Il Peccato Originale

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Capitolo VI
Il PECCATO ORIGINALE
I primi uomini non sono rimasti nella condizione di armonia originaria in cui il Dio creatore e Padre li aveva posti.
Hanno commesso un atto di superbia pensando di poter diventare come Lui, si sono ribellati a Lui e il loro peccato è
stato punito con l'espulsione dal paradiso terrestre. Le conseguenze sono state anzitutto la morte, la sofferenza e
l'inclinazione al male.
Questo è quanto la tradizione dottrinale ci riferisce in merito al peccato originale, primo peccato trasmesso 'per
generazione' a tutti gli uomini.
VI.1. Fondamenti Biblici
I passi biblici più importanti della dottrina del Peccato Originale sono due: Gen 3; Rom 5.1
VI. 2. Elementi dottrinali (storia del Dogma)
La sistemazione dottrinale del peccato originale è dovuta a Sant'Agostino che la maturò, in età matura, come risposta
alla controversia pelagiana.
Il più importante documento dottrinale è il Decreto Sul Peccato emanato dal Concilio di Trento il 17 giugno 1546.
VI.2.1. Pelagianesimo
Il pelagianesimo è un movimento religioso cristiano fondato da Pelagio e Celestio; venne condannato come eresia
nel 431 nel Concilio di Efeso. Ciononostante continuò per un certo periodo ad avere influenza in ambito ecclesiastico.
Lo scritto teologico più significativo di Pelagio è il De Natura (risposta di Agostino: De natura et gratia) dove l’uomo
viene descritto in grado di orientarsi verso Dio e di vivere senza peccato in nome della bontà della creazione. Tale
possibilità era perciò insita nella creazione stessa. L’uomo riceve da Dio la grazia che per Pelagio è la Legge: essa è un
aiuto dato per fare il bene, che spetta poi all’uomo compiere o no. Adamo diede il cattivo esempio e Cristo il buon
esempio. Ogni uomo nasce senza peccato e libero, il battesimo dato ai bambini dalla Chiesa è una rigenerazione e non
serve per rimettere i peccati che non ci sono. Il peccato di Adamo fu una questione sua personale, non si muore per il
peccato di Adamo, così come non si risorge per la resurrezione di Cristo, dato che nell’Antico Testamento vi furono
uomini che non peccarono e si salvarono. L’assioma principale contestato a Diospoli (dove fu assolto) nel 415 fu:
“l’uomo può essere, se lo vuole, senza peccato”, è aiutato dalla Legge e dalla rivelazione in genere. Pelagio allora
scrisse il De libero arbitrio precisando di intendere la grazia come una facilitas non peccandi e non una possibilitas non
peccandi ed appartiene alla natura umana. Pelagio non nega la grazia, solo ne riduce il significato
1
Riprendere la catechesi di Benedetto XVI del 3 dicembre 2008.
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VI.2.2.Sant'Agostino
A contrastare Pelagio ci pensò l'intensa riflessione di Agostino che fondò la sua teoria sul quinto capitolo della lettera
ai Romani di Paolo.
L’antropologia teologica del santo filosofo vedeva nel genere umano una massa perditionis ad essa appartengono
anche i bambini appena nati) colpevole di fronte a Dio di un peccato originale e da esso indebolita nella capacità di
conoscere il bene da compiere e nella volontà di perseguirlo efficacemente. L’uomo non è in grado di superare questa
situazione nefasta ma ha bisogno della Grazia Divina affinché possa conoscere ciò che ignora e possa adeguare la sua
volontà ad un fine retto2.
Il battesimo è dunque necessario affinché siano rimessi tutti i peccati e l’uomo possa essere di nuovo innocente di
fronte a Dio3. Tuttavia, eliminata la colpa del peccato originale, non ne sono eliminate le conseguenze penali che
gravano sull’uomo storico: la concupiscenza, l’ignoranza, la mortalità4.
