La comunicazione delle imprese alimentari di A. Mortara

La comunicazione delle imprese alimentari
di A. Mortara
1. Introduzione
Dove c’è Barilla c’è casa
Lavazza. Più lo mandi giù. Più ti tira su
Silenzio, parla Agnesi
Un piacere al giorno (Rana)
Che mondo sarebbe senza Nutella? (Ferrero)
Cioccolato Novi. Svizzero? No, Novi.
Mangia sano, torna alla natura con Mulino Bianco
Il piacere di mangiar sano (Mulino Bianco)
È sempre l'ora dei Pavesini
Star. Il tuo segreto in cucina
Le frasi riportate qui sopra rappresentano alcuni degli slogan più noti1 che, negli anni, hanno
utilizzato le maggiori aziende italiane del comparto alimentare. Si tratta di aziende che fanno parte
del vissuto dei consumatori italiani, il cui nome e la cui marca sono state un tempo e sono tuttora
presenti nel panorama della comunicazione pubblicitaria.
Alcuni di questi slogan appartengono ad un glorioso passato (Lavazza ad esempio, ancora radicato
nell’immaginario e nella memoria dei quarantenni e più, ma sostituito dal più recente “Il caffè
preferito dagli Italiani”, disponibile anche nella versione inglese “Italy’s favourite coffee”), altri
sono tuttora in uso: uno per tutti: “Dove c’è Barilla c’è casa”. L’azienda emiliana lo utilizza dal
1985, con un’interruzione dal 1991 al 1999 in cui sono stati sperimentati slogan come “Barilla ti fa
sentire sempre al dente”- in concomitanza con la campagna dei primi anni ’90 in cui l’azienda era
ritornata a comunicare, come nel passato, la superiorità dei propri prodotti legata all’alta qualità
delle materie prime utilizzate - e “Viva il blu”, la serie di spot fra cui anche quelli che impiegavano
come testimonial Cindy Crawford e Alberto Tomba e che rafforzavano l’elemento di distintività dei
prodotti legato alla caratteristica confezione.
Prima di affrontare il tema della comunicazione del comparto alimentare in Italia, occorre porsi due
domande: quali sono le imprese che appartengono a questo comparto e che cosa si intende per
comunicazione?
Per rispondere alla prima domanda può essere utile riferirsi alla tabella 1 che riporta tutti i prodotti
che, secondo la Federalimentare, appartengono al comparto alimentare.
È evidente che alcuni settori sono immediatamente associati ad un’azienda ad esempio: acqua
Ferrarelle, petfood Purina, pollo Arena, birra Moretti, caffè Lavazza, conserve Star, caramelle
Alpenliebe, omogeneizzati Plasmon, latte Parmalat, olio di oliva Carapelli, pasta Barilla, riso Scotti,
salumi Beretta, succhi di frutta Zuegg, surgelati Findus, vino Tavernello, zucchero Eridania, sono i
nomi che vengono in mente a chi scrive applicando una tecnica di ricerca nota come il ricordo
spontaneo. Il ricordo spontaneo, che “fa riferimento alla capacità dei consumatori di individuare il
brand in circostanze diverse … consentirà probabilmente di individuare solo le marche più forti”
(Keller, Busacca, Ostillio, 2005, p. 496) e la forza della marca è intimamente connessa alle strategie
di comunicazione a supporto della marca stessa. E questo porta alla seconda domanda: che cosa si
intende per comunicazione?
1
Il termine slogan rappresenta una sorta di firma che condensa, in poche parole, l’essenza stessa dei valori della marca.
Nel caso di un annuncio stampa è spesso collocato in basso a destra, nel caso di uno spot televisivo è spesso
rappresentato con un frame di chiusura, nel caso di un annuncio radiofonico è la frase finale del parlato. Il termine payoff, invece,che spesso viene utilizzato come sinonimo indica la frase di chiusura del messaggio che ne esplicita il senso
(Vecchia, 2006).
1
Tab. 1 – I comparti alimentari e il loro fatturato 2006
INDUSTRIA ALIMENTARE - FATTURATO 2006
Comparti
Fatturato 2006 (milioni di euro)
Acque minerali
2.200
Alimentazione animale
4.950
Avicolo
3.900
Bevande gassate
1.750
Birra
2.450
Caffè
2.200
Carni bovine
5.800
Conserve vegetali
3.220
Dolciario
10.146
Infanzia e dietetici
1.300
Ittici
900
Lattiero – Caseario
14.200
Molitorio
2.407
Olio di oliva e di semi
4.200
Pasta
3.519
Riso
870
Salumi
7.370
Succhi di frutta/Elab.
