le imprese manifatturiere cuneesi e pavesi di fronte ai

LE IMPRESE MANIFATTURIERE
CUNEESI E PAVESI DI FRONTE
AI NUOVI SCENARI COMPETITIVI
DI DARIO VELO
Rassegna presenta un’anticipazione dei
risultati della terza edizione del Rapporto
su economia e finanza delle imprese
manifatturiere delle province di Cuneo
e di Pavia, pubblicato in due volumi,
con il sostegno della Banca Regionale
Europea, dell’Unione Industriale della
Provincia di Cuneo e dell’Unione degli
Industriali della Provincia di Pavia.
Il Rapporto ha preso in esame i bilanci di
un campione di imprese, con riferimento
al periodo 1999-2003. Le esportazioni
cuneesi sono concentrate al 73% verso
l’Europa dei 15, quelle pavesi al 60%.
A Cuneo si registra un incremento
delle imprese di maggiori dimensioni,
insieme al miglioramento della struttura
finanziaria e dei mezzi propri.
Le imprese con fatturati intermedi sono
le più competitive sui mercati esteri.
Le piccole dimensioni delle imprese
pavesi hanno costituito un ostacolo alla
loro penetrazione nei mercati a più alto
tasso di crescita, dalla Cina alla Russia,
dall’Europa dell’Est all’India; anche a
Pavia mostrano dinamismo sui mercati
esteri le imprese con fatturati intermedi,
da 25 a 50 milioni di euro.
LE LINEE DI TENDENZA
DEL SISTEMA CUNEESE
Il presente Rapporto presenta i risultati della
terza analisi effettuata sui bilanci di un campione di imprese manifatturiere della provincia di Cuneo nel periodo di tempo che va
dal 1999 al 2003. Questo arco temporale si
caratterizza per il generale rallentamento
della crescita economica nei paesi europei
e negli Stati Uniti. Con riferimento all’area
europea la crescita del PIL infatti passa
dal 2,8 % del 1999 al 1,3 del 2003, mentre
negli USA, la crescita reale è passata nello
stesso periodo dal 4,5 al 3,0%. A fronte di
questo generale rallentamento dell’economia,
più marcato in Europa che negli Stati Uniti,
il periodo di tempo coperto dall’analisi ha
visto la definitiva affermazione nello scenario
economico mondiale dell’economia cinese
il cui peso sul totale della ricchezza mondiale
ha raggiunto nel 2003 la quota significativa
del 12,7%, una percentuale questa che pone
l’economia cinese giusto a ridosso dell’econo-
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E
ANTONIO MAJOCCHI
mia dell’area Euro il cui peso sull’economia
mondiale è pari al 15,7%. La figura 1 rappresenta sinteticamente l’andamento delle principali economie e mostra chiaramente l’andamento dicotomico delle aree considerate con
la Cina impegnata in un processo di catchingup delle economie europee e di quella americana. D’altro lato, i dati di crescita riferiti
alle economie europee e a quella statunitense
mostrano come gli Stati Uniti paiono aver
superato la fase più acuta della crisi, avendo
registrato nel 2003 una crescita del 3%,
mentre le principali economie europee sono
ancora ferme a tassi di crescita prossimi o
inferiori all’1%. Questi pochi dati mettono
in luce il difficile quadro congiunturale entro
cui si è mossa l’economia della provincia.
Non solo l’economia italiana in generale ha
avuto tassi contenuti di crescita ma anche
i principali sbocchi esteri si sono dimostrati
poco dinamici. L’economia cuneese, infatti,
come già rilevato nel rapporto precedente,
ha un alto tasso di concentrazione delle
esportazioni - pari al 73% - verso l’Europa
a 15 ovvero l’area più in difficoltà nel periodo
oggetto della analisi.
A titolo d’esempio la Cina nel 2003 copriva
solo l’1% del totale delle esportazioni della
Granda. Le conseguenze non sempre positive
di questa forte focalizzazione sono chiaramente
illustrate nel presente Rapporto che permette
di individuare le principali tendenze che
si sono sviluppate nell’economia locale.
