SCOPRIRE IL CIELO Corso d’introduzione all’astronomia (c) Tiziano Mengotti, 14.7.2001 Programma del corso Prima serata Viaggio nel sistema solare La nostra stella 1.1 il Sole I pianeti 1.2 Mercurio, il deserto di fuoco 1.3 Venere, la “stella” del mattino 1.4 La Terra 1.5 Marte, il pianeta rosso 1.6 Giove, il pianeta gigante 1.7 Saturno e i suoi anelli 1.8 Urano, Nettuno e Plutone, mondi lontani I satelliti la Luna Deimos, una delle lune di Marte Titano, un’altra Terra abitabile? Gli asteroidi La fascia fra Marte e Giove Le comete Da cos’è composta la loro coda? Principi di fisica La prima legge di Newton La legge d’inerzia L’attrito Le 4 forze in natura La forza elettromagnetica La forza nucleare forte e quella debole La forza che muove l’Universo: la forza di gravità Gioco: il sistema solare Seconda serata L’uomo si affaccia sul cosmo 2.1 Uno strano bip bip 2.2 Gli Explorer 2.3 I satelliti artificiali e le sonde 2.4 Un uomo è in orbita attorno alla Terra 2.5 I primi cosmonauti americani 2.6 Appuntamento in orbita 2.7 La prima donna nello spazio 2.8 Le prime passeggiate spaziali Pionieri della nuova frontiera 2.9 Le prime tragedie 2.10 Lo sbarco sulla Luna 2.11 “Houston, we have a problem” 2.12 La prima stazione orbitale 2.13 Alla scoperta del pianeta rosso 2.14 Il razzo Ariane 2.15 Lo Space Shuttle 2.16 Il futuro dell’esplorazione spaziale Gioco: razzo interplanetario Terza serata Viaggio nel profondo spazio 3.1 La nostra galassia La Via Lattea 3.2 Le nebulose I mostri dell’Universo 3.3 L’astronomia invisibile 3.4 Buchi neri 3.5 Burster 3.6 Pulsar 3.7 Quasar Il Big Bang Relatività e telo elastico Gioco: caccia alle costellazioni Impressum PRIMA SERATA VIAGGIO NEL SISTEMA SOLARE 1.1 La nostra Stella: il Sole La stella da cui dipende tutta la vita sulla Terra, è una stella del tutto comune. Ha un diametro di 1'392’000 km ed emette luce gialla. Le si attribuisce un’età di 5 miliardi di anni. Il Sole è composto essenzialmente di idrogeno gassoso (95%), d’elio (5%), di elementi pesanti (2%). Deve la sua immane energia alle reazioni di fusione nucleare di cui è sede il suo nucleo. La sua luce impiega 8 minuti per attraversare i 150 milioni di km che lo separano dalla Terra. La luce della stella subito più vicina impiega ben 4 anni. La superficie del sole o fotosfera, è in continua agitazione: vi si osservano immani colonne di gas caldo che erompono nell’atmosfera e vi si notano delle macchie scure che si spostano man mano che il Sole si muove. Durante le eclissi di Sole, quando la Luna lo copre, è possibile osservare la corona, cioè l’atmosfera solare. Ma gli astronomi possono osservarla in ogni momento grazie al cronografo, un apparecchio che crea artificialmente l’eclissi. 1.2 Mercurio,il deserto di fuoco Mercurio, il pianeta più piccolo se si esclude Plutone, era conosciuto fin dall'antichità, ma purtroppo non e' mai possibile vedere il pianeta in un cielo buio per la sua vicinanza al Sole; Mercurio in pratica non ha atmosfera, ma solo un leggero strato di elio, probabilmente catturato al vento solare per mezzo del campo magnetico; ha un diametro di 4878 Km e dista 58 milioni di Km dal Sole. la sua temperatura nella parte illuminata arriva a 700 gradi, mentre nella parte in ombra e' di -170 gradi. Essendo l'asse di rotazione di Mercurio praticamente perpendicolare al piano orbitale, non vi e' cambiamento di stagioni come sulla Terra. Assomiglia molto alla Luna con i suoi crateri, valli, catene montuose...Molto inospitale e' inadatto qualsiasi forma di vita, e forse per questo non suscita molto interesse. Recentemente alcuni astronomi hanno dichiarato di aver scoperto dell'acqua sul pianeta, essa si troverebbe ai poli all'interno di alcuni crateri dove il Sole non arriva mai a scaldare il terreno. 1.3 Venere, la “stella” del mattino Venere si trova a 108 milioni di km dal Sole, ha un diametro di 12100 km, una temperatura di 480 gradi al suolo con una pressione di 90 atm. Il pianeta e' ricoperto da una densa atmosfera che riflette la luce del Sole ed impedisce di vederne la superficie. La composizione delle nubi di Venere provoca un effetto serra, essendo presente in grande quantità anidride carbonica ed acido solforico. A causa di queste condizioni ambientali proibitive ci si e' dovuti ricredere sulla possibilità di esistenza di vita sul pianeta che sembrava il gemello della Terra. Le prime sonde che tentarono di attraversare la spessa coltre di nubi ebbero vita breve, venendo immediatamente distrutte per l'alta temperatura, l'enorme pressione, e l'acido solforico. Le prime foto del suolo di Venere vennero scattate dalle sonde Venere 9 e Venere 10, che ripresero delle rocce probabilmente laviche. Le successive Venere 13 e 14, sovietiche, atterrarono nel 1982 sul pianeta riuscendo a riprenderne la superficie: il Sole riusciva a filtrare attraverso le nubi dando al cielo un colore arancione. Lo scenario che e' stato dipinto dalle varie sonde e' veramente apocalittico, piogge di acido solforico caldo, nubi roventi che si spostano a 400 km/h, laghi di zolfo, fulmini continui, il tutto in una atmosfera composta al 97% di anidride carbonica e per il resto di azoto ed ossidi di carbonio. 