0.1 Punti e vettori di Rn
Politecnico di Torino.
Funzioni con dominio in Rn
Nota Bene: Questo materiale non deve essere considerato come sostituto
delle lezioni.
Molto spesso risulta che una quantita’ scalare f dipende di molte quantita’ x1 , x2 , · · · , xn ,
e.g. per produrre un oggetto una certa ditta spende una certa quantita di soldi f che
dipendera di molti fattori x1 , x2 , · · · , xn i.e. costi degli ingredienti, mano d’opera, energia,ecc.
Normalmente f e’ definita in un dominio (cioe’ un sottoinsieme D ⊂ Rn ) simbolicamente
f : D ⊂ Rn → R .
Lo spazio Rn e’ la generalizzazione naturale di R3 e di R2 . Invece di usare la
notazione ubx , uby , ubz per il sistema di riferimento si usa
→
−
−
−
−
e1 , →
e2 , →
e3 , · · · →
en
e si parla della base canonica di Rn .
−
Dunque un vettore →
v si sprime come combinazione lineare
→
−
−
−
−
−
v = v1 →
e1 + v2 →
e2 + v3 →
e3 + · · · + vn →
en
−
−
dove i numeri vi sono le componenti rispetto alla base canonica →
e1 , · · · , →
en .
→
−
E’ abituale indicare il vettore v mediante una colonna
 
v1
 v2 
 
 ..  .
.
vn
0.1
Punti e vettori di Rn
Analogamente a R2 e R3 una n-upla (p1 , p2 , · · · , pn ) contiene le coordinate di un punto
P ottenuto spostandose dal punto prescelto come origene O = (0, 0, · · · , 0) tramite il
−→
−
−
−
−
vettore OP = p1 →
e1 + p 2 →
e2 + p3 →
e3 + · · · + pn →
en .
Funzioni di Rn
1
Geometria
0.1 Punti e vettori di Rn
Politecnico di Torino.
−
La formula della retta parametrica pasante per P con vettore velocita’ →
v e’ uguale
−
a quella di R2 e R3 , cioe’ P + t→
v dove t e’ il parametro. In coordinate si ottiene:


x1 = p1 + tv1



x2 = p2 + tv2
(1)
..

.



x = p + tv
n
n
n
−
−
Il prodotto scalare tra due vettori →
v ,→
w si calcola tramite la formula:
→
−
−
v .→
w = v1 w1 + · · · + vn wn
√− →
pPn
−
2
v .−
v =
Il modulo o norma di un vettore, cioe’ la lunghezza, k→
vk= →
i=1 vi .
−
−
Si puo anche calcolare l’angolo 0 ≤ θ ≤ π tra →
v e →
w tramite
→
−
−
v .→
w
cos(θ) = →
−
−
k v kk→
wk


 
1
6




2 →
−
−
 2  e’
Esempio 0.1. Il coseno dell’angolo θ tra i vettori →
v =
e
w
=
3
−3
−5
1
1.6 + 2.2 + 3.(−3) + (−5).1
p
cos(θ) = p
2
2
1 + 2 + 32 + (−5)2 62 + 22 + (−3)2 + 12
−4
= √ √ = −0.090...
39 50
dunque usando arccos(−0.090) o cos−1 (−0.090) risulta che l’angolo (in radianti) e’
θ = 1, 6615, cioe’ 95◦ 110 .
ATTENZIONE : controllare che la calcolatrice sia impostata nel modo rad per i
calcoli con le funzioni trigonometriche.
Osservare che due vettori sono perpendicolari se il suo prodotto scalare e’ zero, cioe’
se l’angolo e’ 90◦ .
L’intorno sferico aperto B(P, r) se define usando la stessa formula che per R3 e
R2 , cioe’
B(P, r) = {Q ∈ Rn : dist(Q, P ) < r}
Funzioni di Rn
2
Geometria
0.2 Punti critici anche detti estremi o stazionari: il gradiente
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e la stessa cosa per l’intorno sferico chiuso
B(P, r) = {Q ∈ Rn : dist(Q, P ) ≤ r}
−→
La distanza tra il punto P e il punto Q e’ il modulo del vettore P Q, cioe’
−→
dist(P, Q) = kP Qk
Per ottenere la formula supponiamo che P = (p1 , p2 , · · · , pn ) e Q = (q1 , q2 , · · · , qn ).
Allora
−→ −→ −→
−→ −→ −→
−
−
−
OP + P Q = OQ =⇒ P Q = OQ − OP = (q1 − p1 )→
e1 + (q2 − p2 )→
e2 + · · · + (qn − pn )→
en
da dove
v
u n
uX
−→
dist(P, Q) = kP Qk = t (qi − pi )2
i=1
0.2
Punti critici anche detti estremi o stazionari: il gradiente
Per decidere se un punto P = (p1 , p2 , · · · , pn ) e’ candidato a essere un minimo o un
massimo della funzione f si puo raggionare cosi’: Se il valore f (p1 , p2 , · · · , pn ) e’ un
minimo allora la funzione F (x) = f (p1 + x, p2 , · · · , pn ) ha un minimo in x = 0 e dunque
F 0 (0) = 0.
Dunque derivando f rispetto a x1 , cioe’ pensando alle altre variabili come costanti,
deve verificarsi
∂f
(p1 , p2 , · · · , pn ) = 0
F 0 (0) =
∂x1
ma lo stesso raggionamento con le altre variabili ci procura il sistema