Nell’ambito del generale processo di riconversione dell’industria locale le evidenze empiriche
del periodo coperto dall’analisi mettono in luce
come sia proseguito il parziale riposizionamento dell’economia locale verso il settore dei servizi. Ancora una volta bisogna tuttavia notare
come il comparto manifatturiero rimanga
il cuore dell’economia locale. La percentuale
di valore aggiunto generata nel settore dei
servizi rimane infatti largamente al di sotto
della media regionale e nazionale e la crescita
dei servizi è principalmente avvenuta a scapito
del settore agricolo piuttosto che di quello
manifatturiero.
Questa evoluzione trova una sua parziale
conferma nei dati del campione della Banca
Regionale Europea il quale attesta sia il forte
legame tra settore agricolo e quello manifatturiero che la buona distribuzione settoriale
delle imprese provinciali. L’aggregato analizzato è dominato da quattro settori: alimentare,
confezioni, gomma-plastica, macchine metallo.
Questi settori sono i principali comparti della
economia locale, ma presentano caratteristiche strutturali e congiunturali molto differenti.
Dal punto di vista della produzione del valore
aggiunto il settore alimentare copre la quota
maggiore del campione analizzato con il 34%
del totale mentre il settore delle confezioni
è pari al 21% del valore aggiunto complessivo.
Su posizioni percentualmente vicine si colloca-
no invece il settore delle macchine in metallo
e quello della gomma e plastica che si attestano attorno al 10%. La struttura del campione
permette inoltre un’analisi anche per classi
dimensionali. Questa analisi assume particolare
rilevanza sia per il ruolo che le dimensioni
d’impresa sembrano giocare nell’attuale scenario competitivo sia per verificare le strategie
delle imprese cunneesi in un contesto che,
come illustrato in precedenza, è stato particolarmente difficile. Questa correlazione tra
dimensione di impresa e risultati economici
già rilevata nel secondo Rapporto sembra trovare un’ulteriore conferma nell’analisi svolta
in questo volume che evidenzia come l’andamento della redditività tenda a crescere
all’aumentare della classe dimensionale.
In questa prospettiva l’analisi condotta mostra
un generale processo di crescita dimensionale
delle imprese cuneesi che va valutato positivamente: infatti, rispetto all’indagine condotta
sui dati del 2001, si rileva un incremento
del numero di imprese appartenenti alle
classi di maggiori dimensioni e una riduzione
di quella di dimensioni più contenute.
Questo processo va di pari passo con il parallelo fenomeno di miglioramento della struttura
finanziaria delle imprese che si è esplicato
in un incremento dei mezzi propri, che
registrano una crescita annua di oltre il 4%.
A fronte di questa evoluzione positiva, i dati
sugli investimenti e sulla redditività tuttavia
mostrano come anche le imprese della provincia abbiano risentito della difficile congiuntura.
La propensione agli investimenti infatti, pur
rimanendo positiva nella media, è in forte calo
rispetto al tasso di crescita annua evidenziato
nel secondo rapporto (5,34%), registrando un
TASSO DI CRESCITA DEL PIL 1999-2003
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valore pressoché nullo nel biennio 2001-2002
e un tasso di crescita addirittura negativo
nel successivo biennio. In realtà l’andamento
degli investimenti sembra seguire l’andamento
della redditività degli investimenti che è
vede il Return on Investment (ROI) crescere
modestamente dal 15% al 16% nel 2001-2002
per poi contrarsi significativamente nell’ultimo
periodo pur rimanendo su valori positivi
prossimi al 10%.
Con riferimento all’analisi settoriale, infine,
va rilevata la performance del settore alimentare i cui indici di redditività, non solo
si mantengono costanti, ma registrano un
aumento particolarmente rilevante nel 2003.
Non altrettanto brillante appare invece la dinamica reddituale del settore delle macchine
e metallo che nell’ambito del campione conta
ben 24 imprese e si colloca al primo posto
per dipendenti occupati e al terzo per fatturato
realizzato. In questo caso la contrazione della
redditività netta è costante lungo tutto il
periodo attestandosi, nel 2003, ad un valore
prossimo al 6%. Ancor più critica è invece
l’evoluzione del settore della gomma e della
plastica la cui redditività netta si riduce fino
a raggiungere valore prossimi allo zero.