1.4 La Terra La Terra è il tuo pianeta, dove sono appoggiati i tuoi piedi. Se vuoi vedere il paesaggio, guarda dalla finestra! Purtroppo i tempi brevi del corso non ci permettono di analizzare troppo dettagliatamente il tema. 1.5 Marte, il pianeta rosso Marte, il pianeta rosso, e' quello che maggiormente ha colpito la fantasia degli uomini che hanno creduto di vedere un mondo abitato da un'altra civiltà. Il pianeta dista dal Sole 1,5 U.A., ha un diametro di 6787 Km, ed una temperatura media di -23 gradi. Le prime osservazioni al telescopio mostrarono zone chiare e zone scure che permisero di determinare il periodo di rotazione, circa 24 ore, furono inoltre notate anche le calotte polari, che variavano di dimensioni con cicli stagionali. Dal 1700 i disegni di Marte si avvicinano a quelli più recenti; all'inizio del 1800 la descrizione che gli astronomi davano di Marte era la seguente: un pianeta caratterizzato da oceani e laghi, territori aridi di colore rossiccio, nubi, ghiacci ai poli ed il giorno di 24 ore, in breve, un'altra Terra. Prese quindi piede la convinzione che su Marte vi fosse vita, per cui ad alcune tracce scure sulla superficie venne dato il nome di canali che si supponeva portassero l'acqua per l'irrigazione. Tutte queste conformazioni visibili al telescopio non mostravano la vera natura della superficie del pianeta, che si rivelò solo con le missioni spaziali, iniziate dal 1965: le sonde Mariner mostrarono delle zone simili alla Luna, con crateri di impatto, ma dimostrarono anche che la superficie subì fenomeni evolutivi di ordine tettonico e vulcanico, ed anche erosione da parte di vento e fluidi. Nel 1975 vennero lanciate le sonde Viking 1 e 2, che permisero la conoscenza dei particolari del pianeta. Le immagini del Viking 1 mostrarono delle zone desertiche simili a quelle terrestri, cosparse di rocce, con evidenti segni di erosione da parte del vento, polvere di colore rossastro e' depositata ovunque. L'escursione termica in superficie provoca la spaccatura delle piccole rocce, la temperatura va da -31 a -86. I Viking hanno inoltre evidenziato la presenza di una leggera atmosfera che provoca una pressione di circa un centesimo di quella terrestre ed e' composta principalmente da anidride carbonica. Le sonde che sono atterrate sul pianeta hanno effettuato una analisi del terreno che e' risultato pressoché uguale in entrambe le regioni: il suolo sembra di natura vulcanica con un elevato contenuto di ferro, infatti la colorazione rossastra del terreno e' data dalla presenza di FE2O3, ossido di ferro. Un'altra scoperta del Viking sono stati dei solchi che ricordano dei letti fluviali prosciugati, ma ancora adesso non si sa per certo se un tempo su Marte, l'acqua scorresse in fiumi e canali. Il telescopio spaziale ha controllato Marte negli ultimi 4 anni, ed ha permesso ai planetologi di notare un raffreddamento del pianeta e l'atmosfera diventare più chiara e secca. Il telescopio spaziale raggiunge une definizione paragonabile a quella dei satelliti meteorologici, ed e' riuscito a vedere lo spostamento di nuvole di cristalli di ghiaccio tra i due poli del pianeta. Marte ha due satelliti, Phobos e Deimos. 1.6 Giove, il pianeta gigante Giove, il pianeta più grande del sistema solare, addirittura più grande di tutti gli altri pianeti e satelliti messi assieme, con un complesso sistema di satelliti che sembra essere un sistema solare in miniatura. Dopo Venere e’ l’oggetto più luminoso del cielo, ma mentre Venere e’ visibile solo al mattino o alla sera, Giove può essere osservato per tutta notte. Ha un volume 1318 volte quello terrestre, e dista 5 U.A; la sua velocità di rotazione e’ la più elevata di tutti i pianeti, 10 ore, ciò determina uno schiacciamento ai poli apprezzabile anche nelle foto. Nel 1610, quando Galileo puntò il suo telescopio vide immediatamente 4 corpi che cambiando posizione ogni notte ruotavano attorno al pianeta: questi 4 satelliti presero il nome di Galileiani e sono visibili anche con un semplice binocoli; i loro nomi sono: Io, Europa, Ganimede, Callisto. Al telescopio Giove appare come un disco su cui spiccano delle formazioni nuvolose che creano delle bande o fasce chiare e scure alternate, parallele all’equatore. Un altro segno particolare del pianeta e’ la grande macchia rossa, un enorme vortice, più grande della Terra, in continua evoluzione Nel 1977 vennero lanciate le sonde Voyager 1 e 2, che dovevano esplorare i pianeti giganti, oltre a Marte, e all’inizio del 79 cominciarono le prime riprese a breve distanza di Giove: le sonde scoprirono anche la presenza di un anello che circonda il pianeta, molto tenue, tanto da non essere visibile da Terra. Probabilmente l’anello e’ formato da polvere finissima, del tipo che c’e’ all’interno di una stanza, proveniente dai vulcani ancora attivi del satellite Io. Le immagini del Voyager rivelano un pianeta con una atmosfera in continuo movimento, filamenti, vortici, pennacchi si susseguono e si modificano continuamente. Sebbene i passaggi dei due Voyager siano avvenuti a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, si sono potute notare variazioni delle formazioni nuvolose. Anche la grande macchia rossa e’ in continuo movimento: il gas, al suo interno, compie un giro completo ogni 6 giorni. 