1.060
Surgelati
2.100
Vino
10.700
Zucchero
1.100
Varie
TOTALE
23.658
110.000
Fonte: Federalimentare
Sempre di più negli ultimi anni il termine comunicazione è stato accompagnato dall’aggettivo
integrata. La comunicazione integrata (Collesei, Ravà, 2004) fa riferimento alla capacità
dell’azienda di coordinare tutti i flussi comunicativi emessi nei confronti dei diversi stakeholder
siano essi interni che esterni. Dalla pubblicità, alle relazioni pubbliche, dalla visual identity
(gestione coordinata di logo, marchio e lettering) al sito internet, dalle sponsorizzazioni alle
promozioni, tutti gli strumenti di comunicazione devono essere orchestrati (Fabris, 2003) per
contribuire a creare un’immagine unica e distintiva dell’azienda che si imprima in maniera
indelebile nella mente dei diversi interlocutori. Sia che si parli di comunicazione corporate, che si
colloca al vertice del sistema di comunicazione integrata, che di comunicazione istituzionale
maggiormente legata alla divulgazione dei valori propri e distintivi dell’impresa, che ancora di
comunicazione di brand o di prodotto particolarmente rivolta al consumatore finale, lo strumento
della pubblicità sembra a tutt’oggi quello più efficace per “stabilire nella mente del consumatore
una identità distintiva e memorizzabile per il prodotto o per l’impresa” (Collesei, Ravà, 2003, p.
104).
I meccanismi di funzionamento della pubblicità sono basati essenzialmente sulla ripetizione del
messaggio e, non a caso, le aziende che sono associate al ricordo spontaneo (e che sono state citate
poco sopra) sono anche fra quelle che investono maggiormente in pubblicità (vedi sotto) sui media
2
classici e sono le stesse che, nel tempo, hanno costruito proprio tramite l’advertising un’immagine
forte riflesso della loro identità.
Il paragrafo che segue si propone di delineare i principali linguaggi utilizzati dalle imprese italiane
nelle loro strategie di comunicazione, prevalentemente pubblicitarie.
2.
I linguaggi della pubblicità
Come si è detto, il ricordo spontaneo di prodotti o aziende è fortemente collegato alla forza della
marca che, a sua volta, sembra direttamente collegata agli investimenti in comunicazione.
Ripensando velocemente alle marche citate finora salta immediatamente all’occhio che si tratta di
marche o aziende che alcuni autori definirebbero legittime (Semprini, 1993) ovvero che si
estendono nel tempo (essendo presenti sul mercato da almeno dieci anni) e nello spazio (attraverso
le “manifestazioni di marca” che comprendono la comunicazione pubblicitaria, ma anche attività
legate all’organizzazione di eventi, alle sponsorizzazioni e, nell’era di Internet, alla creazione di
community). Le aziende rappresentate da queste marche possono vantare anche un fatturato
rilevante. Infatti, interrogando la banca dati AIDA Bureau Van Dijk relativamente ai settori food e
beverages tra le prime imprese in ordine di fatturato troviamo: Barilla, Ferrero, Perfetti Van Melle,
Lavazza, Parmalat, Arena, rispettivamente al primo, secondo, quinto, decimo, tredicesimo e
quattordicesimo posto. Le imprese collocate in posizione intermedia non sono in realtà aziende
italiane: si tratta di divisioni italiane di gruppi multinazionali come Galbani (che fa parte del gruppo
francese Lactalis, dopo essere stata parte del gruppo Danone) o di aziende che non
commercializzano con marche industriali proprie come la Agricola Tre Valli (Tab. 2)
Il comparto dell’alimentare in Italia ha subito, infatti, varie modifiche dovute all’acquisizione, da
parte di grandi gruppi internazionali, di marchi tradizionalmente italiani: si pensi ad esempio ad
Algida che commercializza il suo primo Cremino nel dopoguerra e che attualmente fa parte del
gruppo Unilever. La strategia della corporation, nel settore dei gelati, è stata di acquisire in maniera
sistematica i principali marchi locali nei diversi paesi adottando una logica di gestione che può
essere definita glocal (Lombardi, 2000), ovvero una strategia globale declinata in maniera locale. Il
gruppo, infatti, si riferisce al marchio con un nome descrittivo Heartbrand, mentre nei singoli paesi
alla parte iconica del marchio (il cuore che è stato oggetti negli anni di numerosi restyling) viene
sempre giustapposto il nome della marca originalmente presente nei diversi paesi (Algida in Italia,
Miko in Francia, Langnese in Germania, Frigo in Spagna, ecc.). Per questo motivo l’azienda viene
ancora percepita come italiana grazie anche alla creazione, nel 1999, dell’evento Cornetto
Freemusic Festival che, avendo una risonanza prettamente locale, ha contribuito notevolmente al
miglioramento dell’immagine di marca.
Anche Santa Rosa, storico brand emiliano il cui claim “frutta fresca a pezzettoni” fa sicuramente
parte dell’immaginario italiano, appartiene al gruppo Unilever, come pure, dal 1985, l’olio Dante,
nonostante il nome e il marchio richiamino immediatamente l’Italia.
L’acquisizione da parte delle grandi multinazionali non è però l’unica tendenza del comparto
alimentare: esiste anche una progressiva acquisizione da parte delle imprese più importanti di
aziende e brand locali. Si pensi ad esempio a Granarolo che nel giugno del 2004 ha acquisito il
gruppo Sitia Yomo, produttore dello storico marchio di yogurt, ma anche dei prodotti Pettinicchio e
Merlo (sempre del settore caseario).