∂f

(p1 , p2 , · · · , pn ) = 0

∂x1


 ∂f (p1 , p2 , · · · , pn ) = 0
∂x2
(2)
..

.



 ∂f (p , p , · · · , p ) = 0
∂xn
1
2
n
I punti P che sodisfano al sistema precedente si chiamano punti critici anche detti
estremi o stazionari.
−→
Il gradiente ∇f e’ il campo vettoriale, cioe’ un vettore che dipende del punto P di
applicazione,
−→
∂f →
∂f →
∂f →
∂f →
−
−
−
−
∇f =
e1 +
e2 +
e3 + · · · +
en
∂x1
∂x2
∂x3
∂xn
Funzioni di Rn
3
Geometria
0.3 Regola della catena
Politecnico di Torino.
Il sistema (2) equivale al annulamento del gradiente, cioe’
−→
→
−
Teorema 0.2. Il punto P e’ un punto critico della f se e solo se ∇f (P ) = 0 .
Esempio 0.3. Il gradiente di f (x, y) = (x − 1)2 + 3y 2 e’
−→
−
−
∇f = 2(x − 1)→
e1 + 6y →
e2
dunque i punti critici sono le soluzioni del sistema
(
2(x − 1) = 0
6y = 0
cioe’ f ha soltanto un punto critico (1, 0).
0.3
Regola della catena
A volte una quantita’ f dipende delle quantita’ q1 , · · · , qm e queste dipendono delle
x1 , · · · , xn . Ad esempio, f = q1 + 2q2 + q34 e q1 = x1 x3 , q2 = x2 + x1 , q3 = log(x1 ).
In una situazione del genere e’ utile, per il calcolo delle derivate parziali, la cosidetta
regola della catena:
∂f ∂q1
∂f ∂q2
∂f ∂q3
∂f
=
+
+
∂x1
∂q1 ∂x1 ∂q2 ∂x1 ∂q3 ∂x1
∂q1
∂q2
∂q3
=1
+2
+ 4q33
∂x1
∂x1
∂x1
1
= x3 + 2.1 + 4q33
x1
1
= x3 + 2 + 4(log(x1 ))3
x1
Ecco la formula generale
m
X ∂f ∂qj
∂f
=
∂xi
∂qj ∂xi
j=1
0.4
Derivata direzionale
−
Nel punto P la funzione f ha il valore f (P ). Come trovare una direzione →
v in cui
spostarsi da P tale che il valore di f aumenta ?. Un modo di rispondere e’ usando la
Funzioni di Rn
4
Geometria
0.5 Topologia
Politecnico di Torino.
−
−
retta paramentrica P + t→
v . Infatti, evaluando f (P + t→
v ) otteniamo una funzione di
−
una variabile t. Dunque cerchiamo →
v di modo che
−
df (P + t→
v)
>0
dt
−
→
Per calcolare df (Pdt+t v ) usiamo la regola della catena. Infatti, f dipende da t tramite
il sistema (1), cioe’
−
df (P + t→
v)
∂f ∂x1
∂f ∂x2
∂f ∂xn
=
+
+ ··· +
dt
∂x1 ∂t
∂x2 ∂t
∂xn ∂t
∂f
∂f
∂f
=
v1 +
v2 + · · · +
vn
∂x1
∂x2
∂xn
−→ −
= ∇f .→
v
−→ −
−
Dunque una direzione →
v e’ di crescita se ∇f .→
v > 0.
La derivata direzionale
−
ente della f e il vettore →
v.
Dalla formula
→
df (P +t−
v)
dt
e’ dunque data dal prodotto scalare tra il gradi-
−→ →
−→ −
∇f .−
v = k∇f kk→
v k cos(θ)
segue che la direzione di massima crescita si ottiene quando θ = 0, cioe’ nella direzione
e verso del gradiente.
Osservare che il valore della f pare non cambiare in una direzione perpendicolare al
gradiente.
−
Le derivate direzionali rispetto a i vettori della base canonica →
ei sono le derivate
∂f
parziali ∂xi . Infatti,
−→ →
∂f
∇f .−
ei =
∂xi
0.5
Topologia
In realta’ l’idea per elencare i punti critici P funziona se e’ possibilive evaluare f nel
punto (p1 + x, p2 , · · · , pn ), cioe’ si uno si puo spostare da P senza uscire del dominio D
della f . In parole povere, questo e’ possibile se il punto P appartiene al interno del