1.7 Saturno e i suoi anelli Nel 1510 Galileo osservò questo pianeta gigante di composizione gassosa, ma per la scarsa risoluzione del suo telescopio e i difetto ottici delle lenti non riuscì a capire che Saturno era circondato da anelli, pensò che fosse un pianeta triplo. Visto da Terra Saturno non mostra molti particolari, anche se colpisce per la presenza dei famosi anelli..... Con le missioni del Voyager si e; potuto conoscere molto meglio il sistema di Saturno, formato dal pianeta stesso, 15 satelliti e migliaia di anelli che gli ruotano intorno. Saturno e’ composto da idrogeno ed elio, e si sono trovate notevoli quantità di metano ed ammoniaca. Il periodo di rotazione e’ notevolmente diverso tra equatore e poli, quindi le nubi si trovano in fasce parallele all’equatore con colorazione diversa, in cui sono presenti delle macchie bianche che svaniscono in qualche settimana. La temperatura del pianeta e’ di -170 gradi, mentre quella degli anelli di -200 gradi: questo indica che Saturno emette dell’energia dal suo interno, altrimenti le temperature sarebbero ancora più basse. Le formazioni nuvolose ricordano quelle di Giove, ma le turbolenze sono meno violente. Gli anelli sono uno degli spettacoli più affascinanti e si possano osservare anche con un piccolo telescopio, anche se le spettacolari immagini prodotte dal Voyager li hanno fatti conoscere molto meglio: come supposto sono formati da particelle di piccole dimensioni e ghiaccio in rotazione attorno al pianeta. Quello che non si prevedeva era la quantità di questi anelli, che sembrano formare un microsolco. Ulteriore scoperta delle sonde è stata la presenza di piccoli satelliti che sembrano essere i responsabili degli spazi vuoti tra un anello e l’altro. 1.8 Urano, Nettuno e Plutone, mondi lontani Al di là di Saturno, che era già noto agli Antichi, gli astronomi hanno scoperto tre altri pianeti. Sono rispettivamente Urano, Nettuno e Plutone. Attraverso un potente telescopio, Urano ci appare come un disco verdastro, segnato da due fasce equatoriali. Nel 1977 si è trovato che anche Urano possiede un sistema di anelli, ma è impossibile osservarli dalla Terra. Urano e Nettuno sono pianeti gassosi, di configurazione simile a quella di Giove e Saturno. Entrambi sono provvisti di atmosfere composte di idrogeno e di metano; entrambi sono pianeti freddissimi (-200° C su Urano, -220° C su Nettuno). Il minuscolo Plutone è così lontano, che intorno a esso si sa ben poco. Gli astronomi classificano Plutone tra i pianeti “terrestri” e suppongono sia ricoperto di metano ghiacciato (-225° C), ciò che aumenterebbe notevolmente il suo potere riflettente e lascerebbe supporre che è forse ancora più piccolo di quanto non sembri: forse più piccolo persino di Mercurio. SECONDA SERATA L’UOMO SI AFFACCIA SUL COSMO (storia dell’esplorazione spaziale) 2.1 Uno strano bip bip Mentre negli Stati Uniti gli esperimenti proseguivano a rilento, i russi correvano. Il 4 ottobre 1957, si udì per la prima volta nella storia uno strano bip bip nel cielo. L'Unione Sovietica pose infatti in orbita intorno alla Terra un satellite denominato Sputnik. Esso compiva una rivoluzione completa ogni novanta minuti e trasmetteva una serie di segnali radio in codice, chiaramente udibili con gli apparecchi radio, mentre solcava velocemente il cielo. È la prima avventura della storia nel mondo dello spazio. Lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale della Terra, era una sfera di alluminio di 58 cm di diametro, pesava 83,6 kg, e conteneva una strumentazione capace di misurare la densità e la temperatura lungo la sua orbita, che variava tra i 227 e i 941 chilometri. Il satellite era stato lanciato con un razzo SS-6 preparato dal genio russo dei missili, il dottor Sergej Korolev. Il 3 novembre dello stesso anno la Russia mise in orbita lo Sputnik 2. Il carico utile di 508 chilogrammi comprendeva la cagnetta Laika, primo essere terrestre nello spazio, e una ricca strumentazione. Purtroppo durante il rientro nell'atmosfera Laika moriva per mancanza di ossigeno. 2.2 Gli Explorer Il 31 gennaio 1958 i motori dello Juno entravano in azione tuonando, un ansito formidabile mentre il razzo a più stadi si sollevava nell'aria portando in orbita l'Explorer 1, la risposta americana agli Sputnik. Questo avvenimento segnò l'entrata della nazione nella Grande Corsa. Il satellite americano non rivaleggiava in dimensioni e peso con gli Sputnik. Pesava 4.8 kg, aveva un diametro di 15 cm ed era lungo meno di un metro. In compenso conteneva una strumentazione che permise di scoprire il fascio di radiazioni che circonda la Terra. Queste radiazioni vennero chiamate Fasce di Van Allen, dal nome del fisico che aveva progettato i contatori a bordo del satellite. L'Explorer 1 è stato il primo di una lunga famiglia di satelliti lanciati dagli americani. 2.3 I satelliti e le sonde Tra il '59 e il '60 da Cape Canaveral partono dieci tra satelliti terrestri e sonde spaziali. Si incomincia infatti a distinguere tra i primi, che sono destinati a girare in orbita al nostro pianeta, e le seconde, lanciate per esplorare gli spazi più lontani: la Luna (che sembra ancora così remota), gli altri pianeti, il Sole. Ecco allora, tra i satelliti, l'Explorer 6 che invia dallo spazio le prime immagini televisive della Terra, il Tiros 1 che fotografa le formazioni nuvolose, primo dei satelliti meteorologici, il Transit 1 capostipite dei satelliti per il controllo della navigazione aerea e marittima, l'Echo 1 ripetitore radio. Aggiungiamo a questi esempi, infine, il Midas 2, un satellite in grado di scoprire le scie dei missili. Con esso fanno la prima esplicita apparizione gli scopi militari a cui le ricerche spaziali possono purtroppo egregiamente prestarsi. Tra le sonde val la pena citare soltanto la Pioneer 4 che, dopo essere passata a 60 mila chilometri dalla Luna, finì in orbita intorno al Sole. In Unione Sovietica, dove la nascente astronautica restava totalmente nelle mani dei militari, si puntava invece su due obiettivi principali: raggiungere la Luna con degli strumenti e mettere in orbita un uomo. All'inizio del '59 la sonda sovietica Lunik 1 aveva quasi sfiorato la Luna, passando a sei mila chilometri. In settembre, però, Lunik 2 fece centro e dopo 35 ore di volo si schiantò sul suolo lunare. L'uomo poteva dire di aver "toccato" per la prima volta un corpo celeste diverso dalla Terra. Fu una notizia emozionante. Ma prima che finissero i commenti Lunik 3 raggiunse a sua volta la Luna: invece di cadervi sopra, la sorvolò scattando fotografie. E si vide finalmente la faccia lunare che ci era sempre stata nascosta. Queste imprese spettacolari diedero la misura della superiorità sovietica rispetto agli americani. 