Platone - Timeo Timeo - Tutte queste ragioni meditò il dio, che

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Platone - Timeo
Timeo - Tutte queste ragioni meditò il dio, che sempre è, intorno al dio, che doveva essere un giorno, e fece un corpo
liscio e uniforme ed uguale dal centro in ogni direzione e intero e perfetto e composto di corpi perfetti. E messa l'anima
nel mezzo di esso, la distese per tutte le sue parti, e con questa stessa l'involse tutt'intorno di fuori, e così fece un
cielo circolare, che si muove circolarmente, unico e solitario, ma atto per sua virtù ad accompagnarsi seco stesso e di
nessun altro bisognoso e bastevolmente conoscitore e amante di se stesso. E per tutte queste cagioni generò felice
questo dio. L'anima poi dio non la fece dopo il corpo, come noi ora prendiamo a parlarne in ultimo, perché, dopo averli
congiunti, non avrebbe lasciato che il più vecchio fosse governato dal più giovane. Ma noi che molto dipendiamo dalla
sorte e dal caso, così anche a caso parliamo. Egli invero formò l'anima anteriore e più antica del corpo per
generazione e per virtù, in quanto che essa doveva governare il corpo, e questo obbedirle, e la formò di tali elementi e
in tal guisa. Dell'essenza indivisibile e che è sempre nello stesso modo e di quella divisibile che si genera nei corpi, di
tutte e due formò, mescolandole insieme, una terza specie di essenza intermedia, che partecipa della natura del
medesimo e di quella dell'altro, e così la stabilì nel mezzo di quella indivisibile e di quella divisibile per i corpi. E
presele tutte e tre, le mescolò in una sola specie, congiungendo a forza col medesimo la natura dell'altro che ricusava di
mescolarsi. E mescolando queste due nature con l'essenza, e di tre fatto di nuovo un solo intero, divise questo in quante
parti conveniva, ciascuna delle quali era mescolata del medesimo, dell'altro e dell'essenza. Cominciò poi a dividere
così: prima tolse dal tutto una parte, dopo di questa ne tolse una doppia di essa, e poi una terza ch'era una volta e
mezzo la seconda e tre volte la prima, una quarta, doppia della seconda, una quinta, tripla della terza, una sesta, ottupla
della prima, una settima, ventisette volte maggiore della prima. Dopo di ciò riempì gli intervalli doppi e tripli, tagliando
ancora di là altre parti e ponendole nei loro intervalli, di modo che in ciascuno intervallo ci fossero due medii, e l'uno
avanzasse un estremo e fosse avanzato dall'altro della stessa frazione di ciascuno di essi, e l'altro avanzasse e fosse
avanzato dello stesso numero. E derivando da questi legami nei precedenti intervalli nuovi intervalli, cioè d'uno e mezzo,
d'uno e un terzo e d'uno e un ottavo, riempì con l'intervallo d'uno e un ottavo tutti gli intervalli d'uno e un terzo, e lasciò
una particella di ciascuno di essi, di modo che l'intervallo lasciato di questa particella avesse i suoi termini nello stesso
rapporto numerico fra loro come duecentocinquantasei sta a duecentoquarantatré. [Platone, Timeo, 34-36, trad. di
Cesare Giarratano, Roma-Bari Laterza, 1986, pagg. 374-377] In questo brano Platone delinea, facendo ricorso a un
mito, e quindi a una metafora poetica, il principio che regola il rapporto tra Idee (e in particolare l'idea del Bene) e mondo
(inteso come Cosmo, cielo e terra). Scrive Diego Fusaro: «Dunque il mondo fisico deriva da un padre (il mondo delle
idee) e da una madre (la materia, che è la condizione per l'esistenza del mondo fisico stesso ma che mantiene
comunque una componente di indeterminazione): ma cos'è che fa da mediatore tra il mondo delle idee e la materia?