Dal punto di vista della strategia di comunicazione i processi di acquisizione e fusione creano
spesso una discontinuità che può rivelarsi dannosa nell’ottica della coerenza della comunicazione; il
passaggio da un brand all’altro deve essere gestito con grande attenzione per evitare confusione
nella mente del consumatore. Si pensi al caso abbastanza recente dell’acquisizione da parte di
Kimberly Clark del marchio Lines (pannolini per bambini della Fater), trasformato prima in Lines
Huggins e diventati in un secondo tempo solo in Huggins, rinunciando tra l’altro a uno dei simboli
più amati della pubblicità italiana: l’ippopotamo Pippo.
3
Tab. 2: Aziende del settore Food and beverages e loro fatturato
1
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Nome azienda
BARILLA G.
FERRERO
NESTLE' ITALIANA .
AGRICOLA TRE VALLI - SOCIETA'
COOPERATIVA
PERFETTI VAN MELLE S.P.A.
BUNGE ITALIA S.P.A.
SAGIT
EGIDIO GALBANI S.P.A.
LUIGI LAVAZZA S.P.A.
CONSERVE ITALIA
SANPELLEGRINO S.P.A.
PARMALAT S.P.A.
ARENA HOLDING S.P.A.
UNILEVER BESTFOODS ITALIA
SRL
HEINEKEN ITALIA SPA
INALCA - INDUSTRIA ALIMENTARE
CARNI - SOCIETA' PER AZIONI
BOLTON ALIMENTARI S.P.A.
COCA COLA BEVANDE ITALIA
KRAFT FOODS ITALIA S.P.A.
Data ultimo
bilancio
31/12/2005
31/08/2006
31/12/2006
31/12/2006
Ricavi vendite in migliaia di €
2.608.562,00
2.077.004,00
1.840.034,99
1.650.121,50
31/12/2006
31/12/2006
31/12/2003
31/12/2004
31/12/2006
30/06/2006
31/12/2006
31/12/2006
31/12/2004
31/12/2003
1.647.355,00
1.424.697,94
1.303.413,21
1.124.901,00
929.434,69
874.666,86
872.712,00
841.903,00
749.816,00
724.819,42
31/12/2006
31/12/2006
723.332,42
652.786,35
31/12/2006
31/12/2002
30/11/2006
639.945,00
631.818,61
625.801,61
Fonte: Elaborazione personale su dati della banca dati Aida
2.1
Cibo e salute
Come si diceva, il comparto alimentare è a tutt’oggi uno dei comparti più vivaci dal punto di vista
degli investimenti in comunicazione, sono molte le aziende che vi investono e quindi sono differenti
anche le strategie di comunicazione e i linguaggi utilizzati.
Volendo individuare, in maniera assolutamente non rappresentativa né esaustiva, alcuni dei trend
emergenti a livello di stile comunicativo, salta immediatamente all’occhio il ricorso ad un
linguaggio di tipo salutista e la presentazione dell’alimento quasi come se si trattasse di un farmaco.
Il settore meglio rappresentato è quello dei cibi “migliorati”: si parte dai cosiddetti probiotici2, come
gli yogurt, per arrivare ai functional food fra cui anche pane e biscotti. Fra i probiotici, a fianco dei
più noti Actimel (Danone) e LC1 (Nestlè), si trova anche l’italiana Granarolo con Yomo ABC,
attualmente commercializzato come Yomo Plus. I prodotti di questo tipo richiedono di essere
spiegati al consumatore e quindi può essere utile il ricorso a un testimonial come ha fatto Mila
(azienda altoatesina) che per la linea Benessere e Rinforzo Mila utilizza la sciatrice Denise Karbon
che si fa garante dei benefici del prodotto con le sue performance atletiche.
In generale, la comunicazione di questi prodotti fa riferimento alle proprietà benefiche
dell’alimento, elencando la quantità dei fermenti vivi presenti e ricorrendo spesso alla metafora
dello scudo che rafforza le difese immunitarie.
Il settore del functional food ha avuto in questi ultimi anni uno sviluppo notevole, nel 2004,
secondo dati Iri Infoscan, il loro giro di affari superava i 160 milioni di euro, per un totale di 32.000
tonnellate di prodotti, con tassi di crescita del 50% (Federalimentare, 2004). Anche le aziende che
producono o commercializzano questi cibi, arricchiti di sostanze che non sono gli elementi
2
Il termine alimento probiotico definisce un alimento che è stato arricchito da microrganismi viventi che svolgono un
effetto benefico sulla flora intestinale.
4
costitutivi degli alimenti (non appartengono quindi né alla categoria dei carboidrati, né a quella dei
lipidi, né agli zuccheri, né alle proteine) e che possono avere un effetto positivo sull’organismo,
adottano uno stile di comunicazione informativo. Si pensi agli spot Parmalat per il latte agli Omega
3 (protettori del sistema cardio vascolare) che utilizzano il battito cardiaco come parte della colonna
sonora; o ancora agli spot delle patate Selenella (prodotte dal Consorzio delle buone idee),
arricchite di selenio, in cui vengono raccontate le proprietà anti invecchiamento del prodotto (il
selenio riduce lo sviluppo del radicali liberi).
Diversa la strategia utilizzata da Alixir, che ha quattro linee: per la salute del cuore, per rinforzare le
difese immunitarie, per rallentare l'invecchiamento cellulare e per migliorare le funzioni intestinali.