Novità di questo Rapporto è la collaborazione
data dal professor Tardivo che sta animando
la nascita di una Facoltà di Economia a Cuneo.
La ricerca sviluppata dal professor Tardivo
e dai suoi collaboratori si è basata su un
questionario inviato a 903 imprese cuneesi;
ciò è stato reso possibile dalla collaborazione
offerta dall’Unione Industriale di Cuneo e dalla
Banca Regionale Europea. Le risposte sono
giunte in gran numero: oltre il 30% degli
intervistati ha risposto all’invito; una percentuale questa nettamente superiore a quanto si
registra normalmente nelle ricerche empiriche.
Ciò rende significativo questo contributo
che dà voce alle imprese e rileva come si
EVOLUZIONE DELLA COMPOSIZIONE
DEL VALORE AGGIUNTO
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vedono e interpretano l’ambiente economicoistituzionale entro il quale si collocano.
L’ultimo capitolo del Rapporto analizza l’evoluzione delle esportazioni delle imprese del campione che hanno un’evoluzione nel complesso
positiva. In questo periodo il tasso di crescita
delle esportazioni cuneesi è in media superiore
sia all’evoluzione regionale che nazionale
pur con la significativa eccezione costituita
dall’anno 2003 in cui le esportazioni della
provincia subiscono una consistente contrazione. Con riferimento alla distribuzione geografica l’analisi mostra ancora una volta la forte
dipendenza dell’economia locale dall’andamento delle economie della cosiddetta
core-Europe mentre, coerentemente con quanto
avviene a livello nazionale, anche a livello
provinciale alcuni settori si distinguono per
le buone performance sui mercati esteri e sono
i comparti dei prodotti in metallo, e quelli
della produzione di macchine, degli apparecchi
meccanici e delle macchine elettriche.
Da ultimo, i dati del campione relativi all’export
mostrano una volta di più come siano le imprese con fatturati intermedi quelle che più
efficacemente vendono sui mercati esteri.
Questi dati confermano la particolare vivacità
delle medie imprese italiane che già era stata
evidenziata nel Rapporto 2004 MediobancaUnioncamere sulle medie imprese italiane
e che i nostri dati attestano anche con
riferimento alla realtà cuneese.
I PUNTI DI FORZA
E DI DEBOLEZZA DELLE IMPRESE
PAVESI
Nel precedente rapporto numerosi contributi
avevano messo in luce come l’economia
della provincia stesse, sotto la spinta delle
profondi trasformazioni economiche mondiali, seguendo un percorso di profonda
trasformazione con l’emergere, sempre più
rilevante del settore dei servizi e in particolare dei servizi legati al settore medicoscientifico, con la progressiva apertura della
economia locale verso nuove aree di sbocco
e con la progressiva specializzazione della
economia locale in comparti verso i quali la
provincia sembra aver sviluppato nel tempo
un vantaggio comparato, in particolare
la meccanica e il settore alimentare.
Il risultati del presente rapporto sembrano
confermare le ipotesi sviluppate nel volume
precedente. La difficile congiuntura ha infatti
accelerato i processi di ristrutturazione che
hanno impattato in primo luogo sul settore
manifatturiero.
Questa evoluzione è evidenziata chiaramente
nel capitolo 2 del rapporto che mette in luce
come l’economia locale sia principalmente
specializzata in cinque settori: quello alimentare, quello meccanico, quello dell’elettronica
e nei settori chimico e della gomma-plastica.
Questi settori dominano l’economia locale
realizzando circa il 71,% del fatturato del
campione e ben l’81% delle esportazioni
e coprendo circa il 60% dell’occupazione
totale del settore manifatturiero. Alcuni
elementi positivi emergono con riferimento
al settore alimentare che copre oltre un quarto
del fatturato del campione e il cui valore
aggiunto prodotto cresce percentualmente
passando dal 5 al 15% del campione.
L’ipotesi già avanzata nei precedenti rapporti
che lo sviluppo sinergico del settore agricolo
e di quello industriale potesse costituire uno
degli elementi di forza dell’economia locale
sembra quindi essere confermata da questi
dati. Va tuttavia rilevato che il settore mostra
da un lato una tendenza all’espansione
sia del fatturato che del valore aggiunto,
ma che a tale crescita corrisponde una crescente difficoltà a remunerare i mezzi impiegati con una dinamica del ROE che non
solo è in peggioramento ma che inoltre
si mantiene negativa per tutto il periodo.
