Andrea Audrito - Giuseppina Rinaudo
Laboratorio di Fisica Moderna - Indirizzo FIM - a.a. 2005/06
ENERGIA E QUANTITÀ DI MOTO IN MECCANICA QUANTISTICA
Una riflessione per tradurre la fisica dell’esperimento del “LED” dal fotone all’elettrone
1. Il fotone
Nell’esperimento del LED, lo scopo è di capire il significato della relazione di Planck
E=hf
(1)
e di determinare la costante di Planck h.
Gli aspetti importanti riguardano la fisica dei quanti (pre-meccanica-quantistica), e cioè il fatto che
il fotone è un “oggetto quantistico”, perché ha insieme caratteristiche ondulatorie che si esplicitano
nella frequenza f=c/ (c=velocità della luce, =lunghezza d’onda) e caratteristiche corpuscolari
che si esplicitano nell’energia E.
1a) La misura dell’energia
Come abbiamo fatto a misurare E? È stata la parte più difficile, perché in un fascio di luce è difficile
isolare l’energia di un singolo fotone.
Domanda: come potreste misurare l’energia portata da un fascio di luce? È una
misura diretta o indiretta? Come misurereste l’energia cinetica di un elettrone?
Il modo di misurarlo è stato indiretto, abbiamo cioè
- misurato l’energia dell’elettrone in determinate condizioni: sapevamo che per passare dal lato
“n” al lato “p” della giunzione diodo l’elettrone doveva acquistare un’energia pari alla larghezza
del “gap proibito”, Egap, e sapevamo che, una volta giunto nel lato “p” della giunzione,
l’elettrone aveva una grossa probabilità di “finire in una buca”, perché nel lato “p” ci sono
molti atomi a cui manca un elettrone (pallino bianco), mentre dal lato gli atomi sono non hanno
posti liberi (pallino nero);
drogaggio n
banda di conduzione
E
drogaggio p
banda di conduzione
elettroni
energy gap
buche
Egap
energy gap
banda di valenza
banda di valenza
1
-
-
-
per far passare l’elettrone abbiamo applicato una differenza di potenziale dall’esterno che aveva
l’effetto di abbassare il fondo della banda di conduzione dal lato “p”: man mano che la
differenza di potenziale V si avvicinava al valore eVo=Egap, la corrente di elettroni cresceva
esponenzialmente, finché, superato eVo, la corrente diventava forte e iniziava l’emissione di luce
da parte del diodo; abbiamo determinato il valore approssimato di eVo, facendo
un’estrapolazione lineare della tensione applicata a corrente nulla.
infatti, in queste condizioni, ci sono molti elettroni nel lato “p”. Quando “cade nella buca”, cioè
incontra un atomo a cui manca un elettrone, l’elettrone libero viene catturato e rilascia l’energia
in eccesso sotto forma di energia di un “fotone”;
avendo misurato eVo, sappiamo anche qual è l’energia che l’elettrone ha ceduto al fotone.
Domanda: come si giunge alla misura dell’energia del fotone nell’esperimento
dell’effetto fotoelettrico?
1b) La misura di 
La misura della lunghezza d’onda  è stata fatta seguendo le classiche regole dell’ottica ondulatoria,
con un reticolo di diffrazione. Rivediamole, cercando di riflettere su che cosa si impara dalla misura
con il reticolo e quale è il significato della relazione =asen, dove  è l’angolo di diffrazione e a è
il passo del reticolo.
a
B

Led
C
Lente Reticolo
Immaginiamo l’onda che parte dal LED e
facciamone una istantanea a un certo istante
t. L’onda è una sequenza di massimi (cerchi
continui) e minimi (cerchi sfumati) di
oscillazione (dei campi elettrici e
magnetici) che si ripetono periodicamente
nello spazio con una periodicità pari alla
lunghezza d'onda , che è appunto pari alla
distanza fra un punto P e un punto R in cui
l’onda ha la stessa fase (es. due massimi)
lungo una qualunque direzione radiale.
La fase è appunto una caratteristica del
moto dell’onda, che invece non c’è nel
moto di un corpuscolo: quando ci si sposta
da un punto a un punto vicino lungo la
“traiettoria” in cui l’onda viaggia, varia la
sua fase, e la fase varia anche nel tempo,
con una periodicità che è pari al periodo,
mentre la periodicità spaziale è .