Lo sviluppo della riflessione sembra portare Agostino ad evidenziare più l'aspetto negativo, ovvero l'universalità del
peccato, che quello positivo, universale offerta di salvezza. Agostino ricorre all'idea di una trasmissione ereditaria per
generazione .Un lavoro grandioso quello agostiniano che, per essere fedele al suo scopo, sacrificò l'aspetto
soteriologico nei confronti di quello apologetico.
VI.2.3. Lutero
Lutero, esasperando forse il pensiero di Agostino, insiste sulle nefaste conseguenze del peccato originale per l’uomo:
l’uomo, dopo il peccato di Adamo e a causa di esso, è ormai intrinsecamente corrotto e perciò assolutamente incapace di
fare il bene e quindi di salvarsi, perché è dominato dalla concupiscenza al male, a meno che non intervenga
gratuitamente ed arbitrariamente la misericordia di Dio. Ad essa l’uomo deve solo abbandonarsi con «fede fiduciale».
VI.3. Il Magistero
Le prime decisioni magisteriali sul peccato originale risalgono al Sinodo di Cartagine del 411: dove avviene la
condanna di Celestio, seguace di Pelagio; il Sinodo di Dispoli del 415 dove ci fu la riabilitazione di Pelagio ed infine i
Sinodi di Cartagine e di Milevi del 416 docve ci fu l’intervento di papa Innocenzo I circa la necessità del battesimo dei
bambini e la definitiva condanna di Pelagio e Celestio (DH 219).
VI.3.1. Concilio di Trento
L’evento magisteriale più autorevole è il Concilio di Trento; affermando l’esistenza del Peccato Originale ha anche
sottolineato che l’uomo, pur danneggiato, non è intrinsecamente corrotto e quindi è capace di conversione. Il concilio ha
così negato che l'uomo possa essere predestinato alla dannazione indipendentemente dal suo impegno personale. Il
2
Ut autem innotescat quod latebat et suave fiat quod non delectabat, gratiae Dei est, qua hominum adiuvat voluntates». Augustinus, De peccatorum
meritis et remissione et de Baptismo parvulorum, l. II, 17.26
3
Augustinus, De peccatorum meritis et remissione et de Baptismo parvulorum, l. II, 22.36
4
In generale Agostino chiama concupiscenza l’insieme delle pulsioni umane che non si sottomettono alla ragione e sollecitano l’uomo a preferire i
beni divenienti rispetto ai beni eterni, rendendolo incostante e debole nel perseguire la giustizia e trascinandolo così lontano da Dio. Circa l’Ignoranza
la prima definizione esplicita viene fornita viene fornita da Agostino nel terzo libro del De libero arbitrio (395); Agostino parte dalla constatazione
che l’uomo storico si trova in una condizione di ignoranza rispetto ai suoi doveri morali e, anche quando questa sia parzialmente superata e sia
individuata l’azione retta da compiere, si trova nell’impossibilità ad adempiere il bene (identificato con la volontà divina), a causa della debolezza
della sua volontà. Il peccato dei progenitori è la ragione per la quale l’uomo storico è gravato dall’ignoranza e dalla difficoltà
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nucleo dottrinale è sintetizzato nei sei canoni tridentini .Riportiamo di seguito gli elementi più importanti.più
importanti.
