MATERIALI TESTI PRODOTTI PRIMA DELL`INVIO DEL

MATERIALI
TESTI PRODOTTI PRIMA DELL’INVIO DEL
QUESTIONARIO A TUTTI I SOCI, cioè testi dei
membri della Commissione per lo statuto della filosofia
morale
Questionario sottoposto ai membri della commissione (autore: c. vigna)
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche
come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
1
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
Risposte dei membri della commissione
MAIL ricevute
Pessina Adriano [email protected]
a me, cantillo, anna.donise, Zambruno, maurizio.mori, Franco, Laura, Giuseppe, Pietro, Totaro, E
Carissimo Carmelo, grazie. Ho molto apprezzato il tuo documento, molto equilibrato
e capace di intercettare le nuove dinamiche della nostra disciplina.
In particolare ritengo che meriterebbe una riflessione la cosiddetta consulenza
filosofica che meriterebbe, a mio avviso, di essere rivalutata accademicamente,
sottraendola alla possibile deriva di diventare una psicologia da dilettanti. Ritengo,
infatti, forse anche a motivo di una certa familiarità che i bioeticisti hanno con i temi
della consulenza, che possa costituire un'area di seria ricerca scientifica e di
approfondimento.
Per quanto riguarda le date, ti segnalo che il 5 marzo è in realtà un sabato: per me i
venerdì di marzo sono abbastanza proibitivi, per cui, se fosse possibile dirotterei le
date sui giovedì, ma in ogni caso attendo le decisioni tue e della maggioranza.
Un caro saluto a te e ai colleghi che ci leggono in copia, Adriano
Laura Tundo [email protected]
a me, cantillo, anna.donise, Zambruno, adriano.pessina, maurizio.mori, Giuseppe, Pietro, Totaro,
Caro prof. Vigna e cari amici,
il quadro che i quesiti da te proposti delineano è molto ampio e costituisce una
ottima base di discussione. Mi pare che siano comprese molte, quasi tutte le domande
con le quali ci confrontiamo durante il nostro lavoro.
Trovo però che punto 9 (sulla irrilevanza socio-politica)colga un problema : la nostra
riflessione di filosofi morali non sembra legittimata a partecipare su un piano di parità
alla formazione di convincimenti capaci attrarre consenso. Anche, ma non soltanto,
2
sul terreno bioetico, le argomentazioni di tipo assiologico vengono facilmente
sopravanzate da quelle sociologiche (prevalentemente descrittive) e da quelle
giuridiche. Si fa fatica a far passare idee che abbiano contenuti vincolanti sul piano
etico nonostante che proprio questo sia continuamente invocato. In risposta a questi
sforzi è subito pronta l’accusa di “moralismo”, un’etichetta buona per azzittire.
Un caro saluto a tutti
Elisabetta Zambruno
A mio parere va aggiunto un punto che indichi l'intersezione tra la filosofia morale e
l'ambito della vita religiosa: le implicazioni morali presenti nel dialogo interreligioso
e in quello ecumenico;i rapporti tra filosofia morale e mistica; filosofia morale e
teologia morale nelle loro intersezioni, e anche il tema della laicità nella filosofia
morale e filosofia delle religioni.
Queste osservazioni sono giustificate dal ruolo ormai centrale che la dimensione
religiosa occupa nel mondo contemporaneo, sia in positivo, sia purtroppo in negativo
(i fondamentalismi, la presenza talvolta nelle chiese occidentali di corruzione,
privilegi).
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Documento di Pino Cantillo, Presidente SIFM, messo a disposizione della
commissione
Avviando un discorso sullo status della filosofia morale italiana contemporanea, c’è, io
credo, in primo luogo l’esigenza di una riflessione sullo statuto della disciplina, sul suo
oggetto. E’ evidente, infatti, che nel corso di questi ultimi decenni si è sempre più
venuta delineando una frammentazione dell’ambito disciplinare tradizionalmente
raccolto sotto il titolo di “filosofia morale”. Sempre di più si sono venute definendo le
cosiddette “etiche applicate”: dalla bioetica all’etica sociale, dall’etica economica o degli
affari all’etica dell’ambiente, all’etica della comunicazione, all’etica pubblica, spesso
prendendo consapevolezza della propria specificità , ma ancor più spesso proponendosi
come parti integranti, se non fondamentali, della filosofia morale. In effetti, già,
storicamente, c’è sempre stata un’oscillazione tra etica, filosofia morale e filosofia
pratica o della pratica. A queste oscillazioni non solo terminologiche, ma concettuali e
indicative di prospettive, visioni del mondo, impostazioni filosofiche differenti, si sono
sovrapposte le distinzioni attuali.
Che cosa possiamo intendere quando parliamo di filosofia morale o, per riprendere
un’espressione di Pietro Piovani, filosofia della morale?
Una riflessione sui principi, sui fondamenti di un sistema di norme, di regole del
comportamento, della condotta di vita; o anche una riflessione sulle condizioni di
possibilità dell’esperienza morale – condizioni che in realtà si danno già in forma
precategoriale nel momento stesso in cui avvertiamo di star vivendo un’esperienza
morale. Nel senso cioè che quelle condizioni non sono dettate da un’astratta riflessione
razionale, ma si danno nell’intuizione, in una “visione offerente” su cui si esercita la
riflessione chiarificatrice e la definizione concettuale. Intendo dire che se riconosciamo
nel dovere della universalizzazione del principio del nostro agire soggettivo la legge
morale o il principio dell’agire morale, è perché abbiamo percepito, vissuto questo
dovere, abbiamo provato un sentimento di rispetto della legge morale. Ma accanto al
dovere della universalizzazione del principio soggettivo dell’azione, vi sono altre
condizioni dell’ esperienza morale e quindi altri principi della filosofia morale o della
morale. Per esempio, come ha messo in rilievo Enrico Berti commentando il concetto
aristotelico di filosofia pratica, una condizione essenziale dell’agire morale e pratico è
data dalla “scelta”1. Oppure ci si può riferire alla condizione della “libertà” come
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“autonomia” affermatosi nell’etica moderna o anche a quella della “vita buona”
propria dell’etica antica alla quale si richiama una parte della più recente riflessione
etica2. Si tratta quindi di risalire a queste condizioni, di definirle. Sicché una
possibilità di delimitare il territorio della filosofia morale rispetto alle etiche applicate,
definite dal loro particolare oggetto o campo fenomenico di applicazione, sta proprio
nella descrizione dell’esperienza morale, nella riflessione su di sé della coscienza
morale (fenomenologia della morale) e nella messa in rilievo delle condizioni di
possibilità di essa, ovvero delle strutture trascendentali della coscienza, universali e
universalizzanti, che presiedono alle scelte razionali nei vari ambiti della vita.
Oppure, se si accede al problema dall’altra parte della relazione soggetto-oggetto, a
parte objecti, il compito della filosofia morale è la descrizione e la determinazione
concettuale di oggetti ideali che hanno di per sé valore morale, si presentano, si
impongono alla coscienza come valori.
Ci sono ancora altre possibilità: quella di riflettere, classificando, comparando, sulle
argomentazioni, sulla logica dell’esperienza morale, o quella di compiere un’analisi
critica del linguaggio morale.
Inoltre, sempre su questo piano teoretico, si pone un altro problema riguardante la
materia, il contenuto, dell’esperienza morale: pensieri, conoscenze, sentimenti,
emozioni. Già si profilano a questo riguardo almeno due concezioni: razionalismo e
sentimentalismo, e al loro interno rispettivamente intellettualismo e intuizionismo,
sentimentalismo e emotivismo. Ma c’è di più. Perché, proprio in quanto ci siamo
collocati nella prospettiva della ricerca dei principi, delle condizioni di possibilità
dell’esperienza morale o della condotta della vita, non possiamo non porci il problema
della giustificazione, della fondazione di essi: cioè della fondabilità della morale—nel
senso che la filosofia morale avrebbe come suo oggetto originario e principale la
fondazione della pretesa di universalità e universalizzabilità dei principi dell’agire
morale. Con una domanda –ombra : non solo circa la possibilità di tale fondazione, ma
ancor di più circa la esigenza razionale o almeno la convenienza, l’utilità di una tale
fondazione. Anche se credo che si possa dire che l’esigenza razionale risulta con
evidenza, se solo ci prospettiamo una concezione assolutamente storicistica,
situazionistica delle norme, dei valori, dei criteri di scelta, se cioè portiamo fino alle
estreme conseguenze il c.d. relativismo morale.
Per quanto mi riguarda, la meta verso cui dovrebbe andare una riflessione di
metaetica o di filosofia morale dovrebbe essere quella di riuscire a delimitare, per così
dire, un recinto disciplinare costruito dalla convergenza della descrizione
fenomenologica delle forme della coscienza caratterizzanti l’esperienza morale e
insieme degli oggetti ideale intenzionati da quelle forme in quanto a queste offrentisi
con originaria evidenza. Intuizioni e oggetti, forme e contenuti sono qui inscindibili,
percepiti originariamente in una correlazione a priori.
Nella prospettiva appena accennata la “filosofia morale” in senso stretto si
1
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Cfr. E. Berti, Filosofia pratica, Guida, Napoli 2004, p. 9.
Cfr. V, Gessa Kurotschka, Etica, Guida, Napoli 2006, p.6
distinguerebbe dall’ambito più complessivo dell’etica che avrebbe ad oggetto tutti i
campi dell’agire umano considerati scientificamente nella loro specificità e si
articolerebbe quindi in ventaglio di etiche applicate. Per le quali si deve riconoscere
che l’esercizio di esse esige specifiche competenze afferenti ai saperi positivi, alle
scienze umane e naturali, in ragione di uno statuto disciplinare composito, non
riconducibile soltanto e puramente all’ interrogazione filosofica circa i principi generali
o il senso valoriale delle azioni. Il che non implica chiaramente che si possano tenere
rigidamente separate filosofia morale ed etiche applicate , dal momento che in ultima
istanza anche le etiche applicate rinviano alle domande intorno ai principi e al senso
dell’agire umano, ma essere consapevoli che esse si pongono queste domande a partire
da determinati campi della vita naturale o storica indagati dalle scienze corrispondenti.