8
6
P
4
R
2
0
-2
-4
-6
-8
-8
-6
-4
-2
0
2
4
6
8
2
Domanda: conoscete qualche altro esempio di moto che avviene con delle “fasi”
diverse che si ripetono periodicamente? La fase è legata alla “complessità” del
moto?
Quando l’onda incontra un ostacolo come il reticolo si comporta in modo completamente diverso da
un corpuscolo che passa o viene bloccato, a seconda che trova sulla sua strada la fessura o il tratto
opaco. Esaminiamo cosa avviene con due fenditure, perché le altre fenditure si comportano in modo
analogo, essendo tutte alla stessa distanza a.
Utilizziamo per il calcolo il principio di 8
Huygens, per cui ogni punto della fenditura
si può trattare come la sorgente di una 6
nuova onda avente la stessa lunghezza
d’onda. Per chiarezza mostriamo solo le
4
onde che escono dal punto centrale di ogni
fenditura e, per ciascuna, mostriamo solo i
S
R
massimi. Si vede chiaramente che ci sono 2

dei punti come i punti P, Q, R, S, T nei
A
quali le due onde giungono con la stessa
T
a
0
fase passando dalle due diverse fenditura.
C
B
In questi punti non si può assolutamente
Q
distinguere se l’onda che arriva è passata -2
da una fenditura o dall’altra, e le due onde
si sovrappongono dando interferenza -4
costruttiva, perché sono perfettamente in
P
fase. Tale condizione si verifica non solo in
questi punti, ma in tutti i punti che stanno -6
sulla retta passante per quella direzione,
quindi lungo queste direzioni si avrà un -8
massimo di propagazione dell’onda, mentre
0
2
4
6
8
10
12
lungo le altre direzioni l’onda non viaggia,
perché non c’è sovrapposizione in fase.
Oltre alla direzione di propagazione in avanti, si dimostra che a grande distanza (molto maggiore di
a) l’angolo  al quale si verificano queste direzioni privilegiate soddisfa, a grande distanza, alla
condizione
a sen = n 
(2)
dove n è un numero intero (chiamato “ordine di diffrazione”), perché a questo angolo la differenza
BC fra i cammini AS e BS percorsi dalle due onde è proprio pari a un multiplo intero di , quindi le
due onde arrivano in S in fase.
Domande:
- aumentando la distanza fra le fenditure si vedono più o meno ordini di diffrazione?
- Aumentando la lunghezza d’onda si vedono più o meno ordini di diffrazione?
- Esiste una distanza minima al di sotto della quale la diffrazione scompare? Come si
spiega questo effetto?
- Che cosa cambia passando da due fenditure a un reticolo con migliaia di fenditure?
3
8
Diffrazione da due fenditure poste a una
distanza pari a circa 4 , ottenuta con il
foglio excel “diffrazione”, vedi sito
http://www.iapht.unito.it/fsis/fismod.
4
6
3
4
Valori di sin ai diversi ordini, e numero
dell’ordine ricavato dalla (2)
2
2
1
sen theta
0,98503
0,65645
0,43545
0,20589
n
0
4,0
2,7
1,8
0,8
0
1
-2
2
-4
3
-6
4
-8
1c) Onda e corpuscolo
0
2
4
6
8
10
12
Il fotone è quindi un oggetto che si comporta in modo “strano”, rispetto a quello che è il
comportamento di un oggetto classico, perché, all’emissione, viene prodotto come un corpuscolo,
cioè come un unico quanto di energia mentre, quando incontra l’ostacolo formato dalle due
fenditure, passa contemporaneamente attraverso entrambe e al di là dell’ostacolo si propaga
contemporaneamente lungo direzioni diverse, anche se ad angoli discreti. Tuttavia, quando colpisce
lo schermo, rilascia la sua energia (e quindi “viene visto”) in un’unica interazione, e quindi in un
unico punto, lungo una sola delle direzioni possibili. C’è una certa probabilità di essere rivelato
lungo una certa direzione, che varia con la direzione e quindi con l’ordine diffrattivo (diminuisce
andando agli ordini diffrattivi maggiori), ed è perfettamente calcolabile (vedi “cammini di
Feynman” sul sito web http://www.iapht.unito.it/qm/).