PROEMIO
Affinché la nostra fede cattolica, «senza la quale è impossibile piacere a Dio» (Eb 11, 6), purificata
dagli errori, perduri integra e pura nella sua verità, e affinché ogni cristiano non sia «portato qua e
là da ogni vento di dottrina (Ef 4, 14), avendo l’antico serpente, perpetuo nemico del genere umano,
suscitato, tra i moltissmi mali che turbano ai nostri tempi la Chiesa di Dio, non solo nuovi contrasti
circa il peccato originale e il suo rimedio, ma anche quelli antichi, il sacrosanto ecumenico e
generale Il Concilio di Trento...,volendo intervenire per richiamare gli erranti e per confermare gli
incerti, seguendo le testimonianze delle Sacre Scritture, dei Santi Padri e dei Concili più accettati, e
insieme il pensiero e il consenso della stessa Chiesa, stabilisce, afferma e dichiara questo circa il
peccato originale:
CANONE 1
Il P.O. originante
Se qualcuno afferma che il primo uomo, Adamo, quando trasgredì il comando di Dio nel paradiso,
non ha perduto immediatamente la santità e la giustizia, nella quale era stato costituito e che non è
incorso, per l’offesa della prevaricazione, nell’ira e nello sdegno di Dio, e perciò nella morte, che
prima gli era stata minacciata da Dio, e, con la morte, nella schiavitù sotto la potestà di colui che
«della morte ebbe il dominio» (Eb 2,14), cioè il diavolo, e che «tutto Adamo per quell’offesa della
prevaricazione non è statomutato in peggio secondo il corpo e l’anima» (cfr. Concilio di Orange): sia
scomunicato.
CANONE 2
Il P.O. originato
Se qualcuno afferma che «la prevaricazione di Adamo ha nociuto a lui solo e non alla sua
discendenza», che la santità e la giustizia ricevuta da Dio, che perdette, egli l’ha perduta per sé solo e
non anche per noi, e che egli, rovinato per il peccato di disobbedienza, «ha trasfuso in tutto il genere
umano soltanto la morte e le pene del corpo non invece anche il peccato che è la morte dell’anima»:
sia scomunicato, «perché contraddice l’Apostolo che dice: "Per mezzo di un solo uomo il peccato
entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, in cui tutti
peccarono" (Rom 5,12)»
(cfr. Concilio di Orange, can. 2).
CANONE 3
L'opera di Cristo mediante il battesimo
Se qualcuno asserisce che questo peccato di Adamo, che è unico per origine e che si trova in tutti, a
ciascuno il proprio, trasfuso per propagazione, non per imitazione,viene tolto o mediante le forze
della umana natura o mediante qualche altro rimedio invece cheper merito dell’unico mediatore,il
Signore nostro Gesù Cristo, che ci riconciliò con Dio mediante il suo sangue, «divenuto per noi
giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1,30); oppure se nega che lo stesso merito di Gesù
Cristo conferitoattraverso il sacramento del battesimo, celebrato a norma di legge secondo la forma
della Chiesa, possa essere applicato tanto agli adulti quanto ai fanciulli: sia scomunicato.
Il canone 3 (DH 1513) è particolarmente importante!
Nella prima parte afferma l’universale condizione di peccato del genere umano. Condizione originaria che si
trasmette per propagazione; esso non può essere tolto dall’uomo, il can. 3 afferma l’assoluta necessità di Cristo per la
salvezza: necessità ed universalità della mediazione di Cristo. Nella seconda parte si afferma che ciò vale per tutti anche per i bambini - e tale liberazione si ottiene attraverso il battesimo: la grazia di Cristo passa attraverso il
battesimo.
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In questo canone, si ribadisce, quindi:
- l’unicità del peccato originale. C’è un solo peccato originale all’inizio della storia che ha introdotto
effettivamente l’umanità in questa condizione di peccato e non sono invece tanti piccoli peccati personali che si sono
“sommati”;
- la sua trasmissione “per propagazione” (per propagationem) e non per imitazione (contro Pelagio), perciò
esso colpisce chiunque venga al mondo. L’uso del termine “propagatio” anziché “generatio” ci abilita a ritenere il
termine in un senso più allargato dell’atto sessuale (cfr Ag): il peccato originale si propaga attraverso il “venire al
mondo”, non tanto con l’atto sessuale.