L’uscita dei prodotti, sul mercato italiano, è stata annunciata da Barilla (che compare come endorser
sul pack del prodotto, ma che non è in alcun modo altrimenti riconoscibile) il 27 settembre scorso,
prevedendo un investimento in comunicazione di 10 milioni di euro da spendere in un periodo di 18
mesi (Pubblicità Italia, 2007). Il piano di comunicazione di Alixir ha compreso annunci stampa,
affissioni ed espositori preferenziali sul punto vendita comparsi negli ultimi mesi del 2007, a cui si
sono aggiunti a febbraio 2008 gli spot televisivi e l’apertura di un temporary shop a Milano, l’Alixir
Food Lounge (aperto dal 12 al 29 febbraio, www.alixir.it). Lo spazio Alixir è stato allestito in
maniera perfettamente coerente con quanto veicolato attraverso gli altri strumenti di
comunicazione: minimalista come già la confezione (nera, che non fa trasparire in alcun modo
l’immagine del prodotto contenuto) e ricco di informazioni sulle caratteristiche dei prodotti e sulle
loro funzioni. Progettato per consentire ai consumatori di vivere un’esperienza concreta con il
mondo della marca (Schmitt, 1999), il temporary shop, che si ascrive agli strumenti del cosiddetto
marketing non convenzionale, invita il consumatore (in questo caso, forse, il passante) ad entrare in
un ambiente dedicato alla nutrizione e al benessere psicofisico delle persone, in cui è possibile
ottenere informazioni approfondite sull’efficacia dei cibi funzionali e anche degustare un pranzo
preparato con l’impiego di prodotti Alixir.
2.2
Cibo e comicità
L’obiettivo che la pubblicità realisticamente si deve porre è, come è noto (Fabris, 1992, Lombardi,
2000, Ferraresi, Mortara, Sylwan, 2007), non la vendita del prodotto, ma il suscitare la propensione
al consumo, sollecitando un determinato comportamento d’acquisto. Studi e ricerche (Fabris, 1992,
Losito, 1994) hanno dimostrato che questo avviene più facilmente se il messaggio veicolato dalla
comunicazione è coerente con le credenze dei ricettori del messaggio stesso; il rafforzamento delle
opinioni già presenti è infatti molto più facile che non la creazione di una nuova opinione. Ma
affinché l’opinione possa essere rafforzata è necessario, in primo luogo, che il messaggio raggiunga
il destinatario, oltrepassando le barriere di difesa3 che il consumatore, in maniera più o meno
consapevole, erige nei confronti della comunicazione pubblicitaria. Una delle strade più efficaci per
superare queste barriere è il suscitare il riso; questo avviene quando si uniscono elementi
incongruenti, parole che hanno più significati o, ancora, quando si rappresentano situazioni fuori
dall’ordinario (Lombardi, 2000). Per questo comicità e ironia sono fra i linguaggi più utilizzati dalla
comunicazione pubblicitaria (Polesana, 2005).
In Italia, in particolare, il ricorso alla comicità, spesso un po’ grossolana, è più frequente dell’uso
dell’ironia (lo humor tipico invece di molte campagne anglosassoni). Sono gli stessi pubblicitari
italiani a lamentare l’utilizzo di una comicità semplice ed immediata (AA.VV, 2003), retaggio,
secondo i più, dei tempi d’oro di Carosello (Codeluppi, 2000) in cui i personaggi più efficaci, dal
punto di vista pubblicitario, erano spesso delle macchiette e le situazioni a cui andavano incontro
erano improbabili e derisorie. Nonostante ciò, negli ultimi anni, grazie anche al ricorso ad agenzie
pubblicitarie internazionali, si possono riscontrare esempi di campagne che fanno ricorso all’ironia
invece che alla più immediata comicità.
3
Ci si riferisce ai meccanismi di difesa del consumatore: esposizione, percezione e memorizzazione selettiva (Fabris,
1992, p. 117 e ss.).
5
Nel panorama della comunicazione alimentare, Lavazza e Campari sono due aziende italiane che
hanno adottato la comicità come linguaggio comunicativo.
Nel caso di Lavazza la scelta di appellarsi al riso risale agli anni ‘70 del secolo scorso, quando
l’azienda torinese sceglie di associare il proprio brand a Nino Manfredi che sarà il testimonial delle
campagne televisive dal 1977 al 1993. Successivamente, Armando Testa (l’agenzia che
storicamente si occupa della comunicazione pubblicitaria dell’azienda) inaugura la campagna
Paradiso, nel 1995, con Garrone e Solenghi; questi ultimi, nel 2000, lasciano il posto a Bonolis e
Laurenti, icone della comicità nazional-popolare italiana.
La serialità che contraddistingue le campagne Lavazza (sin dai tempi di Carosello con le storie di
Caballero e Carmencita) contribuisce fortemente all’accumulo in termini di notorietà e di
riconoscimento della marca, creando una sorta di aspettativa nel consumatore che riconosce
immediatamente il contesto, sa “cosa aspettarsi” e, in qualche modo, partecipa allo svolgersi della
narrazione.