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MORI
Ai Membri della Commissione sullo statuto della nostra disciplina
Per una riflessione sullo statuto della Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
Il punto può essere riformulato nei termini della distinzione tra etica teorica e applicata, più
congeniale a trattare i temi che ricorrono successivamente (bioetica, etica degli affari, della
comunicazione ecc.). Inoltre conviene distinguere due questioni sollevate dai punti finali
sull’etica applicata: da una parte, la sua natura e, dall’altra, l’interesse professionale che i
filosofi possono avere per il loro contributo in quanto si occupano di etica applicata in
ambienti come gli ospedali, le aziende, le scuole di formazione degli psicologi ecc.
In effetti questo ultimo è punto di politica culturale che la nostra Società di Filosofia Morale
potrebbe utilmente porsi e sviluppare secondo linee programmatiche da definire.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
Questa domanda deve distinguere tra la filosofia morale GENERALE e quella SPECIALE. La domanda si
pone per la prima, nel senso che essa studia l’eventuale rapporto o esclusione del rapporto con una
“ontologia”.
Inoltre, si può problematizzare la relazione tra l’etica filosofica e varie dimensioni. Sono
almeno tre.
a) MONDO: la dimensione metafisica, che si interroga sulla collocazione dell’etica nella realtà
e in quale tipo di realtà, dove incontriamo anche le questioni ontologiche. Qui si collocano le
varie opzioni, ad es.: il naturalismo aristotelico, il naturalismo tomista; il diverso naturalismo
scientifico (da Hume a l’etica naturalista contemporanea); il non naturalismo kantiano.
b) LINGUAGGIO: la dimensione del linguaggio: c’è una specificità del linguaggio morale?
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temi come: la natura dei concetti morali, le forme di argomentazione considerate come stili
linguistici particolari.
c) IO: la dimensione dell’io, vale a dire i temi della psicologia morale, che va intesa in senso ampio come
l’insieme di questioni che vertono sulla relazione tra l’io e la morale: quindi perlomeno 1) la natura del
carattere morale (le virtù, la motivazione, la psicologia empirica: di nuovo svolte secondo diversi stili); 2)
la natura dell’azione (qui l’etica si occupa di questioni di teoria dell’azione che non sono di per sé etiche
ma che riguardano l’agire, la agency in generale, e le mette in collegamento con l’agire morale).
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. qui si
presuppone che la filosofia morale abbia come proprio tema ultimo e specifico l’azione, ma
questa è una posizione specifica non da tutti condivisa; ad esempio c’è chi pone al centro
non l’azione ma la virtù o la intenzione, ecc.. Si distingue ad es. dalla politica o dal diritto o
dalla medicina (non capisco perché la medicina sia posta sullo stesso piano del diritto o
della politica: se mai, queste ultime vanno messe assieme al “costume”, ai “pregiudizi” e
“ai giudizi estetici ed economici”. Come si può indicare oggi il senso di questa distinzione?
In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”. Ma in quale senso?
Questa “questione” credo debba essere meglio chiarita: si intuisce il punto ma va
formulata in modo più adatto
È utile distinguere l’etica da altre sfere pratiche, come il diritto, la politica, l’economia
politica, le diverse forme di razionalità pratica, le religioni (concepite come istituzioni
prescrittive) (quindi la medicina è sì una tecnica ma non una sfera di regolazione della
condotta come sono le altre); e anche da sfere non pratiche come l’estetica o di nuove le
religioni (concepite come illustrazioni del significato del mondo).
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
Forse è meglio dare un “aiutino” ed indicare alcune delle “declinazioni teoriche”, in modo da evitare
possibili ambiguità. È utile inoltre distinguere l’etica da altre sfere pratiche, come il diritto, la politica,
l’economia politica, le diverse forme di razionalità pratica, le religioni (concepite come istituzioni
prescrittive) (quindi la medicina è sì una tecnica ma non una sfera di regolazione della condotta come
sono le altre); e anche da sfere non pratiche come l’estetica o di nuove le religioni (concepite come
illustrazioni del significato del mondo).
5. La filosofia morale (come parte GENERALE ?) sembra altra cosa dalla saggezza intesa come
… . Se sì, in che senso e fino a che punto?
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine di filosofia morale? (con “rilevanti” si
intende “più diffuse” = descrittivo, o “più importanti” = valutativo?) Fermo restando che
non ci si può non occupare di filosofia morale generale (questa premessa prima era
problematizzata (punto 1), mentre ora viene data come assodata: forse ci vuole maggiore
8
cautela), da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo della vita? Il mondo dei media? Il
mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella della politica o del diritto? Tutte
queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di recente sembra abbiano attirato
particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche come etica dell’ambiente)(non
capisco perché ci sia questa specificazione: l’etica ambientale o è un’etica sua propria o è
un settore della bioetica come altri), l’etica pubblica (che cosa si intende?) e l’etica della
comunicazione mediatica. E’ conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste
urgenze?
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica? Ma è poco coltivata “un’etica della scienza” (cioè gli scienziati non la
praticano!) o una “teoria dell’etica della scienza” o una “riflessione sull’etica della scienza”?
Sono questioni diverse da tenere separate o comunque da problematizzare.
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
Anche qui ci sono problemi diversi da considerare: i problemi “etici” delle psico-terapie possono
essere considerati un settore della bioetica (l’etica della salute mentale). È vero che agli inizi i fautori
della “consulenza filosofica” si sono impegnati in questa direzione pur usando metodi diversi da quelli
della psicologia/psichiatria, ma gli ulteriori sviluppi vedono questo settore con altri orientamenti. Il tema
è interessante ma dobbiamo tenere conto delle differenze.
È utile inoltre distinguere l’etica da altre sfere pratiche, come il diritto, la politica,
l’economia politica, le diverse forme di razionalità pratica, le religioni (concepite come
istituzioni prescrittive) (quindi la medicina è sì una tecnica ma non una sfera di regolazione
della condotta come sono le altre); e anche da sfere non pratiche come l’estetica o di nuove le
religioni (concepite come illustrazioni del significato del mondo).
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. Che cosa si intende con “socio-politico”? Perché l’aspetto “socio”
sembra coperto (Comitati etici, presenza in Commissioni, ecc.), mentre per quello
“politico” il problema andrebbe visto con altri strumenti) E’ una situazione da monitorare e
da cambiare?
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico” Non solo il mondo della
“produzione”, ma anche (forse di più) quello della “finanza” e dei “servizi”. Forse si è
aperto un nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in
termini di disponibilità di risorse?
Ad una rapida riflessione ex-post, mi pare si possa dire che lo schema proposto punti nella direzione
giusta e offra spunti molto interessanti perché le questioni individuate danno molto rilievo alle nuove
9
questioni concernenti l’etica applicata. Al riguardo, però, ci vuole una sorta di “sotto-questione”, da
mettere tra le prime, che concerne la distinzione tra “etica teorica” (o teoria etica) ed “etica applicata” (o
applicazione della teoria etica). Al momento non saprei come formularla, ma si tratta di vedere se la
distinzione tra “etica teorica” (o teoria etica) ed “etica applicata” (o applicazione della teoria etica). Al
momento non saprei come formularla, ma si tratta di vedere se la distinzione vale o no, ed
eventualmente a che condizioni, ecc.
TUNDO
Ai Membri della Commissione sullo statuto della nostra disciplina
1.La partizione indicata rimane a mio avviso utile; in una fase storica connotata da sia da costanti
trasformazioni e dalla loro accelerata ricezione, sia da una richiesta di riflessione etica proveniente
da ambiti diversi dell’agire umano è utile mantenere all’interno della Filosofia morale la
distinzione fra ricerca teorica e riflessione sull’agire negli ambiti specifici dell’esperienza umana.
3. Sono del tutto d’accordo sul fatto che la “Filosofia morale” si distingua da altre teorie che
riguardano l’azione umana, ad es. dalla politica, dal diritto o dalla medicina. La filosofia morale
rispetto a queste è una sorta di “passo indietro” nel senso che ricerca i fondamenti teorici e le
giustificazioni, indaga i presupposti e le precondizioni, le ne vaglia la tenuta e la ricaduta nella
prassi, politica, giuridica, scientifico -tecnologica. La filosofia morale, oltre che sul piano teorico,
lavora su quello storico, coglie anzitutto l’affermarsi di declinazioni peculiari di principi etici e
l’emergere (un tempo più raramente, oggi con una certa frequenza) di nuovi principi nella coscienza
degli individui di un determinato contesto socio-storico e nell’attestazione politica, giuridica; nelle
Carte, ma anche nella prassi condivisa, compresa la prassi terapeutica (l’esempio canonico è il
livello, divenuto nei secoli sempre più specifico, della libertà come principio etico ma anche
giuridico, politico e infine relativo all’uso medico). La “filosofia morale coglie altresì l’affermarsi
di quelli che possiamo chiamare nuovi “bisogni etici”, come mostrano altri esempi : il bisogno di
trovare un principio-limite della libertà dopo la sua ipertrofica e illimite espansione attraverso la
“responsabilità; il bisogno di riconoscimento, il quale interviene a seguito dell’inefficacia
dimostrata nella prassi da etiche universaliste rivelatesi incapaci di declinare le differenze (di
genere, di cultura, ma anche di potenzialità- i disabili- o di capacità). Mi sembra, poi, che un
compito importante e anche urgente della riflessione filosofico-morale sia l’individuazione di
Vincoli che abbiano autentica portata universale, su cui possa convergere il consenso trasversale e
transculturale, lo richiede l’avanzare di una cosmopolitizzazione di fatto che non può essere lasciata
alla casualità.