- il peccato originale è poi “proprio” di ognuno, è nostro, “inerisce” a ciascuno (“in-esse”, come suggerisce il
testo latino, è diverso da “inerire”, è più forte). Ne siamo colpevoli e subiamo la pena per una colpa commessa da altri.
Tuttavia, anche se non viene esplicitato, questo peccato “proprio” deve essere inteso in modo analogico.
CANONE 4
Il battesimo dei bambini
Se qualcuno dice che «non bisogna battezzare i bambini appena nati», anche se nati da genitori
battezzati, «oppure dice che essi sono sì battezzati per la remissione dei peccati, ma che non ricevono
da Adamo nessun peccato originale che sia necessario espiare con il lavacro di rigenerazione» per
conseguire la vita eterna, «da cui segua che in essi la forma del battesimo per la remissione dei
peccati non risulta vera, ma falsa»: sia scomunicato.
VI. 4. Le difficolta'
La ricezione di questa dottrina si è fatta, man mano che il tempo passava, sempre più problematica.
-L'illuminismo cominciò a contrastarla fondando la sua critica sulla visione ottimistica (almeno originariamente)
dell'uomo.
-Altre difficoltà emersero dalla teoria evoluzionistica che rovesciava la prospettiva di una umanità originariamente
perfetta e poi decaduta.
-Per la sensibilità personalistica era difficile concepire un uomo peccatore prima ancor di aver compiuto un solo atto
personale libero.
-Infine la stessa teologia, a partire dagli anni '50 ha trovato disagio e ha cercato di rileggere e riformulare il dogma.
VI.5. Riflessione sistematica contemporanea
La fede nel Peccato originale non ha ancora trovato una concettualizzazione soddisfacente. La formulazione
agostiniana risulta sempre più problematica se non si tiene presente l'orizzonte culturale in cui è maturata. Le nuove
formulazioni sono ancora incerte e prive di un esplicito avallo magisteriale.
Problemi aperti sul peccato originale
a) Vi è stato un grande sforzo della teologia per elaborare, penetrare, riformulare la dottrina tradizionale sul
peccato originale, al fine di renderla comprensibile all’uomo d’oggi, evitando il rischio della negazione della volontà
salvifica di Dio, cioè della doppia predestinazione. Contro la “predestinazione al male”: come spiegare la sorte di quanti
non ricevono il battesimo o la fede? Sono tutti creati “per il male” e per la “dannazione”?
b) Altro grosso problema è spiegare come il peccato originale sia presente in tutti gli uomini: trasmissione del
peccato originale!
c) In passato, l’aver considerato troppo la questione del battesimo dei bambini ha radicalizzato la separazione
tra il peccato originale e gli altri peccati (quelli personali), non chiarendo a sufficienza la loro reale connessione, cioè il
rapporto tra peccato originale e peccati personali. Ciò non ha aiutato ad affrontare il problema.
d) Oggi la teologia ha fatto dei “progressi”. Propone altre prospettive:
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- non parte più dalla questione dei bimbi da battezzare;
- è meglio, invece, partire dalla considerazione della solidarietà tra gli uomini nel bene e nel male (solidarietà
nel peccato e nella grazia);
- si cerca inoltre di concepire il “peccato personale” come ciò che ratifica il peccato di Adamo: ratifica
personale del peccato del primo uomo5.
Senza inoltrarci nella pluralità delle singole riflessioni, ci soffermiamo qui su alcuni punti chiave che riescono a
rileggere in chiave attuale il dogma tridentino.
VI.5.1.Rilettura dei fondamenti biblici
5.1.1.Genesi3
La pericope sintetizza l'intuizione profetica di Israele su ciò che è il peccato, ovvero l’allontanamento da Dio, la
disobbedienza, la pretesa di diventare Dio e sui suoi effetti: morte, dolore, rottura di rapporti. Il testo presenta in forma
sapienziale-eziologica la disobbedienza dei progenitori come spiegazione dei mali che affliggono l'umanità. E' assente il
pensiero di una trasmissione ereditaria.
