La sensibilità corneale nel lavoro di Benitez del Castillo
et al. (2001) 34 è stata misurata con l’estesiometro di
Cochet Bonnet ed è stata valutata anche la secrezione
lacrimale attraverso l’indice di funzione lacrimale in
24 soggetti sottoposti alla LASIK per la correzione
della miopia in un range da 3.5 a 12.25 diottrie. Questi
pazienti sono stati scelti in base ai seguenti criteri: età
21-45 anni, miopia stabile, astigmatismo minore di 2.5
diottrie, 12 portatori di lenti a contatto (lac) da più di
5 anni, segmento anteriore normale, normale fundus
oculi, nessun problema di salute generale od oculare.
La procedura chirurgica prevedeva la creazione di un
flap di 8.5 mm di diametro ed uno spessore di 160
micron, ed una fotoablazione corneale di 6 mm per
tutti i pazienti. Le visite postoperatorie venivano fatte
alla 1a settimana, ad 1, 3, 6 e 9 mesi dall’intervento. Ad
ogni visita venivano misurati lo Schirmer test in anestesia ed il tasso di clearance lacrimale dopo instillazione di fluoresceina35, dividendo il primo valore con
il secondo si ottiene l’indice di funzione lacrimale
(TFI) 36. La sensibilità, come detto, era misurata con l’estesiometro che consiste in un filo di nylon di 0.12 mm
di diametro appoggiato sulla cornea del paziente posizionato alla lampada a fessura. L’esame è positivo se
il paziente sente il filo ed ammicca.
I risultati indicavano che alla prima settimana e al
primo mese si aveva una importante riduzione del TFI
(p<0.001), un recupero modesto si aveva al terzo mese
per avvicinarsi ai valori normali al 6o mese (p=0.07)
che venivano raggiunti al 9o mese (p=0.77). La sensibilità corneale alla 1 a settimana ed al primo mese era
fortemente ridotta (p<0.001), un certo recupero al 3o
mese, migliorava ulteriormente al 6o mese (p=0.20) ed
al 9o mese si normalizzava (p=0.98).
Dal confronto tra portatori di lac con non-portatori,
la sensibilità corneale ed il TFI sono più depresse preoperativamente ed a 6 mesi dopo la LASIK (p<0.05) in
portatori di lac da molto tempo, sebbene non sia stata
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a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
trovata alcuna significativa differenza a 9 mesi.
L’ipoestesia corneale è un aspetto dell’uso delle lac
ed è il meccanismo imputato nell’insorgenza di occhio
secco lac-associato37.
La riduzione della sensibilità corneale per resezione
dei nervi corneali centrali è l’evento cruciale dello spiacevole legame tra le procedure di chirurgia rifrattiva
come la LASIK e la chetatectomia fotorefrattiva
(PRK)1,19,20 e l’occhio secco.
La sensibilità corneale ridotta facilita l’occhio secco
attraverso due meccanismi: la riduzione della secrezione lacrimale 16 e, quando bilaterale, riduce l’ammiccamento, che produce secchezza oculare per
aumentata evaporazione lacrimale. In ambo i casi si ha
un danneggiamento della superficie oculare interpalpebrale che si associa con sintomi di discomfort oculare 38-40.
Una proposta alternativa al meccanismo di ridotta
lacrimazione può essere vista nella variazione della
forma della superficie corneale e della sua relazione
con la palpebra superiore con una perdita di lacrime
per evaporazione.
Uno squilibrio tra produzione, evaporazione e drenaggio che sono i tre meccanismi che regolano la dinamica lacrimale crea un’instabilità del film lacrimale
preludio dell’occhio secco che è riconducibile a due
maggiori classi: da iposecrezione e da iperevaporazione 38.
La diagnosi di occhio secco è su triplice base:
1) sintomi soggettivi: bruciore, irritazione, pesantezza
palpebrale, sensazione di sabbia, lacrimazione,
fotofobia, intolleranza alle lac, annebbiamento della
vista.
2) segni obiettivi: cheratite filamentosa in cui un sottile strato filiforme di cellule epiteliali, muco e detriti
cellulari si distaccano dalla superficie corneale.
3) anormali valori dei test di funzionalità e stabilità del
film lacrimale:
- colorazione vitale con Rosa Bengala,
- valutazione del tempo di rottura del film lacrimale:
TBUT (break-up time, 10 secondi è il valore normale),
- valutazione della lacrimazione riflessa, dopo stimoli
irritativi e senza anestesia: test di Schirmer tipo I (STVSchirmer test value), se minore di 10 mm è a rischio,
minore di 5, patologico,
- valutazione della lacrimazione basale, con anestesia
locale: test di Schirmer tipo II (BTS).
Sulla base dei sintomi associati all’occhio secco, e sui
valori dei test di funzionalità l’STV, il BTS, il TBUT
prima ed 1 giorno, 1 settimana ed 1 mese dopo l’intervento sono stati esaminati da Yu et al. (2000) 41 l’andamento dell’alterazione della funzione lacrimale
7
dopo la LASIK ed i fattori di rischio che possono alterare la funzione lacrimale. Il 29.17 % dei pazienti preoperativamente aveva sintomi di occhio secco e il 50%
dei pazienti mostrava segni clinici di occhio secco con
un STV minore di 10 mm, un BTS minore di 5 mm ed
un TBUT minore di 5 secondi. I pazienti con segni e
sintomi di occhio secco riportavano una storia di intolleranza alle lac. Dopo l’operazione l’incidenza dei soggetti sintomatici era del 94.8% al 1° giorno, 85.4% alla
1a settimana e il 59.4% ad 1 mese.
I valori sia dell’ STV che del BTS diminuivano significativamente ad una settimana ed a un mese dopo l’intervento chirurgico (Fig. 6-7), mentre il TBUT inizialmente diminuiva al 1° giorno e ad 1 settimana, con un
seguente recupero ad 1 mese dopo l’intervento (Fig. 8).
L’immediata compromissione della stabilità del film
lacrimale con TBUT basso, sebbene ci fosse un incremento della lacrimazione riflessa come dimostravano
16
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Periodo post operatorio (giorni)
Figura 6
Variazioni dello Schirmer test, tipo I (STV) nel periodo post LASIK
(Yu et al., 200041)
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Periodo post operatorio (giorni)
Figura 7
Variazione della secrezione basale lacrimale (BTS) nel periodo post
LASIK (Yu et al., 200041)
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Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
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Periodo post operatorio (giorni)
Figura 8
Variazioni del break-up time lacrimale (TBUT) nel periodo post
LASIK (Yu et al., 200041)
i valori elevati dell’STV al 1o giorno, era semplicemente
il risultato del trauma operativo all’epitelio. C’è quindi
l’importante necessità di minimizzare il trauma attraverso meticolose tecniche chirurgiche. Altri possibili
meccanismi dei ridotti valori del TBUT, nel periodo
postoperatorio precoce, includono: tossicità di gocce
instillate nell’occhio, risposta infiammatoria alla
manovra chirurgica con rilascio di citochine e mediatori immuni42-44 e riduzione della sensibilità corneale
con un ridotto tasso di ammiccamento. L’uso giudizioso di farmaci topici ed il precoce uso di occlusioni
dei puntini lacrimali al collagene sono manovre utili
da adottare nel periodo post-operatorio precoce.
Alterazioni del solo profilo corneale con appiattimento
centrale possono provocare alterazioni del TBUT dopo
la LASIK.
Un mese dopo l’intervento la stabilità del film lacrimale viene ripristinata ma il flusso lacrimale risulta
ancora alterato, come dimostrano i valori ridotti
dell’STV e del BTS, poiché la riduzione della sensibilità corneale potrebbe essere associata ad una riduzione della produzione lacrimale riflessa ma anche
basale, attraverso la riduzione dell’ammiccamento17.
La riduzione della sensibilità corneale per trauma dei
nervi congiuntivali perilimbari attraverso l’anello aspirante del microcheratotomo è un evento che può essere
obiettivato valutando la clearance delle lacrime colorate con fluoresceina 45,46. Con tale metodo si valuta la
produzione della fase acquosa del film lacrimale, la
distribuzione delle lacrime sulla superficie oculare con
l’ammiccamento ed il meccanismo a pompa che drena
le lacrime, eventi che vengono compromessi se si ha
una riduzione della sensibilità. Il ritardo della clearance lacrimale che si osserva nei pazienti sottoposti
alla LASIK può essere infatti dovuto ad un numero
diverso di fattori quali il venir meno dell’arco riflesso
della unità integrata, superficie oculare-ghiandole
lacrimali, la riduzione dell’ammiccamento causato da
denervazione bilaterale e risultante in una evaporazione aumentata del film lacrimale 40.
La clearance della fluoresceina lacrimale ha una maggiore correlazione con la severità dei sintomi di irritazione oculare che con i livelli di produzione della
componente acquosa delle lacrime misurata con l’STV
(test di Schirmer 1) 46.
La riduzione della clearance delle lacrime è accompagnata ad un aumento della concentrazione di citochine
proinfiammatorie tipo IL-1 e della concentrazione di
enzimi che degradano la matrice, come MMP-3 e
MMP-9 nel fluido lacrimale47,48. Questi fattori sono i
responsabili dei vari sintomi irritativi oculari e della
alterazione della stabilità del film lacrimale che si
hanno nell’ occhio secco49. Tutto questo deve essere
considerato nel contesto di un’alterata dinamica lacrimale dopo la LASIK.
Quando la cornea subisce un insulto come ad esempio
per la formazione di un flap o per ablazione laser , le
membrane cellulari sono distrutte e rilasciano fosfolipidi che attraverso la via della fosfolipasi A2 sono trasformati in acido arachidonico che attraverso la via
della lipossigenasi è trasformato in leucotrieni che
hanno un’azione chemiotattica sulle cellule del sangue
che sono richiamate nell’area danneggiata e liberano
citochine infiammatorie quali IL-1, IL-6,TNF-α, fattori
di crescita (HGF, KGF, TGF-β1, PDGF) che attivano i
cheratociti limitrofi alla zona “irradiata” a proliferare
ed a differenziarsi. Queste cellule iniziano così a secernere fattori di crescita (HGF,KGF ecc.), componenti
della matrice extacellulare (FN,TN,SPARC) che danno
inizio alla fase di rimodellamento mentre l’acido arachidonico attraverso la via della ciclossigenasi è trasformato nelle prostaglandine. Queste hanno diversi
effetti quali: vasodilatazione, dolore, miosi, aumento
della permeabilità vascolare, variazione della pressione intraoculare e rottura della barriera ematica oculare50.
In un recente studio di Battat et al. (2001) 49 sono stati
esaminati 14 uomini e 34 donne tra i 26-54 anni sottoposti ad intervento di LASIK bilaterale. A questi
pazienti è stato somministrato un questionario per
valutare il carattere e la severità dei sintomi di irritazione oculare ed inoltre in ciascun occhio veniva misurata la sensibilità corneale, la clearance della fluoresceina lacrimale, la colorazione corneale, la produzione
della fase acquosa del film lacrimale con lo Schirmer
test 1 ed anche la regolarità della superficie corneale
8
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
attraverso il rispettivo indice (SRI). Tali valutazioni
sono state fatte preoperatoriamente e 7 giorni e 2, 6,
12, 16 mesi dopo l’intervento. I risultati indicavano
che i punteggi della severità dei sintomi erano aumentati ad una settimana, a 12 mesi ed a 16 mesi postoperatori(p<0.007 ad ogni visita) e la sensibilità diminuiva ad una settimana, ad 1 mese, a dodici mesi e 16
mesi postoperatori (p<0.0002 a ciascun controllo). Lo
Schirmer test con valore preoperatorio di 24±14 mm
diminuiva a 18 ±14 mm ad 1 mese (p<0.001). La clearance della fluoresceina mostrava un incremento
lineare dopo l’operazione ed era significativamente
più grande del valore base (p< 0.001) ad ogni visita e
dopo il 12o mese ritornava ai valori preoperatori.
