Profilo psicologico del bambino con sincope neuromediata

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POINT BREAK
Profilo psicologico del bambino
con sincope neuromediata
Roberta Vallone1, Silvia Placidi2, Massimo Pennacchia2, Simonetta Gentile1, Fabrizio Drago2
1
U.O.S.D. Psicologia Clinica, 2U.O.C. Aritmologia, Sincope Unit, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Palidoro (RM)
At present, syncope is still a matter of great concern and anxiety for both parents and children. Neurocardiogenic syncope is the most common type of syncope in children with an incidence of 70%. It usually has
a benign etiology, with rapid loss of consciousness and spontaneous resolution.
In case of neurocardiogenic syncope, it is important to assess the emotional and/or adaptive capacity of the
patient. From a psychological point of view, the presence of a traumatic area of development has been reported in pediatric patients with syncope. This area is characterized by symptoms of anxiety and/or depression, self-withdrawal, somatic complaints and dissociation.
Neurocardiogenic syncope in pediatric age can be the expression of a psychosomatic disorder underlying psychopathological vulnerability.
Key words. Children; Neurocardiogenic syncope; Psychosomatic disorder.
G Ital Cardiol 2014;15(10):531-534
L’incidenza di morti improvvise in bambini apparentemente sani
è di 1-1.5 per 100 000/anno e la valutazione retrospettiva rivela
spesso un’anamnesi positiva per sincope1. La sincope si definisce
come perdita di coscienza transitoria e improvvisa, dovuta ad una
ipoperfusione cerebrale globale, accompagnata da deficit del tono posturale, a rapida e spontanea risoluzione. Si definisce presincope, invece, un corredo sintomatologico caratterizzato da
sudorazione algida, nausea, vertigine, debolezza, turbe della visione, obnubilazione del sensorio senza perdita di coscienza.
A prescindere dalle diverse possibili eziologie la patogenesi dell’episodio sincopale è da ricondurre alla riduzione del flusso ematico cerebrale per riduzione della gittata cardiaca o per
vasodilatazione periferica o per entrambi, con conseguente perdita di coscienza e del tono posturale.
Non ci sono ancora dati precisi sull’incidenza della patologia in età pediatrica, anche se si stima che circa il 15% dei
bambini può presentare almeno un episodio sincopale prima
della fine dell’adolescenza1. Di fatto, in età pediatrica, la sincope costituisce una fonte di grande allarme e preoccupazione per i genitori, per gli insegnanti e per le persone che ruotano intorno alla vita del bambino che attiva reazioni di immediato intervento tramite il ricorso al 118 o al dipartimento
d’emergenza-accettazione (DEA) ospedaliero; infatti la sola differenza tra la sincope e la morte improvvisa è che dalla sincope ci si risveglia2.
Il problema della sincope nel bambino è quindi complesso,
com’è complessa la sua gestione. Le cause possono essere mol-
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 06.06.2014; nuova stesura 30.07.2014; accettato 04.08.2014.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr.ssa Roberta Vallone U.O.S.D. Psicologia Clinica,
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Via Torre di Palidoro snc,
00050 Fiumicino (RM)
e-mail: [email protected]
teplici e ancora oggi l’inquadramento nosografico dei pazienti
con sincope lascia circa il 25% dei casi senza una diagnosi. Il rischio che la sincope possa essere dovuta a condizioni patologiche con prognosi infausta rende conto del frequente ricorso
all’ospedalizzazione e all’utilizzo di numerose indagini ad elevato costo1.
La sincope è responsabile di un ricorso al DEA pediatrico
nello 0.4-1% degli accessi annuali e del 3.4-4.5% delle consulenze cardiologiche nei reparti ospedalieri.
L’iter diagnostico del paziente con sincope1, che nella fase
iniziale si svolge generalmente presso il DEA, comprende
l’anamnesi accurata, l’esame obiettivo e l’ECG. Sulla base dei
risultati di questi esami si effettua una stratificazione dei pazienti in tre categorie: pazienti a rischio elevato, che necessitano di ricovero urgente; pazienti a rischio intermedio, spesso gestiti in un primo tempo in osservazione breve intensiva e poi inviati per completamento diagnostico alla Syncope Unit; pazienti
a basso rischio, che dopo i primi accertamenti vengono inviati
direttamente alla Syncope Unit3.
Il percorso diagnostico, nell’ambito di una Syncope Unit ad
orientamento pediatrico, prevede sin dall’inizio la collaborazione tra il cardiologo e i vari specialisti (pediatra, neurologo, endocrinologo, psicologo) per valutare in maniera accurata sia gli
aspetti organici sia quelli emotivi, con l’obiettivo della “cura” e
del “prendersi cura” del paziente e della sua famiglia.