5.1.2. Rom5,12-21
Il brano pone un parallelismo che, pur definendo la differenza, vuole invece porre in risalto il profondo legame tra
Cristo e l'uomo . E’ una pericope fortemente cristocentrica dove troviamo riferimenti al peccato di Adamo perché si
possa presentare ciò che si realizza per mezzo di Cristo.
Adamo inoltre non è il singolo individuo che, per primo, peccò, sintetizza invece l'intero genere umano.
a.Uno/ Tutti
- Si nota come vi sia una relazione tra uno e tutti. L’aggettivo uno si trova in questa argomentazione
per ben 12 volte.
- Per la tematica del peccato il nostro aggettivo numerale serve per esprimere la connessione tra: il
peccato di Adamo e quello universale e la grazia donata a tutti mediante Cristo. L’uso del numerale
“uno” non è tanto usato per imputare ad uno solo il peccato di molti, ma per attribuire a Cristo la fonte
universale della grazia.
In modo analogo il numerale “uno” attribuito ad Adamo va interpretato come singolare perché
relazionato con il singolare di Cristo.
b.Il peccato di Adamo e quello universale
Analizzando il brano di Rm5 strutturalmente e argomentativamente si vede come il peccato di Adamo
sia funzionale e relativo rispetto alla salvezza realizzata in Cristo.
- Rm 5,12 ci fa comprendere le proporzioni tra il peccato di Adamo e quello universale.
- Importante risulta il riferimento alla Legge che al v.20 rimanda alla prospettiva della apocalittica
paolina. Vi è l’opposizione tra i due tempi dell’economia della salvezza solamente che, qui, i due
tempi sono sincronizzati nella stessa dimensione spaziale.
- Il v. 12 esprime la causalità del peccato di Adamo rispetto alla morte come anche nei versetti 15. 17.
5.2.Rilettura cristocentrica del dogma
Oggi si preferisce una rilettura strettamente cristocentrica del dogma. Bisogna evitare di pensare il peccato adamitico
come la condizione motivante dell'opera salvifica di Cristo, quasi che, in assenza del peccato, non vi fosse bisogno d
5
Verrebbe però da obiettare: l’uomo può “non ratificare” il peccato originale? Se può, allora potrebbe anche emanciparsi dal peccato di
Adamo. Se non può, tanto vale riconoscere che è il peccato di Adamo ad aver intaccato in profondità l’uomo.
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Cristo. Adamo è già creato in Cristo.
L'antecedenza della solidarietà con Cristo è basilare: mentre libera il nostro tema da un eccessivo indebitamento dalle
teorie agostiniane che, valorizzavano troppo il peccato adamitico intendendolo come radice di tutti i peccati,
contemporaneamente interpreta la Grazia non come un'aggiunta ad una struttura già data.
Leggere in chiave cristocentrica il peccato originale significa interpretare la pre-destinazione in modo nuovo. Essa
definisce il rapporto pre-definito che Dio ha con la sua creatura. La persona si fonda (cioè pone le sue redici, i suoi
pilastri) su Dio, ed è chiamata a cogliere questo rapporto come ciò che lo costituisce nella sua totalità.
Nell'uomo esiste la possibilità di peccato, cioè la peccabilità che è una dimensione di questa libera accoglienza del
disegno di Dio; il peccato poi è lo storico realizzarsi di questa possibilità.
L'Incarnazione è il 'luogo' in cui umanità e divinità sigillano un'alleanza eterna. E' il luogo dove Dio si fa garante della
creazione tutta e della sua vocazione ad accogliere lo Spirito santificante .
Allora l'affermazione dogmatica secondo cui il Battesimo 'toglie il peccato originale' potrebbe essere interpretata in
questo modo:
Essere inseriti in Cristo, significa porre in quella persona il sigillo (il Cristo)dell'alleanza, un alleanza che si rinnova in
ogni nuova creatura. La dimensione obiettiva del peccato originale è la mancanza della grazia divina, del dono dello
Spirito.