2.4 Un uomo è in orbita attorno alla Terra Il maggiore Yuri Aleksjevich Gagarin ha saputo di essere stato prescelto soltanto quel mattino del 12 aprile 1961 al momento della sveglia. Alla partenza del missile Vostok 1 di quattro tonnellate, chiuso con la sua tuta nel ristretto spazio della capsula, è stato frastornato dalle vibrazioni e dal rumore. Una volta in orbita ha sofferto di nausea e vertigini. Ora è occupato a svolgere i compiti tecnici che gli hanno assegnato ed a lanciare continue occhiate dagli oblò. Dalla base continuano a chiedergli cosa vede. Le sue risposte sono concise: - Il cielo è nero, la Terra è azzurra Nessuno ha visto la Terra così in alto: Gagarin sorvola oceani e continenti tra i 181 e i 327 chilometri di altezza. La sua missione dura un’ora e 48 minuti. Dopo un'orbita quasi completa, Vostok 1 inizia la fase di discesa. A poche centinaia di metri dal suolo Gagarin viene espulso all'esterno con il suo seggiolino. Apre il paracadute e tocca il suolo in un campo di patate. Un elicottero lo preleva e lo porta verso una lunga serie di feste e di onori. 2.5 I primi cosmonauti americani Meno di 4 settimane dopo il volo di Gagarin, Alan B. Shepard diventa il primo astronauta americano. Si alza all'altezza di 186 chilometri con la capsula Mercury 3. Il 21 luglio, il maggiore Virgil I. Grissom, con Mercury 4, ripete il volo di Shepard, ma rischia di annegare dopo l'ammaraggio (il tuffo della capsula in mare) quando la sua Mercury affonda in seguito alla difettosa apertura del portello d'uscita. Il 20 febbraio 1962 gli Stati Uniti mettono in orbita il colonnello John Glenn nella Mercury 6. Il vettore è un Atlas. Glenn compie tre orbite intorno alla Terra. 2.6 Appuntamento in orbita! Siamo sempre nel 1962: in agosto partono, ad un giorno di distanza l'una dall'altra, due Vostok, la 3 e la 4. La Vostok 4 si pone nella stessa orbita della 3 e le si avvicina fino a pochi chilometri. Ciascuno dei due astronauti può vedere la capsula dell'altro, comunicano tra loro e poi atterrano a 6 minuti di distanza dopo aver percorso rispettivamente 64 e 48 orbite. 2.7 La prima donna nello spazio All'inizio del '63 parte dalla Russia un'altra coppia di Vostok con lo stesso programma di avvicinamento in orbita e di ritorno congiunto. Ma questa volta il nome dell' astronauta che occupa la seconda navicella è destinato a suscitare scalpore, perché è quello di una donna: Valentina V. Tereshkova, di 26 anni. La sua missione a bordo della Vostok 6 dura 70 ore. Prima, e destinata a restare unica fino al 1982, quando l'elenco degli astronauti registrerà un'altra sovietica. 2.8 Le prime passeggiate spaziali 18 marzo 1965 Per la prima volta è lanciato in orbita un uomo che esce dalla capsula e cammina nello spazio. È Alexej Leonov, che esce dalla Voskod 2 e rimane in volo libero alla velocità di 28 mila chilometri all'ora. I russi dimostrano nuovamente la loro superiorità. 3 giugno 1965 È la volta del primo americano a passeggiare nello spazio: Edward White che esce dalla Gemini 4 e rimane nello spazio 21 minuti, collaudando una pistola a reazione che gli permette di spostarsi nel vuoto. 3 giugno 1966 Durante la missione della capsula americana Gemini 9, Eugene Cernan rimane nel vuoto 72 minuti. Lo sforzo ed un difetto della tuta gli provocano una grave alterazione al cuore. PIONIERI DELLA NUOVA FRONTIERA 2.9 Le prime tragedie Erano uomini coraggiosi, i primi che si lanciavano nello spazio nei fragili gusci spinti dai possenti razzi. Alcuni pagarono con la vita. Il 27 gennaio 1967 l'equipaggio di quella che avrebbe dovuto essere la prima missione Apollo con astronauti a bordo, perì in un incendio scoppiato all'interno della navicella. Virgil Grissom, Edward White e Roger Chaffee furono i primi americani a morire in un veicolo spaziale. Stavano seduti dentro l'Apollo, in cima al suo vettore Saturno 1B. Improvvisamente scoppiò un incendio, forse per un cortocircuito elettrico. In 15 secondi i tre uomini erano morti e il fuoco spento. Al tragico esito contribuì anche il fatto che l'apertura dell'unico sportello d'accesso richiedeva circa 90 secondi. Il 1967 si aprì con una tragedia anche per i sovietici. Il 23 aprile il colonnello Vladimir M. Komarov fu lanciato da Baikonur nella prima astronave Sojuz con uomini a bordo. Il lancio fu perfetto e così pure la missione. Dopo 18 orbite intorno alla Terra, Komarov iniziò ad orientare la navicella per il rientro e accese il retrorazzo. Che cosa accadde dopo, probabilmente non si saprà mai. La Sojuz si trasformò in una stella cadente e si schiantò a terra alla velocità di 644 chilometri all'ora. Proprio prima di entrare nella navicella dove sarebbe morto, Grissom aveva detto: - Se moriremo, vogliamo che la gente lo accetti... Per la conquista dello spazio vale la pena di correre il rischio. – - Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l'umanità N. Armstrong 2.10 Lo sbarco sulla Luna È il 16 luglio 1969. Saturno V, il più potente razzo mai costruito, si staglia coi suoi 110 metri di altezza contro l'orizzonte. Di colpo, il mostro si sveglia. Gli astronauti sono scaraventati a destra e a sinistra contro le cinghia che li legano. Il missile sale ad una velocità folle... 