Campari dal canto suo ha utilizzato la comicità per comunicare due prodotti del suo portfolio
completamente diversi, sia per le loro caratteristiche organolettiche che per il loro posizionamento:
Crodino e Cynar. L’analcolico è stato rilanciato da alcuni anni proprio grazie alla campagna
pubblicitaria che ha utilizzato come testimonial principale il Gorilla. Come è noto, il personaggio
del Gorilla, affiancato ad un certo punto dalla figlia, ha avuto un tale successo da prestare le sue
battute a Radio 105 e la sua voce ad un navigatore. Anche nel caso dei commercial Crodino si tratta
di una comicità immediata, basata sullo straniamento che da sempre provoca un animale parlante. In
termini di comunicazione, ma si tratta di un’operazione che va oltre l’advertising classico per
avvicinarsi al concetto di engagement del consumatore (Lombardi, 2007), l’ultima performance del
testimonial di Crodino è la pubblicazione di un libro Questioni di Peeling (2008) attualmente nelle
librerie.
Completamente differente l’approccio utilizzato per, si suppone, il rilancio di Cynar. L’aperitivo
digestivo (tale era il posizionamento iniziale del prodotto prima di diventare un amaro al carciofo) è
nell’immaginario degli italiani, che hanno fatto in tempo a vedere i Caroselli prima e gli spot poi,
indissolubilmente legato alla figura di Ernesto Calindri, testimonial dal 1966 al 1984, che
proclamava le virtù del carciofo “contro il logorio della vita moderna”. L’attuale filmato, che
riprende lo slogan del passato, utilizza come testimonial Elio e le Storie Tese nel tentativo di
svecchiare l’immagine dell’“amaro vero ma leggero”. Il risultato è quantomeno spiazzante: i
protagonisti, accerchiati dal traffico, fuggono dal logorio della vita moderna grazie ad una specie di
navicella spaziale a forma di carciofo. Come sottofondo canoro fa spicco la ripetizione “carciofon,
carciofon” che genera nello spettatore qualche perplessità, ma anche apprezzamenti4.
Una comicità più sofisticata, più vicina al concetto di ironia, è quella che si ritrova negli spot di
alcuni dei numerosissimi prodotti della Perfetti (che nel 2001 ha acquisto l’azienda olandese Van
Melle). Si pensi ai commercial per Vigorsol Air Action, ad esempio, che illustrano in maniera
iperbolica la potenza esercitata dal gusto forte del chewing gum (i capezzoli del giovane che si
erigono, l’emissione gassosa dello scoiattolo che spegne l’incendio) o quelli per Daygum Protex che
mettono in scena situazioni estreme in cui il prodotto sostituisce lo spazzolino (il piccione che
finisce nella bocca del motociclista o, on-air in questi mesi, la ragazza che si tuffa in acqua per dare
all’ex-fidanzato - che si sta allontanando su un traghetto - le gomme da masticare dato che lui ha
appena mangiato). Altrettanto irriverenti gli spot per Golia Activ Blu, in cui un gruppo di collegiali
utilizzano la potenza rinfrescante del prodotto per imitare il soffio della metropolitana che, dal
sottosuolo, solleva le gonne di due ragazzine (con una chiara citazione cinematografica a “Quando
la moglie è in vacanza” o ancora “La signora in Rosso”).
4
Si veda, ad esempio questo commento allo spot: “parlo della nuova pubblicità del cynar, un amaro che la campari ha
deciso di ritirare fuori dagli inferi in cui era precipitato, ed ha genialmente coinvolto elio e le storie tese. solo loro con
quelle facce potevano girare uno spot così il carciofone che decolla è pura leggenda eppoi il testo, assolutamente
vintage, cioè fuori moda totale usano termini come conviviale, simpatia, italianità. pura essenza di elio”, reperibile al
seguente indirizzo http://community.eu.playstation.com/showthread.php?t=141162
6
2.3
Cibo ed eros
Il legame tra cibo ed eros è forte ed esiste da sempre: si pensi ai cibi afrodisiaci o semplicemente al
piacere palatale che il cibo è in grado di dare (Simonetti G.-E., 2005); così come, da sempre, le
donne più o meno svestite fanno vendere: ne è un buon esempio il famoso e molto citato slogan
“Chiamami Peroni sarò la tua Birra” (che accompagnava l’immagine di una fanciulla avvinghiata a
una bottiglia di birra), ma anche la seducente bionda di grappa Julia (Falabrino, 2000, Codeluppi,
2001a) solo per ricordare due celebri annunci del passato.
L’erotismo è, infatti, uno dei linguaggi che ricorrono più di frequente in pubblicità, in settori molto
diversi, a volte anche per prodotti semanticamente molto distanti dal mondo dell’eros (chi non
ricorda il famoso spot del silicone sigillante in cui il box doccia, posto al centro della stanza, si
riempiva lentamente di acqua, mentre una splendida ragazza trasformava una doccia in un bagno
verticale?).
Nel campo dell’alimentare, a parte Müller (caso esemplare che è d’obbligo citare, anche se
l’azienda non è italiana) che, a partire dallo slogan “Fate l’amore con il sapore”, ha sempre fatto
appello alla sensualità per promuovere i suoi prodotti, anche Parmalat ha fatto ricorso a questo tipo
di linguaggio. La campagna di Coppa Malù, giocata sul contrasto tra il bianco della panna/ali
dell’angelo e il nero della cioccolata/colore della pelle, fa esplicito riferimento al piacere sensuale
legato al consumo del prodotto (oltre ad associare lo stesso a un corpo semi-nudo).