Cos'è che fa sì che le idee si calino nel mondo sensibile? Platone mette a questo punto in gioco la figura del
Demiurgo (dal Greco "demos" ,popolo, + "ergon", opera, = artigiano). Il Demiurgo è un divino artigiano: è colui che
contemplando le idee plasma la materia sul modello delle idee stesse. Platone introduce quindi una divinità a tutti gli
effetti (fino ad adesso non ne avevamo mai realmente incontrata una). Il concetto che l'artigiano guardi ad un modello è
tipicamente platonico (e aristotelico ): mentre gli artigiani umani guardano ad un modello che hanno nella loro testa, il
Demiurgo guarda ad un qualcosa che è fuori da lui: dato che le idee sono il bene per la loro categoria, anche il mondo
sensibile dev'essere per forza buono, sebbene indeterminato. Che rapporto intercorre tra le idee, la materia ed il
Demiurgo? Tutti e tre sono coeterni , sono sempre esistiti. A differenza della divinità cristiana, che crea il mondo, quella
platonica si limita a plasmarlo e non è onnipotente; ha infatti due limiti: la materia, che gli impedisce di costruire un
mondo perfetto, e le idee, che sono il modello a cui deve per forza attenersi. Il Demiurgo guarda sì al meglio, ma il suo
comportamento è dato da qualcosa da lui esterno ed indipendente. Nel Medioevo vi fu un grande dibattito teologico: le
cose sono sante perché piacciono alla divinità o piacciono alla divinità perché sono sante? In altre parole: la divinità è
colei che riconosce le cose buone e le sceglie, o è colei che fa le cose buone? Per Platone le cose sono buone
intrinsecamente e non perché c'è chi decide che lo siano: il bene in sé è il criterio per giudicare tutte le cose che
possono essere buone; è buono ciò che partecipa alla super-idea di bene, come è bello ciò che partecipa all'idea di
bellezza. Le idee sono il modello per gli uomini e per la divinità. Chiaramente la divinità vale di più rispetto all'uomo:
essa riconosce facilmente il bene, mentre gli uomini hanno delle difficoltà e non sempre ci riescono. Vi fu chi arrivò a
dire che ciò che è giusto è giusto perché l'ha deciso la divinità. Chiaramente se Platone avesse avuto modo di prendere
parte al dibattito teologico medioevale, avrebbe affermato che le cose buone piacciono alla divinità perché sono buone e
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non avrebbe potuto accettare l'idea che le cose sono buone perché piacciono alla divinità. E' corretto affermare che la
divinità per Platone è il Demiurgo solo entro certi limiti: se la divinità per definizione è il principio supremo, allora la
divinità platonica dovrebbe essere il bene in sé. Se la divinità è principio della realtà, è evidente che non deve dipendere
da nulla; ma il Demiurgo dipende dalla super-idea del bene e dalle altre idee che è costretto ad imitare: ne consegue
che non è indipendente ma è al contrario limitato. Il bene in sé, invece, abbiamo visto che è illimitato ed è lui stesso il
principio (bipolare) della realtà. Il concetto di divinità nella tradizione ebraico-cristiana attinge un po' dal Demiurgo e un
po' dalla super-idea del bene. Non a caso nel Medioevo il Timeo (che è appunto il dialogo dove compare il Demiurgo), a
differenza degli altri dialoghi platonici, continuò ad essere letto e non cadde in disuso. Questo perché il Timeo è l'opera
platonica più vicina al Cristianesimo: c'è l'idea della plasmazione, piuttosto vicina a quella della creazione; inoltre la
divinità in un certo momento crea il mondo (la divinità di Aristotele invece fa ben poco). Va poi ricordato che il Demiurgo
è un dio-persona come quello dei Cristiani. Dietro a questo amore cristiano per il Timeo, probabilmente c'è un
fraintendimento: le interpretazioni del Timeo sono due e i Cristiani scelsero probabilmente quella sbagliata. Se si legge il
Timeo alla lettere si incontra questo "plasmatore" divino: sembra che il mondo prima non ci sia e che ci sia solo la
materia; si ha l'impressione che ci sia un tempo prima e un tempo dopo. Ma Platone credeva in ciò che diceva? Se si
