TERRA FLUIDA E DINTORNI

Direttore
Adriano M
Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Comitato scientifico
Andrea G
Centro Epson Meteo
Angelo R
Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica
Università Ca’ Foscari di Venezia
Nicola S
Duke University, Durham, North Carolina, United States
TERRA FLUIDA E DINTORNI
La fisica della Terra fluida è quella parte della fisica terrestre che studia
l’atmosfera, l’oceano e le loro interazioni, che avvengono attraverso
scambi di massa e di energia. Il sistema atmosfera–oceano è un sistema interattivo molto complesso: le sue dinamiche evolutive e la
variabilità che da esse derivano sono ancora in larga parte inesplorate.
Per lo studio della fisica della Terra fluida si sviluppano teorie, modelli
matematici e sperimentali e si compiono misure. Un numero sempre
maggiore di persone vive in zone esposte a fenomeni estremi (per
esempio bombe d’acqua, alluvioni, siccità, ondate di calore, mareggiate, tsunami ecc.): la capacità di fronteggiare questi rischi dipende
molto dallo sviluppo delle conoscenze dei fenomeni dell’atmosfera
e dell’oceano. La collana intende offrire ad un pubblico attento, anche se non necessariamente specialistico, gli strumenti necessari per
comprendere lo stato dell’arte della ricerca scientifica che riguarda
il sistema atmosfera–oceano e le dinamiche, soprattutto quelle di
rilevanza climatica, ad esso legate.
Tutte le opere pubblicate nella presente collana sono sottoposte a referaggio.
Hanno collaborato:
F P, geofisico
F Z, astronomo
P B, scrittore e giornalista scientifico, editorialista a “La Stampa”, curatore del
mensile “BBC Scienze”.
Giordano Cevolani
Clima storico
L’altalena delle fasi calde e fredde
Cicli lunisolari, maree atmosferiche
e planetarie e il loro impatto sul clima
Prefazione di
Piero Bianucci
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 
Non capiamo come l’uomo possa vivere con tanta disinvoltura
nei giardini che la natura gli ha preparato;
abitabili soltanto per un breve tempo,
per un’era geologica,
per un solo giorno felice.
e far si che i bambini siano veri bambini.
E la cultura dell’umanità non è altro che una sottile doratura che può essere distrutta
dall’eruzione di un vulcano,
cancellata da un nuovo mare, sepolta da una bufera di sabbia.
A  S–E, ,
Indice

Prefazione

Premessa

Introduzione
Parte I
Clima storico

Capitolo I
Clima e variazioni climatiche
.. Un flash sulla classificazione dei climi nel nostro passato storico, 
– .. La persistente confusione tra tempo meteorologico e clima,  –
.. I limiti degli attuali modelli climatici, .

Capitolo II
L’Uomo sopravvive alle avversità del clima
.. La storia del pianeta descritta dalla temperatura media globale, 
– .. L’Uomo è nato in Africa Orientale,  – .. L’esodo africano
dell’homo sapiens, .

Capitolo III
Storia, “maestra” negli studi del clima
.. Una nuova consapevolezza,  – .. L’Olocene, l’ultimo periodo
interglaciale,  – .. Eventi storici e clima,  – .. Secoli di conquiste
nel Periodo Caldo Medievale,  – .. Secoli di sofferenza durante la
Piccola Era Glaciale,  – ... Pestilenze nella Piccola Era Glaciale: un
problema climatico?,  – ... Ipotesi cosmica delle pandemie,  – .. La
bioclimatologia medica, .

Indice


Capitolo IV
La Geofisica e lo studio delle variazioni climatiche
.. Le tecniche e i metodi negli studi del clima,  – .. Cause naturali:
variazione della radiazione solare,  – ... Andamento delle temperature
medie globali negli ultimi  anni,  – .. Cause naturali: interazioni
tra componenti climatiche,  – ... El Niño, i conquistadores e il crollo
dell’impero degli Inca,  – .. Cause naturali: eruzioni vulcaniche, 
– ... I grandi vulcani che hanno cambiato la storia,  – .. Cause naturali: la deriva dei continenti,  – ... Fossili a conferma della deriva
dei continenti,  – .. Effetti antropici,  – ... La tesi opposta del
raffreddamento globale, .