Infine, si aveva una significativo aumento dell’SRI ad
una settimana dall’operazione (p< 0.07), che ritornava
normale dopo 6 mesi. La LASIK agisce sulla superficie
corneale ed è possibile quindi che comprometta la sua
levigatezza e regolarità di superficie inducendo sintomi di visione fluttuante e peggioramenti dell’acuità
visiva. Queste possono migliorare dopo ammiccamento o l’instillazione di lacrime artificiali51,52 che levigano la superficie corneale. Tali lacrime si distribuiscono sulla depressione creata dalla LASIK e danno
un contributo maggiore al potere ottico del film lacrimale precorneale dell’occhio dopo la LASIK. È stato
recentemente riportato che c’è una variazione nel rapporto di curvatura tra il film lacrimale e l’epitelio corneale dopo la LASIK che crea una lente lacrimale
simile a quella sotto le lac rigide.
Da quanto finora esposto si può quindi sintetizzare che
dopo la LASIK la sensibilità corneale viene ridotta per
3 settimane, con i valori più bassi nelle prime due settimane 2,53. Il recupero si ha dopo la 3a settimana ed il
ritorno ai valori preoperatori si hanno dopo 6-9 mesi
post operatori 2,53-55. Nella LASIK, il microcheratomo fa
un taglio tangenziale attraverso la superficie corneale.
I nervi penetranti sono tagliati eccetto nell’area della
cerniera del flap. Volendo fare il confronto con un’altra
tecnica fotorefrattiva si nota come perdita e recupero
dalla sensibilità corneale avvengono anche dopo la
PRK ma in tempi diversi. Nella PRK, l’epitelio corneale
con le sue terminazioni finali sono rimossi tramite
alcool, raschiatura meccanica, lavaggio roteante o laser.
Lo stroma esposto viene poi ablato usando il laser che
rimuove ulteriormente i nervi dalla superficie corneale
centrale ed il risultato è una perdita o riduzione della
sensibilità corneale. La depressione sensitiva si ha alla
prima settimana, ulteriore riduzione alla seconda e si
ha un graduale recupero fino ai livelli preoporatori ad
1 anno 56. Altri autori riportano che il recupero si ha a
3-9 mesi22,57,58. L’immediata perdita ad una settimana è
9
causata dalla rimozione dei nervi epiteliali e stromali,
l’ulteriore riduzione nella seconda settimana è il risultato dell’epitelio rigenerato che agisce come barriera
alla stimolazione, mentre il recupero è dovuto alla reinnervazione entro la zona ablata 56.
Studi comparati si sono anche svolti per vedere l’alterazione della sensibilità dopo le due tecniche rifrattive: PRK e LASIK. Per la correzione di miopia di
grado “lieve” la sensibilità nella zona ablata era ridotta
di più dopo la LASIK che dopo PRK durante i primi
3 mesi post operatori, per ritornare uguale dopo 6 mesi
1
. Per la correzione di miopia di grado “elevato” i
pazienti sottoposti alla LASIK avevano una miglior
sensibilità corneale a 6 ed a 12 mesi rispetto a quelli
sottoposti alla PRK 57. La spiegazione sta nella quantità di tessuto rimosso; l’epitelio e la membrana di
Bowman rimosse per la correzione di elevati gradi di
miopia con PRK comportano la perdita di una maggiore quantità di tessuto nervoso. Questo richiede un
maggior tempo per la rigenerazione ed il recupero. La
conservazione dei nervi subepiteliali nel flap LASIK
gioca un ruolo nella differenza della sensibilità corneale.
Alterazioni della dinamica lacrimale oltre che con la
LASIK si hanno anche dopo PRK oltre le alterazioni
della sensibilità prima riportate. Uno studio di
Ozdamar et al.59 ha mostrato un significativa riduzione
del 50% rispetto ai valori normali, del STV e del TBUT6
sei settimane dopo PRK. Dopo PRK e PARK (cheratectomia rifrattiva fotoastigmatica), Siganos et al.60
hanno trovato una riduzione dell’ STV, BTS e del TBUT
ad 1-3-6 mesi dopo l’intervento: i valori più bassi erano
ad un mese, poi aumentavano e ritornavano ai valori
preoperatori solo dopo 6 mesi. Mentre i valori del STV
e del TBUT erano uguali a tutti gli intervalli dopo PRK
o PARK, i valori del BTS (Schirmer II) erano significativamente più bassi dopo PARK che dopo PRK. La
spiegazione è che si verrebbe ad avere un effetto dellen
causato dalla maggiore irregolarità della superficie corneale o una ablazione irregolare dei nervi corneali che
inibirebbe il riflesso della secrezione dopo il trattamento per l’astigmatismo.
Lee et al. 61 in uno studio sull’alterazione lacrimale
dopo PRK e LASIK hanno evidenziato una significativa riduzione nello Schirmer II e nel TBUT ed un
aumento dell’osmolarità 3 mesi dopo entrambe le procedure. I valori dello Schirmer II e del TBUT erano
però più bassi e l’osmolarità più alta dopo la LASIK.
Gli autori concludono affermando che la riduzione
della produzione lacrimale e la severità di occhio secco
era più grande nella LASIK.
Uno studio con il microscopio confocale, in vivo, ha
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
evidenziato che la rigenerazione dei nervi corneali è
simile dopo PRK o PARK ed infatti essa è orientata in
modo centripeto 62. Sei mesi dopo LASIK la presenza
di brevi e sub-basali fibre nervose che si riuniscono nell’area centrale coincide con il recupero della sensibilità comparabile con i valori osservati nei soggetti di
controllo 2. Comunque, ulteriori rimodellamenti si avevano fino al 12o mese.
Tre mesi dopo PRK singole e non ramificate fibre nervose dovrebbero essere visualizzate al centro. A 6-8
mesi la rigenerazione sembrerebbe completa 62, con un
recupero entro i 6-12 mesi post operatori.
La chirurgia rifrattiva causa quindi occhio secco per 6
mesi 1 anno al massimo. Il trattamento dell’occhio secco
dopo chirurgia rifrattiva inizia con uno screening preoperatorio. Una completa anamnesi può indirizzare a
individuare una situazione di occhio secco e individuare la necessità di eseguire i test di funzionalità lacrimale. La ricerca dei sintomi è molto importante: rossore, irritazione, ridotta sensibilità 63,64. Un gran numero
di pazienti che si sottopongono all’intervento sono portatori di lac, ed è necessario determinare se essi hanno
un aumentato rischio di sviluppare o aggravare tale
patologia. Le lac inducono un’instabilità del film lacrimale, un danno dell’epitelio della superficie oculare
e sintomi di occhi secco 65-67. Inoltre, la secrezione lacrimale e la sensibilità lacrimale è minore nei portatori di
lac da molto tempo sia preoperatoriamente che 6 mesi
dopo 68.
Accertati i sintomi di occhio secco il medico deve iniziare una terapia prima dell’intervento per ridurre i
sintomi e dopo l’intervento, immediatamente, prevenire la loro comparsa o il loro peggioramento.
I pazienti per il discomfort dovrebbero usare lacrime
artificiali in questo periodo. Esse sono utili e riducono
i sintomi di irritazione oculare e migliorano la stabilità del film lacrimale 1 mese dopo la LASIK 68. La riduzione dei sintomi si accompagna ad un miglioramento
del TBUT ed una riduzione della colorazione al rosa
bengala.
Nei pazienti in cui si ha un’alta probabilità di sviluppare occhio secco si potrebbe eseguire l’occlusione dei
puntini lacrimali con il collagene subito dopo l’intervento, per bloccare così l’efflusso di lacrime 69,70.
Impianti di collagene assorbibile riducono il flusso
attraverso i canalicoli dal 60 all’80% da 3 giorni a 2 settimane71. Con la riduzione del deflusso aumenta il
volume lacrimale che mantiene l’osmolarità lacrimale
ed aiuta la rigenerazione epiteliale. Sebbene l’occlusione possa essere benifica per i pazienti con valori di
Schirmer II bassi, essa può causare stasi del film lacrimale e ridurre l’azione pulente delle lacrime.
Fortunatamente, l’infiammazione e il rilascio di citochine pericolose sono eventi che si risolvono immediatamente dopo l’intervento. L’infiammazione 72 dopo
LASIK induce una condizione postoperatoria nota
come diffuse lamellar keratitis (DKL), che è stata per
la prima volta descritta da Maddox nel 1996 e definita come “sands of the Sahara” (sabbia del deserto)
per l’aspetto sabbioso dello stroma. Piccoli infiltrati
come granelli di sabbia appaiono alla periferia del flap
subito dopo la procedura chirurgica per poi migrare
al centro della zona ablata.
Terapie alternative per l’occhio secco sono gocce lacrimali di ialuronato di sodio, siero autologo, emulsione
oftalmica di ciclosporina A. Essa induce la lacrimazione e migliora così la sintomatologia. I primi
approcci terapeutici con ciclosporina A sono stati fatti
sul cane e avevano dimostrato un aumento della secrezione lacrimale e una regressione della neovascolarizzazione e del tessuto di granulazione 73. L’aumento
della secrezione lacrimale si ha attraverso la secrezione
della prolattina 74.
La prognosi di occhio secco post operatoria è buona:
i sintomi si risolvono nella maggior parte dei pazienti
dopo un periodo limitato di tempo senza complicanze,
anche nei soggetti con preesistente occhio secco. In
pazienti con occhio secco non Sjögren e con intolleranza alle lac, per i quali si pensa possa essere controindicata la PRK questi hanno una rigenerazione epiteliale dopo 4 giorni e così possono eliminare le lac 75.
Inoltre , il deficit lacrimale subclinico evidenziato con
il valore dello Schirmer test non influenza la riuscita
dell’intervento ed i punteggi dell’haze nei pazienti sottosti alla PRK dopo 1 anno l’intervento 76.
Comunque, l’occhio secco richiede attenzione perché
può avere conseguenze devastanti. Il film lacrimale
bagna, protegge, nutre e fa respirare la cornea ed ha
proteine antibatteriche. Queste proprietà vengono
meno in caso di occhio secco e c’è un’indebolita e rallentata capacità nella guarigione delle ferite. Il sistema
a “feedbach” tra la superficie oculare / ghiandole lacrimali fa si che quando vengono stimolate le fibre nervose afferenti della superficie oculare si scatenano due
attività riflesse: l’ammiccamento immediato e la secrezione lacrimale dalle ghiandole accessorie e dai tessuti
della superficie oculare. Il riflesso della lacrimazione
è importante perché fornisce essenziali componenti
come l’EGF e la vitamina A la cui deficienza può causare metaplasia squamosa 40.