10844.5 metri al secondo. Distanza dall'obiettivo: 384 000 chilometri. Michael Collins, Edwin "Buzz" Aldrin e Neil Armstrong si trovano nella navicella di comando (battezzata Columbia) della missione Apollo 11. Scopo della missione è di portare i primi uomini sulla Luna. Saldamente attaccato al Columbia c'è il Lem (Lunar Excursion Module o "Bug", Insetto). Il Lem è una specie di ragno di metallo destinato a posarsi sul suolo lunare con due astronauti a bordo. La tattica scelta dagli americani per arrivare sulla Luna è semplice. Saturno V immette in orbita intorno alla Luna la navicella di comando con il Lem. Due astronauti passano nel Lem che si stacca dalla navicella. La navicella continua a ruotare intorno alla Luna con il terzo astronauta ai comandi. Compiuta la missione sul suolo lunare il Lem riparte e si riaggancia alla navicella di comando che accende i suoi motori e ritorna sulla Terra. Naturalmente tutto deve funzionare come un perfetto meccanismo ad orologeria. Ecco come Michael Collins ricorda la sua missione: - Usciti dal cono d'ombra della Terra ci troviamo nella luce accecante di un giorno continuo. In un certo senso c'è anche una continua oscurità: tutto dipende dalla direzione in cui uno guarda. Volgendo gli occhi verso il Sole, non si vede altro che il suo disco abbagliante: al di sotto di esso, non c'è che un vuoto nero. Le stelle sono lì, ma non si vedono. Se rimanessimo in una posizione fissa, il lato del modulo di comando rivolto al Sole diventerebbe troppo caldo, e quello rivolto all'ombra troppo freddo. Per impedire che ciò avvenga, dobbiamo ruotare su noi stessi. La Terra si è rimpicciolita notevolmente. Ma la sua piccolezza è compensata dalla luminosità. Noi esseri umani siamo abituati a guardare la Luna e a pensare che sia molto luminosa: la Terra lo è quattro volte di più... Il quarto giorno le sensazioni sono diverse. Il primo shock lo abbiamo quando il modulo ruota per portare la Luna nel nostro angolo visivo. Il satellite è smisurato, e riempie completamente i nostri oblò. La sua rotondità sporge verso di noi in modo così pronunciato che mi pare quasi di poter allungare un braccio e toccarla. Fredda, magnifica, se ne sta lì minacciosamente sospesa, come una temibile immota e silenziosa presenza che voglia dissuaderci dall'invadere il suo regno... Mentre procediamo intorno al lato sinistro della Luna, penso con meraviglia alla precisione della nostra traiettoria. Abbiamo evitato di colpire il nostro satellite per soli 555 chilometri, a una distanza di ben 463000 chilometri dalla Terra, né va dimenticato che la Luna è un bersaglio mobile. Quando l'altro giorno siamo stati lanciati, la Luna era a oltre 370000 chilometri dal punto in cui si trova ora, e tuttavia quei grandi computer di Houston hanno emesso le loro superesatte previsioni senza batter ciglio. Neil e Buzz, a bordo del Lem stanno scendendo, e sotto di me diventano sempre più piccoli.Il portello del modulo si aprì. Una sagoma che indossava l'ingombrante tuta bianca discese adagio, voltando le spalle, la breve scaletta e sondò, cauto, con un piede. Poi con decisione, l'uomo abbandonò la sicurezza della scaletta a pioli e discese, tranquillo, sulla Luna. E quasi subito la radio, così incredibilmente lontana, trasmise la voce di Armstrong che pronunciò le parole che aprono il foglio precedente: -That's one small step for man, one giant leap for mankindIl passo a cui Armstrong faceva riferimento era il breve spazio fra la scaletta e il suolo lunare che egli dovette superare con un sol balzo. In quel balzo c'erano milioni di ore di lavoro e di ricerca, miliardi e miliardi di dollari e la passione e il sacrificio di migliaia di uomini. 2.11 Apollo 13: “Houston, we have a problem” L'interesse per le missioni Apollo stava scemando in America. Oramai la sfida era vinta e molti si interrogavano sul senso di questo genere di missione così dispendioso. Basta un messaggio di 5 parole, "Houston, we have a problem", trasmessa dal comandante di Apollo 13 James Lowell a risvegliare l'attenzione del mondo. A 200'000 chilometri di distanza, nel bel mezzo del viaggio Terra-Luna, un serbatoio di ossigeno esplode. La traiettoria del missile non viene modificata, ma la capsula comincia a girare pericolosamente. Come se non bastasse anche l'altro serbatoio di ossigeno (in una navicella tutti i sistemi sono doppi) si rompe. Per non morire asfissiati, James Lowell, Jack Swiegert e Fred Haise si trasferiscono nel modulo lunare, che prevede però il sostentamento di due sole persone. Intanto la base a terra, situata a Houston, lavora freneticamente per trovare una via d'uscita. Le missioni della NASA sono calcolate sul millesimo di millimetro e di solito sono previsti anche tutti gli inconvenienti. Ma questa volta, l'interminabile serie di incidenti ha colto di sorpresa tutta l'agenzia. L'astronauta che doveva far parte della missione, rimasto a Terra per una diagnosi di morbillo (del resto sbagliata anche quella) lavora giorno e notte al simulatore per ridurre al minimo le manovre e il consumo di energia dell'astronave. Le lunghissime checklist sono saltate a pié pari. Grazie a calcoli complicatissimi e in parte ad idee geniali, come un filtro di anidride carbonica preparato da un team di esperti con materiale reperibile sulla navicella riescono ad evitare il disastro. I tre astronauti ritornano sani e salvi sul pianeta blu, festeggiati come eroi. Il loro sangue freddo, il lavoro ed il genio dell'équipe a terra avevano sconfitto definitivamente la sfortuna che li perseguitava. 