Capitolo V
Impatto di corpi cosmici: un problema climatico
.. Un “rischio climatico” da non sottovalutare,  – ... Tunguska: un
mistero con effetti climatici,  – .. L’ipotesi della caduta della cometa
nell’Alto Medioevo, .
Parte II
L’altalena delle fasi calde e fredde: un nuovo approccio di studio

Capitolo I
Le spie delle variazioni climatiche
.. Gli alberi scrivono la nostra storia,  – .. Le meteoriti, un indicatore dell’attività solare e cambiamenti climatici,  – .. Il magnetismo
solare e l’impatto sul clima,  – .. Il jet stream influenza l’andamento meteo–climatico planetario,  – .. Le onde planetarie, la guida
d’onda delle perturbazioni meteo–climatiche,  – ... I riscaldamenti
stratosferici, .

Capitolo II
Maree atmosferiche, cicli lunisolari e influenze planetarie
.. Le maree atmosferiche e loro influenza sui parametri atmosferici, 
– .. I principali cicli lunisolari e l’effetto di marea,  – .. La sorgente
gravitazionale e le maree lunari,  – .. Indicazioni su una possibile
mappa del rischio climatico delle precipitazioni estreme,  – .. Cicli
lunari a lungo periodo,  – .. Maree e terremoti,  – .. Influenze
planetarie sulle dinamiche solari e sul clima,  – .. Maree, sistemi
caotici e l’effetto farfalla, .
Indice


Capitolo III
Le regioni polari, sensori chiave del cambiamento climatico
.. Artide e Antartide, i pozzi di calore,  – .. La storia del clima nelle
carote di ghiaccio,  – .. Variazioni climatiche nell’Olocene,  –
.. Un altro clima sotto la calotta antartica,  – .. Risposte contrastanti dalle regioni polari,  – .. Il “paradosso” dell’Antartide,  –
.. Scioglimento del pack Artico al polo Nord,  – .. Il telerilevamento satellitare nelle zone polari,  – .. I satelliti polari,  – ... EOS
(Earth Observing System),  – ... Cryosat–, .

Conclusioni
Prefazione
A livello planetario il  è stato l’anno più caldo dal . Lo dicono
le analisi indipendenti degli scienziati di due autorevoli enti di ricerca
americani: la Nasa e la National Oceanic and Atmospheric Administration
(NOAA). I dieci anni più caldi del periodo considerato, con la sola
eccezione del , si sono registrati tutti a partire dal . Questo
fenomeno, secondo il Goddard Space Center della Nasa, non è una anomalia, cioè una oscillazione casuale, ma si inserisce in una tendenza a
lungo termine verso il riscaldamento globale della Terra.
I dati NOAA sono stati diffusi il  gennaio . La loro importanza
sta nel fatto che, pur partendo da misurazioni diverse, concordano con
quelli forniti dalla Nasa qualche giorno prima. Inoltre i dati sono stati
elaborati tenendo conto delle oscillazioni termiche prodotte dal Niño
e dalla Niña, rispettivamente sul Pacifico meridionale e sull’Atlantico
settentrionale. In sintesi: l’aumento di temperatura globale dal 
ad oggi risulta essere di , °C e Nasa e NOAA lo mettono in diretta
relazione con l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera da 
a  parti per milione, quota numericamente e psicologicamente
rilevante raggiunta nel .
Tutto certo? Tutto definitivo? No, perché nella ricerca scientifica
niente è certo e definitivo, altrimenti non sarebbe ricerca. È difficile
far passare questo messaggio sui giornali, ve lo dice un giornalista
scientifico. I giornali hanno bisogno di titoli e i titoli hanno bisogno di
certezze. Su certi giornali, poi, i titoli hanno anche bisogno di gridare
anziché di ragionare a bassa voce. Nel caso del clima le cose sono
complicate dal fatto che facciamo fatica ad assumere la scala dei tempi
geologici dovendo vivere sulla scala dei tempi esistenziali: si nasce,
ci si sposa verso i trent’anni, si provvede alla successione e si lascia
il posto ad altri intorno agli ottant’anni (nei pochi paesi fortunati e
ricchi, dove l’aspettativa di vita ha raggiunto questa quota). È bene
anche aggiungere che la preparazione scientifica media della popolazione non è elevata, e l’Italia forse sta peggio di altri Paesi. In questa