legge accuratamente il Timeo ci si accorge che Platone ad un certo punto si pone un quesito: che cos'è il tempo? Il
Demiurgo tra le varie cose plasma anche gli astri, il cui movimento regolare si identifica con il tempo. Il tempo viene
definito "immagine mobile dell'eternità": come il mondo sensibile è imitazione di quello intellegibile (il primo mutevole, il
secondo eterno), così il tempo è imitazione dell'eternità. Non a caso il tempo viene identificato con il movimento
circolare: se si vuole rappresentare l'eternità con qualcosa di movimentato, senz'altro ciò che meglio la rappresenta è il
cerchio, il movimento circolare in cui si compie un giro per poi tornare al punto di partenza: infatti il tempo è
caratterizzato dal non essere eternità ma tornare sempre su se stesso. La cosa più simile a ciò che non si muove mai è
quella che torna sempre su stessa, così come la cosa più simile che l'uomo possa fare per eternarsi è il riprodursi
ciclicamente. Dunque il tempo è la plasmazione dell'eternità ideale da parte del Demiurgo. La conseguenza è che non
c'è un tempo prima del mondo perché è solo con la nascita del mondo sensibile che il Demiurgo ha calato nella realtà
sensibile l'imitazione di eternità. Questa è una visione ben diversa da quella cristiana nella quale la divinità in un certo
momento decise di creare il mondo. Va poi ricordato che Platone stesso all'inizio del Timeo dice che si tratta di un mito:
di conseguenza i Cristiani hanno preso per vero qualcosa che Platone stesso dice non essere vero, ma solo
un'immagine che rappresenta la relazione tra mondo intellegibile e materia. Quindi Platone non credeva assolutamente
nella figura del Demiurgo ed il suo vero dio resta il bene in sé. Oltre ad esprimere la relazione tra idee e materia, il mito
del Demiurgo esprime anche il finalismo: Kant direbbe "è come se" il mondo fosse stato elaborato da un artigiano. Il
mondo sensibile è da sempre e per sempre un'immagine temporale del mondo delle idee. Il Demiurgo dunque comincia
a plasmare nella materia (che Platone chiama anche "spazio")e arriva a generare tutta la realtà. Platone dice che la
prima cosa che si crea nello spazio sono 4 solidi geometrici fondamentali: si tratta dei 4 solidi regolari (costituiti da facce
uguali tra di loro). Platone è convinto che si possano ottenere tutti e 4 partendo da un triangolo rettangolo isoscele:
ricombinandolo si possono ottenere vari tipi di figure (se ne creerebbero 5, ma Platone una la scarta). Essi sono il cubo,
l'ottaedro, il tetraedro, l'icosaedro (quello che scarta è il dodecaedro). Questi 4 solidi stanno a rappresentare i 4 elementi
fondamentali di Empedocle (terra, acqua, aria, fuoco), che verranno poi anche ripresi da Aristotele: ognuno dei 4
elementi di Platone è costituito da parti minime (non ulteriormente divisibili) e ciascuno è caratterizzato da una forma:
per Platone la terra è il cubo, che suggerisce l'idea di regolarità, materialità, stabilità e compattezza. Il fuoco, per
esempio, è invece rappresentato dal tetraedro perché, dal momento che brucia, deve essere particolarmente spigoloso
(il tetraedro è il più spigoloso) e la forma stessa della fiamma è simile a quella del tetraedro. Platone ancora una volta
prende spunto dalla filosofia dei suoi precedenti mescolando in questo caso Empedocle a Democrito (che tra le varie
cose riteneva che a stimolare i nostri sensi fossero le determinate forme degli atomi) e ai Pitagorici (Timeo è pitagorico e
le forme degli elementi sono geometriche). Tra l'altro ci possiamo anche riallacciare alla gerarchia dei livelli della realtà:
abbiamo detto (con l'aiuto del grafico) che i numeri erano a metà strada tra mondo sensibile e mondo intellegibile; qui
vengono utilizzati come collegamento tra mondo ideale e materiale. Il Demiurgo plasma quindi l'Universo ed il Sistema
(non è molto chiara la struttura astronomica che attribuisce al Sistema: pare che Platone abbia superato la teoria
geocentrica; non ammette il movimento di rivoluzione, ma sembra ammettere quello di rotazione: è la Terra che gira).