Domanda:
- elencate i comportamenti “anomali” del fotone rispetto al comportamento di un corpuscolo
nella propagazione al di là dell’ostacolo con le fenditure;
- come ci si potrebbe accorgere, guardando l’immagine su uno schermo a grande distanza, se
sta arrivando un’onda oppure una sequenza di corpuscoli?
La lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla quantità di moto p del fotone:
p = h/
(3)
Si può ricavare questa relazione in due modi:
- partendo dal modello corpuscolare e trattando il fotone come una particella di massa nulla (solo
una particella di massa nulla può viaggiare rigorosamente alla “velocità della luce”); dalla
relazione relativistica fra energia e quantità di moto per una particella di massa m,
E  (mc2 )2  ( pc)2 , si ottiene per m=0, p = E/c = hf /c = h/ (si utilizza la relazione di
-
Planck (1) e la relazione f= c/);
partendo dalla relazione fra il flusso di energia (E) e il flusso di quantità di moto (P) (P è il
cosiddetto “vettore di Poynting”), di un’onda elettromagnetica che colpisce una superficie posta
4
perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell’onda, che si ottiene dalle equazioni di
Maxwell e che è misurata sperimentalmente: (E)= c(P).
Conviene ripensare l’esperimento di diffrazione dalla doppia fenditura in termini corpuscolari,
trattando cioè la diffusione all’angolo  come un “urto” con le fenditure che causa una variazione
nella componente trasversale py della quantità di moto.

p
y


p
x
Dalla (3) e dalla (2) si ottiene:
h sen 
py
h
(4)

a
Ciò indica che la quantità di moto del fotone cambia solo per multipli interi del rapporto h/a: più
grande è la fenditura, più piccola è la variazione di py, e comunque questa variazione è discreta, in
multipli interi di h/a.
Inoltre, fissato p, c’è una larghezza minima, al di sotto della quale le due fenditure non producono
nessun effetto, cioè sono completamente trasparenti al fotone. Questa larghezza si ottiene ponendo
nella (4) sen =1, quindi
p y  p sen  
amin=h/p
n
(5)
Il significato di questa relazione è che un fotone di quantità di moto p non può scambiare con le
fenditure una quantità di moto minore di h/a!
Questo è un altro modo di esprimere la relazione di indeterminazione1, perché la distanza a fra le
fenditure non è altro che la indeterminazione y sulla posizione lungo l’asse y del fotone:
y py > h
(6)
Spesso si usa il termine “principio di indeterminazione”, che tuttavia non è corretto, nel senso che non è un postulato a
priori, ma è semplicemente la conseguenza della relazione di Planck.
1
5
2. L’elettrone
Domanda: se è vero che il fotone è un corpuscolo, sia pure “strano”, perché, per la
meccanica quantistica, è necessario passare prima dalla fisica dei quanti del fotone
alla fisica dei quanti dell’elettrone?
L’elettrone è una particella dotata di massa, per la quale vale l’equazione del moto classico, F=ma;
abbiamo quindi un riferimento per la descrizione del moto, che dobbiamo ritrovare in situazioni in
cui h può essere considerato molto minore delle azioni in gioco, come previsto dal “principio di
corrispondenza”.
L’ipotesi alla base della fisica dei quanti è che anche l’elettrone abbia la doppia natura corpuscolare
e ondulatoria come il fotone. Si tratta quindi di vedere come si misura l’energia (aspetto
“corpuscolare”) e la lunghezza d’onda (aspetto “ondulatorio”) dell’elettrone.
2a) L’energia di un elettrone
Si misura con metodi classici, usando campi elettrici o magnetici:
- con un campo elettrico: attraversando un campo elettrico prodotto da una differenza di
potenziale V, l’elettrone subisce una variazione di energia cinetica E=eV, dove e è la carica
elettrica dell’elettrone, pari a 1,6  10-19 C (per questo motivo spesso l’energia di un elettrone si
misura direttamente in “elettronvolt”, eV, per cui 1 eV =1,6  10-19 J); da notare che in questo
modo si misura solo la variazione E di energia cinetica, non il valore assoluto dell’energia
cinetica);
- con un campo magnetico: in un campo magnetico B un elettrone, avente velocità v
perpendicolare alla direzione di B, viene deviato dalla forza di Lorentz FL=evB, in direzione
perpendicolare a v e a B; trattandosi di una forza centripeta costante, se B è uniforme, la
traiettoria dell’elettrone è una circonferenza di raggio r tale che mv2/r = evB, da cui mv = eBr.