La valutazione specialistica che segue quella iniziale è di tipo: (1) cardiologico nei pazienti con segni di allarme suggestivi di potenziale eziologia cardiaca; (2) neurologico nei pazienti
con perdita di coscienza prolungata non attribuibile a una perdita di coscienza da ipoafflusso cerebrale ma con “disturbo dello stato di coscienza” di probabile origine epilettica; (3) endocrinologico nei pazienti con perdita di coscienza non attribuibile
a sincope ma a disturbi metabolici con relativa alterazione dello stato di coscienza, come ad esempio nelle crisi ipoglicemiche;
(4) psichiatrico nei pazienti con simulazione della sincope di natura isteriforme.
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In età pediatrica e adolescenziale la diagnosi più frequente
(61-80%) è quella di sincope riflessa o neuromediata, seguita
dalla più grave di sincope cardiaca (6-11.5%). Nell’11-19% la
diagnosi è di pseudosincope di natura neurologica o neuropsichiatrica. Rimane comunque un 20% di pazienti in cui una diagnosi definitiva non è possibile.
La sincope neuromediata è una reazione vasovagale usualmente benigna che provoca la perdita di coscienza ed è spesso causata da situazioni quali posizione eretta prolungata o stazionamento in ambienti caldi o affollati. Inoltre, molti pazienti
possono presentare una sincope durante malattie intercorrenti febbrili o per lieve disidratazione o nel sesso femminile durante il ciclo mestruale. I pazienti con sincope neuromediata
presentano tipicamente tre fasi: la prima fase, detta prodromica, può durare da secondi ad alcuni minuti ed è spesso ricordata dal paziente che manifesta vertigini, confusione, dolore
addominale, nausea, sensazione di caldo o freddo, modificazioni dell’udito o della vista, cefalea e anticipazione della perdita di coscienza. La fase successiva, caratterizzata da perdita di
coscienza, è di durata variabile da pochi secondi ad alcuni minuti, non viene ricordata dai pazienti ed alcuni hanno la sensazione di sentirsi “disconnessi”, con capacità di udire le voci dei
presenti, ma con incapacità a rispondere. La terza fase di recupero dura dai 5 ai 30 min ed è caratterizzata da fatica, vertigini, debolezza, cefalea e nausea, con successivo ritorno alla normalità anche se alcuni pazienti possono presentare tali sintomi
per alcune ore.
La sincope neuromediata ha un picco di incidenza soprattutto tra i 15 e i 19 anni per entrambi i sessi e appare predominante nelle femmine. L’assenza di un gold standard per la
diagnosi di sincope neuromediata ha favorito l’utilizzo, tra i vari esami diagnostici, dell’head-up tilt test, che indica la suscettibilità nei pazienti all’episodio sincopale neuromediato4. In realtà il tilt test ha un basso potere diagnostico, con molti falsi positivi e negativi, sia in età pediatrica sia in età adulta. Il tilt test
può essere utile nell’identificare la presenza di una suscettibilità vasovagale, ma ad oggi, data la sua bassa resa diagnostica,
può essere considerato più utile nel rassicurare il paziente e i
genitori sulla benignità della sincope neuromediata. L’esame è
solitamente indicato nei soggetti di età >7 anni, per cui rimane un’ampia fascia di soggetti di età inferiore in cui la diagnosi di sincope è prevalentemente anamnestica. L’esecuzione del
tilt test con stimolo farmacologico (isoproterenolo o nitroglicerina sublinguale) può essere indicata in casi selezionati, in soggetti con sincope non definita. Mediante l’analisi dei quadri delle risposte emodinamiche al tilt test Pongiglione et al.5 hanno
proposto una classificazione delle risposte positive al tilt test distinguendole in: risposta tipo 1 mista; risposta tipo 2 cardioinibitoria; riposta tipo 3 vasodepressiva pura.
I bambini in età prescolare possono presentare particolari
episodi sincopali neuromediati definiti come spasmi affettivi o
apnee infantili (noti anche come breath holding spells). L’età di
insorgenza varia dai 6 ai 12 mesi con un picco di frequenza tra
i 13 e i 24 mesi. In genere gli spasmi affettivi terminano verso
i 3-4 anni e raramente durano fino ai 6-7 anni. La diagnosi è
basata sul riconoscimento di una sequenza stereotipata di
eventi clinici che iniziano con un evento scatenante che determina nel bambino sentimenti e/o sensazioni di frustrazione,
rabbia, dolore a cui segue una prolungata apnea con conseguente perdita di coscienza. Se ne distinguono due forme: (1)
lo spasmo affettivo cianotico, caratterizzato da pianto vigoroso, seguito da arresto del respiro prolungato, opistotono e cia-
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nosi con successiva perdita di coscienza; (2) lo spasmo affettivo pallido, meno frequente e più drammatico poiché caratterizzato da un pianto più flebile o assente, pallore intenso che
precede la perdita di coscienza determinata da asistolia prolungata.