7. Sembra poco coltivata sia “l’etica della scienza” sia “l’etica della tecnologia” ; in realtà, la prima,
dominata da una intrinseca valenza positiva (progressuale) dell’aumento del sapere che tollera a
mala pena limiti operativi, di natura procedurale (condizioni della sperimentazione), che
convenzionalmente finiscono per costituire l’etica della scienza. Ma la scienza non tollera limiti agli
ambiti su cui ricercare(ad es. non tollera l’imposizione di moratorie). Qui è indispensabile che la
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filosofia morale si confronti direttamente con gli scienziati. Per l’etica della tecnologia il discorso è
abbastanza avanzato, seppure dominato da riflessioni di filosofi che tutti conosciamo.
10. La crescente attenzione verso il “codice etico” non solo nel mondo della produzione, della
finanza ma anche nella “Pubblica amministrazione”, coincide con l’aumentata sensibilità verso
quello spazio non coperto da norme chiaramente esplicitate, ritenuto un tempo marginale, entro
il quale si sono insinuate prassi non vietate o sanzionate, ma considerate in contrasto con una più
elevata e rigorosa considerazione morale dei comportamenti pubblici. In effetti, si è compreso che
non di uno spazio marginale o residuale si trattava, bensì di un luogo in cui si consumavano
conflitti d’interesse. Si tratta di conflitti lungamente sottovalutati nei confronti dei quali si tendeva
a far prevalere sia l’assenza di un esplicito divieto giuridico, sia una vera e propria distorsione
introdotta dal costume, quella di considerare moralmente prioritari sentimenti e legami familiari,
amicali, di gruppo, su valutazioni oggettive in base al merito. Quando il “costume” induce
comportamenti distorti, vuol dire che il livello di maturazione, e disciplinamento morale è basso,
bassa l’autosorveglianza morale perciò si ritiene opportuno rivolgersi altrove. Istituzioni diverse,
private e pubbliche, si sono dotate di strumenti come il “Codice etico” e il “Bilancio sociale” allo
scopo di coprire con orientamenti e regole condivisi, quello spazio d’azione. Due fattori risultano
significativi per noi: nei casi in cui una Istituzione o un’Impresa abbia deciso di dotarsi di un
“Codice etico” la sua redazione è stata affidata a giuristi. Le commissioni etiche non privilegiano la
presenza di “filosofi morali” in qualità di esperti. Anche nel caso della redazione del “Bilancio
sociale” accade che siano chiamati gli economisti a individuare i fattori socialmentei qualificanti di
un’impresa. In un caso e nell’altro sembra essere prevalsa l’idea di affidarsi a “tecnici” e, inoltre,
che sia sufficiente operare con “trasparenza”, cioè rendendo noti tutti documenti e i dati relativi
ad una certa attività; questo non di rado a scapito dell’attenzione alle specifiche questioni di
merito. I filosofi morali comunque non sono stati attori di questa importante innovazione sul
terreno dell’agire etico.
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TESTI RICEVUTI DOPO
L’INVIO DEL QUESTIONARIO A TUTTI I SOCI
AGUTI
Questionario SIFM
1) La partizione è ancora utile sia dal punto di vista metodologico che didattico per ragioni così
ovvie che non conviene illustrare.
2) In filosofia tutto si tiene e quindi è chiaro che la filosofia morale, per quanto
disciplinarmente autonoma, presuppone una certa concezione ontologica, a prescindere che
sia esplicitata o meno, come, del resto, una certa concezione antropologica. In certi casi
presuppone anche una certa concezione teologica, come per esempio nel teismo dove si
ritiene che i valori morali siano fondati nella loro oggettività dall'esistenza di Dio.
3) La filosofia morale condivide con altre discipline filosofiche la caratteristica dell'esercizio
riflessivo che opera una mediazione concettuale dell'esperienza umana. In questo senso,
forse, si può definire come un “passo indietro”. La morale ha poi, ovviamente, una status
differente rispetto alla politica, al diritto etc.
4) Le declinazioni teoriche della filosofia morale sono accomunate dal loro essere filosofiche.
Per il resto, vi sono differenze di grado diverso che in certi casi arrivano fino al limite
dell'incommensurabilità e quindi della incomunicabilità.
5) La differenza è ovvia. La saggezza è una virtù etica, la filosofia morale un esercizio
riflessivo. L'una non implica l'altra e viceversa, anche se ovviamente (e auspicabilmente)
possono darsi assieme.
6) Tutti i temi richiamati sono degni di interesse. L'ambito del rapporto tra religione e morale è
quello che personalmente ritengo più interessante.
7) Più che un'eredità della dell'idealismo o del neoidealismo, ritengo che la negligenza a
trattare del rapporto tra etica e scienza derivi dal fatto che in ambito scientifico mal si
sopporta di essere sottoposti ad uno screening etico, forse perché si parte dal presupposto
errato che il progresso della conoscenza scientifico-tecnologico implichi automaticamente
un progresso morale. I moralisti italiani non fanno molto per cambiare questo stato di cose.
8) Penso che per lo più ciò dipenda, come per la precedente questione, dal fatto che la
psicologia e in particolare la psicoanalisi hanno la tendenza a concepire la morale come un
insieme di regole che sono esteriori al soggetto e che ne coartano la spontaneità. La
“consulenza filosofica” mi sembra poi un tentativo non molto riuscito di supplire alla
carenza di sbocchi occupazionali di chi ha studiato filosofia e non si arrende a cambiare
mestiere.
9) Certamente. Credo che in gran parte ciò dipenda dal fatto molti di noi si occupano di
questioni “accademiche” in senso deteriore, cioè che non hanno alcuna diretta attinenza con
i problemi socio-politici più urgenti; a ciò si aggiunge il basso livello culturale della
discussione pubblica e mass-mediatica in Italia, più incline alla polemica che alla
discussione oggettiva, e, per quanto riguarda i moralisti cattolici, il fatto che la posizione
pubblica è già occupata dalla chiesa.
10) Forse potremmo proporci, in quanto SIFM, come agenzia che elabora codici etici o certifica
la “qualità etica” per aziende o enti pubblici, sempre che qualcuno di questi tempi sia
effettivamente disposto a spendere dei soldi per questo. Andrea Aguti
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ALICI
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le accomuna?
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può non
occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo della
vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella della
politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di recente
sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche come etica
dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’ conveniente e
forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità
idealistica o neoidealistica?
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un nuovo
fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
Risposte Luigi Alici
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1. La distinzione, a mio avviso, ha un senso soprattutto intendendo l’etica “generale” come
“fondamentale”, vale a dire come riflessione critica sui “fondamenti”, e l’etica “applicata”
(in una certa misura, la filosofia morale è sempre “applicata” alla vita) come etica
“speciale”. È aperto il problema di un circolo virtuoso, di cui si avverte il bisogno
soprattutto nel contesto italiano (e, in misura minore, europeo): in assenza di una qualche
correlazione, l’etica fondamentale rischia una comoda astrattezza e l’etica speciale finisce
per trasformarsi in una copertura normativa ai codici deontologici professionali, elaborati
spesso secondo preoccupazioni corporative e sulla base di uno statuto eminentemente
convenzionale.
2. La Filosofia morale, soprattutto se intesa in senso “fondamentale”, non può esimersi da
una riflessione critica intorno alla natura della vita morale e, in seconda battuta, intorno
allo statuto epistemologico della riflessione filosofica sulla vita morale. A mio giudizio, è
irrinunciabile una riflessione sullo spessore “teorico” della disciplina, inteso secondo
questo doppio livello, che non confonderei con una doverosa apertura interdisciplinare alle
discipline “teoretiche” propriamente dette: c’è uno spessore “teorico” proprio della
Filosofia morale, non importato dall’esterno. Il rimando ontologico (nell’accezione più
ampia del termine) può considerarsi una specificazione ulteriore di questo; non l’unica
possibile, come Levinas ci ha insegnato.
3. Fra gli approcci che tematizzano la vita pratica, normativi (come il diritto o la teologia
morale) o descrittivi (tipici delle scienze umane…), la specificità della Filosofia morale (a suo
modo comprensiva di un approccio normativo e metaetico) si configura come riflessione di
secondo livello, capace di distinguere fra fattualità e trascendentalità dell’esperienza
morale.
4. L’elemento comune sembra costituito dal “plusvalore pratico”, che è il “valore aggiunto”
identificato dal fatto che l’agente morale restituisce al mondo più di quanto riceve.
5. La filosofia morale contiene la saggezza come forma di vita pratica, che deve poter essere
illuminata in virtù di un dispositivo teorico.
6. Censire i sentieri lungo i quali può incamminarsi l’etica speciale è praticamente impossibile.
Una linea di ricerca in qualche modo imprescindibile consiste nel discutere i paradigmi
teorici che sono alla base di queste distinzioni; a titolo puramente indicativo: tra etica
privata ed etica pubblica si può distinguere senza separare? Quale rapporto può esserci fra
lo statuto rigorosamente normativo che l’ecologia tende ad attribuire alla vita naturale e
quello tendenzialmente relativistico con cui la bioetica guarda alla vita umana?
7. L’eredità dello storicismo idealistico è indubbiamente pesante. Più in generale, ritengo che
si possa applicare anche all’Italia la critica che Jonas rivolge alla tradizione filosofica
tedesca, a suo giudizio prigioniera della separazione operata da Dilthey tra scienze della
natura e scienze dello spirito.
8. Certamente sì. Un impegno coraggioso della Società nell’identificare e valorizzare lo
specifico della consulenza filosofica sarebbe quanto mai urgente e opportuno.
9. Se ci si riferisce – come suppongo – a una presenza nel dibattito pubblico, la Società in
questo caso dovrebbe intervenire per lo più in forme indirette, offrendo occasioni mirate di
riflessione comune, sulla base di percorsi lungimiranti e non occasionali, e in alcuni casi in
14
forme dirette, attraverso qualche presa di posizione, quando è possibile farlo in modo
largamente condiviso.