Domanda: trovate due esperimenti classici di misura dell’energia dell’elettrone
ottenuta rispettivamente con un campo elettrico e con un campo magnetico.
2b) La lunghezza d’onda di un elettrone
La lunghezza d’onda dell’elettrone è data dalla relazione (3), che viene chiamata “relazione di de
Broglie”. Perché de Broglie ha dovuto inventarsi una relazione apposta per l’elettrone, mentre per il
fotone la relazione seguiva direttamente dalla relazione tra frequenza e lunghezza d’onda? Il motivo
è che l’elettrone, a differenza del fotone, ha una velocità che dipende dall’energia, anziché essere
costante.
Utilizzando la stessa relazione che si trova per il fotone, ci si aspetterebbe infatti f= v/, e,
sostituendo a  il valore calcolato dalla (3) e sostituendo f nella (1), si troverebbe E=hf = hv/= pv
=p2/m, mentre la relazione fra p ed E è E = p2/2m. Il motivo del fattore 2 di differenza è legato al
fatto che la velocità che compare nella relazione f = v/ è la velocità dell’onda (“velocità di fase”),
mentre la velocità che compare nella relazione p=mv è la velocità con cui viaggia l’elettrone come
corpuscolo (“velocità di gruppo”). Per il fotone le due velocità sono uguali, per l’elettrone no.
Per capire l’effetto, sovrapponiamo due onde sinusoidali di uguale ampiezza, messa uguale a 1, una
di lunghezza d’onda +d e l’altra di lunghezza d’onda -d. Hanno la stessa “velocità di fase” vf,
per cui le frequenze sono f+df=vf /(-d) e f-df=vf /(+d).
Per semplicità di notazione, conviene usare il numero d’onda k=2 / e la pulsazione =2 f , che
sono legate alla quantità di moto p e all’energia E dalle relazioni p=hk/2 ed E=h/2. Dalla
somma delle due onde si ottiene la tipica forma di un “battimento”:
6
A  cos(( k  dk ) x  (  d )t )  cos(( k  dk ) x  (  d )t )  2 cos( dk  x  d  t )  cos( kx  t )
sovrapposizione
5,0
4,0
3,0
ampiezza
2,0
1,0
0,0
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
0
200
400
600
x(angstrom)
800
1000
onde singole
1,5
1,0
ampiezza
Il primo fattore, cos(dk x - d t),
rappresenta
il
battimento
nell’ampiezza, che si sposta nel
tempo con una velocità v = d/dk
= dE/dp = p/m: il battimento
viaggia quindi con la stessa
velocità del “corpuscolo” elettrone.
Il secondo fattore, cos(k x -  t), è
invece l’oscillazione dell’onda
media, che viaggia con la velocità
di fase vf = /k = f.
Nelle figure, ottenute con un foglio
excel, si vede ad esempio l’effetto
della sovrapposizione spaziale di 4
onde che hanno un  medio di 1
nm e d 0,03 nm. La figura in
basso mostra le 4 onde, quella in
alto mostra le 4 onde più la loro
sovrapposizione. Si vede che
occorrono circa 30 oscillazioni
prima che le onde tornino in fase
fra di loro. Nei punti di massima
sovrapposizione l’ampiezza del
battimento è 4 volte l’ampiezza
della singola onda, come atteso.
La quantità di moto di questo
elettrone è p1240 eV/c, l’energia
cinetica è E1,5 eV, la velocità è v
 0,0025 c  7,5105 m/s.
0,5
0,0
-0,5
-1,0
-1,5
-10
10
30
50
70
90
110
130
150
x(angstrom)
Domanda: calcolate quale dovrebbe essere per questo elettrone la distanza fra le
due fenditure (oppure il passo del reticolo) per avere il primo picco di diffrazione a
un angolo di 20°.
7