Anche il gruppo Campari ha utilizzato questo linguaggio per l’omonima bevanda. La saga di
Campari Red Passion, inaugurata dal commercial diretto nel 2001 da Tarsem, dura ormai da alcuni
anni e ha fatto della sensualità il suo elemento distintivo; una sensualità che si accompagna spesso
allo spiazzamento e alla sorpresa e che ha come punto focale il colore rosso (che richiama
direttamente sia il prodotto che la passione).
La soddisfazione dei sensi avviene anche attraverso il consumo di un biscotto, ed ecco che Togo,
biscotto/bastoncino ricoperto di cioccolato della Pavesi (Gruppo Barilla), propone l’immagine di
una giovane donna che mangia con aria ammiccante il prodotto e la speaker ricorda che si tratta di
un “momento di piacere”. Si tratta di un utilizzo eccezionale di un linguaggio che fa appello ai sensi
da parte di un’azienda come Pavesi che, normalmente, impiega altri codici espressivi: si pensi alla
comunicazione delle Gocciole – una famiglia ambientata nella jungla – o ancora quella dei Pavesini
rivolta ad un pubblico giovane e che punta più sulla comicità.
2.4
Cibo e quotidianità
Ma la pubblicità è anche, e forse soprattutto, uno specchio abbastanza fedele, seppur con qualche
deformazione in positivo, della società e quindi non può mancare il filone del quotidiano, quello che
viene, dal punto di vista del format, denominato la slice of life (Ferraresi, Mortara, Sylwan, 2007).
Si tratta della rappresentazione di una scena di vita, spesso domestica, che frequentemente ricorre
anche ad uno stereotipo: nella cultura italiana la famiglia felice, la divisione dei ruoli all’interno
della coppia – la mamma si preoccupa della casa e dei figli, il padre lavora ed è interessato alle
macchine -, convenzioni legati alla cultura, ecc. In questo filone si ascrivono i commercial di Barilla
che propone da anni il modello della famiglia che si raduna attorno ad un desco per mangiare un
piatto di pasta. Con il tempo però la pasta è cambiata: non solo i tradizionali formati di grano duro,
nella iconica scatola blu, ma innovazioni sia nella forma (il sub-brand i Piccolini), che nelle
caratteristiche organolettiche (Orizzonti e Integrale). Di pari passo, anche la famiglia è cambiata.
Protagonista degli spot negli anni ’80 era, infatti, la classica famiglia benestante, in cui la madre
prepara il pranzo per il consorte e i figli, mentre il marito ogni tanto lascia (a malincuore) il nido per
affrontare un viaggio di lavoro. Negli ultimi anni i commercial Barilla presentano, invece, esempi di
nuclei famigliari più o meno destrutturati, tipici della società contemporanea. Fra i protagonisti, si
trovano futuri genitori che comunicano tramite chat (si tratta del primo spot del ritorno allo storico
7
slogan “Dove c’è Barilla c’è casa”); bambini che sono affidati ai nonni perché, si presume, i
genitori lavorano (Nascondino); madri che lavorano presso la Barilla e ideano nuovi formati di
pasta (le Farfalle dei Piccolini); o ancora, fratelli che lavorano presso la Barilla e sperimentano una
pasta speciale per la sorella salutista (Orizzonti). Le immagini proposte sono però sempre legate a
momenti di condivisione familiare, in cui la pasta rappresenta il legame fra le persone e, al tempo
stesso, alla cultura italiana.
Lo stesso tipo di linguaggio viene adottato anche da Mulino Bianco, specialmente dopo il recente
ritorno all’agenzia che per anni ne aveva curato la comunicazione (Armando Testa). Anche in
questo caso vengono proposte scene tradizionali in cui i diversi prodotti sono consumati in
atmosfere familiari.
2.5
Cibo e testimonial
In questo breve excursus sui linguaggi della comunicazione alimentare è emersa varie volte la
figura del testimonial. La comunicazione pubblicitaria ricorre frequentemente all’endorser perché
grazie alla sua autorevolezza, o alla sua fama (se si tratta di un personaggio famoso), è in grado di
attribuire veridicità alla comunicazione e contribuisce a sviluppare un legame emotivo tra il
prodotto e il consumatore (Fabris, 1992).
Nel comparto alimentare sì è assistito, negli ultimi anni, all’utilizzo di un testimonial di tipo
particolare: l’imprenditore. Amadori e Rana sono i più celebri esempi di questa tendenza: il
proprietario dell’azienda funge da garante della bontà dei suoi prodotti non solo apponendovi il
proprio nome, ma prestandosi a magnificarli di persona. E quindi Giovanni Rana, in una recente
campagna, entra nelle case degli italiani al momento del pranzo (di nuovo la slice of life) e si unisce
al desco portando i suoi prodotti. Allo stesso modo Amadori dava garanzia, qualche anno fa, della
qualità del suo pollame, davanti ad una tavolata di amici inserita in un contesto agreste e in questi
giorni si offre al pubblico come garante di uno speciale pollo da grigliare sul barbecue. Questo
particolare uso dell’endorser unisce in sé le due anime del testimonial: la competenza nei confronti
del prodotto (chi meglio del produttore può farsi garante delle qualità dei suoi prodotti) e l’essere un
personaggio famoso, i due imprenditori hanno infatti acquisito una certa notorietà grazie alle loro
apparizioni mediatiche. Notorietà e credibilità sono infatti i due attributi indispensabili per definire
il ruolo del testimonial moderno (Musso, 2000)
3
Gli investimenti e le tendenze future
Il settore alimentare in Italia ha da sempre rappresentato uno dei comparti che ha maggiormente
investito in comunicazione pubblicitaria: tradizionalmente i big spender erano aziende come Barilla
e Ferrero e questo avrebbe potuto affermarlo qualsiasi consumatore italiano passando una serata
davanti alla televisione, transitando per la strada o sfogliando una rivista.