Funzioni di Rn
5
Geometria
0.6 Limite e continuita’
Politecnico di Torino.
◦
insieme D . L’interno del insieme D si simboliza con D .
◦
Allora P ∈D se e soltanto se esiste un intorno sferico aperto B(P, r) di raggio r > 0
contenuto in D .
Quindi la ricerca di punti massimi e minimi di f si divede in due tappe:
◦
prima tappa: usando il criterio del gradiente si elencano i punti critici all’interno D .
◦
seconda tappa: si studia f su tutti gli altri punti che non sono all’interno D\ D usando ad esempio il metodo dei moltiplicatori di Lagrange1 .
◦
Un insieme D se dice aperto se tutti i suoi punti sono interiori, cioe’ D =D .
La chiusura di un insieme G e l’insieme denotato G di tutti i punti di Rn a distanza
zero di D . Un insieme F se chiama chiuso se F = F . A volte si trova come definizione
di insieme chiuso un insieme il cui complementare Rn \ F e’ aperto.
ATTENZIONE: non e’ vero che se un insieme non e’ aperto allora e’ chiuso. Ad
esempio, D = {(x, y) : 0 < x ≤ 1, y > 0} non e’ ne aperto ne chiuso.
Molto spesso un insieme aperto e’ definito usando soltanto desiguaglienze strette
>, <. Invece le definizioni dei chiusi si fanno usando desiguglianze debole ≤, ≥.
0.6
Limite e continuita’
Il limite di f quando il punto X tende al punto P e’ il numero L, simbolicamente
lim f (X) = L ,
X→P
se per qualsiasi > 0 esiste un δ > 0 tale che
X 6= P ∈ B(P, δ) =⇒ |f (X) − L| < Notare che non e’ importante che f sia definita in P ma se f e’ definita in P e inoltre
L = f (P ) allora la f si dice continua in P . La funzione f : D → R si dice continua se
e’ continua in tutti i punti di D .
Il limite si comporta bene con rispetto al prodotto e la somma e anche con un rapporto
g
sempre che il limite di f sia non nullo. Questo permete accorgersi della continuita’
f
di molte funzioni senza dovere trovare il numero δ che dipende del come nel caso di
funzioni di una varibile. Cioe’, se due funzioni f, g sono continue allora la somma f + g
e il prodotto f.g sono funzioni continue.
1
Che si insegna nel corso di Analisi II
Funzioni di Rn
6
Geometria
0.6 Limite e continuita’
Politecnico di Torino.
Esempio 0.4. Tutte le funzioni xi sono continue. Allora un polinomio in x1 , x2 , · · · , xn
e’ una funzione continua.
Ecco un esempio dove il limite non esiste
x
p
.
(x,y)→(0,0)
x2 + y 2
lim
Infatti se il limite esistese dovrebbe essere zero poiche la retta x = 0 passa per (0, 0).
Ma anche la retta y = 0 passa per zero dunque √x2x+02 = 1 se x > 0. Dunque il limite
non esiste. In realta’ il rapporto √ x2 2 = cos(θ) e’ il coseno del angolo θ tra il vettore
x +y
→
−
(x, y) e il vettore e . Dunque e’ chiaro che questo angolo non va a un limite quando il
1
punto tende all’origene (0, 0).
Invece il limite
x.y
p
(x,y)→(0,0)
x2 + y 2
lim
esiste ed e’ nullo. Infatti,
dunque √ x.y
2
x +y 2
Funzioni di Rn
x.y
p
= cos(θ)y ≤ |y|
x2 + y 2
tende a zero, di modo controlato da |y|, quando (x, y) tende a (0, 0).
7
Geometria