Un’altra condizione patologica dopo LASIK è l’epiteliopatia neurotofica una condizione caratterizzata da
erosioni epiteliali puntate, colorazione al rosa bengala
del flap corneale con un valore del test di Schirmer II
10
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Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
normale. L’epiteliopatia neurotrofica può essere attribuita dalla perdita del trofismo corneale a causa della
distruzione dei tronchi nervosi corneali. La situazione
si risolve in 6 mesi dopo LASIK.
Wilson e Ambrosio (2001)3 riportano il caso di una
donna di 42 anni sottoposta a LASIK per la correzione
di una moderata miopia ed di un uomo di 37 anni che
eseguiva lo stesso intervento per la correzione di una
miopia più elevata. Questi due pazienti non avevano
sintomi di occhio secco né alterazioni della superficie
corneale con un valore dello Shirmer test II maggiore
di 12 mm. Nel periodo post operatorio la donna recuperava un’ottima acuità visiva (OD:20/20 e OS:20/25)
ma ad 1 mese dall’intervento iniziava ad accusare secchezza oculare, all’esame all’oftalmoscopio si vedevano erosioni puntiformi epiteliali a livello del lembo
corneale che si spandevano al di sotto dell’area pupillare. Per alleviare i sintomi le sono state prescritte
lacrime artificiali. Al 6o mese, la secchezza oculare si
risolveva, il lembo corneale assumeva superficie liscia
senza tracce di erosioni e colorazioni per il rosa bengala. L’uomo, invece, dopo l’intervento non aveva
recuperato la totale acuità visiva (in ambo gli occhi
20/30) e inoltre aveva una vista appannata ed i sintomi di secchezza sono incominciati già dalla prima
settimana. L’erosioni corneali superficiali erano più
gravi e si estendevano proprio al centro della cornea.
È stata eseguita occlusione dei puntini lacrimali. A sei
mesi dall’intervento l’acuità visiva migliorava
(OD:20/20 e OS:20/25) alla lampada a fessura non si
vedevano più le erosioni né c’era colorazione corneale,
lo Schirmer test era sempre maggiore di 12 mm.
Wilson et al. (2001)77 hanno messo a confronto gli occhi
di 19 pazienti che avevano erosioni epiteliali puntate
da moderate a severe e una colorazione rosa bengala
da moderata a severa (2+ a 4+) sulla superficie del flap
con quelli di 19 pazienti senza erosioni e colorazioni
per valutare le eventuali differenze nella secrezione di
lacrime, nella topografia corneale, nell’accuratezza
della correzione del vizio di refrazione e nella migliore
acuità visiva ottenibile ad 1 ed a 3 mesi dall’intervento.
I metodi di misura usati erano il test di Schirmer I, la
misura topografica dell’irregolarità corneale (CIM)77,
la differenza tra l’equivalente sferico atteso ed ottenuto, la perdita dell’acuità visiva.
Le erosioni epiteliali puntate e la colorazione del flap
si sono sviluppate in un intervallo da 1 settimana ad
1 mese in tutti gli occhi ed a 3 mesi dall’intervento
hanno raggiunto il picco. Sintomi e segni associati con
colorazione rosa bengala del flap sono regrediti a 6
mesi dall’intervento in tutti i pazienti. Gli occhi di solo
due dei 19 pazienti avevano una colorazione lieve (1+)
11
dopo i 6 mesi.
L’incidenza di queste erosioni puntate del flap era
approssivatimante del 4% a 1 e a 3 mesi dopo LASIK.
Un’alta proporzione di paziente è asintomatica. La
maggior parte di questi pazienti non ha discomfort
probabilmente a causa della denervazione del flap
durante LASIK. Essi possono,comunque, avere
disturbi soggettivi circa la qualità di visione e altri
disturbi visivi come gli abbagliamenti e gli aloni.
Questa condizione è limitata a se stessa risolvendosi
normalmente al 6o mese dalla LASIK, che è il tempo
necessario affinché si abbia la reinnervazione del
flap 1,2.
È verosimile che le erosioni puntate epiteliali e la colorazione della superficie del flap sono attribuibili alla
transezione di un significativo numero di fibre nervose
sensoriali nella cornea durante la formazione del flap
e, quindi, l’interruzione dell’arco riflesso cornea-trigemino- cervello- nervo facciale- ghiandole lacrimali
che influenza la produzione sia basale che riflessa 78,79.
I risultati di questo studio,comunque, non hanno trovato nessuna differenza statisticamente rilevante nella
produzione lacrimale, valutata con lo Schirmer test
senza anestesia, ad 1, 3, o 6 mesi dopo LASIK nei
pazienti del gruppo con erosioni epiteliali puntate ed
una colorazione rosa bengala (2+ a 4+) del flap rispetto
a quelli che non l’avevano. Questo risultato suggerisce
che la colorazione corneale che si sviluppa dopo
LASIK non sia attribuibile ad una ridotta produzione
lacrimale. Questo evento acquista significato da un
punto di vista fisiologico se si considera il fatto che i
nervi sensitivi corneali periferici e tutti quelli congiuntivali rimangono illesi e perfettamente integri
dopo la formazione del flap LASIK. La colorazione
rosa bengala della superficie corneale limitata all’area
del flap è dunque attribuibile ad una epiteliopatia neurotrofica LASIK indotta, dovuta ad una “riduzione dei
fattori di crescita neurotrofici” per il venir meno dell’efficienza delle trasmissioni sinaptiche.
La misura della topografia corneale (CIM) e la correzione refrattiva non mostravano differenze tranne che
per due pazienti del gruppo con le erosioni del flap.
Essi avevano al terzo mese transitoria riduzione dell’acuità visiva di due linee che a sei mesi ritornava ai
valori preoperatori. In questi due pazienti si aveva una
livello di CIM relativamente alto (il valore normale è
di 1.10-1.50) al terzo mese (3.64 e 4.74 rispettivamente)
che si riduceva al 6 mese (1.77 e 2.44).
Infine, sorprendentemente, lo sviluppo di una significativa colorazione rosa bengala al 1o e al 3o mese dalla
LASIK non era associato ad una regressione della correzione del vizio refrattivo. Infatti, non c’era alcuna
a r t i c o l o
Iposecrezione lacrimale e ridotta sensibilità corneale
in portatori di lenti a contatto - rischi di aggravamento dopo chirurgia rifrattiva?
differenza dell’equivalente sferico al 3o e al 6o mese
dalla LASIK né alcuna variazione c’era tra i due
gruppi nel periodo di tempo considerato. Questo suggerisce che le alterazioni della superficie epiteliale
sono limitate alla superficie oculare e in particolare
allo strato superficiale di mucina senza penetrazione
delle “citochine apoptotiche” nello stroma corneale80,81.
Numerosi studi hanno dimostrato che l’insulto epiteliale è associato ad apoptosi dei cheratociti evento
che si creda che sia iniziatore del processo di riparazione delle ferite 80,81. Al microscopio elettronico è stato
visto che nella zona soggetta ad impulso laser si crea
immediatamente una zona acellulare, il cui sviluppo
è dovuto ad un processo di apoptosi.82,83-85
Nell’attivazione del meccanismo apoptotico è coinvolta la interleuchina –1 che attiva il sistema Fas-Fas
ligand. L’Il-1 è secreta dai polimorfonucleati che sono
richiamati dai vasi della sclera e della congiuntiva tramite i fattori chemiotattici. Questo avviene nella fase
infiammatoria che segue immediatamente la fotoablazione laser.
L’induzione dell’apoptosi può agire come segnale per
l’inizio del processo di riparazione della ferita86,87-89.
È importante notare che nove degli occhi in esame avevano un preesistente stato di occhio secco, in essi l’epiteliopatia è di grado severo, comunque sempre transitorio.
I pazienti sottoposti a cheratectomia fotorefrattiva non
sembra che sviluppino una significativa epiteliopatia
neuropatica, nonostante che l’ablazione dei nervi terminali e la riduzione della sensitività persista per
almeno 3 mesi. Presumibilmente ciò è dovuto al fatto
che con la LASIK la resezione dei nervi è più prossimale e il tempo necessario per il recupero dell’innervazione più lungo1,2.
In conclusione da quanto esposto, le condizioni obiettive dopo interventi tipo LASIK o PRK, pregiudicano,
a parere degli autori, una sicura applicazione di lac
idrofile qualora necessarie, per il tempo che occorre a
ristabilizzare le condizioni di ottimale produzione del
film lacrimale
Questa condizione d’altronde è al centro di ricerche
sperimentali volte a migliorare la condizione neurotrofica e come farmaco neuroprotettore è stata individuata la Brimonidina 90.
Summary
Decrease in tear secretion and reduction of corneal
sensitivity in wearers of contact lenses-Risks of exacerbation after refractive surgery?
After laser in situ Keratomileusis, patients frequently
experience a sensation of ocular dryness.
It is reasonable to hypotisize that LASIK dry eye is
attributable to diminisched tear production associated with severing of the corneal nerves in the flap
and interference with the cornea- central nervous
system- lacrimal gland regulatory loop that controls
basal and reflex tear secretion 2,3.
The symptom of dryness is frequenty in the first 1 to
6 months after LASIK, with up to 80% of patients
reporting this symptom. More severely affected
patients (1%-2%) develop punctate epithelial erosions and rose bengal staining of the flap even no
prior symptoms or signs of dry eyes are found. Most
of these patients appear to have normal tear production. This condition is likely caused by a loss of
trophic influence to the epithelium 1attributable to
cutting of the corneal nerve trunks during formation
of the flap 2,3.This condition named “laser in situ keratomileusis-induced neurotrophic epitheliopathy”
(LNE). LNE may be more common and more severe
in patients who have dry eye before LASIK.
Treatment of LNE is limited to artificial tears and
ointments. Punctal plugs may be helpful.
Key words
contact lenses, corneal sensitivity, tear secretory,
neurotrophic epitheliopathy, refractive surgery
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Focus Dailies Toric:
la lente giornaliera per i pazienti astigmatici
Marica Lava
Focus Dailies Toric
è la prima e l’unica lente
morbida torica in grado
oggi di offrire
i benefici di una lente
giornaliera ai pazienti
astigmatici.
Il matrimonio tra due tecnologie:
la geometria e il sistema di produzione
La lente Focus Dailies Toric nasce dall’esperienza
decennale di Ciba Vision nello studio e nella realizzazione di geometrie toriche stabili come quelle di
Torisoft, Focus Toric e Weicon CE combinata con le
conoscenze e l’esperienza provenienti dalla produzione della linea giornaliera Focus Dailies.
La geometria
La geometria di una lente morbida torica di moderna
concezione è alquanto sofisticata e nasce dall’utilizzo
combinato di diversi sistemi di stabilizzazione (prisma
di ballast, stabilizzazione dinamica, lenticolazione
eccentrica, toricità interna) coniugati con un attento controllo degli spessori e del profilo della lente, in modo da
ridurre al minimo la rotazione intorno al suo asse verticale. La stabilizzazione dinamica, la superficie torica
interna e il bordo uniformemente arrotondato sono le
caratteristiche peculiari della geometria di Focus Dailies
Toric (fig.1).
La stabilizzazione dinamica o slab-off consiste nell’assottigliamento della porzione superiore e inferiore della
lente. Queste due zone vengono coperte dalle palpebre
che stabilizzano la lente intorno al suo asse verticale. Il
concetto di stabilizzazione dinamica fu sviluppato in
Europa da Titmus Eurocon, ora parte di Ciba Vision, e
viene utilizzata nelle lenti Weicon T e Torisoft 1.