2.12 La stazione orbitale Salyut Per consentire agli astronauti di vivere nello spazio per parecchi mesi svolgendo i compiti loro affidati è necessario disporre di capsule sempre più grandi. Nasce così, nel 1971, la prima stazione orbitale, la sovietica Salyut: è composta da quattro sezioni cilindriche pesanti una ventina di tonnellate e con un volume abitabile di 100 metri cubi (equivalente ad un appartamento di 40 metri quadrati). A bordo della Salyut 6, nel 1979, gli astronauti Valery Ryumin e Vladimir Lyakhov effettuano una missione spaziale che dura 6 mesi. Grazie alle navicelle automatiche Progress, i sovietici mettono a punto anche la tecnica di rifornimento nello spazio. È il primo passo verso la realizzazione di città spaziali. 2.13 Alla scoperta del pianeta rosso La prima sonda spaziale Viking atterra su Marte il 20 luglio 1976, la seconda arriva sei settimane dopo, posandosi dolcemente a 3000 km di distanza dalla prima. Entrambe le sonde americane sono costituite da due componenti separabili: il modulo orbitante, che si dispone in orbita intorno al pianeta e funge da osservatorio e il modulo di atterraggio, che scende con paracadute e retrorazzi sulla superficie. Dai messaggi inviati dalle sonde si ricava che l'atmosfera marziana è irrespirabile per l'uomo (è composta infatti dal 95% di anidride carbonica). La temperatura è assai bassa, il massimo rilevato è di 30 gradi sotto zero. La sonda ha prelevato un campione di roccia marziana e ha svolto alcuni esperimenti con la speranza di rilevare forme di vita primordiali, come i batteri. Gli esperimenti hanno però dato esito negativo: il pianeta rosso si rivela quindi un deserto brullo e inospitale, senza traccia di esseri viventi. Poveri marziani! 2.14 Il razzo Ariane All'inizio degli anni Sessanta, per non rimanere completamente esclusi dall'esplorazione e dallo sfruttamento dello spazio, dieci Paesi dell' Europa occidentale (tra cui la Svizzera) decidono di costruire insieme un sistema spaziale. Ma il primo progetto Europa, sperimentato a partire dal 1964, dopo dieci insuccessi viene abbandonato. Nel 1973, l'Agenzia Spaziale Europea affida alla Francia la costruzione di un altro razzo, l'Ariane, mentre gli altri Paesi si dedicano alla costruzione di una capsula. Dopo due tentativi falliti, nel 1981 l'Ariane viene lanciato con successo nel cielo della Guyana: misura 47 m d'altezza e pesa circa 200 t; può mettere in orbita bassa un carico di 4 t, oppure posizionare un carico di una tonnellata in orbita geostazionaria, a 36'000 km d'altezza. 2.15 Lo Space Shuttle In tutta la prima fase della navigazione spaziale, i razzi vettori, dopo che hanno messo in orbita il satellite, precipitano senza alcuna possibilità di essere ricuperati. Per evitare questo enorme spreco, gli americani costruiscono lo space shuttle, che decolla come un razzo, percorre lo spazio come un'astronave e ritorna sulla Terra atterrando come un aereo. La prima navetta spaziale, la "Columbia", viene lanciata il 12 aprile 1981, pilotata dagli astronauti Young e Crippen: ruota intorno alla Terra per due giorni, quindi atterra perfettamente su una pista della California, pronta, dopo la necessaria messa a punto, per un nuovo viaggio nello spazio. La navetta è stata ed è il perno delle attività spaziali degli anni ottanta e novanta. Essa ha permesso lo svolgersi di interessantissimi esperimenti come: - il telescopio Hubble, l'occhio di falco della comunità scientifica, che permette osservazioni nello spazio senza i disturbi di rifrazione e di assorbimento dell'atmosfera terrestre. - il satellite al guinzaglio Tethered, che sfruttando un principio fisico, doveva produrre corrente. Il filo si è pero spezzato, mandando all'aria centinaia di milioni di franchi. - esperimenti sui materiali e altre applicazioni militari, ovviamente tenute segrete Impossibile dimenticare la tragedia del Challenger del 1986 che bloccò per alcuni anni tutto il programma americano. Dopo 36 secondi dal lancio, il Challenger si polverizzò letteralmente con tutto il suo equipaggio. Una valvola dei serbatoi del carburante aveva ceduto, come venne in seguito stabilito. 