Prefazione
situazione socioculturale, non dobbiamo stupirci se la confusione in
tema di clima è grande.
Il merito del libro di Giordano Cevolani è quello di presentare la
questione climatica in tutta la sua complessità, partendo proprio dalla
distinzione tra tempi storici e tempi geologici. Sul calendario del cosmo,
mettendo la formazione della Terra al ° gennaio, l’uomo fa la sua comparsa pochi secondi prima che scocchi la mezzanotte del  dicembre.
Siamo arrivati in tempo per stappare lo spumante, e va bene, ma prima
sono successe molte cose che ignoriamo e che è difficile scoprire.
Negli anni  il meteorologo Edward Lorenz provò a simulare il
comportamento dell’atmosfera con un modello estremamente semplificato, adatto alle modeste prestazioni dei computer dell’epoca. Dopo
ore e giorni di lavoro venne fuori una strana figura che i matematici
chiamano attrattore strano. Erano due lobi formati da spirali e un lobo
all’improvviso subiva una brusca transizione all’altro lobo, quasi a
disegnare le ali di una farfalla. L’articolo scientifico finì in mano a un
redattore fantasioso che gli diede un titolo del tipo Il battito d’ali di una
farfalla in Brasile può scatenare una tempesta in Florida. Da allora si parla
di effetto farfalla ogni qual volta ci si trova di fronte a un fenomeno
nel quale una piccola causa può, per la complessità della situazione al
contorno, scatenare grandi conseguenze. Per i matematici e i fisici, è
il caos deterministico.
Lorenz ci ha fatto capire che l’atmosfera è un sistema caotico
su piccola scala temporale. Basta una settimana perché inevitabili
approssimazioni nella conoscenza delle condizioni iniziali portino a
divergere le estrapolazioni che i meteorologi ne possono trarre, cioè
le previsioni del tempo a medio e lungo termine. Lo studio di carote
di ghiaccio antartico hanno rivelato che qualcosa di simile succede
anche a scala geologica. La transizione ovviamente non avviene in
minuti o in qualche ora, avviene in alcune migliaia di anni, ma le
migliaia di anni sono un sospiro se ci si mette nella prospettiva dei
milioni o dei miliardi di anni. Resta il fatto che il passaggio da un’era
calda a un’era glaciale, centomila anni fa, avvenne davvero nel volgere
di pochi millenni. Un motivo di più non per allarmarsi, ma per essere
prudenti quando da qualche segnale di durata storica si azzardano
previsioni climatiche.
Nel presentare la complessità di un dibattito che di solito i mezzi
di comunicazione, e spesso anche gli scienziati non del settore ma
Prefazione