L’asportazione del materiale nella parte superiore e inferiore della lente e l’assenza di prismi fanno si che le lenti
costruite con questo sistema risultino più sottili e quindi
più confortevoli di quelle prodotte utilizzando altri
sistemi di stabilizzazione 1,2. Lo spessore ridotto oltre a
favorire la stabilità della lente migliora la trasmissibilità
all’ossigeno, infatti Focus Dailies Toric ha un Dk/t di 27
barrer, valore superiore a quello indicato da Holden e
Mertz come valore minimo per l’uso giornaliero.
La superficie torica posteriore facilita la stabilizzazione,
permettendo l’utilizzo di un’unica curva base per
un’ampia gamma di raggi di curvature corneali. Lo
spessore costante del bordo, annullando la differenza
di spessori, minimizza l’effetto torsionale indotto dalle
palpebre durante l’ammiccamento, favorendo la stabilità della lente e rendendola particolarmente confortevole.
Stabilizzazione dinamica
eccellente stabilit e comfort
Superficie posteriore
torica:
¥lentesottile e, quindi, elevata
trasmissibilitall ossigeno
(Dk/t=27),
¥favorisce la stabilit e, quindi,
la visione
Spessore dei bordi costante :
¥ comfort
¥ favorisce la stabilizzazione
riducendoglieffettidell ammiccamento
Figura 1
Geometria di Focus Dailies Toric.
Focus Dailies Toric:
la lente giornaliera per i pazienti astigmatici
La produzione
Focus Dailies Toric viene prodotta utilizzando la tecnologia Lightstream TM , il cui nome deriva dalla successione di lampi di luce ultravioletta impiegata per
polimerizzare il materiale.
Questa tecnologia fa uso di stampi in quarzo e vetro
di altissima qualità, invece che in plastica, e per questo
riutilizzabili (fig. 2). La riutilizzazione di stampi come
questi migliora la riproducibilità del prodotto, fattore
essenziale per una lente giornaliera, specialmente se
torica.
Il polimero adoperato è un polimero pre-purificato
solubile in acqua, così che la lente alla fine del processo
di stampaggio risulta essere già completamente idratata e di dimensioni corrispondenti esattamente a
quelle dello stampo. L’utilizzo di un materiale prepurificato consente di eliminare, oltre alla fase di idratazione, anche la fase di estrazione delle impurità, dei
solventi e dei monomeri residui, normalmente presenti
nel processo di polimerizzazione.
Un anello al cadmio, opaco alla radiazione UV, circonda
la superficie concava dello stampo (fig. 2) impedendo
la polimerizzazione della mistura polimerica presente
in quest’area, che rimanendo allo stato liquido, può
essere facilmente eliminata, ottenendo così bordi accuratamente rifiniti.
Questa tecnologia, riducendo i passaggi e i tempi produttivi, consente di produrre elevati volumi di prodotto di altissima qualità a costi contenuti, mantenendo il prezzo accessibile al consumatore.
Al termine del processo produttivo tutte le lenti vengono ispezionate e controllate da computer per individuare eventuali lenti difettose e scartarle prima del
confezionamento.
molte applicazioni biomediche e nelle lacrime artificiali
per la sua capacità di legare l’acqua e la sua azione
mucomimetica 3,4. I materiali basati sul PVA, in quanto
altamente biocompatibili, favoriscono la rapida formazione del biofilm sulla superficie della lente, il quale
a sua volta favorisce la stabilità del film lacrimale, fattore essenziale per un utilizzo di successo della lente
a contatto (tab 1).
Nome del materiale
Composizione
Contenuto d’acqua
Classificazione FDA
Permeabilità all’ossigeno
Nefilcon A
Alcool polivinilico
modificato
69%
Gruppo 2, non
ionico
26x 10–11 barrer
Tabella 1
Caratteristiche del materiale utilizzato con le lenti giornaliere.
La gamma
Al momento queste lenti possono essere indossate da
coloro che presentano un astigmatismo lieve o moderato, i cui valori ricadano nella gamma di poteri disponibili (tab. 2). In un futuro prossimo verranno prodotti
altri valori cilindrici in tutti gli assi.
Ma quali sono le ragioni che hanno spinto Ciba Vision
a immettere nel mercato una lente torica con un solo
cilindro di –0.75 e due assi: 90 e 180?
Se diamo un’occhiata agli studi condotti sull’astigmatismo vediamo che la gamma messa a disposizione non
è poi così limitata come può apparire a prima vista. Uno
studio statistico evidenzia che ben il 74 % della popolazione astigmatica ha un valore cilindrico compreso
tra 0.50D e 1.50D 5 (fig. 3), mentre l’80% degli astigmatitici presenta un astigmatismo orizzontale (180°±20º)
o verticale (90°±20º).
Sappiamo inoltre che pazienti con basso astigmatismo
Figura 2
Stampo in quarzo e vetro di altissima qualità.
Il materiale
Focus Dailies Toric è prodotta con Nefilcon A, un polimero non ionico ad alto contenuto d’acqua (69%). Il
principale componente del Nefilcon A è l’alcool polivinilico (PVA), un componente che viene utilizzato in
Figura 3
Suddivisione della popolazione astigmatica in base al valore cilindrico. Di tutti i pazienti astigmatici il 74% presenta un valore cilindrico tra 0.50 e 1.50 D.
Focus Dailies Toric:
la lente giornaliera per i pazienti astigmatici
hanno una tolleranza maggiore e che l’asse del cilindro
può essere ruotato di una certa quantità (25° per un
cilindro di 0.75/1.00D e 20° per un cilindro di
1.25/1.50D) senza che il soggetto lamenti, per questo,
una riduzione dell’acuità visiva 6 (fig. 4).
I risultati clinici di Ciba Vision dimostrano che il solo
valore cilindrico di 0.75 può correggere in modo soddisfacente pazienti con un astigmatismo sino a 1.25 e
talvolta anche 1.50 7.
Sensibilità dei pazienti astigmatici alla rotazione dell’asse
(Fonte: AAOA Poster Dec 8, 2001)
± 21º
± 19º
to -1.50
cil.-1.25
da -1.25
a -1.50
cyl
Senso A
RAO
Senso O
RO
± 25º
± 24º
-0.75 to -1.0
cyl
cil. da -0.75 a -1.00
0
5
10
15
20
25
30
Gradi di rotazione
Figura 4
RO: media della rotazione oraria
RAO: media della rotazione antioraria.
Materiale
Colorazione
Curva Base
Diametro
Spessore centrale
Dk/t
Potere sferico
Potere cilindrico
Assi
Geometria
S. di stabilizzazione
Segni di riferimento
Nefilcon A
Nessuna
8.6
14.20
0.10
27
Da –0.50D a –6.00D inc. 0.25D
-0.75D
90° e 180°
Toro interno,
Stabilizzazione dinamica
Nessuno
Viene provata una lente con asse a 90°, quando il valore
dell’asse di prescrizione è compreso tra 70° e 110°, e una
con asse a 180°, quando il valore è compreso tra 160° e
180° o tra 0° e 20°. Una volta scelta la prima lente di
prova è necessario applicarla e attendere dai 5 ai 15
minuti per l’assestamento. All’osservazione la lente
deve presentarsi ben centrata e mostrare un movimento
tra gli 0.20 e 0.40 mm all’ammiccamento, in posizione
primaria di sguardo. Al push-up test si deve spostare
facilmente e la velocità del movimento di ritorno deve
essere adeguata. La mancanza di segni di riferimento
sulla lente e la disponibilità dei soli assi 90° e 180° rendono superflua l’osservazione in lampada a fessura dell’assestamento rotazionale della lente. La valutazione
dell’acuità visiva e la semplice sovra-correzione sferica
indicheranno il potere sferico ottimale in grado di offrire
il miglior visus e se la correzione soddisfa le richieste
visive del portatore.
Le performance della lente
Nei primi mesi del 2002 è stato condotto uno studio
mascherato e multicentrico per misurare la soddisfazione del portatore e la preferenza del prodotto. Focus
Dailies Toric (nefilcon A) è stata messa a confronto con
Soflens 66 Toric (hilafilcon A) di B&L e Frequency 55
Toric (methafilcon A) di Cooper Vision. Lo studio è
durato 4 settimane (2x2 settimane, bilaterale, crossover). I risultati indicano che l’utilizzatore ha scelto
Focus Dailies Toric nel 63% dei casi per la soddisfazione
in generale, nel 70% per la qualità della visione e nel
58% dei casi per il comfort (fig. 5). Il comfort e la visione
sono state le ragioni principali per cui il paziente ha
detto di preferire Focus Dailies Toric (fig. 6).
Preferenza Soggettiva
Tabella 2
Focus Dailies Toric.
Facile da applicare come una lente sferica
La prova delle lenti è importante. Ad ogni paziente
dovrebbe essere data la possibilità di verificare l’acuità
visiva raggiunta e valutare se questa soddisfa le proprie
necessità visive. Anche il movimento e il centraggio della
lente devono essere valutate al meglio dall’applicatore.
Il potere sferico della lente di prova iniziale deve essere
scelto il più vicino possibile alla prescrizione da occhiali,
dopo aver compensato il potere diottrico per la distanza
apice corneale-lente, quando il valore supera le 4.00D.
*
*
**
Figura 5
Nel 63% dei casi Focus Dailes Toric è stato il prodotto prescelto.
Nel 70% dei casi la visione è risultata migliore con Focus Dailies
Toric rispetto alle lenti di controllo e nel 58% dei casi per il comfort.
Focus Dailies Toric:
la lente giornaliera per i pazienti astigmatici
Le prime 3 ragioni di preferenza
Stabilità rotazionale
92%
44
81%
36
29
82%
Focus DAILIES Toric
SofLens 66 Toric
Frequency 55 Toric
26
13
16
15%
Comfort
Visione
Focus DAILIES Toric
Manipolazione
Altre lenti toriche
17%
7%
1%
Buono
Discreto
4%
1%
Scarso
Figura 6
44 soggetti hanno preferito Focus Dailies Toric rispetto alla lente
di controllo per il comfort, 36 per la visione e 26 per la manipolazione.
Figura 7
Valutazione del ricercatore della stabilità rotazionale, alla visita
di controllo, in una scala graduata che comprende buono, discreto,
scarso.
Gli applicatori dovevano inoltre valutare le caratteristiche applicative della lente come la stabilità rotazionale e il centraggio in posizione primaria di sguardo.
La stabilità rotazionale era valutata in una scala graduata che comprendeva buono, discreto e scarso. Il
92% degli applicatori ha valutato buona la stabilità di
Focus Dailies Toric, il 7% discreta e l’1% scarsa (fig.
7). Il centraggio, in posizione primaria di sguardo era
valutato in una scala graduata che andava da ottimamente centrata a decentramento inaccettabile. Focus
Dailies Toric è risultata ottimamente centrata nell’83%
dei casi, il 14% leggermente decentrata e il 4% con
decentramento accettabile. Risultati più dettagliati
dello studio verranno pubblicati sul prossimo numero
di Optician.
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Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Antonio Calossi
Optometrista
Sommario
I parametri geometrici di una lente a contatto devono essere
dimensionati per garantire da una parte una corretta relazione lente-cornea, dall’altra la giusta correzione dell’ametropia. I parametri che caratterizzano la superficie posteriore
di una lente RGP, cioè quelli che condizionano l’allineamento della lente sulla cornea, sono probabilmente i più critici, sia dal punto di vista geometrico che dal punto di vista
clinico. In questo articolo discutiamo come un accurato
studio della topografia corneale possa aiutare ad ottimizzare
l’applicazione di una lente a contatto per ogni singolo
paziente e dell’utilità delle simulazioni fluoroscopiche per
la scelta della lente da applicare.