Ritornando ad Adamo possiamo intenderlo come il prototipo dell'umanità posta davanti alla libera scelta di vivere
secondo ciò a cui era pre(-cedentemente) destinato od opporsi e rendersi dissimile (a Cristo).
VI.6. Una possibile interpretazione
La dottrina della Chiesa, sebbene per motivi storici, ha interpretato il PO in chiave negativa accentuando il carattere
salvifico sacramentale: il battesimo toglie il PO.
Proviamo una lettura diversa, ponendo la questione in chiave positiva. Nel Compendio del Catechismo della Chiesa
Cattolica leggiamo:
Il peccato originale nel quale tutti gli uomini nascono è lo stato di privazione della santità e della giustizia
originali. È un peccato da noi «contratto», non «commesso»; è una condizione di nascita, e non un atto
personale. A motivo dell'unità di origine di tutti gli uomini, esso si trasmette ai discendenti di Adamo con la
natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione». Questa trasmissione rimane un mistero che non
possiamo comprendere appieno.6
Prendendo come riferimento della nostra teoria il brano giovanneo 15, 1-17:
Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. *Ogni tralcio che in me non dà frutto, egli lo recide, e ogni
tralcio che dà frutto egli lo monda perché dia frutti più abbondanti. *Voi siete già mondi grazie alla Parola
che vi ho annunciato. *Rimanete in me e io rimarrò in voi. Come il tralcio non può dare frutto se si stacca
dalla vite, allo stesso modo voi se non rimanete in me. *Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in
lui, questi porta molto frutto: perché senza di me non potete fare nulla. *Chi non rimane in me viene gettato
via come il tralcio, e si dissecca: lo si raccoglie in fascio, lo si getta nel fuoco e lo si brucia. *Se rimanete in
me e le mie parole rimangono in voi, allora chiedete ciò che volete e vi sarà dato. *Ecco ciò che glorifica il
Padre mio: che voi portiate molto frutto e diveniate miei discepoli. *Come il Padre ha amato me, anche io ho
amato voi: rimanete nel mio amore. *Se osservate i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre e rimango nel suo amore.
Con l’immagine molto eloquente della vita e dei suoi tralci l’evangelista chiarisce molto bene il rapporto tra il Cristo
e il credente, è Gesù stesso, in sintonia con l’immagine veterotestamentaria che definiva il rapporto tra YHWH con il
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Compendio 76.
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suo popolo, che si definisce vigna. Ma questa immagine ci rimanda ad un’altra, molto conosciuta dai contadini e dagli
esperti di viti: l’innesto. L’esperto sa che, per ottenere una buona pianta, buoni frutti o fiori stupendi deve ricorrere alla
tecnica dell’innesto. Ebbene cosa è il sacramento del Battesimo se non un ‘innesto’ in Cristo? Con esso otteniamo
nuova linfa, nuova forza vitale. Non a caso l’evangelista utilizza il verbo rimanere per ben sette volte; è un verbo caro a
Giovanni, esprime intimità. Che cosa significhi che tu rimanga nell'altro e che l'altro rimanga in te, forse lo possono
raccontare solo coloro che fanno un'esperienza di amore. Che cosa significa allora rimanere in Gesù, rimanere nella
vite? Significa che il suo mondo, il mondo di Gesù, è diventato il mio mondo, è l'aria che mi fa respirare, è la linfa che
pulsa e genera sussulti di nascita, anche in questo ramo apparentemente secco, rinsecchito, che sono io.
In conclusione per un’attualizzazione della dottrina sul Peccato Originale, più che dire: il Battesimo elimina il
Peccato, forse è più adatto affermare che il Battesimo ci dona nuova linfa vitale con la quale l’inclinazione al male può
essere corretta.
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