con tendenza alla tuttologia, trattano in modo semplicistico, un altro
merito di Cevolani consiste nel trattare componenti della dinamica
del clima abitualmente piuttosto trascurate. Giusto preoccuparsi dei
gas serra e della componente antropica, distorsivo però è non tenere
conto in modo sufficiente di altri fattori. Cevolani, per cominciare, ci
ricorda la componente astronomica: il Sole ha i suoi cicli (decennale,
ventennale, quasi–secolare, forse millenario); l’orbita della Terra subisce variazioni cicliche con periodi vari ( mila,  mila,  mila anni)
che a volte sommano e a volte sottraggono i loro effetti; l’inclinazione
dell’asse terrestre a sua volta varia su tempi di decine di migliaia di
anni. E fin qui sono periodi ben calcolabili per il passato e per il futuro.
Ma c’è anche una componente astronomica del tutto arbitraria: l’impatto di corpi celesti— comete, asteroidi — con il nostro pianeta: qui
ci assiste solo la statistica, abbiamo un impatto davvero catastrofico in
media ogni – milioni di anni.
Non è finita. C’è la componente geologica. I continenti si riconfigurano su tempi di – milioni di anni, i vulcani sono imprevedibili
come gli impatti di asteroidi, il campo magnetico varia e si inverte
con tempi di centinaia di migliaia di anni; poi ci sono le maree (a loro
volta sensibili a cicli lunari di breve e lungo periodo), il serpentone
delle correnti oceaniche di superficie e di profondità influenzato dalla
circolazione termoalina e dall’estensione delle superfici glaciali, la
composizione dell’atmosfera e così via.
È la ricchezza di sfumature di questo quadro che di solito va
perduta nell’informazione approssimativa del nostro tempo, e Cevolani la recupera, valorizzando anche il significato dell’incertezza
e la diversità delle opinioni dei ricercatori, una diversità che fa
crescere la scienza.
Ciò detto, un comportamento prudente da parte dell’umanità è
più che opportuno. Gli Stati Uniti hanno dato il via allo sfruttamento
dello shale gas: un metano non convenzionale che sta restituendo loro
l’indipendenza energetica.
Il nuovo metano è intrappolato in rocce sedimentarie che i geologi
chiamano genericamente scisti (shale in inglese, donde shale gas). È
una rivoluzione per il mercato dell’energia e per l’ambiente. Basta
un dato a far capire quanto sia grossa la partita: secondo l’Agenzia
internazionale dell’energia (Aie) nel  il  per cento del fabbisogno
energetico americano sarà coperto da shale gas.

Prefazione
La rivoluzione è anche strategica. Perché mentre il petrolio è distribuito nel mondo in modo molto disuguale, con il  per cento delle
riserve concentrato nel Medio Oriente, il metano delle rocce sedimentarie è più democratico. La natura ha favorito il Nord America, dove i
geologi stimano che le riserve di shale gas superino i  mila miliardi
di metri cubi. L’America Latina dispone di  mila miliardi di metri
cubi, l’Europa di  mila, l’Asia  mila (mentre la Russia di Putin ne
avrebbe solo ), l’Oceania  mila, l’Africa sub–Sahariana ottomila.
In sostanza, grazie allo shale gas la stima delle riserve mondiali di
metano è raddoppiata. Ci sarà metano fino ben oltre il . Inoltre,
grazie all’equa distribuzione, il quadro geopolitico dell’energia fossile è destinato a modificarsi. Gli Stati Uniti assaporano nuovamente
il dolce gusto dell’autosufficienza energetica che avevano perso mano a mano che la loro produzione di petrolio andava calando per
esaurimento dei pozzi. L’Europa, in una certa misura, si sente meno
ricattabile dalla Russia (e peggio per quei paesi come l’Italia che hanno
stipulato contratti di acquisto di metano a lungo termine e a prezzi
elevati, forse anche più salati del necessario per oscuri interessi dei
contraenti). L’Asia in via di sviluppo (Cina, India) può contare su una
fonte meno inquinante del carbone che sta avvelenando la loro aria.
L’Australia e l’America del Sud acquistano più autonomia energetica.
Russia, Iran, Algeria e Bolivia, paradisi del metano classico, sentono
scricchiolare il loro potere.
Ma l’aspetto ambientale è preoccupante. Gli scisti sono di solito a
profondità maggiore del metano convenzionale. Queste rocce sedimentarie con struttura a strati formatesi centinaia di milioni di anni fa
da depositi organici sono un po’come spugne: anziché acqua, nei loro
interstizi è rimasto imprigionato il metano. La tecnologia per estrarlo
è l’hydraulic fracturing, detto anche brevemente fracking, cioè un sistema per fratturare le rocce con getti di acqua ad alta pressione aiutati
da additivi chimici. Questo tipo di estrazione ha conseguenze pesanti:
una parte del metano si disperde nell’aria, e la sua molecola — un
atomo di carbonio legato a quattro atomi di idrogeno — è  volte più
efficiente dell’anidride carbonica nel generare l’effetto serra. Ci sono
problemi per le falde acquifere in terraferma e per l’ambiente marino
nell’estrazione offshore. Una buona parte dell’energia contenuta nel
metano estratto viene spesa per l’estrazione stessa. L’Italia ha riserve
di shale gas nel mare Adriatico che già stanno sollevando polemiche e
Prefazione