2.16 Il futuro dell'esplorazione spaziale Il periodo di crisi dell'economia mondiale rallenta la conquista e impone tagli ai bilanci di tutte le agenzie spaziali. In particolar modo la Russia, che possiede sempre ancora un settore spaziale di prim'ordine, dovrà ridimensionare i suoi progetti. Gli esperimenti interessanti continuano comunque, soprattutto quelli senza equipaggio umano. Ad esempio, il telescopio Hubble, che dopo molti problemi al sistema ottico funziona e ci spedisce costantemente nuove favolose immagini di galassie ai confini dell'Universo, non offuscate dall'atmosfera terrestre. Oppure il satellite al guinzaglio Tethered, posto nello spazio per la seconda volta nel febbraio 1996 dall'equipaggio dello Space Shuttle (fra cui lo svizzero Nicollier) che doveva produrre corrente sfruttando un fenomeno fisico, sfortunatamente proiettato nello spazio a causa dell'inspiegabile rottura del filo. Le sonde Voyager e Giotto si sono incontrate con corpi celesti distanti milioni di chilometri e li hanno fotografati. Una sonda kamikaze scagliata contro il sole ci ha fornito prima di distruggersi dati importanti sui venti solari. L'attività spaziale si concentrerà probabilmente sulla messa in orbita di satelliti commerciali per creare una rete mondiale di telecomunicazioni. Internet e il nuovo formato digitale TV chiedono questa rete a gran voce. L'esplorazione del Sistema solare continuerà solamente con sonde telecomandate perché i costi di un viaggio umano sono troppo alti. Il progetto per uno sbarco umano sul pianeta rosso, previsto per il 2010, verrà abbandonato per dare priorità ad altre missioni. Attualmente sono in cantiere due grandi progetti: la costruzione di una gigantesca stazione spaziale, Alfa, grazie ad una collaborazione veramente internazionale: Americani, Europei, Russi e Giapponesi collaboreranno tutti. L'altro progetto è la ripetizione del progetto Viking: un robot atterrerà di nuovo su Marte alla ricerca della vita. E come non dimenticare la stazione orbitale Mir, recentemente polverizzatasi nell’atmosfera. L’esperienza russa è ora preziosa (2001) per la costruzione della nuova stazione spaziale internazionale Alpha! La stazione spaziale Mir sospesa nello spazio, prima della sua distruzione nel 2001 L'esplorazione dello spazio profondo con i telescopi (su tutte le frequenze dello spettro) continuerà freneticamente. Il progetto SETI (ricerca di messaggi trasmessi da altre civiltà nello spazio) è stato drasticamente ridotto, perché le speranze di trovare un interlocutore spaziale sono bassissime. Le astronavi si diffonderanno nello spazio solamente se verranno trovati sistemi di propulsione più funzionali e se avranno uno scopo commerciale (sfruttamento della fascia degli asteroidi, collegamento con stazioni orbitanti distanti o con colonie su Marte). La barriera più grande, l'impossibilità di raggiungerer la velocità della luce, ci impedirà però di intraprendere viaggi più lunghi e di raggiungere le altre stelle. Forse alcune imprecisioni nella Teoria della Relatività di Einstein o i buchi neri ci riserveranno altre sorprese. Se così fosse, si potrà abbattere anche questa barriera invalicabile, l'ostacolo che ci separa dall'Ultima Frontiera e dalle stelle. TERZA SERATA VIAGGIO NEL PROFONDO SPAZIO 3.1 La nostra galassia, la Via Lattea Quando si osserva il cielo in una notte senza luna, si distingue una debole fascia luminosa che lo attraversa: è la Via Lattea. Osservata con un cannocchiale o un telescopio, essa appare formata da una miriade di astri. Questa fascia di stelle corrisponde a una sezione trasversale della nostra galassia, cioè del sistema solare. La Via Lattea ha la forma all’incirca di un disco affusolato con una protuberanza centrale, così da assomigliare a due uova al tegame strettamente accostate l’una sopra l’altra. Il centro della nostra galassia si trova in direzione del Sagittario ed è proprio nella regione di questo segno zodiacale che la Via Lattea appare maggiormente luminosa. La nostra galassia conta all’incirca 100 milioni di stelle non uniformemente distribuite, ma raggruppate in due “bracci” che ruotano a spirale attorno al centro. L’universo comprende molte altre galassie a spirale come la Via Lattea. Le nebulose galattiche (e la materia interstellare in genere) sono concentrate nel piano del disco stellare. Gli ammassi globulari, invece, sono distribuiti in un’enorme sfera che circonda il disco e in particolare il rigonfiamento centrale o nucleo. Gli ammassi globulari conducono un’esistenza indipendente, sfuggendo al moto rotatorio generale della Galassia, e orbitano separatamente attorno al nucleo galattico. Le altre stelle ruotano invece nel piano del disco, formando una figura simile alla girandola dei fuochi d’artificio; e più sono vicine al centro della Galassia e più velocemente ruotano. Al Sole necessitano 225 milioni di anni per compiere una rivoluzione completa; a questo spazio di tempo si dà il nome di anno cosmico. 3.2 Le nebulose Molti ammassi stellari sono visibili come macchie “brumose”, perciò i primi astronomi li hanno chiamati nebulare, cioè nubi. Ma certe macchie brumose nel cielo sono veramente nubi di gas incandescenti. La più facilmente individuabile è la Nebulosa di Orione, visibile ad occhio nudo sotto la “cintura” di Orione. Molte altre sono visibili con un buon cannocchiale o con un telescopio poco potente. Le “nubi” che formano una nebulosa sono costituite di gas e di polvere. Il gas è principalmente idrogeno e la polvere è formata da minuscole particelle di grafite (carbonio). Le nebulose sono dunque concentrazioni di materia interstellare. Considerata nel suo insieme, la materia interstellare costituisce oltre un quinto della massa globale di una galassia. La gran parte delle principali nebulose sono del tipo detto a emissione: esse assorbono l’energia delle stelle che racchiudono ed emettono raggi luminosi di lunghezza d’onda tipica. Altre nebulose invece riflettono semplicemente la luce delle stelle vicine; sono le cosiddette nebulose a riflessione, meno luminose. Altre invece, per la forma che le fa assomigliare a pianeti, sono dette planetarie. In realtà il disco è formato da una nube