Platone introduce poi il concetto di "anima del mondo": il mondo delle idee abbiamo detto che è movimentato,
intelligente, vitale: il mondo sensibile, nella misura in cui il Demiurgo lo plasma, non può che essere simile a quello
intellegibile: ha un'anima sua. L'Universo è un grande essere vivente permeato interamente da un'anima. Tutto quindi è
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vitale, sebbene in diverse misure». [Diego Fusaro, Il Demiurgo, filosofico.net]
Chi ha inventato i numeri?
L'anima del mondo, questo intermediario tra la divinità e il mondo sensibile che tanta fortuna ha avuto nella filosofia
posteriore, è dunque il primo prodotto dell'attività del demiurgo. Essa risulta composta di tre elementi: il medesimo (o
identico), l'altro (o diverso) e un'essenza intermedia; molto si è discusso circa i primi due elementi (…). A noi pare,
tuttavia, che sia possibile comprendere ciò che Platone ha in mente, se si ricorda quanto egli dice, a proposito di questi
due "generi sommi", nel Sofista: ogni realtà, in quanto "è" se stessa e "non è" le altre (cioè "è" diversa dalle altre),
partecipa tanto dell'identico quanto del diverso, cosicché identico e diverso sono i due principi, i due generi sommi, che
entrano nella determinazione di ogni realtà e nei rapporti di questa con le altre realtà, che spiegano la loro unità e la loro
molteplicità. In questo senso essi non possono non entrare come elementi primi nella costituzione dell'anima del mondo,
date anche le funzioni che questa deve assolvere nella cosmologia platonica.
I numeri, che rappresentano le prime sette parti dell'anima, sono questi: 1, 2, 3, 4, 9, 8, 27: difatti il secondo numero
(2) è il doppio del primo (1), il terzo (3) e una volta e mezza il secondo (2) e tre volte il primo (1), il quarto (4) è doppio
del secondo (2), il quinto (9) è triplo del terzo (3), il sesto (8) è ottuplo del primo (1) e il settimo (27) è ventisette volte
maggiore del primo (1).
I numeri indicati nella nota precedente formano due proporzioni geometriche, che hanno come primo termine
comune l'unità, e la prima (1, 2, 4, 8) è in ragione del doppio, la seconda (1, 3, 9, 27) in ragione del triplo.
Ecco le serie per gli intervalli doppi: 1, ¾, 2, 8/3, 3, 4, 16/3, 6, 8, e per i tripli: 1, 4/3, 3/2, 2, 3, 9/2, 6, 9, 27/2, 18, 27.
Prendiamo per esempio la prima proporzione: 1, 4/3, 3/2, 2. Il medio 4/3 supera l'un estremo (1) di una terzo di esso, e
cioè di 1/3 ed è superato dall'altro estremo (2) di un terzo di esso, e cioè 2/3: insomma, 1, 4/3, 2 formano una
proporzione armonica, e 4/3 è uguale a 1 + 1/3 x 1 ed insieme è uguale a 2 - 1/3 x 2. Invece l'altro medio 3/2 supera l'un
estremo (1) della stessa quantità numerica (1/2), di cui è superato dall'altro estremo (2): perciò questi termini formano
una proporzione aritmetica.
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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