dibattiti. È una questione da affrontare conoscendone, oltre i vantaggi,
che sono evidenti, i pesantissimi i rischi, che sono tutti da studiare e
valutare.
Un altro tema su cui riflettere è rappresentato dalla nascente ingegneria climatica, ambito della più generale geo–ingegneria. Stiamo
parlando di tecnologie per contrastare il riscaldamento globale con
mezzi altrettanto potenti e globali. David Keith, professore di fisica
applicata ad Harvard, ne è il profeta. Nel suo saggio più recente, tradotto in Italia con il titolo provocatorio L’alternativa razionale (Bollati
Boringhieri, ), propone di iniettare nella stratosfera un sottile parasole costituito da centinaia di migliaia di tonnellate di acido solforico
che rifletterebbero nello spazio la radiazione solare.
Con le emissioni di anidride carbonica e di metano dovute al consumo di combustibili fossili stiamo facendo un esperimento globale
involontario. David Keith ce ne propone uno studiato a tavolino per
contrastarlo. Non saprei quale dei due esperimenti temere di più.
Torino,  gennaio 
Piero Bianucci
scrittore e giornalista scientifico
editorialista a “La Stampa”
curatore del mensile “BBC Scienze”
Premessa
Le Nazioni Unite hanno proclamato il  Anno Internazionale della
Luce e delle tecnologie basate sulla luce.
La luce è fondamentale alla vita sul nostro pianeta attraverso la fotosintesi,
ci permette di vedere indietro nel tempo profondo fino alle origini del
cosmo nel big bang, ci aiuta a comunicare con gli altri esseri senzienti qui
sulla Terra, e forse può permetterci di dialogare con quelli che potremmo
trovare nello spazio. Einstein ha studiato a fondo la luce nello sviluppo della
teoria della relatività, prendendola come costante delle leggi della natura.
Ora sappiamo che anche gli elettroni e i protoni si comportano in modo
simile alle onde luminose, in modi che continuano a stupirci. E l’ottica
insieme alle tecnologie fotoniche, sviluppate per l’esplorazione spaziale, ci
regala importanti ricadute in oggetti e strumenti che popolano la nostra
quotidianità .
Quando si parla di luce, il pensiero corre d’acchito alla nostra stella,
il Sole, l’unico indiscusso governatore della nostra esistenza, il vero motore del clima che ha da sempre influito sulla vita dell’uomo,
cambiando nel passato, cambiando ora e continuando a cambiare in
futuro.
Ci chiediamo oggi con sempre maggiore insistenza come difenderci dalle bizzarrie del clima e dalle conseguenze dei cambiamenti
climatici che sono sotto gli occhi di tutti e che incidono profondamente sulla nostra esistenza. La variabilità del clima è una costante
sfida per la scienza che solo attraverso uno sforzo congiunto multidisciplinare può trovare la chiave d’accesso alla sua prevedibilità.
L’attuale popolazione mondiale ammonta a circa  miliardi di persone
e dovrebbe raggiungere circa i  miliardi attorno al . All’alba
del ventunesimo secolo, la disponibilità dei mezzi di sostentamento
della popolazione mondiale è uno dei problemi epocali che l’umanità
deve affrontare: da una parte la forte accelerazione demografica e
. Dichiarazione del Premio Nobel  per la Fisica J.C. Mather.