Nella sincope neuromediata, l’assenza di patologia organica non esclude l’esistenza di un disturbo psicosomatico in cui
gli episodi di sincope possono rappresentare l’espressione somatica di un meccanismo di difesa intrapsichico di tipo dissociativo che si esprime attraverso la perdita di coscienza6. In questi casi, come sottolinea Winnicott6 nel saggio “La malattia psico-somatica: aspetti positivi e negativi”, la vera malattia è la
non integrazione psiche-soma nell’organizzazione dell’Io del
paziente ed è essa stessa un’organizzazione difensiva. Infatti,
secondo la teoria psicoanalitica della malattia psicosomatica6,7
e la teoria dell’attaccamento8, il sintomo somatico acquista una
forte valenza comunicativa e simbolica e sta ad indicare, in qualità di disturbo psicosomatico e non di malattia psicosomatica,
aree di vulnerabilità psichica che riconducono ad una difficile integrazione corpo-mente. Il disturbo psicosomatico a differenza
della malattia è considerato come una spia di stati reattivi nel
bambino che, determinando alterazioni dei processi fisiologici
di base come quelli dell’apparato digerente ed evacuativo, dei
processi del sonno e della termoregolazione, contribuiscono all’evitamento degli affetti irritanti e dolorosi circolanti nella relazione con il genitore. Pertanto, il disturbo psicosomatico sta
a indicare la presenza di uno shunt corpo-mente-corpo in cui
attraverso l’attivazione di una risposta somatica il bambino gestisce, autoregolandosi, stati di frustrazione e di stress legati ad
un legame genitoriale che depriva o non facilita il sollievo dagli stati tensivi6.
Il “corpo” è per il bambino uno dei principali strumenti, talora il solo o quasi prima dello sviluppo del linguaggio, attraverso cui esprimere affetti ed emozioni. Pertanto, nel caso di
una situazione di sofferenza psicologica, il bambino attraverso
il ricorso al sintomo somatico, “apprende” la negazione del dolore psichico esprimendolo come dolore corporeo.
Gli studi sulla sincope neuromediata in età pediatrica9,10, se
pur ancora limitati e non definitivi, evidenziano come il sintomo somatico (perdita di coscienza) sia associato ad una vulnerabilità psicopatologica del paziente. I bambini che presentano
episodi sincopali mostrano stati emotivi di ritiro, inibizione, passività, preoccupazioni sul corpo, stati di ansia e di depressione
e sono inclini a presentare problematiche emotive e comportamentali orientate più sul versante internalizzante.
Il paziente pediatrico con sincope fa uso di uno stile di coping (modalità con cui fa fronte agli eventi stressanti) maggiormente centrato sull’evitamento, mostra minori capacità di
problem solving (processo psicologico ed emozionale attraverso il quale ci adoperiamo per risolvere un problema) rispetto ai
propri coetanei e manifesta un maggiore stato di ritiro sociale11.
La vulnerabilità psicopatologica caratterizzata dalla prevalenza di sintomi di ansia e di depressione, unita all’uso più o
meno intenso di processi dissociativi, finalizzati a estromettere
dalla coscienza sentimenti e pensieri negativi, svela la presenza di un’area traumatica di sviluppo relativa ad una patologia
dell’attaccamento in cui il genitore non fornisce al bambino gli
strumenti per tollerare e decodificare l’amalgama di emozioni
che sono da lui così concretamente implose nel corpo12.
La patogenesi dell’esperienza traumatica sembra riconducibile a microtraumi ripetuti nella relazione madre-bambino che
si verificano sin dalle fasi precoci, anteriori all’acquisizione del
PROFILO PSICOLOGICO DEL BAMBINO CON SINCOPE NEUROMEDIATA
linguaggio, che rimangono iscritti nella memoria implicita del
bambino12,13.
Negli spasmi affettivi, l’esistenza di tale vulnerabilità del
bambino alla dissociazione come modalità di risposta agli eventi stressanti, si osserva molto precocemente, indicandone un legame di attaccamento disorganizzato dove l’ambiente diventa
esso stesso fonte di traumi8.
In tale cornice l’ambiente relazionale precoce, secondo
Schore e Schore14, induce nel bambino in maniera duratura stati traumatici di affetto negativo quali paura, rabbia, sofferenza,
separazione attivando livelli molto elevati di arousal stressanti e
non offrendo nessuna riparazione interattiva. Le esperienze di
attaccamento disorganizzato sono impresse affettivamente in
modo indelebile nel cervello destro del bambino e codificano
strategie insufficienti di regolazione degli affetti che si attivano
in momenti di stress emozionale interpersonale.