Nonostante che, da alcuni anni, sembri che, sempre dal punto di vista del consumatore/spettatore, il
primato dell’intrusività pubblicitaria sia da attribuirsi alle compagnie telefoniche, le grandi aziende
del comparto alimentare rimangono tra i maggiori investitori.
Se, infatti, il comparto che spende di più in pubblicità è quello delle telecomunicazioni, che ha
registrato, nel 2007, un incremento del 7,4%, esaminando i singoli spender al primo posto si trova
proprio Ferrero (Barilla è al settimo). Questo in presenza di un calo del settore alimentare pari allo
0,4% rispetto al 2006, in un mercato che ha raggiunto una valore complessivo, secondo i dati
pubblicati da Nielsen Media (2007), di 8.783 milioni di euro.
Ciò nonostante, da più parti si legge che l’epoca della pubblicità tradizionale è finita (Berman S. J et
al., 2007), che il sovraffollamento mediatico non consente più di raggiungere i propri consumatori
contando solo sull’advertising classico, che la diffusione dei canali tematici, le trasmissioni
satellitari o via decoder riducono in maniera progressiva l’esposizione di alcuni particolari target
8
alla televisione (Lombardi, 2007). I dati (Tab. 3) relativi agli investimenti pubblicitari in Italia
(UPA, 2007) confermano che in realtà la quota destinata ad altri strumenti di comunicazione rimane
comunque nettamente inferiore a quella destinata alla pubblicità sui mezzi classici. Ciò nonostante
l’esempio che ci viene dagli altri paesi, in primis dagli USA, induce a pensare che da adesso in poi
la pubblicità da sola non basterà più a sostenere l’immagine di marca e ad aumentarne la notorietà.
Sarà infatti necessario utilizzare un’idea creativa che sia media neutral, ovvero che possa essere
declinata su più mezzi senza perdere di efficacia, ma anzi sfruttando l’effetto accumulo (Lombardi,
2007).
Tab. 3 - Gli investimenti pubblicitari in Italia (in milioni di €)
2005
1.625
1.226
170
3,021
4.916
750
555
75
9.317
3.620
2.271
1.842
1.369
131
QUOTIDIANI
PERIODICI E MAGAZINES
PERIODICI PROFESSIONALI
TOTALE STAMPA
TELEVISIONE
ESTERNA
RADIO
CINEMA
TOTALE INVESTIMENTI MEZZI CLASSICI
PROMOZIONI
DIRECT RESPONSE
RELAZIONI PUBBLICHE
SPONSORIZZAZIONI
INTERNET
2006
1.662
1.280
170
3112
4.999
777
567
68
9.523
3.751
2.314
1.927
1.409
194
2007
1.702
1.314
171
3187
5.047
808
583
68
9.693
3.996
2.367
2.013
1.448
262
Fonte: elaborazione personale su dati UPA
È quello che alcune delle imprese più importati hanno già capito. Ferrero, ad esempio, sa che per
mantenere l’attenzione dei suoi giovani consumatori la sorpresa contenuta negli ovetti non basta più
e quindi il mondo Kinder si trasferisce on-line dando vita ad un advergaming che coinvolge 31
paesi e che unisce sinergicamente le attività off-line (all’interno degli ovetti si trovano i codici per
poter giocare) con quelle on-line (www.magic-kinder.com). L’ottica è quella dell’engagement
(Lombardi, 2007), in cui la marca non deve solo affermare tramite la pubblicità, ma fare attraverso
diverse manifestazioni, nell’intento di coinvolgere il consumatore e spingerlo a entrare nel proprio
mondo possibile eventualmente arricchendolo con contributi personali (Semprini, 1993, Codeluppi,
2001B, Mortara e Sinisi, 2005). Va in questa direzione la strategia adottata da Barilla per Alixir (di
cui si è già parlato), ma anche il contenuto di servizio offerto dal sito Barilla
(http://it.primopiatto.barilla.com) con la sezione dedicata alle ricette (sono sempre di più le aziende
che arricchiscono il loro sito offrendo servizi e non più soltanto semplici informazioni); o la
collaborazione di Knorr con il canale televisivo Fox che trasmette durante i break pubblicitari delle
ricette fra i cui ingredienti compaiono i prodotti Knorr5; o ancora l’effetto virale di alcuni
commercial come quelli di Vigorsol (lo spot Cadbury del gorilla che suona il piano è un altro
recente ed eccellente esempio), ma anche l’azione di retromarketing intrapresa da Lavazza. Infatti,
l’azienda torinese ha rispolverato, nel 2005, il personaggio di Carmencita, ha realizzato un sito
internet (www.carmencita.it) in cui la fanciulla dispensa consigli di cuore e anche una specie di
sitcom che è andata in onda su Italia 1. Attualmente Carmencita funge da reporter virtuale per la
5
“La ricetta del giorno con Knorr”, si tratta di sei filler (contenuti editoriali che riempiono) da 45” dedicati ai brodi
granulari Knorr in onda su Fox, FoxLife e FoxCrime dal 4 novembre al 15 dicembre (Pubblicità Italia, 5-11-2007)
reperibile al seguente indirizzo http://www.pubblicitaitalia.it/news.asp?id_news=45144.