Anche il settore meccanico mostra invece
alcuni elementi di difficoltà tanto che il
valore aggiunto generato si contrae percentualmente diminuendo il suo peso sul totale
del campione. Questa diminuzione tuttavia
non scalfisce il ruolo centrale svolto dal
settore nell’ambito dell’economia locale
tanto che in termini di occupati il settore
mantiene un ruolo primario nella provincia
coprendo quasi il 20% dell’occupazione
manifatturiera.
Analizzando la redditività del comparto
emerge un quadro differente da quello del
settore alimentare. In questo caso, infatti,
la dinamica della redditività è positiva
e sostanzialmente stabile per l’intero periodo
fino al 2003, anno in cui si verifica un
brusco rallentamento e il ROE perde in un
anno 10,59 punti % assumendo un valore
prossimo allo zero. Con riferimento al settore
meccanico va tuttavia sottolineato come
le difficoltà del comparto non siano una
peculiarità locale ma come il fenomeno sia
in realtà molto più ampio e comune a tutta
la realtà italiana. Sotto la spinta della
concorrenza internazionale, infatti, l’intero
comparto meccanico ha sofferto negli anni
in oggetto, tanto che la produzione industriale
tra il 1999 e il 2003 ha evidenziato una
evoluzione negativa tanto che, ponendo
pari a 100 l’indice di produzione industriale
del settore nel 2000, questo indice nel 2003
è sceso a 96,9. Le difficoltà dell’economia
italiana hanno quindi impattato significativamente sull’economia locale. Il dato più
evidente a riguardo è riferito all’evoluzione
degli investimenti. Le imprese pavesi infatti
mostrano una propensione ad investire
che rimane positiva, ma in forte calo rispetto
al tasso di crescita annua analizzato nel
secondo rapporto e con una drastica riduzione
tra l’inizio del periodo considerato e il 2003.
Infatti al 7,91% di crescita degli investimenti
registrati tra il 2000 e il 2001 si contrappone
una modesta crescita negli anni seguenti
di poco superiore all’1%. La sostanziale
stagna- zione degli investimenti trova la
sua ragion d’essere sia nel deteriorato clima
economico, che ha impattato negativamente
sulle aspettative delle imprese pavesi, sia
nell’evoluzione negativa della redditività.
Nel periodo si rileva infatti una riduzione
sia della redditività dei mezzi propri, che
è scesa da valori prossimi al 10% nel 2001
fino allo 0,28% del 2003, sia della redditività
operativa frutto della gestione caratteristica.
Mentre l’evoluzione degli investimenti e
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della redditività delle imprese pavesi evidenzia un trend molto più negativo rispetto
al periodo preso in considerazione nel precedente rapporto, considerazioni opposte sono
determinate dall’analisi della consistenza
patrimoniale delle imprese pavesi. In questo
caso emerge infatti un trend verso la patrimonializzazione delle imprese che non può
che essere valutato positivamente. Una delle
debolezze strutturali dell’economia della
provincia che emerge chiaramente in tutte
le analisi recenti è costituita infatti dalla
fragile struttura finanziaria delle imprese
pavesi. Questa debolezza nella composizione
del capitale a sua volta si riverbera nelle
dimensioni contenute delle imprese locali
e nell’insignificante quota di investimenti
in ricerca, sviluppo, brevetti e nei beni
immateriali in generale.
L’analisi della struttura patrimoniale e della
composizione del debito mostra invece come
le imprese pavesi abbiano perseguito strategie
di irrobustimento della struttura finanziaria.