Parole chiave
clearance, tear layer thickens (TLT), edge lift
(AEL), edge clearance (REC)
Il mercato delle lenti a contatto si sta oggi evolvendo
in due direzioni opposte: da una parte si assiste alla
diffusione delle lenti standard, delle così dette lenti
universali e delle lenti usa e getta, concepite per essere
più o meno adatte a tutti, lenti per cui non è richiesta
una grande abilità applicativa, ma adatte a risolvere
solo i casi più semplici; dall'altra assistiamo all'evoluzione della contattologia avanzata, delle lenti su
misura, progettate per ogni singolo paziente, destinate
a risolvere meglio tutte le applicazioni e soprattutto
unica possibilità applicativa per i casi più particolari.
Per questo campo della contattologia è richiesto un
sempre maggiore grado di specializzazione da parte
degli operatori del settore, in modo da gestire al meglio
le straordinarie potenzialità delle nuove tecnologie,
che da sole non possono sostituirsi all'abilità di un
applicatore esperto, ma che lo possono rendere più
Ricevuto il 10 maggio 2002
Accettato per la pubblicazione il 15 maggio 2002
15
efficiente. Quando si applica una lente a contatto ci
sono alcuni obbiettivi fondamentali da raggiungere:
devono essere garantiti una buona visione, il rispetto
delle strutture oculari, la stabilità della lente ed il
comfort del paziente. Cinquant’anni di esperienze cliniche hanno portato ad una crescente evoluzione delle
filosofie applicative, dei materiali e delle geometrie
delle lenti a contatto. Oggi sono veramente tante le
possibilità di scelta che si prospettano ad un applicatore. Il settore dei materiali è forse quello che ha subito
più sviluppo: ogni anno vengono sintetizzati nuovi
polimeri con caratteristiche sempre migliori di permeabilità all’ossigeno, di stabilità strutturale e di resistenza ai depositi.
Soprattutto negli ultimi anni, anche le geometrie
hanno avuto un crescente sviluppo. I moderni torni a
controllo numerico permettono oggi di costruire lenti
a contatto con moltissime possibilità geometriche,
mentre strumenti di misura sempre più sofisticati consentono di studiare nei dettagli la topografia corneale
di ogni singolo individuo. Queste nuove tecnologie
permettono di ampliare enormemente i tipi di lenti a
contatto disponibili, in modo da poter affrontare anche
le esigenze più disparate. Questo insieme di tecniche
di misura, di analisi e di produzione consente una
sempre migliore qualità delle applicazioni, specialmente di casi complessi che non sono risolvibili con
altre tecniche.
Geometria delle lenti RGP
I parametri geometrici di una lente a contatto devono
essere dimensionati per garantire da una parte una corretta relazione lente-cornea, dall’altra la giusta correzione dell’ametropia e le migliori prestazioni visive
possibili. L’ottica di una lente a contatto è in gran parte
dovuta alla sua superficie anteriore, mentre l’allineamento della lente sulla cornea è condizionato dalla
superficie posteriore. I parametri che caratterizzano la
superficie posteriore sono probabilmente quelli più critici per una lente corneale, sia dal punto di vista geometrico che dal punto di vista clinico (Lupelli, Fletcher,
& Rossi, 1998). In questo articolo svilupperemo questo
argomento discutendo come un accurato studio della
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 1
La faccia posteriore di una lente RGP può essere suddivisa in due
zone, distinte per la funzione che svolgono: una centrale, la zona
ottica, che determina l’allineamento sulla cornea e l’area portante
della lente ed una zona periferica di disimpegno, le flange, sollevata
dalla cornea per un adeguato ricambio lacrimale.
Figura 2
Erosione epiteliale dovuta ad un blend insufficiente fra zona ottica
e flange.
topografia corneale possa aiutare ad ottimizzare l’applicazione di una lente a contatto per ogni singolo
paziente. Tratteremo della scelta dei parametri delle
lenti a contatto rigide, oggi quasi esclusivamente
rigide gas-permeabili (RGP) (termine che dovrebbe
sostituire del tutto quello sbagliato, ma purtroppo di
larga diffusione in Italia, “semirigide”) e dell’utilità
delle simulazioni fluoroscopiche, sia a scopo didattico,
sia di aiuto per la scelta della lente più adatta da applicare.
Contrariamente ad una morbida, una lente a contatto
RGP non può adattarsi da sola, per flessione del mate-
Figura 3
Blend.
Figura 4
Lo spazio che si forma fra lente e cornea (C) si riepie di lacrime, così
la distanza fra la superficie posteriore della lente e quella anteriore
della cornea può essere rappresentata su un diagramma cartesiano
dal profilo dello spessore del film lacrimale sotto la lente (B). Se ad
ogni spessore di film lacrimale si associa un livello di verde si può
ottenere una mappa che rappresenta la simulazione fluoroscopica
della lente (A).
riale, alla cornea sulla quale è applicata. Per questo
motivo la faccia posteriore della lente deve essere
dimensionata correttamente in tutti i suoi parametri.
Se per un verso questa caratteristica di rigidità può
apparire come un limite, in realtà la stabilità strutturale di una lente RGP consente in tutti i casi una
migliore qualità ottica e, in presenza di distorsioni corneali, di compensare le irregolarità refrattive che ne
derivano. Non ultimo, una lente RGP con adeguata
trasmissibilità di ossigeno (Dk/t) permette un apporto
di ossigeno alla cornea che può essere eguagliato solo
dal silicone-idrogel e che non è consentito da qualsiasi
16
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
(fig. 2) è comunque necessario un blend fra zona ottica
e flange (fig. 3).
La zona ottica
Concetto di clearance e tear layer thickness (TLT)
Figura 5
Parametri che definiscono il rapporto fra lente a contatto e cornea:
tear layer thickness (TLT), axial edge clearance (AEC), radial edge
clearance (REC); l’axial endge lift (AEL) rappresenta un parametro
costruttivo. (da Phillips, A.J. & Speedwell, L. 1997)
6a
6b
6c
Figura 6a
Simulazione di un’applicazione a sollevamento apicale. La lente
appoggia al bordo della zona ottica e si solleva in tutta la porzione
più interna.
Figura 6b
Simulazione di un’applicazione ad allineamento apicale. In questo
caso la lente appoggia sull’apice ed al bordo della zona ottica.
Figura 6c
Simulazione di un’applicazione ad appoggio apicale. La lente appoggia
solo in una zona centrale e si solleva al bordo della zona ottica.
altro tipo di materiale idrofilo oggi disponibile (Fatt,
1996; Fatt, 1997; Fatt, Weissman, & Ruben, 1993).
La faccia posteriore
La faccia posteriore di una lente RGP può essere suddivisa in due zone, distinte per la funzione che svolgono: una centrale, la zona ottica, che determina l’allineamento sulla cornea e l’area portante della lente
ed una zona periferica di disimpegno, le flange, sollevata dalla cornea per un adeguato ricambio lacrimale
(fig. 1). La transizione fra la zona centrale e quella periferica può essere più o meno brusca a seconda della
geometria della lente. Per evitare erosioni epiteliali
17
Nelle geometrie RGP tradizionali la curvatura ed il
diametro della zona ottica determinano le zone di
appoggio e di sollevamento della lente sulla cornea.
Poiché lo spazio che si forma fra la lente e cornea si
riempie di lacrime, la distanza fra la superficie posteriore della lente e quella anteriore della cornea può
essere rappresentata dal profilo dello spessore del film
lacrimale sotto la lente (fig. 4). Questo spessore viene
solitamente denominato in senso generico con il termine inglese clearance ed è espresso in micron. Il clearance centrale viene definito con l’acronimo TLT (dall’inglese tear layer thickness) (fig. 5).
Secondo le diverse filosofie applicative, una lente può
essere a sollevamento apicale, ad allineamento apicale
o ad appoggio apicale (fig. 6). Nel primo caso la lente
appoggia al bordo della zona ottica e si solleva in tutta
la porzione più interna, compresa quella apicale, in
questo caso la profondità sagittale della lente sulla
corda della zona ottica è maggiore di quella della
cornea; nel secondo caso appoggia sull’apice ed al
bordo della zona ottica, in questo caso la sagittale della
lente è uguale a quella della cornea; nel terzo caso
appoggia solo in una zona centrale e si solleva al bordo
della zona ottica, in questo caso la sagittale della lente
è minore di quella della cornea.
Le flange
Concetto di edge lift (AEL) e di edge clearance (AEC)
Da un punto di vista fisiologico il successo di un’applicazione dipende da un gran numero di fattori, ma
principalmente dalla possibilità che ha il fluido lacrimale sotto la lente di essere ricambiato durante l’ammiccamento (Lupelli et al., 1998). Questo ricambio è
necessario da una parte per portare nuovo liquido
lacrimale allo scopo di ossigenare la cornea e dall’altra
per portare via i detriti ed i residui metabolici di superficie che si formano sotto la lente. Se la lente presenta
un allineamento adeguato, durante l’ammiccamento
si ha una vera e propria azione di pompaggio del
fluido lacrimale. Perché questo sia possibile è necessario un serbatoio di lacrime attorno alla zona ottica
che si forma per il sollevamento delle flange sopra la
cornea (fig. 7).
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 7
Menisco lacrimale attorno alla zona ottica che si forma per il sollevamento delle flange sopra la cornea.
Figura 9
Impronta corneale indotta dalla lente di fig. 8.
Figura 8
Lente con eccessivo clearance apicale
Figura 10
Warpage corneale indotto dalla lente di fig. 11.
Oltre a questa funzione fondamentale, il menisco lacrimale che si forma sotto le flange permette un’attrazione capillare che aiuta la lente a rimanere in posizione centrata. Il sollevamento del bordo ha anche altre
funzioni: impedisce l’adesione della lente, impedisce
una pressione del bordo della lente con conseguente
rischio di insulto corneale, aiuta a rimuovere la lente
mediante la tensione delle palpebre.
Il parametro geometrico che indica l’apertura delle
flange rispetto alla zona ottica è detto sollevamento
assiale al bordo (AEL, dall’inglese axial edge lift) e rappresenta, in millimetri, di quanto le curve periferiche
si sollevano rispetto al prolungamento della zona
ottica (fig. 5). Se la zona ottica è asferica, il sollevamento è considerato rispetto ad un cerchio di raggio
di curvatura uguale a quello apicale.
L’AEL è solo un parametro costruttivo che non indica
esattamente quanto è il sollevamento effettivo del
bordo della lente sulla cornea. La misura che indica il
sollevamento sulla cornea è il clearance al bordo, che
può essere inteso sia in direzione assiale (AEC, axial
edge clearance) che in direzione radiale (REC, radial edge
clearance) (fig. 5).
Townsley (1970) è stato probabilmente il primo a suggerire di definire l’applicazione di una lente a contatto
in termini di clearance apicale (TLT) e di clearance al
bordo (AEC) e a riportare che per una buona applicazione questi due valori devono essere ottimali.
Se una lente presenta un eccessivo clearance apicale si
possono avere i seguenti inconvenienti:
18
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 11
Decentramento in alto dovuto ad un eccessivo appoggio apicale
Figura 13
Erosione epiteliale dovuta ad un eccessivo clearance al bordo.