9
versione on-line del quotidiano La Stampa (Masera, 2007) dove risponde a quesiti sul tema
dell’amore, della fedeltà e della passione.
Il ruolo di Internet nelle strategie media neutral si è rivelato fondamentale consentendo alle aziende
di collegare in maniera sinergica attività diverse e favorendo azioni di guerriglia marketing6, si
pensi alla campagna attuata da Carlsberg (il finto passaporto abbandonato nei taxi) che aveva lo
scopo di portare il consumatore sul sito dove poteva poi partecipare ad un gioco e condividere il
mondo del prodotto.
Infine, fra le tendenze si segnala anche l’utilizzo del product placement. Esemplare il caso di Pasta
Garofolo che ha affidato al cinema (La cura del Gorilla e Io e Napoleone) il suo lancio a livello
nazionale, ben prima di investire in pubblicità classica. L’azienda campana ha dedicato un’ampia
sezione del suo sito internet al rapporto tra la marca e il cinema, nato negli studios di Hollywood e
approdato anche in Italia (http://www.pastagarofalo.it/cinema.html).
4.
Considerazione conclusive
Al termine di questo breve excursus sulla comunicazione delle aziende del comparto alimentare non
possono mancare alcune annotazioni di carattere etico.
Negli ultimi anni si è parlato spesso di etica d’impresa e di responsabilità sociale di impresa
(Molteni M., Lucchini M., 2004); si pensi allo scalpore suscitato dai non più recentissimi scandali
di Cirio e Parmalat, aziende fra le prime a pubblicare un bilancio sociale, ma il cui comportamento
è stato ben lontano dall’essere responsabile.
A prescindere dalle responsabilità di tipo finanziario, che sono peraltro alla base della piramide
delle responsabilità sociali (Carrol, 1991), le aziende che operano nel comparto alimentare hanno,
forse più di altre, una responsabilità legata direttamente al consumo dei prodotti che sono
immediatamente responsabili del benessere dei consumatori. Questo aspetto è tanto più importante
quanto più il prodotto è potenzialmente dannoso: si pensi agli alcolici (e super alcolici) o al così
detto junk food (snack, merendine ipercaloriche, soft drink gassati, ecc.). La polemica contro questi
alimenti si è fatta sempre più accesa negli ultimi tempi, in concomitanza con i dati allarmanti
relativi all’incidenza dell’obesità infantile; pare infatti che un terzo dei bambini italiani sia
sovrappeso e di questi il 30% rientri nella categoria degli obesi (Cattaneo, 2007). Il problema è
sentito anche a livello comunitario, tanto che la Commissione Europea ha lanciato l’8 novembre del
2007 la Giornata europea del mangiare e cucinare sano, volta a promuovere la diffusione dei
principi di una sala alimentazione proprio nei bambini. Sempre la commissione Europea rimprovera
le imprese che utilizzano la pubblicità (prevalentemente televisiva) per incentivare il consumo di
junk food (in particolare snack e patatine). Infatti, la pubblicità che si rivolge agli under 12 è stata
definita da Robert Madelin, direttore della Direzione Generale Salute e tutela dei consumatori della
Commissione Europea, un "comportamento aziendale rischioso", contrario all'impegno di quelle
imprese che hanno realizzato o stanno realizzando iniziative nelle aree di applicazione della
Responsabilità Sociale d'Impresa (SP, 2007).
Alcune aziende hanno colto la sfida dell’etica: si pensi ad esempio alla campagna promossa da
Heineken, nel 2004, per scoraggiare la guida in stato di ebbrezza (il famoso spot del cane per ciechi
che non è più in grado di svolgere la sua mansione perché ha assunto alcol); ma anche all’impegno
di molte aziende alimentari che hanno eliminato OGM e grassi idrogenati dai loro prodotti (ad es.
Barilla e le aziende del gruppo) nell’ottica di fornire prodotti più sani; o ancora alle campagne
sociali o di corporate social responsibility promosse da marchi come Chiquita, vincitrice tra l’altro
del Sodalitas Social Award del 2005 (www.sodalitas.it).
Pur non essendo questa la sede in cui affrontare tematiche di tipo etico, sembra opportuno però
segnalare che, in futuro, le imprese si imbatteranno sempre più frequentemente in questo genere di
problematiche e dovranno sempre più rendere conto del loro comportamento anche ai consumatori
6
Il termine guerrilla marketing definisce l’utilizzo di metodi non convenzionali per raggiungere obiettivi di marketing
tradizionali come il profitto (Levinson C., 1984).
10
finali che si dimostrano sempre più sensibili a questo tipo di impegno (Gadotti G. e Mortara A.,
2007).
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