10. Questo fronte di attenzione lo metterei al primo posto, insieme a quello sulla consulenza
filosofica. La Società non può organizzarsi in modo da offrire una sorta di Certificazione sui
processi che tendono alla elaborazione di un codice etico?
15
BORTOLI
Risposta al questionario SIFM
Tento di fornire qualche osservazione d’insieme, tenendo nel debito conto che si parla
nell’ambito di una associazione accademica i cui membri di diritto sono accomunati da una
medesima professione.
Ora, se è semplice identificare i membri di diritto della Società, in quanto formalmente
appartenenti ad un settore disciplinare, molto meno facile è fissare lo statuto teorico della
disciplina: non solo soggetto a modificarsi nel corso del tempo (anche d’un tempo breve)
ma anche diversamente interpretabile e variamente estensibile. Se a questo si aggiunge
l’incessante mutazione degli ordinamenti universitari (per lo meno a partire dal 1998) e le
conseguenti continue ristrutturazioni organizzative che pongono ostacoli crescenti alla
presenza di insegnamenti filosofici (e delle correlate attività di ricerca) nei Dipartimenti e
nei corsi di laurea o studio (o scuole o poli o come si chiamino), si conclude che non solo
sul piano epistemologico ma altresì su quello istituzionale, la filosofia è stata ed è soggetta
ad una serie di sollecitazioni che non consentono più di considerarla come in passato e
che ne mettono in profonda crisi quelle che si presentavano come le sue diverse parti.
Pertanto assumerei un’attitudine nominalistica e partirei dal presupposto che, nel settore e
nell’associazione, viga un riconosciuto pluralismo quanto ad argomenti e metodi. Si tratta
di una constatazione di fatto ma anche d’un’indicazione e d’un auspicio inevitabili data la
situazione istituzionale e culturale generale.
Accanto a questo, spicca la costitutiva interdisciplinarità di tutti quei nuovi argomenti
rubricabili fra le etiche applicate. Questo sia nel senso d’un’originaria e non evitabile
contiguità con altre discipline riconducibili a diversi settori, sia nel senso d’un richiamo
anch’esso costitutivo al senso comune ed all’esperienza quotidiana e vissuta. Sotto questo
profilo, le etiche applicate si distinguono essenzialmente dagli argomenti tradizionali della
disciplina, i quali implicano riferimenti indiretti, variabili e talora contingenti, a sfere diverse
ed all’ambito prefilosofico.
Un compito epistemologico che un’associazione accademica potrebbe proporsi sarebbe
allora la promozione e la discussione per un verso di nuovi argomenti – in sostanza, le
diverse etiche applicate – instaurando tutti i contatti indispensabili per una proficua
interazione fra settori differenti; e per un altro di (più o meno relativamente) nuovi od
originali metodi per lo studio di argomenti tradizionali.
A quest’ultimo proposito, venendo ad una considerazione più personale, porrei l’enfasi su
due temi: la religione e la storia. Negli ultimi due decenni, in area linguistica soprattutto
anglosassone, sono stati realizzati diversi programmi di ricerca circa la connessione fra il
terreno delle religioni e l’origine del mondo moderno, ispirati a criteri molto diversi da quelli
della mera contrapposizione e del reciproco rifiuto, prevalsi in passato. Anche quanto alla
concezione della storia e del progresso – e proprio quando il vento sembra spirare in
direzione contraria – non mancano indicazioni di lavoro che riprendano prospettive
classiche di un ambito quale è la filosofia della storia ed una correlata nozione mondiale e
globale della storia umana (tema della crescita economica e civile, rapporti orienteoccidente, diritti umani universali e etiche locali, e così via).
16
Quanto alla presenza sui media, è da riconoscere che ben difficilmente lo specialismo e la
ricerca, nonché gli argomenti tradizionali del settore – per non menzionare i metodi, pur
innovativi – possono aspirare ad accedere ad una simile via di diffusione e di discussione
senza snaturarsi. Diverso è il caso delle etiche applicate, che risultano molto più adatte ad
una trattazione tramite i canali dell’informazione di massa: sia per il loro statuto per
essenza multidisciplinare, sia per loro diretta connessione (e per i notevoli feed-back che
ne risultano) con senso ed esperienza comuni.
Del resto, le università e gli istituti di ricerca (pubblici e privati) restano la sede elettiva per
elaborare mediazioni fruttuose tra specialismi e cultura di massa, soprattutto con riguardo
alla didattica ed al suo esercizio ai diversi gradi previsti: e questo rimane un piano
d’interesse privilegiato per una associazione di mestiere.
17
CAMPODONICO
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
La distinzione di filosofia morale generale e speciale può ancora essere utile metodologicamente e
didatticamente onde sollecitare tutti e, in particolare, chi coltiva o coltiverà prevalentemente le
etiche speciali a interrogarsi sulle giustificazioni ultime delle sue scelte e a non ridurle a una
precettistica tediosa e poco motivante. Inoltre ha il merito di distogliere dal pensare che la
conoscenza approfondita e “scientifica” dei particolari possa determinare le scelte a prescindere
dalle impostazioni generali di carattere antropologico ed etico. Inversamente essa invita coloro che
si soffermano prevalentemente su questioni di metaetica e di fondazione della morale a verificare le
proprie prospettive a contatto con i problemi concreti di oggi, evitando l’astrattezza.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica un’indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come un’ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
La metafisica e l’ontologia (ma anche negativamente e criticamente l’epistemologia) hanno ancora
il ruolo di fornire orientazioni filosofiche complessive, anche quando, come spesso avviene, questo
ruolo non viene tematizzato. In particolare: si tratta oggi di esplicitare le opzioni metafisiche
implicite che sottendono le scelte morali (tematiche attuali come l’evoluzionismo e il naturalismo in
genere lo richiedono). Anche una riflessione sul senso della storia e sul valore della tradizione
(filosofia della storia) in un’epoca in cui si tende a vivere immersi nell’attimo può essere utile per
fornire qualche indicazione generale di carattere antropologico. L’antropologia filosofica disciplina
per sua natura “tra” la filosofia e le scienze, tra la metafisica e l’etica, fa da necessaria mediazione.
Questa disciplina è fondamentale per la filosofia morale e le etiche speciali. Non esiste come
disciplina autonoma nel contesto analitico oggi dominante, forse perché, pur possedendo un unico
contenuto, non possiede un unico oggetto formale – se ne teme la genericità anche se di fatto è
praticata sotto altre denominazioni da autori come Searle, Audi, Putnam ecc. Inoltre spesso non la
si tematizza in filosofia morale forse per timore di violare la “legge di Hume”. Comunque sia, una
certa visione dell’uomo è presupposta almeno sullo sfondo quando si agisce e quando si riflette di
morale. Tematiche attualissime e moralmente delicate come il nesso psiche-corporeità, la differenza
sessuale, l’intersoggettività, la differenza uomo-animale rientrano a pieno titolo in questa disciplina.
La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue ad es.
dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di questa
distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”. Ma in quale
senso?
Si tratta di un tema fondamentale e urgente che interessa oggi anche le ripartizioni disciplinari. Il
problema del nesso fra etica e filosofia politica trattato da Aristotele ai primordi della filosofia è di
particolare attualità e va ripreso e problematizzato. In qualche modo sembrerebbe che oggi la
filosofia politica e anche la filosofia del diritto abbia un maggior peso e l’etica per il suo carattere
“privato” e il suo “debole” statuto epistemologico sia lasciata alle opzioni del singolo purché non
nuocciano ad altri. Ma questo finisce per demotivare anche sul piano politico. Occorre quindi
articolare nuovamente un rapporto virtuoso fra esperienza morale e politica, fra etica e filosofia
18
politica o se vogliamo, fra privato, e pubblico.
3. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le accomuna?
Credo il tema del bene o del senso della vita anche quando non è tematizzato in questo modo.
4. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
In quanto riflessione sistematica sui criteri dell’agire, la filosofia morale è diversa dalla saggezza
ovvero dall’esperienza morale a meno di perdere il contatto con la realtà e con le motivazioni
dell’agire morale. La scelta concreta è affidata alla saggezza pratica, il che non implica
necessariamente mancanza di rigore. Anche questo aspetto andrebbe sottolineato e approfondito.
5. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche come
etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
Mi pare che non sia tanto importante l’ambito di etica speciale cui si decide di dare la prevalenza
quanto il punto di vista che si assume il quale deve affrontare nettamente il tema del senso. In
questa prospettiva la tematica della formazione della persona (antropologia filosofica, etica
dell’educazione?), persona che affronta in concreto i singoli problemi che trattano le etiche
speciali, mi pare che non possa non essere quella prevalente.
6. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
Probabilmente oltre al peso dell’eredità idealista gioca anche una polemica tipicamente italiana
laici-cattolici, per cui parlare di etica della scienza potrebbe apparire come porre dei limiti alla
libertà dello scienziato. Oltre che all’etica della scienza occorre fare riferimento ad un’etica della
tecnologia tecnoscienze).
7. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche a
livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
8. Cultura generale. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente
irrilevante e forse anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
In effetti sembra prevalente l’autorevolezza di psicologi, sociologi, antropologi, economisti,
filosofi politici. Ciò si deve sia alla presunta maggiore autorevolezza delle “scienze”, sia al fatto
che il moralista fa fatica a coniugare una visione ampia dell’uomo con la capacità di calarsi nel
concreto. In qualche modo il moralista oggi è chiamato dalla stessa pratica della sua disciplina
ad essere più morale (phronimos) e non solo studioso di morale, ad affinare cioè lo sguardo
(virtù dell’attenzione). Occorre accettare questa sfida che sollecita alla testimonianza e alla
creatività.
9. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un nuovo
fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
Non sono in grado di rispondere con certezza.