Figura 12
Impronte epiteliali (dimpling) causate da bollicine d’aria sotto la lente.
• può essere impedito un sufficiente ricambio lacrimale;
• possibilità di edema centrale;
• possibilità di formazione di bolle d’aria sotto la lente;
• movimento insufficiente della lente;
• si può avere una compressione nella zona di transizione fra zona ottica e flange con possibilità di formazione di un’impronta corneale (fig. 8-9);
• possibilità di deformazione corneale con incurvamento della cornea centrale;
Se, invece, la lente presenta un appoggio apicale eccessivo si possono presentare le seguenti condizioni:
• instabilità della lente durante l’ammiccamento con
movimento eccessivo;
• sfregamento della lente nell’area centrale della cornea
con possibilità di abrasione;
19
Figura 14
Distribuzione delle frequenze dell’astigmatismo cheratometrico in un
campione di 1200 occhi (secondo Lyle, 1971).
• decentramento della lente;
• possibilità di deformazione corneale (warpage)
(fig. 10-11);
• flessione della lente con conseguente variazione dell’effetto correttivo;
• discomfort e visione instabile.
Se la lente presenta un clearance al bordo eccessivo si
possono presentare i seguenti problemi:
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 15a
Programma di calcolo lenti a contatto sulla base della cheratometria e dell’eccentricità. Inserendo il raggio apicale, l’eccentricità
ed i valori di clearance che si desiderano ottenere.
Figura 15c
Profilo della lente e valori di AEL.
• si può formare una erosione epiteliale (staining) ore
3 - ore 9 per rottura del film lacrimale subito fuori il
bordo della lente (fig. 13).
Un clearance periferico insufficiente può invece causare i seguenti inconvenienti:
• ricambio lacrimale inadeguato;
• pressione del bordo della lente sulla cornea perilimbare con possibilità di staining arcuato;
• movimento insufficiente della lente;
• difficoltà a rimuovere la lente;
• adesione della lente.
Il clearance ottimale
Figura 15b
Vengono calcolati i parametri della faccia posteriore della lente.
• la lente può risultare poco confortevole per un eccessivo sfregamento del bordo sulla palpebra;
• la lente può avere difficoltà a mantenersi in posizione
centrata ed avere un eccessivo movimento;
• la lente può debordare dall’area limbare e creare
un’impronta sulla congiuntiva sclerale;
• si possono formare delle bolle d’aria sotto la zona
periferica della lente;
• si può avere una eccessiva turbolenza del fluido lacrimale con conseguente formazione di bollicine d’aria
sotto la lente che possono causare delle impronte epiteliali (dimple veiling) (fig. 12);
I livelli di clearance ottimali dipendono dalla geometria della lente, dai diametri, dalla permeabilità all’ossigeno, dalle caratteristiche di flessione del materiale
e dalla filosofia applicativa. In linea generale, con la
maggior parte delle geometrie e dei materiali attuali
si ottengono buoni risultati con un TLT di 5-10 µm, un
appoggio sul meridiano orizzontale nella zona di transizione fra la zona ottica e quella periferica ed un clearance al bordo di 70-80 µm.
Sul meridiano verticale è utile un clearance di 20-40
µm nella zona di transizione e di 90-110 µm al bordo.
Questo tipo di appoggio permette alla lente di sollevarsi al centro quel tanto che basta per non interferire con la zona ottica della cornea ed evitarne sfregamenti e deformazioni.
Il sollevamento nella zona di transizione sul meridiano
20
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0101
Topografia corneale di una cornea di media eccentricità con toricità
fisiologica secondo regola.
Figura 0102
Profili di curvatura dei meridiani principali. La curva rossa rappresenta il meridiano più curvo, in questo caso a 90°, la curva blu
rappresenta il meridiano più piatto, in questo caso a 180°, mentre
la curva verde rappresenta la loro differenza (dK), ossia la toricità
della faccia anteriore della cornea che in questo caso si mantiene
intorno ad una diottria.
verticale consente alla lente di oscillare durante l’ammiccamento facendo perno sull’orizzontale in modo
da permettere un adeguato ricambio del fluido lacrimale. L’appoggio sull’orizzontale ed il sollevamento
sul verticale determinano una direzione preferenziale
di movimento della lente nella stessa direzione dell’ammiccamento. In questo modo la posizione della
21
Figura 0103
Simulazione fluoroscopica di una lente tricurva a curve sferiche
coassiali. Sulla colonna di sinistra sono riportati i parametri geometrici della lente simulata. Sul meridiano verticale è stato applicato un leggero tilt per simulare la pressione della palpebra superiore sulla lente.
lente viene dominata dalla tenuta palpebrale e si riducono i rischi di decentramento orizzontale.
Con geometrie assosimmetriche questi rapporti di
clearance si ottengono quando la cornea presenta una
toricità secondo regola dell’ordine di due decimi di
millimetro. Fortunatamente questa condizione è la più
frequente. In un campione di 1200 occhi di soggetti
di varie età Lyle (1971) ha misurato i seguenti dati cheratometrici: l’astigmatismo corneale era secondo
regola nel l’88% dei casi, contro regola nel 5%, ed
obliquo nel 4%; solo il 3% aveva la cornea sferica
(astigmatismo minore o uguale a 0,12 D).
In fig14. è riportato il grafico della distribuzione delle
frequenze dell’astigmatismo cheratometrico misurato
da Lyle. Come si può vedere, la curva è leptocartica
con la mediana intorno a 1,00 D secondo regola.
In fig. 0101 è riportata la topografia corneale di una
cornea di media eccentricità con toricità fisiologica
secondo regola. I profili di curvatura (fig. 0102) dei
meridiani principali con la loro differenza mettono in
evidenza come l’astigmatismo corneale di questo caso
si mantenga relativamente costante su tutta la superficie intorno ad una diottria.
La fig. 0103 rappresenta la simulazione fluoroscopica
di una lente sferica tricurva con sollevamento apicale.
Il profilo del clearance sul meridiano più piatto, in
questo caso orizzontale a 180°, evidenzia il clearance
centrale di 8 µm e l’appoggio nella zona di transizione,
mentre sul meridiano più curvo, in questo caso verticale a 90°, è presente un sollevamento di 25 µm. Il clearance al bordo in questo caso è 80 µm sul più piatto e
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0104a
Profilo del clearance sul meridiano più piatto (180°). La lente ha un
TLT compreso fra 5 e 10 µm ed appoggia nella zona di transizione.
Figura 0105
Immagine fluoroscopica di una lente reale con gli stessi parametri
costruttivi di quella simulata.
Figura 0104b
Profilo del clearance sul meridiano più curvo (90°). Nella zona di
transizione è presente un clearance di 25 µm che permette alla lente
di oscillare durante l’ammiccamento.
Figura 0104c
Profilo del clearance sul meridiano più piatto. La scala più ampia
(fondo scala a 200 µm) permette di visualizzare Il clearance al bordo
che in questo caso è compreso fra 70 e 80 µm.
110 µm sul più curvo. Questo tipo di toricità permette
dei livelli di clearance ottimali con geometrie assosimmetriche.
Valutazione del clearance
La valutazione del clearance viene fatta in modo qualitativo istillando fluoresceina ed illuminando la lente
con una lampada di Burton o con la lampada a fessura
con il filtro blu cobalto. In quest’ultimo caso l’aggiunta
di un filtro di sbarramento giallo (tipo Wratten n.12 o
n.15) davanti all’obbiettivo del biomicroscopio aiuta
ad apprezzare meglio l’immagine fluoroscopica (Zeri,
1997). Maggiore è lo spessore del film lacrimale, maggiore è la quantità di fluoresceina in quel punto e maggiore è la fluorescenza che ne deriva (fig. 0105). Questo
metodo non permette una misura diretta del clearance,
ma un occhio esperto è in grado di apprezzare con sufficiente precisione la qualità dell’applicazione e del
ricambio lacrimale. L’esperienza insegna quando gli
spessori lacrimali sono adeguati o quando l’applicazione deve essere modificata.
Selezione della lente
Figura 0104d
Sul meridiano più curvo è presente un clearance al bordo di
110 µm.
Un metodo per determinare i parametri più adatti
della lente corneale da applicare è quello di avvalersi
di lenti di prova, da usare come calibri, di cui si osserva
l’immagine fluoroscopica. Quando la cornea ha una
conformazione normale, la prima lente può essere
scelta sulla base delle letture oftalmometriche, poi
22
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0201
Topografia corneale di una cornea torica secondo regola con astigmatismo cheratometrico di 3.32 D
Figura 0203
Anche in questo caso con una lente assosimmetrica possiamo ottenere
un buon allineamento sul meridiano più piatto (180°) dove la lente
ha un TLT intorno ai 10 µm ed appoggia nella zona di transizione.
Figura 0202
I profili di curvatura dei meridiani principali mostrano che la toricità di questo caso si mantiene costante su tutta la superficie corneale intorno a 3.5 D.
Figura 0204
Profilo del clearance sul meridiano più curvo (90°): in questo caso
la lente assosimmetrica si solleva eccessivamente.
attraverso il procedimento della prova e dell’errore si
arriva a determinare la lente che più si avvicina a
quella ideale. Questo metodo ha il grosso vantaggio di
osservare direttamente il comportamento della lente
sull’occhio, ha come limiti il fatto di dover disporre
di set di prova cospicui e, nei casi più complessi, di
dover applicare molte lenti sull’occhio prima di trovare quella più adeguata.
Un metodo alternativo, per ridurre il numero delle
prove e per selezionare geometrie indipendenti da
quelle dei set disponibili, è quello di calcolare i parametri teoricamente più adatti della lente a contatto
sulla base del profilo della cornea su cui si deve applicare e sui livelli di clearance che si desiderano ottenere.
La prima lente viene quindi applicata sulla base di
questo calcolo.
Prima dell’avvento dei topografi di ultima generazione, che consentono di misurare in modo sufficientemente preciso le curvature istantanee e le altimetrie
della cornea su tutta l’area coperta dalla lente a contatto, l’unico metodo per calcolare il clearance era
quello di appoggiarsi ad un modello matematico e di
derivarne le conseguenti altezze sagittali. Il modello
più accettato è stato quello di un profilo corneale ellit-
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a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0205
L’immagine di una lente reale con gli stessi parametri di quella simulata
(lente tricurva a curve sferiche coassiali, curva base 7.70), mostra come in
effetti la lente presenti un clearance inadeguato sul meridiano verticale.
Figura 0206
Se si stringono le curve della lente sul meridiano più curvo mantenendo invariate quelle del più piatto, cioè facendo la lente
torica (curve base 7.70/7.35), siamo in grado di riportare i livelli
di clearance ai valori ottimali anche sul meridiano verticale.
tico (Guillon, Lydon, & Wilson, 1986; Mandell & St
Helen, 1971) i cui raggi di curvatura apicale e valore
di eccentricità venivano derivati dalle misure cheratometriche ottenute con un autocheratometro (Mandell
& St Helen, 1971), un fotocheratoscopio (Bibby, 1976),
un oftalmometro a letture periferiche (Wilms &
Rabbets, 1977, Guerra, 1995) o un oftalmometro modificato (Douthwaite, 1991; Douthwaite & Sheridan,
1989). Una volta che sono noti i raggi di curvatura apicali dei due meridiani principali ed il valore di eccentricità della cornea, se si accetta di approssimare il profilo corneale ad una conica, mediante l’ausilio di appo-
Figura 0207
L’immagine fluoroscopica dell lente reale mostra l’effettivo miglioramento
ottenuto applicando una lente con la stessa toricità di quella simulata.
siti programmi di calcolo (Douthwaite, 1991;
Douthwaite, 1995; Guerra, 1995; Hough, 1997; Phillips
& Speedwell, 1997) si possono ottenere i valori di tutti
i parametri della lente necessari ad ottenere i valori di
clearance che si desiderano (fig. 15).