Questa evoluzione costituisce in realtà il passo
necessario per poter avviare successive
strategie di crescita sia dimensionale che
qualitative e in quanto tale questa evoluzione
va valutata positivamente. Il campione della
Banca Regionale Europea permette inoltre
di distinguere le differenti evoluzioni delle
imprese per classi dimensionali. Pur presentando dinamiche molto eterogenee le evidenze del campione sembrano mettere in luce
come nel sistema industriale italiano siano
le medie imprese quelle che meglio sono in
grado di reggere la concorrenza internazionale. Sono infatti le grandi e le micro imprese
pavesi - quelle con un fatturato da 125 a 250
milioni e quello con fatturato da 5 a 12,5
milioni – quelle che mostrano i più evidenti
segnali di difficoltà attestati sia dalla diminuzione del fatturato che dalla caduta verticale
degli utili. Al contrario la class intermedia
con un fatturato compreso trai 50 e i 125
milioni mostra sia una crescita del fatturato
che - unica nel campione - un miglioramento
della redditività. Le evidenze emerse nel
capitolo 2 trovano anche parziale conferma
nell’analisi della capacità esportativa delle
imprese pavesi illustrata successivamente
nel capitolo 3. I dati sull’export mostrano
infatti un quadro migliore di quello offerto
dall’analisi della redditività. Nella misura
in cui la capacità di penetrazione dei mercati
esteri è un indicatore dello sviluppo di com-
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petenze specifiche, questi dati sembrano
attestare che una quota delle imprese pavesi,
pur in presenza di dati di redditività contrastanti, sta sviluppando le competenze
necessarie per assumere un ruolo attivo
sui mercati internazionali. In questo senso
le indicazioni sull’internazionalizzazione
sono coerenti con il fenomeno della crescente
patrimonializzazione delle imprese già
evidenziata. I dati mostrano come, in una
difficile congiuntura sia nazionale che internazionale, le imprese pavesi abbiano mostrato
nel complesso una buona performance:
le esportazioni sono aumentate nel periodo
del 43,5%. In particolare l’analisi del
quinquennio mostra come siano migliorate
sia l’efficienza sui mercati internazionali
come attestato dalla crescita dell’export
per dipendente passata da 38.900 euro nel
1999 a 52.200 euro nel 2003, sia il grado
di internazionalizzazione misurato dal rapporto tra le esportazioni e il fatturato (export
intensity) che è cresciuto dal 17% al 22%.
Meno positiva appare invece l’analisi della
volatilità delle esportazioni che, se confrontate con le variazioni su base nazionale,
mostrano una tendenza ad amplificare le
variazioni su base annua, denotando ancora
una certa fragilità dei risultati. In quest’ottica
una delle principali priorità per l’industria
pavese per i prossimi anni pare essere quella
di consolidare i risultati ottenuti radicando
la presenza sui mercati esteri con specifiche
politiche di internazionalizzazione.
Con riferimento alla distribuzione geografica
delle esportazioni emerge come la distribuzione delle esportazioni pavesi sia caratterizzata da una forte concentrazione verso l’area
della Unione europea che copre oltre il 60%
dei mercati di sbocco e, conseguentemente,
da una ancora scarsa presenza nei mercati
a più alto tasso di crescita, primo fra tutti
la Cina, ma anche Russia, est Europa e India.
Da questo punto di vista, le piccole dimensioni tipiche delle imprese pavesi hanno
costituito un ostacolo alla crescita verso
queste aree. Una parziale conferma a questa
ipotesi viene dall’analisi per classi dimensionali: sono le imprese con fatturati intermedi
da 25 a 50 milioni di Euro quelle che più
significativamente vendono sui mercati esteri.
Anche da questo punto di vista dunque le
medie imprese dimostrano il più alto tasso
di dinamismo. L’analisi settoriale conferma
le evidenze già emerse nel capitolo 2.
Il settore meccanico si caratterizza per un’alta
propensione all’esportazione, ma a questa alta
propensione si contrappone un alto tasso di
volatilità delle esportazioni. Vi sono tre settori
che si sono caratterizzati per una crescita
costante delle quote di export: il settore
alimentare, quello dei prodotti chimici e quello
dei prodotti in gomma e delle materie plastiche.
Le performance del settore alimentare sono
particolarmente significative, sia perché il
settore costituisce un comparto importante
dell’industria locale sia alla luce dei risultati
negativi che il comparto ha mostrato in termini di redditività. Infine il capitolo 4 evidenzia
gli effetti delle riforme fiscali sulle imprese
pavesi. Per le imprese pavesi in media, la quota
di valore aggiunto assorbita dalle imposte
diminuisce nel quinquennio considerato,
passando dal 12,6% nel 1999 all’8,8%
nel 2003; tale riduzione è principalmente
concentrata tra il 1999 e il 2000 (circa due
punti percentuali), mentre risulta più lieve
nel triennio successivo (circa 1-1/2 punto
percentuale).