Angelo Campodonico
19
CANTILLO
Per una riflessione su Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata)
come filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o
applicata). Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda
di illuminare singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la
differenza sessuale, il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali,
le età della vita, il mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa
partizione può essere ancora utile?
( Riprendo la risposta di Mancini- Marassi – Riva-Zambruno ; e rinvio alla mia
introduzione al Convegno del novembre 2011) .
A nostro parere la distinzione all’interno della filosofia morale tra un piano generale e
un piano speciale va mantenuta e lasciata aperta alle sue possibili rimodulazioni, in
modo che anche dagli ambiti specifici possano sopravvenire sollecitazioni all’ambito
complessivo della filosofia morale generale. Quanto più questo nesso si dispiega
all’insegna della reversibilità tanto più è provvisto di portata euristica.
Inoltre se venisse meno tale distinzione, e se quindi la filosofia morale si risolvesse
nel catalogo delle etiche applicate, sarebbe pur tuttavia necessaria una metateoria in
grado di poter identificare determinati saperi come etiche applicate e occorrerebbe
pur sempre delineare le cerniere teoriche della loro compossibilità. Ma il rescindere il
rapporto tra l’etica generale e le tradizioni filosofiche entro cui l’esperienza umana è
stata interpretata segnerebbe un insensato impoverimento.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a
volte rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale
prescindere realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o
non è importante un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche
questa è una domanda possibile.
Ritengo che la possibilità di fondare una prospettiva morale dell’esistere non possa
criticamente fare a meno di affrontare la questione dello statuto ontologico
dell’esserci-uomo. La descrizione fenomenologica della coscienza morale porta di per
sé a porre questa domanda.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si
distingue ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il
20
senso di questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di
“passo indietro”. Ma in quale senso?
“Passo indietro” nel senso che l’esperienza morale ha a che fare con la dimensione
dell’intenzione, della motivazione interiore dell’agire , che la distingue dalle prese di
posizione etiche nella dimensione del diritto o della politica o delle determinazioni
nell’ambito delle discipline mediche. Credo che sia sempre valida la distinzione tra
etica soggettiva ed etica oggettiva nelle varie formulazioni che ha assunto : moralità
ed eticità, morale della coscienza o dell’intenzione ed etica dei beni , morale della
personalità ed etica dei valori culturali etc.
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
Due essenzialmente : la relazione con l’interiorità, con la coscienza (Gewissen) , la
ricerca intorno ai principi , alle condizioni di possibilità dell’esperienza morale. La
questione , cioè, della fondabilità dell’agire morale.
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che
punto?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi-Riva-Zambruno)
Poiché la saggezza è un abito elettivo, appartiene per definizione solo all’uomo
virtuoso, il quale non ha bisogno di interrogarsi sullo statuto della saggezza. La
filosofia morale, in quanto disciplina, deve invece, elaborare un suo statuto teorico.
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il
mondo della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo
dell’economia? Quella della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)?
Almeno tre “settori” di recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del
pubblico: la bioetica (anche come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della
comunicazione mediatica. E’ conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste
urgenze?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi- Riva-Zambruno )
I settori che richiamano interesse vanno a sovrapporsi proprio con gli ambiti suggeriti
dalle domande. Ambiti e domande si costituiscono nell’intreccio tra l’impostazione
21
logica “generalista” e gli ambiti di ricerca. Ci sembra in particolare che anche la
dimensione religiosa sia un un’esperienza le cui ricadute antropologiche interpellino
la riflessione morale. Quanto al quesito sull’urgenza, riteniamo che varrebbe la pena
di articolare meglio la distinzione tra urgenza e domanda di senso. Perché se è vero
che la disattenzione alle urgenze può condurre all’asfissia e all’irrilevante, è
altrettanto vero che le urgenze possono rivelarsi un effetto contingente ed effimero,
se non addirittura procurato.
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità
idealistica o neoidealistica?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi-Riva-Zambruno)
Nessuna tradizione filosofica può essere intesa in termini pregiudizialmente negativi;
l’idealismo poi appartiene alla grande storia del pensiero europeo e italiano. Forse la
debole presenza di un’etica della scienza dipende dalla distanza tra lo statuto della
scienza e quello della filosofia. Bisogna anche valorizzare i contributi che su questo
versante sono venuti negli ultimi decenni da parte degli scienziati.
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando
anche a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’
questa una direzione che merita indagine?
(Riprendo solo in parte della risposta Mancini-Marassi- Riva-Zambruno)
Il rapporto tra etica e psicologia dinamica attraversa il XX secolo, ha prodotto
notevoli risultati ed è da accogliere e sviluppare criticamente. La fenomenologia
della vita etica che è oggetto della filosofia morale non può non avvalersi delle analisi
delle varie esperienze della psicologia contemporanea. Personalmente non credo a
una effettiva funzione della consulenza filosofica.
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e
forse anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
(Riprendo solo in parte la risposta Mancini-Marassi-Riva-Zambruno)
È da auspicare che la presenza sia rafforzata, dato che la presenza soprattutto in Italia
è carente. Questo vale ovviamente soprattutto per quei filosofi della morale che si
dedicano ad ambiti speciali come la bioetica, l’etica delle comunicazioni, le varie
etiche deontologiche etc.
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10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini
di disponibilità di risorse?
(Riprendo solo in parte la risposta Mancini-Marassi- Riva-Zambruno )
I codici etici meritano per se stessi attenzione come campo d’indagine.
Giuseppe Cantillo
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DE CARO
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
Assolutamente sì!
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
Secondo me ogni teoria morale rimanda sembra a un quadro teorico (metafisicoepistemologico) di sfondo. Ma talora è vero anche il contrario.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
La filosofia si occupa di normatività (e in questo si distingue dalla medicina). Inoltre
soltanto la branca minore detta “etica descrittiva” si occupa della morale come si dà
di fatto: e questa branca condivide l’approccio del diritto (che guarda al diritto
positivo) e della politica (che studia le leggi del fare politico come fattualmente si
danno). Ma la maggior parte delle riflessioni morali non concerne la morale come si
dà di fatto, ma come si dovrebbe presentare.
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
La maggior parte si occupa, come dicevo, di normatività in linea di principio (e ciò è
vero anche per l’etica applicata): ma fanno eccezione l’etica descrittiva.
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5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
Anche un criminale può essere saggio (nel senso che è dotato di phronesis , mentre
un individuo veramente morale deve essere un saggio. La saggezza è condizione
necessaria ma non sufficiente della moralità.
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche
come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
La metaetica (ovvero la riflessione generale sul senso e la natura della morale) e
alcune etiche applicate (come la business ethics, la bioetica, la neuroetica e l’etica
dei media.
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
A mio giudizio lo è. Ma c’è un corrispettivo dogma scientistico: che le scienze (e
forse solo le scienze naturali) si occupano di fatti, mentre l’etica si occupa di valori –
su cui non si può dire nulla di oggettivo. Questa concezione è tanto errata quanto
quella neoidealistica citata nella domanda.
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
a. Secondo me la filosofia non può competere con la psicologia sul piano clinico. La
terapia psicologica però presenta importanti aspetti degni di riflessione morale.
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
Asssolutamente sì. L’importante però che i filosofi morali non siano moralisti. Penso che
dovremmo migliorare le categorie della discussione sull’etica pubblica più che spiegare cosa
andrebbe e cosa non andrebbe fatto in concreto (tema su cui le opinioni sono tante quanti i
filosofi morali, e forse di più!9.
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
Penso proprio di sì. Questo è certamente un ambito su cui investire, ma su cui nel
contempo occorre riflettere metodologicamente. Sarebbe interessante creare una
25
task force nella nostra società (che organizzi incontri e ci colleghi con il mondo delle
imprese e con la società civile).
26
FIMIANI
Per una riflessione su Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
La partizione tra filosofia morale “generale” e filosofia morale “speciale” non è solo utile
e necessaria, ma costituisce un arricchimento reciproco per entrambi i campi di
riflessione. La partizione è richiesta dall’oggetto specifico delle ricerche negli ambiti
differenti della esperienza umana, ricerche che sono indubbiamente arricchimento e
stimolo per l’etica generale e che tuttavia non possono sottrarsi al carattere fondativo di
una riflessione generale sulle condizioni di possibilità, sui principi, sulle finalità delle
pratiche speciali.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
Che la Filosofia morale abbia come riferimento “orientazioni filosofiche complessive” è
forse inevitabile se non necessario, ma ciò non comporta una assoluta dipendenza, né, in
contrasto, una assoluta indipendenza. Per questo legame dinamico ritengo che non sia
necessaria una esplicita, chiarita, definita premessa “ontologica”. E’ però necessario che
un tale rapporto - tra filosofia morale e orientazione filosofica complessiva - aiuti a
mantenere uno scarto e una differenza, uno strappo indispensabile, tra la riflessione di
Filosofia morale e quella che si applica ad ambiti specifici e a contenuti determinati e
particolari, propri delle etiche applicate.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
27
“Passo indietro” non va certamente inteso nel senso di una delega, per ogni riflessione
sui principi dell’agire morale, al diritto, alla politica, alla medicina, assimilando così le
motivazioni e le finalità della morale alle norme e ai codici definiti in ambito giuridico,
politico, etico. Fare un “passo indietro” vuol dire, qui, sottrarsi alla immediata adesione a
valori culturali definiti ed esercitare una riflessione che produca nell’agire morale uno
scarto dalla pura esperienza pratica e dalla ripetizione dell’acquisito.
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi-Riva-Zambruno)
Sì, sulla base delle argomentazioni formulate nelle risposte alle domande 1 e 2.
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi-Riva-Zambruno e di Cantillo)
Poiché la saggezza è un abito elettivo, appartiene per definizione solo all’uomo virtuoso,
il quale non ha bisogno di interrogarsi sullo statuto della saggezza. La filosofia morale, in
quanto disciplina, deve invece, elaborare un suo statuto teorico.