Premessa
dall’altra un progressivo impoverimento dei suoli fertili del nostro pianeta, amplificato dagli effetti del clima, oltre che da una loro gestione
sconsiderata.
Il periodo interglaciale nel quale viviamo e che ha consentito alla
civiltà umana di crescere e svilupparsi in condizioni, tutto sommato,
ottimali, sta volgendo al termine dopo . anni di vita. Lecito quindi pensare al profilarsi nel prossimo futuro di una imminente fase
fredda, se proprio non vogliamo chiamarla, più per scaramanzia che
convinzione, glaciazione. Ma è veramente così? Si sta davvero esaurendo la spinta propulsiva della fase calda sull’onda di un riscaldamento
globale che pur lancia messaggi controversi? O invece è più sensato
pensare ad un pendolo climatico che da sempre oscilla alternando
lunghe ere glaciali a brevi periodi interglaciali come quello attuale, che
ha raggiunto il suo “picco caldo” e si appresta ora a precipitare verso
il “picco freddo”? E in quest’ultimo caso non si tratterebbe come già
avvenuto di un passaggio lento e progressivo. Agli albori del terzo millennio, tutto questo alimenta una situazione di maggiore inquietudine
rispetto alla fine del millennio trascorso, sostenuta da molti segnali tra
loro contrastanti.
Vitale è quindi una conoscenza approfondita dei fenomeni che
avvengono sul nostro pianeta, sia al suo interno, così come nell’atmosfera che lo avvolge e nei mari che ne occupano gran parte, sia
al suo esterno, con un occhio speciale rivolto al Sole che condiziona
in modo determinante la nostra esistenza e quella di tutta la biosfera.
Non può quindi sfuggire l’importanza di una scienza del clima le
cui implicazioni sociali ed economiche costituiscono uno strumento
fondamentale in grado di prevedere e seguire nel tempo l’andamento
delle risorse disponibili e i fenomeni migratori in un pianeta come il
nostro, sempre più densamente popolato.
Il cambiamento climatico è ormai un’evidenza incontrovertibile
e sta incidendo profondamente sul naturale ciclo idrogeologico, con
stagioni di pioggia sempre più brevi e al tempo stesso più intense, e
periodi di siccità più lunghi.
L’argomento entrato nel nostro lessico quotidiano è il global warming, il riscaldamento globale dovuto alle attività umane a causa dell’immissione in atmosfera di sempre maggiori quantità di gas serra
che hanno un impatto diretto sugli eventi più disastrosi per l’umanità, come alluvioni, siccità, carestie, migrazioni, etc. Secondo l’IPCC
Premessa

(Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) formato nel
 da due organismi delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e il Programma delle Nazioni Unite per
l’Ambiente (UNEP) allo scopo di studiare il riscaldamento globale,
le minacce dovute alla siccità e quelle di tipo idrogeologico mettono
a rischio un numero sempre maggiore di persone, ancora più alto
rispetto a disastri di natura geologica come terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami. È sotto gli occhi di tutti che in molti Paesi le minacce
di natura idrogeologica sono la causa principale dei disastri naturali.
Il clima è diventato più vulnerabile a seguito delle attività umane
(effetti antropici), ma appare fuorviante analizzarne i capricci non tenendo in debito conto il forte e costante legame naturale con l’attività
del Sole che cambia ciclicamente e che può variare anche in modo
per noi imprevedibile.
La climatologia storica si occupa del clima in relazione alle vicende
storiche dell’uomo e per questo motivo fa riferimento principalmente
agli ultimi millenni di storia del nostro pianeta, con attenzione alla
vulnerabilità dell’economia e della società (intesa anche come assetto
politico) esposte a condizioni meteorologiche estreme e catastrofi
causate dalle intemperie meteo–climatiche desumibili da una ricerca
storica sui loro effetti. Per questo, quando si parla di clima storico e
di civiltà, si analizzano documenti relativi alla storia del tempo e del
clima adoperando metodologie della storia del clima e dell’ambiente.
In questo percorso c’è il tentativo di far comprendere che mutamenti climatici abbiano potuto avere nella storia dei popoli lo stesso
ruolo comunemente attribuito a guerre e invasioni.
Studiare gli effetti dei cambiamenti climatici, è non solo un passaggio obbligato, ma un punto imprescindibile per chi ha a cuore le sorti
stesse della nostra biosfera e in definitiva del pianeta stesso. l sistemi
ecologici terrestri ed acquatici, al pari di quelli socio–economici sono
tutti sensibili sia all’entità che alla velocità dei cambiamenti climatici.
Gli ecosistemi contengono tutto il patrimonio terrestre di biodiversità
genetica e delle specie, e costituiscono la fonte primaria della vita sulla
terra e della sua evoluzione.
Le più rilevanti conseguenze dei cambiamenti climatici riguardano i sistemi naturali ed in particolare gli ecosistemi di cui sopra ed
i sistemi antropici, come l’agricoltura, le risorse idriche, l’ambiente
marino–costiero, e la salute umana. Non è un caso che ormai da lun-