Elementi di sociologia – Temi e idee per il XXI secolo Carlo Mongardini Copyright © 2012 - McGraw-Hill Education (Italy) Srl Taccuino 2012 – 11. Il valore del denaro Un vento di follia sconvolge l’Occidente. E’ quasi una forma di isteria collettiva che agita la vita delle persone. Parole come pil, spread, sviluppo, crescita, e altre diavolerie di questo genere, con le quali la quasi totalità della gente non ha nulla a che fare agitano, i sogni di italiani e tedeschi, di francesi e spagnoli: simboli e miti di una fantasmagoria che ci riporta ad un immaginario da Medioevo. Alla base di tutto c’è il denaro che, con le sue trasformazioni (da moneta aurea a carta moneta, a carta di credito, a denaro elettronico invisibile e impalpabile), da misura del valore è diventato il valore dei valori. Ha cioè uniformato tutti i valori e si è reso universale al di sopra di ogni contesto culturale. Era uno strumento di misurazione, aveva quindi valore solo strumentale, è diventato il dio denaro che detta le sue leggi e sceglie i suoi profeti. Per fare un paragone è come se confondessimo il metro con la distanza, che può essere reale, valutata, percepita o vissuta. Come per il denaro, potremmo allora elevare un tempio al dio metro! Ma stiamo forse confondendo la realtà con l’immaginazione. La ricchezza con la manifestazione iperboliche e iperrazionali del denaro elettronico e dei suoi derivati. Se siamo in crisi è per lo stravolgimento di senso e di funzioni del denaro. E proprio perché ci siamo affidati ad esso per razionalizzare la vita e lo scambio non ammettiamo di poter fallire. L’Europa contabile è l’iperrazionalismo che non ammette crisi. Ma la crisi cade dall’alto. Il denaro così astratto resta fuori dal rapporto umano. E’ un Icaro dalle ali di cera. Abbiamo affidato al denaro il compito di costruire l’Europa di unificare ciò che la storia per secoli ha diviso. Desiderio lodevole, ma abbiamo trascurato gli insegnamenti di grandi maestri del passato. Vediamone alcuni. Nel 1841 un grande economista tedesco, Friedrich List, padre del nazionalismo economico, in un’opera dal titolo “Sistema nazionale di economia politica” ha sottolineato che l’unione o la cooperazione tra stati è feconda e duratura solo quando si verifichi una delle due condizioni: a. che vi sia tra di essi un quasi uguale sviluppo economico, oppure, b. che si possa instaurare tra loro un rapporto fondato sulla divisione del lavoro. Negli anni successivi Karl Marx ragionando sulle trasformazioni del denaro (v. K. MARX, Il denaro. Genesi ed essenza, Roma, Ed. Riuniti, 1990) ha messo in evidenza la sua crescente tendenza verso l’oggettività e la progressiva astrazione fino ad imporre una fredda ed oggettiva interpretazione della vita che si libera da ogni valore soggettivo. Il denaro, scrive Marx, trasforma le merci in segni di valore, le fissa come puri valori di scambio “astraendo dalla loro sostanza e da tutte le loro qualità naturali” (p.6). L’estrema oggettività raggiunta attraverso il denaro porterebbe però a “effetti perversi” che sfuggirebbero ad ogni controllo moltiplicando il fattore rischio contro il quale sarebbero inutili controlli e rimedi. Riprendendo in parte l’analisi di Marx in un grosso volume pubblicato nel 1900 con il titolo Filosofia del denaro, (Torino UTET, 1984) Georg Simmel sviluppa alcune sue intuizioni sull’effetto di oggettivazione del denaro, il quale, come mezzo assolutamente indifferente rispetto ad ogni finalità o qualità , finisce con l’asservire l’uomo al mondo delle cose: il mezzo diventa padrone assoluto e esclude qualunque fine di natura personale o sociale. Con l’impero del denaro, scrive Simmel in un altro testo, “tutti gli oggetti galleggiano con eguale peso specifico nel movimento costante delle corrente monetaria”. Con ciò “la calcolata esattezza della vita pratica che il denaro ha prodotto” si adegua “all’ideale delle scienze naturali: trasformare il mondo in un problema aritmetico, fissare ogni parte del mondo attraverso formule matematiche”. Nasce qui però un problema che viene affrontato poi da J. A. Schumpeter in un libro pubblicato postumo (Das Wesen des Geldes , Goettingen, Wandenhoeck & Ruprecht, 1970). Quale sarà l’impatto di questa forma di oggettivazione assoluta nei confronti dell’identità delle singole culture? In altre parole: se nell’essenza monetaria di un popolo, in quanto prodotto culturale, si rispecchia “ciò che questo popolo vuole, fa, soffre ed è” mentre d’altra parte essa, secondo un razionalismo estremo, tende a distaccarsi da ogni particolarità per socializzare gli uomini così come i prodotti, i beni e i servizi, quale sarà il risultato di questo duplice impatto che opera in direzioni opposte? Può, si chiede Schumpeter, l’oggettivazione del denaro rappresentare uno schema ideale di esistenza che esige di rispondere a lui prima che alle singole situazioni concrete? Si può pensare che la razionalità moderna sia riuscita a costruire un punto di riferimento fuori di esso verso il quale necessariamente dirigersi? La risposta è venuta con l’Euro. Hanno sovrapposto il significato oggettivo del denaro al denaro come prodotto culturale. Hanno inventato una moneta per costruire un popolo e un grande Stato multinazionale. L’astrazione si è elevata al di sopra dei popoli delle loro storie della diversità delle loro culture. Ma l’astrazione ha anche significato distacco dall’economia reale, distacco dalla funzione strumentale del denaro. E allora nella pura astrazione si è introdotto il gioco la speculazione, e la borsa è diventata una “sala da gioco”. I moderni “apprendisti stregoni”, gli economisti di tutte le razze, hanno suscitato forze e appetiti sul paino globale che non riescono più a controllare. Hanno invaso lo Stato occupando tutte le cariche politiche per poter dettare la loro legge e ridurre ad una sola la dimensione della vita. Una specie di implosione-esplosione! Non rimane che aspettare disincantati l’esito finale di questa deriva estrema dell’economicismo. Può essere che il dio denaro riesca a cambiare il mondo. Altrimenti saremo costretti a dichiarare il fallimento dello Stato degli economisti e a cercare di rifondare lo Sato come modello di “stare insieme” basato su una diversa cultura e su una moneta che torni ad essere la rappresentazione delle condizioni reali di una entità territoriale e culturale e non lo strumento di un volontarismo politico universale destinato a fallire. Come il volo di Icaro.