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche
come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
(Riprendo la risposta di Mancini-Marassi- Riva-Zambruno e di Cantillo)
I settori che richiamano interesse vanno a sovrapporsi proprio con gli ambiti suggeriti
dalle domande. Ambiti e domande si costituiscono nell’intreccio tra l’impostazione logica
“generalista” e gli ambiti di ricerca. Ci sembra in particolare che anche la dimensione
religiosa sia un un’esperienza le cui ricadute antropologiche interpellino la riflessione
morale. Quanto al quesito sull’urgenza, riteniamo che varrebbe la pena di articolare
meglio la distinzione tra urgenza e domanda di senso. Perché se è vero che la
disattenzione alle urgenze può condurre all’asfissia e all’irrilevante, è altrettanto vero
che le urgenze possono rivelarsi un effetto contingente ed effimero, se non addirittura
procurato.
28
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
L’assenza di un’etica della scienza può, indubbiamente, essere motivata dalla tradizione
idealistica e neo-idealistica italiana, ma credo che sia un problema più generale,
sovranazionale, legato anche alla tradizione positivistica. Idealismo e positivismo,
orientati a una forte dissociazione tra etica e scienza, hanno a lungo impedito una
efficace e adeguata “sintesi disgiuntiva” tra filosofia morale ed epistemologia. Ma vanno
anche apprezzati i mutamenti positivi in questa direzione che, già nel corso del
Novecento, hanno prodotto sia, da parte dei filosofi, le riflessioni italiane, europee e
statunitensi, sia, da parte degli scienziati, gli effetti delle innovazioni delle teorie
scientifiche.
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
(Riprendo solo in parte la risposta Mancini-Marassi-Riva-Zambruno e di Cantillo)
Il rapporto tra etica e psicologia dinamica è stato significativo e continuo nel corso del
900, con effetti importanti e con risultati che vanno accolti e sviluppati criticamente. La
fenomenologia della vita etica che è oggetto della filosofia morale non può non avvalersi
delle analisi delle varie esperienze della psicologia contemporanea. Personalmente
ritengo che la consulenza filosofica vada ripensata nei suoi strumenti e nelle sue finalità.
L’acculturamento e l’educazione – cui la consulenza, credo, debba essere finalizzata –
non sono assimilabili alla terapia in senso proprio. L’ambito psicoterapeutico riservato a
settori più specificamente medici va difeso.
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
(Riprendo solo in parte la risposta Mancini-Marassi-Riva-Zambruno e di Cantillo)
È da auspicare che la presenza sia rafforzata, dato che soprattutto in Italia è carente.
Questo vale ovviamente soprattutto per quei filosofi della morale che si dedicano ad
ambiti speciali come la bioetica, l’etica delle comunicazioni, le varie etiche deontologiche
etc. Tuttavia va rilevato che ogni partito ha i suoi consiglieri filosofi. Le organizzazioni
sociali si avvalgono di riflessioni teoriche, anche a livello internazionale. Nei Comitati
etici i filosofi sono regolarmente presenti. Il fenomeno è da monitorare e forse da
cambiare. Manca uno studio adeguato per un bilancio dello stato delle cose e per
un’eventuale trasformazione della composizione e delle finalità dei Comitati etici.
29
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
(Riprendo solo in parte la risposta Mancini-Marassi-Riva-Zambruno e di Cantillo )
I codici etici meritano per se stessi attenzione come campo d’indagine. Certamente può
essere opportuno – anzi, necessario, oggi - approfondire gli strumenti e le pratiche di un legame
tra economia ed etica.
30
MANCINI-MARASSI-RIVA-ZAMBRUNO
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
A nostro parere la distinzione all’interno della filosofia morale tra un piano generale e un
piano speciale va mantenuta e lasciata aperta alle sue possibili rimodulazioni, in modo
che anche dagli ambiti specifici possano sopravvenire sollecitazioni all’ambito
complessivo della filosofia morale generale. Quanto più questo nesso si dispiega
all’insegna della reversibilità tanto più è provvisto di portata euristica.
Inoltre se venisse meno tale distinzione, e se quindi la filosofia morale si risolvesse nel
catalogo delle etiche applicate, sarebbe pur tuttavia necessaria una metateoria in grado
di poter identificare determinati saperi come etiche applicate e occorrerebbe pur sempre
delineare le cerniere teoriche della loro compossibilità. Ma il rescindere il rapporto tra
l’etica generale e le tradizioni filosofiche entro cui l’esperienza umana è stata
interpretata segnerebbe un insensato impoverimento.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
Si deve mirare a una tematizzazione la più larga possibile dello statuto della filosofia
morale, che non escluda alcun paradigma, né assuma uno determinato come privilegiato.
Da questo punto di vista il riferimento all’ontologia non può essere incluso nel minimo
comun denominatore della filosofia morale, perché non può essere condiviso da chi
riconosca all’essere soltanto il carattere di universale concettuale. Ci pare invece
irrinunciabile il riferimento a un orizzonte interale dell’esperienza umana, quale che sia
la sua semantizzazione. La stessa interrogazione di senso non può porsi come domanda
31
necessaria ma solo come domanda possibile, non impositiva e senza presupporre che il
confine tra senso e senso sia univoco.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
Se si intende il passo indietro come l’operazione teorica peculiare dell’ermeneutica
mirante a esplicitare i presupposti nel ragionamento morale, allora è da considerare
irrinunciabile nel solco della inscienza socratica. Qualora invece si intenda il passo
indietro come il delegare il compito di prendere posizione soltanto a diritto, politica,
medicina, ecc., esso sarebbe esiziale per la morale. Anzi la morale dovrebbe attraversare
tutte le altre discipline coinvolte nell’azione umana.
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
Sì, sulla base delle argomentazioni formulate nelle risposte alle domande 1 e 2.
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
Poiché la saggezza è un abito elettivo, appartiene per definizione solo all’uomo virtuoso,
il quale non ha bisogno di interrogarsi sullo statuto della saggezza. La filosofia morale, in
quanto disciplina, deve invece, elaborare un suo statuto teorico.
6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche
come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
I settori che richiamano interesse vanno a sovrapporsi proprio con gli ambiti suggeriti
dalle domande. Ambiti e domande si costituiscono nell’intreccio tra l’impostazione logica
“generalista” e gli ambiti di ricerca. Ci sembra in particolare che anche la dimensione
religiosa sia un un’esperienza le cui ricadute antropologiche interpellino la riflessione
morale. Quanto al quesito sull’urgenza, riteniamo che varrebbe la pena di articolare
32
meglio la distinzione tra urgenza e domanda di senso. Perché se è vero che la
disattenzione alle urgenze può condurre all’asfissia e all’irrilevante, è altrettanto vero
che le urgenze possono rivelarsi un effetto contingente ed effimero, se non addirittura
procurato.
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
Nessuna tradizione filosofica può essere intesa in termini pregiudizialmente negativi;
l’idealismo poi appartiene alla grande storia del pensiero europeo e italiano. Forse la
debole presenza di un’etica della scienza dipende dalla distanza tra lo statuto della
scienza e quello della filosofia. Bisogna anche valorizzare i contributi che su questo
versante sono venuti negli ultimi decenni da parte degli scienziati.
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
Il rapporto tra etica e psicologia dinamica attraversa il XX secolo, ha prodotto notevoli
risultati ed è da accogliere anche in direzione di una rimeditazione del ruolo stesso della
filosofia. Il counseling filosofico merita di essere incluso tra i campi specialistici dell’etica,
pur nella sua attuale fluidità.
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
È da auspicare che la presenza sia rafforzata, dato che la presenza soprattutto in Italia è
carente. Tuttavia va rilevato che ogni partito ha i suoi consiglieri filosofi. Le
organizzazioni sociali si avvalgono di riflessioni teoriche, anche a livello internazionale.
Nei Comitati etici i filosofi sono regolarmente presenti.
10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
I codici etici meritano per se stessi attenzione come campo d’indagine. Occorre
problematizzare il motivo, il metodo e l’atteggiamento stessi con cui il moralista si
avvicina alla sfera della codificazione etica.
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Sandro Mancini
Massimo Marassi
Franco Riva
Elisabetta Zambruno
Milano, 2 dicembre 2013
34
PEDACI
PER UNA RIFLESSIONE FILOSOFIA MORALE OGGI
DIECI POSSIBILI QUESTIONI
RISPOSTE AL QUESTIONARIO
1) Come nota Eugenio Lecaldano (Prima lezxione di filosofia morale), le riflessioni,
rientranti nell'ambito disciplinare della filosofia morale in questa fase iniziale del secolo
XXI, si caratterizzano per il fatto di privilegiare gli aspetti e i profili pratici relativi ai
comportamenti degli esseri umani che hanno una ricaduta (diretta e/o indiretta) sulla vita
umana, animale e vegetale.
Sicchè alla luce del suddetto fenomeno risulta ancor più necessaria una riflessione morale
"generale" che dia la possibilità di affrontare i dilemmi etici posti specificamente dallo
sviluppo epistemologico e pratico dei singoli ambiti dell'esperienza umana.
La nostra opinione è che, laddove aumenta il livello di specializzazione di divisione del
lavoro scientifico e sociale, in quel caso è assolutamente necessario una "piattaforma"
epistemica generale. La partizione, quindi, non solo è utile ma vieppiù necessaria.
2) Anche questa seconda domanda rimanda al problema più generale del rapportop tra la
filosofia morale (intesa in tutte le sue declinazioni) e gli altri ambiti della riflessione e del
lavoro filosofico. Si è del parere che un orientamento morale non possa prescindere da un
presupposto di carattere ontologico, posti che sia il fine descrittivo, sia quello normativo
dell'etica hanno come punto di partenza e punto di arrivo l'ente, inteso anche come
esisternmte individuale, alla maniera di Heidegger. L'etica non può non avere una base
ontologica, pena la sua astrattezza e la scarsa attitudine ad incidere sui "mores" e, quindi,
sulle concrete condotte umane.