Tuttavia, pur costituendo una evoluzione rispetto ad
un troppo semplice modello sferico, anche quello ellittico risulta spesso troppo semplicistico e presuppone
eccessive approssimazioni.
Ogni singolo individuo ha un proprio profilo corneale,
come un'impronta digitale, che in alcuni casi si può
discostare anche di molto dal modello geometrico teorico medio (Mandell, 1992).
Ci possono essere asimmetrie, decentramenti dell’apice
ed irregolarità di superficie che un semplice polinomio
di secondo grado, come il modello ellittico, non è in
grado di descrivere. Oltre alle normali differenze individuali fisiologiche, ci sono alcune conformazioni corneali congenite, esiti di chirurgia corneale, certe alterazioni patologiche, deformazioni indotte da lenti a
contatto, oppure esiti cicatriziali di traumi o patologie
corneali che causano dei profili corneali anomali.
I topografi corneali più recenti permettono misure più
dettagliate ed in molti casi consentono delle simulazioni fluoroscopiche di buona accuratezza (Chan,
Mandell, Johnson, Reed, & Fusaro, 1998; Szczotka,
1997).
Con i programmi disponibili nei topografi di ultima
generazione la scelta della lente può essere fatta in tre
modi distinti:
• selezione della lente da un database di lenti predefinite contenente tutta la produzione standard dei diversi
costruttori. In questo caso la scelta può essere fatta in
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a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0301
Cicatrice di un trauma corneale perforante
Figura 0303
La deformazione corneale è messa ancor più in evidenza dalla
mappa delle curvature istantanee.
Figura 0302
La cheratoscopia mostra una distorsione che interessa l’area
pupillare
Figura 0304
La mappa delle curvature assiali mette in evidenza una toricità
corneale simmetrica con una componente irregolare centrale e
una differenza di toricità nelle diverse zone.
modo manuale o mediante moduli di autofit.
• scelta di una geometria predefinita e personalizzazione di tutti i parametri della lente per ottenere i valori
di clearance che si desiderano;
• generazione di un profilo polinomiale che soddisfi
determinati livelli di clearance da passare ad un tornio
a controllo numerico per tagliare una lente del tutto
personalizzata.
Il vantaggio del primo metodo è quello di utilizzare
lenti di produzione standard quindi solitamente più
economiche e disponibili con tempi di consegna più
brevi, lo svantaggio è quello di essere limitati dai
modelli e dalle geometrie scelte dal costruttore. Spesso
in questi casi non tutti i parametri geometrici delle lenti
sono resi noti da chi produce le lenti, così l’applicatore
non può avere la completa padronanza della lente che
sta applicando. Nei casi più limitanti le uniche scelte
possibili per un determinato modello si limitano alla
curva base, al diametro totale ed al potere della lente,
senza possibilità di variazione del diametro della zona
ottica, delle flange e delle curvature periferiche.
Il vantaggio del secondo metodo è dovuto al fatto che
l’applicatore ha il completo controllo della lente da
applicare, che in questo caso può essere personalizzata
in tutti i suoi parametri. In questo modo è l’applicatore
che detta al costruttore tutte le specifiche della lente
25
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0305
I profili di curvatura dei meridiani principali mettono in evidenza la variazione di toricità alle diverse distanze dal centro.
Figura 0307
Clearence sul meridiano più piatto di una lente torica.
Procedura applicativa
Figura 0306
Con la migliore lente sferica il clearance sul meridiano verticale
era insoddisfacente.
che intende applicare, anziché essere il laboratorio a
scegliere per l’applicatore.
Lo svantaggio di questo metodo è legato al fatto che
occorre una maggiore padronanza applicativa ed una
maggiore conoscenza delle geometrie delle lenti a contatto. Nell’ultimo caso si ha il vantaggio di una personalizzazione ancora più spinta dell’applicazione e la
possibilità di far costruire geometrie ancora più sofisticate. Lo svantaggio è dovuto ad una più difficile verifica dei parametri della lente e ad una più limitata possibilità di replicare la lente.
• Mediante la simulazione si cerca la geometria che
meglio soddisfa i livelli di clearance che intendiamo ottenere;
• se nei set di prova disponibili è presente una lente
simile a quella simulata, si prova ad applicarla in modo
da verificare la reazione del paziente, la posizione della
lente, il movimento, la sovrarefrazione, l’acuità visiva,
ecc.;
• se non è disponibile una lente di prova adatta, si
ordina una lente uguale a quella simulata. Il potere
della lente viene calcolato come in modo solito sulla
base della trasposizione della refrazione sul vertice corneale e rapportato alla curva base della lente da applicare, oppure, meglio ancora, mediante la sovrarefrazione su una lente di prova;
• le successive considerazioni si fanno sulla lente realmente applicata.
Rispetto alla lente teorica possono essere necessari degli
aggiustamenti: ci sono alcune variabili come la tensione
palpebrale ed il rapporto della faccia anteriore della
lente con la palpebra, la viscosità del film lacrimale, le
forze di frizione e di capillarità ed il peso della lente
che condizionano il comportamento della lente sull’occhio e che non possono essere simulate.
Non ultimo, una lente simulata non permette di valutare la risposta soggettiva del paziente e le sue capacità
di adattamento alla lente a contatto.
I programmi di simulazione non possono quindi essere
del tutto infallibili e non sono in grado di sostituirsi alle
abilità di un applicatore esperto, ma aiutano a scegliere
le geometrie più adatte, permettono di ridurre il
26
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
Figura 0308
Clearence sul meridiano più curvo di una lente torica.
Figura 0309
Immagine fluoroscopica della lente bitorica definitiva.
numero delle prove e abbreviano i tempi di applicazione. In questo modo, anche nei casi complessi, con
poche sostituzioni, si può arrivare a determinare la
lente definitiva.
razione, avvenuto all’età di 8 anni, fu causata da un
chiodo, la lesione fu suturata e non ci furono altre complicanze. Al momento della visita il paziente aveva 27
anni e portava la seguente correzione su occhiale:
OD –0.50 –0.50 x 10° AV 9/10
OS +1.25 – 2.50 x 10° AV 2.5/10
La refrazione era la seguente:
OD –1.00 –0.50 x 5° 12/10
OS 0.00 –4.50 x 10° 5/10. Il paziente non aveva mai
provato lenti a contatto.
La cheratoscopia (fig. 0302) mostra una distorsione in
area pupillare. La deformazione corneale è messa ancor
più in evidenza dalla mappa delle curvature istantanee
(fig. 0303). La distorsione ha prodotto una toricità corneale simmetrica con una componente irregolare centrale messa in evidenza dalla mappa delle curvature
assiali (fig. 0304) e dai profili di curvatura (Fig. 0305).
Un fatto interessante di questo caso è la differenza di
toricità nelle diverse zone della cornea che ha poi condizionato la scelta della geometria della lente a contatto.
Per determinare le potenzialità visive di questo
paziente è stata provata la migliore lente sferica
(fig.0306). Il clearance sul meridiano verticale era insoddisfacente, ma con il giusto potere il paziente raggiungeva un acuità visiva di 10/10. Provando a simulare
una geometria torica è stato possibile ottenere buoni
livelli di clearance su tutti i meridiani (fig. 0307, fig.
0308).
Come si può notare dal sim-k e dai raggi di curvatura
della lente, in questo caso non c’è rapporto tra le letture
che si sarebbero ottenute con un oftalmometro e la toricità e le curve della zona ottica della lente (8.25 / 7.10
Casi
Astigmatismo congenito secondo regola
La fig.0201 rappresenta la mappa delle curvature assiali
di una cornea torica secondo regola con astigmatismo
cheratometrico di 3.32 D. I profili di curvatura dei
meridiani principali (fig. 0202) mostrano che la toricità
di questo caso si mantiene costante su tutta la superficie corneale intorno a 3.5 D. Se su una cornea di questo
tipo si applica una lente assosimmetrica, possiamo ottenere un buon allineamento sul meridiano più piatto
(fig. 0203), ma sul più curvo la lente si solleva eccessivamente (fig. 0204). L’immagine di una lente reale con
gli stessi parametri di quella simulata (lente tricurva a
curve sferiche coassiali, curva base 7.70), mostra come
in effetti la lente presenti un clearance inadeguato sul
meridiano verticale (fig. 0205). Se si stringono le curve
della lente su questo meridiano (fig. 0206) mantenendo
invariate quelle dell’orizzontale, cioè facendo la lente
torica (curve base 7.70/7.35), siamo in grado di riportare i livelli di clearance ai valori ottimali anche sul
meridiano verticale. La fig. 0207 mostra l’effettivo
miglioramento applicativo ottenuto applicando una
lente con la stessa toricità di quella simulata.
Astigmatismo traumatico
La fig. 0301 mostra la cicatrice di un trauma corneale
perforante ed i segni di tre punti di sutura. La perfo27
a r t i c o l o
Il concetto di clearance
delle lenti a contatto RGP
mm: 6.50 D contro 8.00 / 7.40 mm: 3.50 D). La differenza è dovuta alla minore toricità periferica rispetto a
quella centrale. La simulazione fluoroscopica a permesso di decidere i parametri della lente più adatti a
questa cornea. È stata applicata quindi una lente bitorica ad effetto sferico (fig. 0309) che ha consentito di
ottenere una buona applicazione, un’acuità visiva di
10/10 ed il recupero della visione binoculare.
Bibliografia
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for the contact lens pratictioner. Ophtal Physiol Opt, 9, 239-42.
6. Fatt, I. (1996). New physiological paradigms to assess the effect of lens oxygen tran-
Summary
smissibility on corneal health. Clao J, 22(1), 25-9.
7. Fatt, I. (1997). Comparative study of some physiologically important properties of
Determining the physical parameters of a contact lens
should base on both the most appropriate cornea-to-lens
relationship and proper power. The RGP back surface
lens design, that determinates the appropriate alignment
fit, is the most critical aspect from both the physical and
the clinical point of view. In this article we discuss how
an accurate study of the corneal topography can help the
practitioner to optimise the contact lens fitting for each
patient and we also evaluate the benefit of the fluoroscopic pattern simulation in choosing the appropriate
contact lens.
six brands of disposable hydrogel contact lenses [see comments]. Clao J, 23(1), 49-54.
8. Fatt, I., Weissman, B. A., & Ruben, C. M. (1993). Areal differences in oxygen supply
to a cornea wearing an optically powered hydrogel contact lens. Clao J, 19(4), 226-34.
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model. Ophthalm Physiol Opt, 6(1), 47-56.
11. Hough, T. (1997). Contact Lenses CD-ROM: Butterworth-Heinemann.
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Palermo: Medical Books.
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14. Mandell, R. B. (1992). The enigma of the corneal contour. CLAO J, 18, 267-73.
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16. Phillips, A. J., & Speedwell, L. (1997). Contact Lenses. (4th ed.): ButterworthHeinemann.
Key words
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20(3), 101-102.