gassosa in espansione, risultante dall’esplosione di una stella centrale. Le nebulose oscure non sono illuminate da alcuna stella, ma mascherano le stelle situate dietro ad esse. La Via Lattea presenta perciò molte zone oscure lungo la fascia delle stelle, ad esempio la famosa “Testa di Cavallo” in Orione, è una nebulosa oscura. La nebulosa del Granchio, ciò che rimane della stella esplosa nel 1054 dopo Cristo. L’esplosione era tanto luminosa, da apparire come una stella visibile durante il giorno. I MOSTRI DELL’UNIVERSO 3.3 L’astronomia invisibile Le stelle non emettono soltanto raggi luminosi visibili, ma anche altre radiazioni dello spettro elettromagnetico con lunghezze d’onda molto diverse: raggi gamma, raggi X, raggi ultravioletti, raggi infrarossi e infine radiazioni di lunghezza d’onda ancora maggiore, le onde radio. Per ogni specifica lunghezza d’onda, le quantità di radiazioni emesse variano da una fonte all’altra. Si è chiamato astronomia invisibile lo studio dei corpi celesti secondo bande di lunghezza d’onda diverse da quelle visibili. Per l’astronomia invisibile, la lunghezza d’onda costituisce un ostacolo, che, ad eccezione delle onde luminose, può essere superato soltanto dalle onde radio. Per osservare il cielo a lunghezze d’onda invisibili, gli scienziati hanno dovuto inviare i loro strumenti nello spazio (palloni, satelliti, sonde e il famosissimo telescopio spaziale Hubble). In questo modo hanno scoperto nell’Universo dei corpi celesti più misteriosi di quanto non avrebbero potuto immaginare. È stato nel 1931 che Karl Jansky, cercando la causa delle numerose interferenze che disturbavano le comunicazioni radio a lunga distanza, aperse la strada ad una branca, oggi essenziale dell’astronomia: la radio-astronomia. Si rese conto, allora, che una parte di quei rumori provenivano dalla Via Lattea stessa, e non erano segnali artificiali dell’uomo. Successivamente i radio-telescopi hanno captato molti altri segnali provenienti dal cosmo. 3.4 Buchi neri Rappresentano lo stadio finale della disintegrazione di una stella enorme. Il Sole, per esempio, (e le stelle simili a lui) si andrà espandendo per diventare una gigante rossa e poi si contrarrà per diventare una nana bianca, vale a dire un corpo celeste poco più grande della Terra. Per stelle anche dieci volte più grandi del Sole, questa contrazione può avere effetti catastrofici: rischiano di esplodere in supernovae e poi di formare un oggetto piccolissimo e superdenso (o collapsar) la cui gravità superficiale è così grande che nessuna radiazione, neppure la luce, ne può sfuggire. Gli osservatori in questo caso non vedono altro che un “buco nero”. Se la stella primitiva fa parte di un sistema binario, aspira la materia della sua compagna in modo tale che questa emette dei raggi X. Ed è in questo modo che si scoprono i buchi neri. Così si è scoperta un’emissione di raggi X da una fonte posta nel Cigno (Cyg X-1). Alcuni astronomi ritengono che nella sola nostra galassia esistano circa 10 milioni di buchi neri. Tra gli studiosi vi è chi teme che un giorno questi assorbiranno tutta la materia dell’Universo. 3.5 Burster Il nome è dato ad una categoria particolare di radio sorgenti che in modo non regolare emettono talvolta potenti, rapide scariche (bursts) di raggi X, quindi si spengono totalmente in meno di un minuto. Queste scariche sono dell’ordine di 100'000 volte la potenza del Sole. 3.6 Pulsar Sono corpi stellari che emettono la loro energia sotto forma di rapidi impulsi. Queste radiosorgenti pulsanti possono essere osservate sia a luce visibile che a lunghezze d’onda invisibili. Il più noto è la pulsar del Granchio, situata nella nebulosa del Granchio, che emette 30 impulsi al secondo. Ricordiamo che la nebulosa del Granchio è ciò che resta dell’esplosione di una supernova (una supernova è una stella che muore esplodendo) osservata dagli astronomi cinesi nel 1054 d.C. Pare quindi che le pulsar si originino nelle supernovae. Dopo l’esplosione di una grossa stella, la materia che non è stata espulsa si contrae per formare un corpo di piccola taglia, in rapida rotazione, formato di neutroni agglomerati. Pare che queste stelle a neutroni misurino solo pochi km di diametro, ma che la loro densità sia tale che una cucchiaiata della materia di cui sono fatte dovrebbe pesare circa un miliardo di tonnellate 3.7 Quasar (da quasi stellare). Sono potenti radiosorgenti che sono state ritenute oggetti ottici. Osservate coi telescopi sembrano stelle, ma emettono enormi quantità di energia sotto forma di onde radio. Le quasar hanno un diametro di circa 100 giorni luce, mentre le galassie sono dell’ordine di diametri di 100'000 anni luce. Tuttavia l’energia che emettono corrisponde a quella di 100 galassie. Queste quasar presentano un notevole spostamento verso il rosso, e si suppone siano a immense distanze da noi: qualcosa come 15 miliardi di anni luce. La luce che giunge a noi è stata emessa agli albori dell’Universo. Impressum Le foto sono tratte da http://nssdc.gsfc.nasa.gov/photo_gallery/ I testi della prima e terza serata sono tratti da “Le stelle e i pianeti, guida all’astronomia”, Edizioni Villardi, 1985. I testi della seconda serata sono tratti da alcune schede e dal libro “La grande corsa” Foto in prima pagina: la cometa Hale-Bopp visibile ad occhio nudo nei nostri cieli nell’autunno 1997. Lo script è inteso per il corso di astronomia, va inteso come guida di riferimento, ed è inteso a scopo amatoriale.