Revisione 00 del 23/01/2011

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Centro di Medicina Comunitaria
Procedura
Comunicazione
di sieropositività all’infezione da HIV
Revisione 00 del 23/01/2011
Redatta da:
Galvan Umberto
Medico
Gruppo Tecnico composto da:
Galvan Umberto
Oliviero Bosco
Medico
Medico
Autorizzata da:
Maurizio Gomma
Direttore F.F. Dipartimento Dipendenze
Bosco Oliviero
Medico Responsabile Centro Medicina Comunitaria
Lista di distribuzione:
Tutto il personale C.M.C.
Data 23.01.2011
U.O. Centro di Medicina Comunitaria
Procedura
Comunicazione di sieropositività all’infezione da HIV
1. OGGETTO e SCOPO.
La presente procedura ha lo scopo di descrivere le strategie di gestione dell’utente che riceve
la diagnosi di infezione da HIV, sia esso paziente al primo accesso alla struttura o soggetto
cha HIV negativo (documentato) siero-converte..
2. CAMPO DI APPLICAZIONE.
La presente procedura si applica agli utenti del Gruppo C ai quali si deve comunicare la diagnosi di
infezione da HIV.
3. RESPONSABILITA’.
Applicazione della procedura
Medico Responsabile Gruppo C
Coordinatore dell’Unità Operativa
Specifiche azioni
Medici
4. DESTINATARI.
Medici e Infermieri Centro di Medicina Comunitaria.
La comunicazione di sieropositività
Il Centro di Medicina Comunitaria prevede modalità specifiche di gestione per questo tipo di evento
identificando nella siero conversione-comunicazione di sieropositività una condizione di massima
fragilità individuale, in particolare per il rischio intrinseco di comportamenti auto-lesivi.
Di conseguenza è fondamentale la valutazione del grado di disagio psichico esistente e della
conseguente necessità di affiancamento dello psichiatra sia nell’immediato che come
programmazione della gestione futura del paziente.
Il paziente chiede di eseguire un test per HIV perché ha in genere la consapevolezza di essersi
esposto ad un rischio di acquisizione, ma la percezione del possibile evento infezione in atto è
spesso solo “teorica”.
Il medico comunica l’esito positivo del test e opera una prima valutazione di bisogni biologici
relativi all’infezione e dello stato psichico attuale del paziente, operando inevitabilmente una
destabilizzazione del paziente perché introduce la nuova variabile “infezione da Hiv in atto”.
La comunicazione di esito positivo va tecnicamente considerata destrutturante.
Bisogna quindi distinguere tra reazioni “normali” (o di livello accettabile, di basso rischio di acting
out) e reazioni patologiche (che inducono allarme e invio immediato allo Psichiatra, anche per
rischio elevato di autosopressione).
Le reazioni psicologiche comuni dei nostri pazienti attorno alla comunicazione di diagnosi di
infezione:
1 Silenzio
2 Controllo emotivo
3 Pianto e disperazione
4 Rassegnazione di fronte ad un evento atteso
Sono reazioni normali al lutto (è la consapevolezza della perdita dello stato di salute e la minaccia
sul futuro), e inizio di un processo di adattamento.
A queste può seguire :
a
un normale processo di elaborazione (con i tempi psichici del paziente),
b
una rottura precoce del processo (disturbo della reazione d’adattamento) con esito in
c
manifestazione ansiose, depressive e slatentizzazione psicotica che possono culminare in
d
comportamenti autosopressivi.
Disturbo dell’adattamento, preesistente anamnesi positiva per disturbo psichico, pensieri di morte
necessitano l’intervento immediato dello specialista Psichiatra.
Fattori influenzanti la reazione psicologica
1. Consapevolezza del rischio di acquisizione
2. Lo stadio clinico di presentazione
3. Significati “simbolici” dell’infezione
4. Meccanismi di difesa utilizzati
5. Lutti HIV correlati
6. Il contesto sociale ed affettivo della persona.
E’ necessario infine percepire il nostro paziente in senso dinamico: la risoluzione attuale
dell’evento adattamento non impedisce la comparsa di elementi di crisi in futuro, anche gravi,
come un inizio drammatico, se ben gestito, può rimanere evento isolato.
E’ buona norma offrire a tutti la possibilità di accesso specialistico allo psichiatra nel tempo.
Il rischio suicidario
Il rischio suicidario va gestito dallo psichiatra con il supporto dell’equipe.
Predittori di rischio suicidario: disturbi affettivi presenti e pregressi, disturbi di personalità,
precedenti TS o comportamenti parasuicidari, disturbi psicotici, abuso di sostanze psicoattive
(anche pregresso), sensi di colpa per i comportamenti che hanno condotto l’infezione, sensi di
colpa per essere fonte di contagio per altri, facilità all’acting out, crollo di meccanismi di difesa
precedentemente attuati, pensieri di morte.
I pensieri di morte (o Fenomeni di morte) come riferimenti al desiderio di morire, espressioni di
angoscia e di paura rispetto alla morte, timore di non poter controllare i propri pensieri, impulsi,
stati d’animo, sono tutti segnali importanti, a patto che il paziente li estrinsechi.
Il suicidio può essere un atto isolato estremo (derivato da una causa più o meno esterna) o un
comportamento suicidario strutturato, in questo caso più profondamente patologico e spesso
mascherato.
Purtroppo più il pensiero suicidario è patologico (nel senso di alterata struttura di personalità o
disturbo grave della sfera affettiva), meno sarà prevedibile e “riparabile” quando messo in atto.
Il vero suicida è più spesso il paziente che passa all’azione senza aver mai confidato i suoi
pensieri di morte.
Se il rischio suicidario è maggiore in soggetti che presentano disturbi psicopatologici, al contempo
tra le persone che contraggono l’HIV è maggiormente prevalente il disturbo psichico rispetto alla
popolazione generale per pari caratteristiche di stratificazione (sesso, età, istruzione, livello
sociale).
I disturbi dell’umore nei nostri pazienti rappresentano la patologia più comune correlata a più
elevato rischio di suicidio.
Il ricovero del paziente con TS in atto risulta essere una modalità risolutiva efficace a patto che si
tratti di parasuicidio. Il suicida vero caratterizzato da rigidità, fissità e pervasività del pensiero
purtroppo riprogrammerà il gesto anche il giorno stesso della dimissione dal reparto.
Risposte di possibile efficacia:
a
b
c
Ascolto terapeutico.
Sostegno psicologico: permettere al paziente di parlare apertamente della propria
ideazione di morte spiegando e interpretando il vissuto.
Sorveglianza sulla crisi.
Mai sottovalutare le minacce autosopressive.
il Laboratorio comunica esito
positivo al test Hiv
medico
Counsellingcomunicazione
esito positivo
no
rifiuto
patologia psichiatrica in atto?
rischio suicidio?
offerta supporto
psicologico
(periodica)
si
Psichiatra
accetta
valutazione
periodica
arruolamento
Protocollo HIV
programmazione
interventi
valutazione
presa in carico
specialistica
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