3) Il senso profondo della distinzione tra filosofia morale e altri ambiti teorici dell'azione
umana, come la politica, il diritto o la medicina, si può rinvenire nella sostanziale diversità
dei fini che si intendono conseguire, anche se- su un piano molto approssimativo - si può
anche sostenere che sia le scienze della natura che quelle dell'uomo tendono al
benessere e alla felicità individuale e sociale.
La filosofia morale non può essere intesa come una sorta di "passo indietro", in quanto si
situa al crocevio di tutti i dilemmi etici che tutte le scienze umane pongono e, solo
attraverso di esse, è possibile superare i limiti della settorializzazione e della eccessiva
specializzazione disciplinare.
4) Le numerose declinazioni teoriche della filosofia morale sono, a nostro
parere,accomunate dal tentativo di studiare le azioni umane dal punto di vista del giusto e
dell'ingiusto, del bene e del desiderabile sul piano individuale e sociale.
5) La distinzione tra "sapienza" e "saggezza" era già nota ai Greci. La filosofia morlae è un
sapere scientifico e anche tecnico, che, tuttavia, più di altri saperi tecnico-scientifici è in
grado di incrementare il livello di "saggezza" individuale e sociale, avendo ad oggetto
soprattutto i profili valoriali dell'agire umano.
35
6) Le direzioni più rilevanti dell'indagine morlae coincidono, oggi più che mai, con quelle di
altri importanti ambiti di ricerca, come la sociologia, l'economia e al diritto. Condividiamo
l'importanza dei tre settori citati in domanda ed è sicuramente prioritario affrontare queste
urgenze.
7) Sul ritardo di un'etica della scienza in Italia hanno sicuramente pesato le eredità
idealistiche e neoidealistiche, che hanno inciso non poco anche sul bagaglio cultuale dei
filosofi morali, più orientati certamente verso le scienze umane e sociali.
8) La novità della "consulenza filosofica", almeno nelle sue declinazioni più serie ed
avvertite merita una seria indagine anche da parte dei moralisti, per la sua attitudine alla
"praxis".
9) Certamente si. Occorre partire da una seria analisi dell'esistente e gettare le basi per
un serio cambiamento. La presenza dei "moralisti" nella associazioni e nelle istituzioni sta
diventando una urgente necessità, anche se spesso viene impropriamente surrogata da
altre figure professionali, o da altri ambiti disciplinari.
10) E' assolutamente necessrio oltre che opportuno diffondere la pratica e anche la teoria
dei "codici etici", nel mondo della produzione, dell'amministrazione e dei rapporti
professionali e di lavoro in generale. Gli investimenti sui codici etici potrebbero
positivamente incidere sui fenomeni di devianza morale con conseguenti "ritorni" in termini
di disponibilità di risorse, umane e finanziarie.
dr.
Vincenzo Pedaci
36
RIZZACASA
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1) In linea di principio possiamo utilizzare ancora la distinzione tra morale generale e ambiti
speciali della medesima, nel senso di determinare l’istanza fondativa separandola da quella
descrittiva delle applicazioni nei diversi settori di competenza. Tuttavia, il problema dello
studio della morale non può oggi prescindere dalla distinzione tra morale ed etica
puntualizzata da Hegel e specificata in alcuni suoi dettagli di rilievo da P. Ricoeur. Ciò
comporta, anche in rapporto all’emergenza delle sfide post-moderne, il primato dell’etica
nel quale i settori emergenti di natura epocale sono indubbiamente quello dell’etica delle
comunicazioni, della bioetica e dell’eco-etica. Questi si caratterizzano in una tendenza che
generalizza i problemi del settore specifico fino al punto di farne talvolta un’etica generale
chiarificata dall’istanza particolare e specifica del settore distinto dagli altri. Questo
comunque è un problema aperto che rappresenta più che una classificazione definitiva di
nuovo tipo, una tendenza dinamica di sviluppo delle questioni affrontate.
2) Mentre la relazione tra ontologia e morale ci riconduce alla distinzione kantiana che
puntualizza il problema nei termini dell’autonomia, l’altra questione, quella per così dire
dell’unione dei molti, che nel caso specifico tenderebbe a subordinare le morali speciali ad
un amorale generale da intendersi come fondativamente ispirata ad un principio di totalità,
oggi evidenzia un problema di difficile soluzione destinato ad apparire anche come uno
pseudo problema, in quanto è proprio il discorso sulla totalità ad essere coinvolto nella crisi
della filosofia che dipende dalla precedente analisi della filosofia della crisi. In definitiva la
totalità, appare come una istanza di unificazione logica dei problemi sottesa dal pericoloso
trasformarsi nelle sue puntualizzazioni in una forma di totalità destinata ad apparire come un
assoluto terrestre, condizionato dalla finitezza esistenziale del soggetto pensante.
3) La distinzione tra la filosofia morale e le scienze umane che si occupano dei problemi
specifici, è indubbiamente un passo indietro da chiarire come un ritorno teleologico alle
essenze. Quanto detto può essere chiarificato attraverso la classica distinzione
fenomenologica delineata E. Husserl, il quale determina il compito della filosofia come
scienza rigorosa, separandola dalle scienze particolari prodotte descrittivamente secondo
l’atteggiamento naturale. Ciò permette anche di recuperare la specificità della filosofia
rispetto alla competenza della conoscenza scientifica, in un atteggiamento speculativo che
eviti le confusioni tra l’ambito teoretico e l’ambito metodologico di una conoscenza
epistemologicamente corretta.
37
4) Nel nostro orizzonte caratterizzato dalla frammentazione del post-moderno e dalla povertà
speculativa di una crisi della filosofia, l’elemento comune delle diverse posizioni può essere
recuperato attraverso la via ricoeuriana del conflitto delle interpretazioni che esprime, da un
lato, l’esigenza dialogica di poter lavorare insieme in una complementarietà ermeneutica
delle differenze, e, dall’altro, l’esigenza pluralistica del politeismo dei valori capace di
stabilire le condizioni della convivenza nel rispetto delle reciproche autonomie.
In tal caso l’unificazione è espressa dal carattere convenzionale di una comunicazione
fondata sull’imprescindibile logica delle procedure argomentative, venendo meno le quali
cesserebbe ogni possibilità di stabilire delle relazioni intersoggettive in quanto si cadrebbe
nell’isolamento solipsistico di un soggettivismo arbitrario.
5) La filosofia in tutti i suoi ambiti è da sempre caratterizzata nel duplice orizzonte della
saggezza e della conoscenza, orizzonti che si differenziano e nel contempo si completano.
Comunque una riduzione della filosofia alla sola saggezza e alla sola conoscenza
risulterebbe parziale, unilaterale ed arbitraria. In ogni caso la garanzia dell’essere altro
dall’esclusività sapienziale della saggezza, non può che essere garantito se non dalle
procedure logiche dell’argomentazione, le quali sono capaci di permettere la comprensione,
lo scambio comunicativo, l’incontro delle posizioni e la chiarezza del dialogo. In ciò dunque
la filosofia è scienza anche quando problematizza la saggezza.
6) Premesso che occorre prendere atto anche in sede morale del passaggio dalla filosofia alle
filosofie, è facile accorgersi come nella cultura odierna si possa lavorare insieme ispirandosi
a metodologie filosofiche dipendenti da posizioni diverse. Si pensi ad esempio a come le
istanze personalistiche possano convivere con quelle delle filosofie esistenziali, con le
problematiche fenomenologiche e con le analisi linguistiche di natura ermeneutica. Inoltre,
il destino della filosofia è stato sempre quello di rispondere alle esigenze sollevate dalle
questioni epocali della cultura del tempo. Perciò, all’epoca delle grandi visioni del mondo la
filosofia risponde all’esigenza di sintesi e di coordinamento ricercata del resto anche dalla
scienza nelle generalizzazioni di volta in volta ottenute attraverso la metematica, attraverso
le scienze fisiche, attraverso le scienze astronomiche o attraverso le scienze biologiche.
Pertanto è naturale che, nel nostro mondo specializzato e parcellizzato della ricerca
scientifica, la filosofia sia destinata a rivolgersi alle questioni che ci preoccupano per le
ragioni stesse della nostra sopravvivenza. Così la bioetica, il mondo delle comunicazioni e
quello dell’ecologia finiscono per suscitare l’interesse dei pensatori nel momento in cui la
catastrofe dell’ecosistema, la fine della storia e la dissoluzione del concetto di verità
rischiano di sommergere la nostra cultura provocando la fine del pensiero e l’esaurimento
delle energie spirituali dell’umanità. È quindi naturale che una filosofia hegelianamente
aperta a tradurre il tempo storico nel pensiero non possa evitare di dirigere i soli interessi
alle cosiddette questioni epocali. In ciò dunque la filosofia odierna non si allontana da quella
di altri secoli ed di altre culture.
7) È senz’altro vero che la cultura filosofica italiana è stata e forse è ancora, perlomeno in parte
condizionata dal pensiero idealistico e neoidealistico, ma nei nostri giorni la situazione è
38
cambiata e al provincialismo della filosofia si è forse sostituito un principio di esterofilia che
rincorre le mode di altri paesi e di altre culture. In questo quadro prospettico modificato, la
filosofia comincia ad interessarsi della morale della ricerca ma ciò spesso viene
compromesso dal dogmatismo delle posizioni ideologiche e religiose, per cui questo tipo di
indagini sconfinano di frequente in una critica che investe le responsabilità dell’economia o
della politica piuttosto che quelle autenticamente filosofiche della morale. In questo ambito
siamo in un situazione incandescente dove la filosofia si muove nelle sabbie mobili di una
cultura che in ossequio ad una nostra tradizione remota separa l’oggettività imparziale della
conoscenza dalla contingenza storicizzata e dinamica della prassi. In parte, forse anche
questo, fa risalire le sue cause all’eredità di una cultura idealistica e neoidealistica.