28
t r u c c h i
e
s u g g e r i m e n t i
tips & tricks
Laura Boccardo
Due lenti morbide di prova
nello stesso occhio
Nel corso della stessa settimana mi
sono capitati due pazienti che presentavano afachia associata ad una
parziale aniridia dovute ad un
trauma. Entrambi avevano bisogno
di una lente prostetica che avesse una
funzione sostitutiva per l’iride mancante. Tutte le lenti prostetiche del
mio set di prova hanno potere
neutro, quindi ho applicato sull’occhio una lente morbida di potere
adeguato ( +10,00 e +12,00 D nei due
casi distinti) e sopra ad essa la lente
prostetica con iride coprente.
L’espediente ha permesso ai pazienti
di apprezzare contemporaneamente
sia l’aspetto estetico, sia il risultato
visivo dell’applicazione definitiva.
Questo sistema è risultato di particolare utilità soprattutto in un caso,
perché ci ha permesso di verificare
che, con la correzione sull’occhio, il
paziente presentava visione sdoppiata. Sorprendentemente, tenere
due lenti morbide, una sopra all’altra
nello stesso occhio non è così fastidioso come si potrebbe pensare: anzi,
sembra che si posizionino bene e si
separino facilmente una volta
rimosse. Questa tecnica può essere
utilizzata anche in altri casi, come per
esempio quando sono necessari
poteri molto elevati, che difficilmente
sono disponibili nei set di prova, per
esempio per un miope di – 27,00 D.
N. A. PENCE
Da Conctact Lens Today, del 22-10-2000
Simulazione della visione da
vicino in un miope operato
Quando si discutono i pro e i contro
di un intervento di chirurgia refrattiva con un paziente presbite che non
porta le lenti a contatto ed ha una
miopia compresa fra –1,00 e –3,00 D,
può essere difficile comunicare efficacemente come la perdita della
29
miopia possa interferire con le sue
abitudini di vita. Recentemente mi
è capitato un paziente che ha detto,
dopo l’intervento: “Certo sapevo di
dover usare gli occhiali per leggere,
ma ora non vedo neppure il cibo nel
piatto!”. Naturalmente questa persona aveva sempre mangiato senza
occhiali. Quindi, ora io raccomando
fortemente una breve prova con lenti
a contatto, di una o due settimane,
anche con economiche lenti disposable, per simulare la vita postoperatoria e la perdita di buona visione
da vicino senza correzione.
D. HUEBNER
Da Conctact Lens Today, dell’8-10-2000
risciacqui per un lavaggio che duri
almeno una trentina di minuti
dovrebbero essere sufficienti per
riportare le lenti in condizioni utilizzabili. Alla fine risciacquate con soluzione salina, lavate e disinfettate le
lenti. La disinfezione può essere ripetuta per essere sicuri di aver eliminato tutti i contaminanti. Questi consigli sono tratti da due tip analoghi,
di colleghi statunitensi, J. Cooper e
H.R. Wilson. In particolare Wilson consiglia di instillare fluoresceina quando
una lente è apparentemente persa nell’occhio: la lente colorata di giallo può
essere così trovata facilmente.
Da Conctact Lens Today, del 6-5-2001
Come scoprire i reali tempi
d’uso delle lenti a contatto
Topografia corneale:
attenzione agli artefatti
Di solito i pazienti sanno quando utilizzano per tempi eccessivi le loro
lenti a contatto, ma sono riluttanti ad
ammetterlo. Per questo motivo,
quando chiedete loro per quante ore
al giorno portano le lenti, dicono un
numero inferiore a quello reale. Per
saper come stanno realmente le cose
io provo a domandare, in modo
apparentemente casuale:“A che ora
ti sei tolto le lenti ieri sera?” e poi “A
che ora ti sei messo le lenti questa
mattina?”.
J. CARRUTHERS
Da Conctact Lens Today, del 20-5-2001
La maggior parte dei topografi corneali attualmente in commercio si
basa sul principio di Placido in cui
si analizza un’immagine cheratoscopica riflessa non dalla cornea, bensì
dal film lacrimale. Se le lacrime sono
distribuite in modo omogeneo sull’epitelio, la cheratoscopia rappresenta la reale conformazione corneale, ma se il film lacrimale è instabile per rotture, iperlacrimazione,
accumulo di muco, o quant’altro, nell’analisi topografica possono comparire degli insidiosi artefatti. Per
evitare errori di interpretazione è
bene non limitarsi ad una sola acquisizione, ma salvare almeno tre o
quattro immagini per occhio, quindi
confrontare le differenti cheratoscopie. Se l’anomalia è presente in
tutte le immagini acquisite dello
stesso occhio e sempre nello stesso
punto è una reale anomalia della
superficie corneale; invece, le alterazioni topografiche che si osservano
in una sola cheratoscopia o nelle
diverse immagini, ma in zone differenti, sono dovute al film lacrimale.
A. CALOSSI
Come pulire le lenti morbide
dalla fluoresceina
Se una lente a contatto morbida
viene a contatto con la fluoresceina si
impregna di una colorazione gialla
resistente ai normali sistemi di
pulizia. Per togliere il giallo dalla
lente è necessario impiegare acqua
distillata, mentre la soluzione salina
non è di nessun aiuto. Utilizzando un
contenitore per gli enzimi, immergete le lenti nell’acqua distillata,
sostituendola diverse volte: tre
n o v i t à
e d i t o r i a l i
novità editoriali
Laura Boccardo
Elenco di testi di recente
o prossima pubblicazione
inerenti la contattologia
Bennett and Grohes Manual of
Rigid Gas-Permeable Contact
Lenses
Autore: Bennett
ISBN: 0750673354
Editore: Butterworth-Heinem
Seconda edizione
Copertina rigida
Data di pubblicazione: Luglio
2002.
Clinical Contact Lens Practice
Autore: Millis, E
ISBN: 0750643277
Editore: Butterworth-Heinem
Copertina rigida
Data di pubblicazione: Ottobre
2002.
Contact Lenses A-Z
Autore: Efron, N.
ISBN: 0750653027
Editore: Butterworth-Heinem
Seconda edizione
Data di pubblicazione: Giugno
2002
Contact Lens Practice
Autore: Efron, N.
ISBN: 075064690X
Editore: Butterworth-Heinem
Data di pubblicazione: 2002
Copertina rigida
Cornea: Its Examination in
Contact Lens Practice
Autore: Efron, N.
ISBN: 0750647981
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2001
Copertina rigida
Clinical Cases in Contact Lenses
Autore: Watanabe, R
ISBN: 0750690445;
Editore: Butterworth-Heinem
Data di pubblicazione: 2001
Clinical Manual of Specialized
Contact Lens Prescribing
Autore: Scheid, T
ISBN: 0750699248;
Editore: Butterworth-Heinem
Data di pubblicazione: 2001
Fitting Guide for Rigid and Soft
Contact Lenses: A Practical
Approach
Autore: Stein, H
ISBN: 0323014402
Editore: Mosby-Yearbook, In
Data di pubblicazione: 2001
Quarta edizione
Copertina rigida
Clinical Textbook of Contact
Lens Practice
Autore: Fernandez
ISBN: 0750699248
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2001
Clinical Manual of Specialized
Contact Lens Prescribing
Autore: Scheid, T.R.
ISBN: 0750699248
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2001
Essential Contact Lens Practice
Autore: Veys, J.
ISBN: 0750649127
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2001
Lenti a contatto morbide ad uso
continuo - Una rivoluzione nella
contattologia
Autore: Pescosolido, N.
Editore: Fabiano
Data di pubblicazione: 2001
L’uso continuo delle lenti
a contatto
Autore: Rolando, M.
ISBN: 8887333289
Editore: Fabiano
Data di pubblicazione: 2000
Anterior Segment
Complications of Contact Lens
Wear
Autore: Silbert, J.
Seconda edizione
ISBN: 0750671165
Editore: Churchill Livingston
Data di pubblicazione: 2000
Common Contact Lens
Complications: Their
Recognition and Management
Autore: Jones, L.
ISBN: 0750635428
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2000
Fax: (856) 853-5991
http://www.slackbooks.com
Manual of Contact Lens
Prescribing and Fitting con CDRom per Macintosh e Windows
Autore: Hom, M.
Seconda edizione
ISBN: 0750672153
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2000
Fabiano Editore
Regione San Giovanni 2/b
14053 Canelli (AT)
Tel. 0141-822557
Fax: 0141-82269
E-mail:[email protected]
http://www.fabianoeditore.it
Silicon Hydrogels: The Rebirth
of Extended Wear Contact
Lenses
Autore: Sweeney, D.
ISBN: 0750644621
Editore: ButterworthHeinemann
Data di pubblicazione: 2000
È possibile che alcuni di questi
titoli non siano facilmente reperibili nelle librerie italiane. Per
facilitare la ricerca alleghiamo di
seguito l’elenco degli indirizzi
degli editori e di alcuni bookstore on line.
Indirizzi delle case editrici
Butterworth-Heinemann
Contact Details
Linacre House, Jordan Hill,
Oxford OX2 8DP , UK
Tel. +44 (0) 1865 888180
E-mail: [email protected]
http://www.bh.com
Lippincott Williams & Wilkins
530 Walnut Street
Philadelphia, PA 19106-3621
Tel: 215/521-8300
Fax: 215/521-8902
E-mail: [email protected]
http://www.lww.com
Mosby-Year Book
11830 Westline Industrial Drive
St. Louis, Missouri 63146
http://www.harcourthealth.co
m/Mosby/
Churchill Livingstone
http://www.churchillmed.com
Bookstores on-line
U.S.A.
Alibris: http://www.alibris.com
Amazon:
http://www.amazon.com
Barnes & Noble:
http://www.barnesandnoble.com
Booksamillion:
http://www.booksamillion.com
Borders: http://search.borders.com
Fatbrain:
http://www.fatbrain.com
Medsite:
http://www.medsite.com
MedBooks: http://www.medbooksdirect.net/store/home.jsp
U.K.
AlphabetStreet:
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ont.co.uk
Amazon.co.uk:
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http://www.bookshop.co.uk
Canada
Chapters.ca:
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SLACK Incorporated
6900 Grove Road
Thorofare, NJ 08086-9447 USA
Tel.: (856) 848-1000
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Note per gli autori
Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle
ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella
fisiologia e patologia dell’occhio esterno.
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rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti
legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e
gli eventi del settore.
Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di:
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su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente
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Parole chiave
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per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari.
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L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio.
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discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati.
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menti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti.
Bibliografia
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un corpo più piccolo ad apice.
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testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati:
Articoli di riviste
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo
della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume,
prima e ultima pagina in cui appare l’articolo.
Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un
ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo.
Esempio di articolo da rivista
Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of
hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866
Libri
Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine.
Esempio di libro
Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction.
Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60.
Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro:
Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K.
e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500.
Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione
del testo e non secondo l’ordine alfabetico.
Illustrazioni
Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc.
La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali.
Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo.
Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono
pervenire, preferibilmente, in diapositiva.
Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia.
Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni:
- titolo del lavoro
- numero della figura
- nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della
fotografia.
Organizzazione e spedizione del supporto magnetico
È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo.
L’etichetta del supporto deve riportare:
- il nome dell’autore corrispondente
- un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto
- il sistema operativo
- il formato
- il processore word utilizzato, con versione e numero
Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia, ecc. devono
essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente
gradita è la preparazione di un file legenda.
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