Osservando la pressione tributaria per dimensione delle imprese, si può notare che le imprese di piccole-medie dimensioni, con fatturato inferiore a 12,5 milioni di euro, sono
quelle che subiscono una riduzione percentualmente maggiore nell’arco dei cinque anni;
per esse la contrazione del carico tributario
risulta maggiormente rilevante nel triennio
2001-2003. Per le imprese di medie-grandi
dimensioni, imprese con fatturato superiore a
50 milioni di euro, il carico tributario mostra
un andamento oscillatorio: si riduce tra il
1999 e il 2000, mentre registra un aumento
di circa tre punti percentuali tra il 2002 e il
2003. In particolare, le imprese appartenenti
ai settori della “Meccanica”, “Elettrica” e
“Altro” hanno subito per tutto il quinquennio
considerato un carico tributario superiore alla
media del campione; tra i settori che hanno
subito un minor aggravio fiscale, si segnala
invece il settore “Gomma e materie plastiche.
L’analisi svolta ha cercato di individuare
l’effetto tributario dei diversi tributi, in particolare di individuare l’incidenza della tassazione degli utili al netto dell’Irap, essendo
questa una tassa che, nelle intenzioni del
legislatore, dovrebbe essere modificata anche
in ottemperanza alle pressioni che vengono
dalle autorità europee. L’esercizio condotto
nel Capitolo 4 ha messo in luce che, in media,
il tax rate (calcolato come rapporto tra l’Irpeg
versata e l’utile d’esercizio) si è ridotto nel
triennio 1999-2001, di circa 4 punti percentuali; a partire dal 2001 tuttavia si registra
una tendenza opposta che riporta la pressione
fiscale ad un valore pari a circa il 34%.
Tale dinamica assume un’articolazione differenziata a seconda della tipologia di società:
le società di minore dimensione (con fatturato
inferiore a 12,5 milioni di euro) subiscono
una onere tributario sempre maggiore
di quello medio; inoltre il differenziale tra
il tax rate delle piccole imprese e delle grandi
imprese (circa sei punti percentuali nel
periodo 1999-2002) aumenta nell’ultimo
anno considerato (8 punti percentuali).
CUSTOMER SATISFACTION DELLE PICCOLE
IMPRESE: POSIZIONAMENTO POSITIVO
DELLA BANCA REGIONALE EUROPEA
I RISULTATI DELL’INDAGINE
NAZIONALE EURISKO
PER L’OSSERVATORIO ABI
Nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio
ABI sulla Customer Satisfaction delle Piccole
Imprese 2004, sono disponibili i risultati
dell’analisi di posizionamento competitivo
e di benchmarking della Banca Regionale
Europea. La ricerca è stata curata dall’Eurisko,
nell’Italia del Nord-ovest, su un campione
di 3.000 casi, di cui 250 riferiti alla Banca
Regionale Europea, rappresentativo di un
universo composto da piccole imprese,
fino a 19 addetti, con fatturato inferiore
a 2,6 milioni di euro. L’indice generale
di soddisfazione (sintesi di un insieme
di indicatori riguardanti il gradimento
della clientela verso l’agenzia, il personale
e il servizio offerto) è, per la Banca Regionale
Europea, del 63%, a fronte di una media del
49% nel Nord-ovest e del 45% nel totale Italia.
Nei confronti del personale è dell’80%.
Anche il “brand image” della BRE è positivo,
rispetto al sistema: ad essa vengono riconosciuti la capacità di “essere banca” (57%
di aziende soddisfatte, a fronte di una media
di sistema del 44%) e il ruolo sociale (33%,
a fronte 30%).
In base alla ricerca, la BRE dispone di un
portafoglio clienti che si distingue dal resto
del mercato sotto diversi aspetti: aziende
con profilo più evoluto in termini di dotazioni
tecnologiche, utilizzo di canali virtuali,
articolazione del portafoglio prodotti; maggiore
presenza di aziende giovani e dinamiche.
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