Il verificarsi nel corso dello sviluppo di eventi stressanti come lutti, separazione genitoriale, malattie, ospedalizzazioni può
riattivare infatti queste aree traumatiche non risolte nel bambino/adolescente sollecitando una risposta difensiva che rimanda ad un vero e proprio “black-out” mente-corpo.
Si assiste, quindi, nella sincope neuromediata, ad un collasso delle funzioni integratrici della coscienza e al ricorso a
meccanismi difensivi dissociativi. È come se, di fronte a situazioni vissute come altamente stressanti e pericolose, il bambino dicesse “non ce la faccio a gestire la cosa” e in una sorta di
meccanismo automatico “switch-off” chiudesse l’interruttore
attraverso la perdita di coscienza. Di fronte a tali situazioni che
soverchiano le capacità difensive del soggetto, il paziente pediatrico ricorre all’attivazione di un’arcaica risposta vagale tronco-encefalica che provoca un’immobilità cataplettica e la disattivazione delle connessioni cerebrali superiori al fine di proteggerlo da un inevitabile dolore e offrirgli una possibilità di difesa, estrema e disperata, tramite uno stato di morte apparente15. Il riflesso vasovagale si attiverebbe come “meccanismo di
difesa” del corpo, in cui di fronte a situazioni stressanti, un rallentamento della frequenza cardiaca rappresenta un break benefico per la pompa cardiaca, riducendo il consumo di ossigeno e migliorando il riempimento diastolico e la perfusione coronarica16. Il ricorso a tale risposta difensiva si esplica attraverso un meccanismo di conversione nel corpo, che è simultaneamente difesa ed espressione simbolica di desideri e di fantasie
inconsce17,18. In tal senso il “corpo” presta se stesso e le sue
funzioni alla mente per essere usato secondo la volontà della
mente e il sintomo assume una valenza simbolica e comunicativa svolgendo una forte influenza di richiamo sull’ambiente familiare.
In linea con i risultati riportati in letteratura9,10, anche il nostro gruppo, attraverso la somministrazione di questionari CBCL
6/18 nella versione report-form19* ai genitori e attraverso i colloqui con i pazienti20, ha rilevato, nei bambini affetti da sincope neuromediata, la significativa presenza di problematiche
emotivo-comportamentali, caratterizzate da ritiro, ansia/depressione e lamentele somatiche.
In conclusione, sulla base di quanto esposto, ci sembra utile che la sincope neuromediata in età pediatrica sia studiata e
trattata anche valutando l’aspetto del “disturbo psicosomatico”. Ciò presuppone un lavoro multidisciplinare, “medico-psicologo”, che porti ad una lettura integrata delle disfunzioni somatiche ed emozionali nel tentativo di favorire un ripristino nella corretta fisiologia anche ricostruendo un corretto collegamento mente-corpo.
RIASSUNTO
In età pediatrica la sincope è motivo di grande ansia e preoccupazione per i genitori e il bambino. Il più frequente tipo di sincope è
rappresentato dalla sincope neuromediata che ha un’incidenza del
70% circa e un’eziologia generalmente benigna caratterizzata da
perdita di coscienza a rapida e spontanea risoluzione.
Nel bambino la sincope neuromediata può essere espressione di
un disturbo psicosomatico che sottende aree di vulnerabilità psicopatologica e che rimanda ad una scarsa integrazione corpo-mente. Da un punto di vista somatico gli episodi sincopali nel bambino
si manifestano attraverso reazioni vasovagali usualmente benigne
e sono accompagnati, sul versante emotivo- comportamentale, dalla prevalenza di sintomi internalizzanti (ansia, depressione, ritiro e
lamentele somatiche) e dall’utilizzazione, attraverso la perdita di
coscienza, del meccanismo di difesa della dissociazione.
Per questi motivi diventa rilevante, nella valutazione diagnostica
sulla sincope neuromediata, proporre, per un corretto inquadramento diagnostico clinico, uno studio integrato sia degli aspetti organici, per distinguere la sincope neuromediata da altre forme, sia
del funzionamento emotivo-adattivo del bambino/adolescente.
Parole chiave. Bambino; Disturbo psicosomatico; Sincope neuromediata.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia la dr.ssa Elisa Del Vecchio per la collaborazione nella revisione editoriale.
* I questionari Child Behavior Checklist (CBCL) fanno parte del sistema di valutazione su base empirica di Thomas Achenbach. Essi
permettono una descrizione del repertorio comportamentale ed
emotivo del bambino attraverso i resoconti forniti da genitori, insegnanti e/o ragazzi per valutare la presenza di condotte problematiche elencate in scale di comportamento.
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