8) In effetti il mondo dell’uomo nel disagio che lo investe nella società odierna oscilla tra un
atteggiamento che delinea il primato dell’educazione o della testimonianza religiosa di
fronte al determinismo teorizzato dai tentativi terapeutici della psicologia e della psichiatria
di derivazione fenomenologica o soprattutto psicoanalitica. Questa chiave di lettura viene
accentuata dal cognitivismo e dalle neuroscienze che potenziano ulteriormente la radice
deterministica che limita la libertà individuale e sociale dell’umanità. In questa situazione si
inserisce la consulenza filosofica animata dal tentativo di venire incontro alla
generalizzazione delle cosiddette passione tristi vissute dall’umanità odierna. Ciò accade nel
compimento di un intervento capace di provvedere ad un disagio presente ma non
patologico di molti soggetti sofferenti. In questo quadro poliedrico e complesso, la filosofia
si inserisce con difficoltà, ma talvolta anche con presunzione, nelle sabbie mobili di un
terreno precario nel quale le esigenze di interevento emergono accompagnate da equivoci,
delusioni e confusioni, per cui il nostro compito forse sarebbe anche quello di orientare la
ricerca del pensiero a fare chiarezza nella via dell’orientamento e della mappatura delle
competenze.
9) Di fronte ai comitati etici che si fanno sempre più numerosi e di fronte alla trasformazione
odierna dei filosofi in pubblicisti, troviamo che spesso l’incidenza dei consigli e dei
suggerimenti si compie nel passaggio dei ruoli professionali da quelli del filosofo a quelli
dell’economista o del politico. Pertanto, anche in questo ambito, se è vero che la nostra crisi
dei valori è fondamentalmente di natura etica è anche vero che non sono gli interventi teorici
a risolvere i problemi, in quanto forse l’esempio e la testimonianza potrebbero operare
meglio, con maggiore coerenza e ad un livello di ulteriore profondità. Quello che manca in
questo caso è di chiarificare la semantica dei ruoli e l’utilizzazione delle competenze.
10) Il rapporto tra etica ed economia costituisce nella cultura odierna un’importante nodo
problematico di competenza della filosofia che è stata per troppo tempo responsabile di
eccessive distinzioni e di infruttuose separazioni. Tuttavia la questione dell’emergenza della
responsabilità per l’ambiente, per la comunicazione, per il comportamento delle pubbliche
39
amministrazioni e per la conduzione dell’impresa economica, se costituiscono delle
emergenze e delle sfide etiche di notevole portata per quanto riguarda la filosofia ciò è
estremamente interessante, ma dobbiamo forse cominciare da capo ad avviare delle ricerche
capaci di evidenziare i problemi e di formulare le categorie e i paradigmi di analisi dei
medesimi. Indubbiamente, se ciò dovesse accadere, si aprirebbe un terreno di lavoro dal
quale ricavare profitti e valorizzare risorse. Si tratta quindi di avviare un osservatorio in
questo nuovo terreno di impegno intellettuale.
Aurelio Rizzacasa
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SEMPLICI
Per una riflessione Filosofia morale oggi.
Dieci questioni possibili
1. La filosofia morale è stata tradizionalmente distinta (e accademicamente praticata) come
filosofia morale “generale” e come filosofia morale “speciale” (o particolare o applicata).
Alla prima spetta di solito il compito di indagare i “fondamenti”, alla seconda di illuminare
singoli ambiti dell’esperienza umana (l’economia, la comunicazione, la differenza sessuale,
il mondo del diritto, la cultura, i rapporti nazionali e internazionali, le età della vita, il
mondo della medicina, il mondo dell’arte ecc. ecc.). Questa partizione può essere ancora
utile?
Mi pare che sia ormai prevalente la distinzione in metaetica, etica normativa ed etica applicata. Alle
quali va aggiunta, ovviamente, la storia della filosofia morale.
2. La Filosofia morale è solitamente legata a orientazioni filosofiche complessive, ma a volte
rivendica una indipendenza presso che assoluta. Può una orientazione morale prescindere
realmente da una previa orientazione intorno al senso della totalità? E’ o non è importante
un qualche rimando a qualcosa come una ontologia? Forse anche questa è una domanda
possibile.
Tendo a considerare questo “rimando” la premessa e/o il tessuto connettivo di una opzione
normativa più che una esigenza imprescindibile per chiunque pratichi la disciplina. Non insisterei
troppo su questo punto.
3. La filosofia morale si distingue da altre teorie che riguardano l’azione umana. Si distingue
ad es. dalla politica o dal diritto o dalla medicina. Come si può indicare oggi il senso di
questa distinzione? In linea di principio, la filosofia morale è una sorta di “passo indietro”.
Ma in quale senso?
Mi sorprende un po’ trovare l’indicazione della medicina insieme a quella della politica e del
diritto. Per quanto riguarda quest’ultimo, credo che il tradizionale riferimento alle polarità
interno/esterno (Kant) e all’elemento della coercizione conservi la sua validità. L’esempio della
tensione fra moral e legal rights è illustrativo di questa linea di confine e allo stesso tempo di
reciproca trasgressione. Rispetto alla politica, resta centrale la differenza moralità/eticità, nelle
due versioni proposte da Hegel e Habermas. Avrei aggiunto il problema della religione…
4. La filosofia morale ha numerose declinazioni teoriche, come è noto. Qualcosa le
accomuna?
Si potrebbe rispondere che tutte si interrogano sulla lista degli ingredienti fondamentali
dell’umano (Nussbaum). In senso più tecnico, questa convergenza va cercata probabilmente
nello spazio della metaetica.
5. La filosofia morale sembra altra cosa dalla saggezza. Se sì, in che senso e fino a che punto?
Una teoria morale ha bisogno, per essere tale, di normatività, giustificabilità e coerenza. La
saggezza si alimenta di pratiche di virtù. Per questo è infinitamente meno noiosa…
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6. Quali sono oggi le direzioni più rilevanti dell’indagine? Fermo restando che non ci si può
non occupare di filosofia morale generale, da che parte “investire” nella ricerca? Il mondo
della vita? Il mondo dei media? Il mondo della religione? Il mondo dell’economia? Quella
della politica o del diritto? Tutte queste cose (e altre insieme)? Almeno tre “settori” di
recente sembra abbiano attirato particolare attenzione del pubblico: la bioetica (anche
come etica dell’ambiente), l’etica pubblica e l’etica della comunicazione mediatica. E’
conveniente e forse urgente domandarsi intorno a queste urgenze?
Nella lunga domanda c’è anche la risposta. Toulmin aveva ragione, quando riconosceva alla
medicina (alla bioetica) il merito di aver salvato l’etica. Questa constatazione vale anche rispetto
agli altri ambiti indicati. Non c’è dubbio che la filosofia morale abbia mantenuto in questo modo
un “mercato” e dunque prospettive di sopravvivenza decisamente più confortanti rispetto, per
esempio, alla filosofia teoretica. Purché non si dimentichi che la stessa scienza applicata ha
bisogno della scienza di base.
7. In Italia è poco coltivata un’etica della scienza. Come mai? Si tratta di una eredità idealistica
o neoidealistica?
Non mi pare che l’etica della scienza sia poco praticata, sia che si guardi alla questione delle
procedure e della “integrità” della ricerca scientifica sia che si guardi alla responsabilità per le
sue conseguenze e applicazioni. Basti pensare da una parte ai tanti codici deontologici,
dichiarazioni e linee guida che si cerca di implementare anche a livello internazionale e
dall’altra alla “fortuna” della già citata bioetica, dell’etica dell’ambiente, ecc... C’è semmai un
problema di istituzionalizzazione della “disciplina”, ma questo ha piuttosto a che fare con
equilibri accademici stratificati, complessi e a tratti decisamente sorprendenti. Si veda il caso
dell’esclusione della bioetica dalla declaratoria della filosofia morale…
8. Una scollatura sembra doversi registrare tra l’etica e il mondo delle terapie della psiche
(psicoterapie e psicoanalisi); forse anche una conflittualità, specialmente da quando anche
a livello accademico si sono organizzati dei master in “consulenza filosofica”. E’ questa una
direzione che merita indagine?
La merita perché è una realtà. Senza esagerarne né la portata né le prospettive.
9. La presenza dei “moralisti” a livello socio-politico sembra praticamente irrilevante e forse
anche inesistente. E’ una situazione da monitorare e da cambiare?
A molti la cosa non interessa affatto. E in ogni caso questo impegno continua ad essere
considerato largamente irrilevante, se non addirittura controproducente, rispetto all’attività del
docente universitario. La VQR non misura il contributo al dibattito all’interno dell’opinione
pubblica e/o lo sforzo divulgativo. Questo carattere esoterico dell’attività universitaria può
apparire effettivamente contraddittorio quando si parla di filosofia morale. Si vuole cambiare?
Si introducano adeguati incentivi. Ma forse sarebbe meglio cominciare dalla didattica. È arduo
immaginare che in un orizzonte caratterizzato in modo ossessivo dal mantra per il quale più si è
bravi meno ci si deve dedicare ai giovani (salvo, forse, i pochi eletti destinati a proseguire
questo speciale “sacerdozio”) possa trovare spazio l’idea che i più bravi dovrebbero dedicarsi
addirittura ad un più vasto pubblico. A meno che non si tratti di andare ad occupare qualche
seggio in parlamento.
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10. Il mondo della produzione è diventato sensibile al “codice etico”. Forse si è aperto un
nuovo fronte. E’ opportuno investire? Potremmo averne dei ”ritorni” anche in termini di
disponibilità di risorse?
Forse sì, anche se senza coltivare troppe illusioni. Il problema è che per entrare in queste nicchie
occorre sapere di economia e di diritto, oltre e forse prima che di filosofia. Nei nostri corsi di
laurea, a parte qualche eccezione, queste discipline sono del tutto assenti. E i codici, di
conseguenza, li scrivono raramente i filosofi.
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