Jerome Bruner, La mente a più dimensioni Editori Laterza, Roma Bari 2003 Collana Scienze della mente Pag. 234 Recensione di Elena Ciresola – 30 marzo 2006 Abstract Famosissimo libro ripubblicato dopo vent’anni dalla sua prima edizione, tratta della dimensione fondamentale del pensiero umano nel narrare. Il grande psicologo americano rompe con questo testo l’attenzione unilaterale agli aspetti logici e sistematici della vita mentale. Nella premessa a questa edizione, scritta nel 2003, ribadisce il principi guida di questo testo: illustrare i problemi di una disciplina emergente, la psicologia culturale, attraverso l’analisi delle relazioni fra mente individuale e il mondo della cultura, nel quale la nostra mente funziona. Recensione Fin dalla premessa scritta nel 2003, Bruner riprende la centralità di questo concetto: “culture diverse coltivano e fanno sviluppare talenti diversi, diverse forme di intelligenza. Addirittura le definiscono.” (pag. VIII) La cultura definisce i suoi canoni che ci danno la costruzione della realtà e del senso. Ma Bruner anticipa che i suoi studi provano una adesione complessa tra canoni della cultura e natura dell’intelletto umano, soprattutto alla sua facoltà di immaginazione. Quali mezzi favoriscono l’immaginazione? Arti, miti, cerimonie che incoraggiano la fantasia dell’uomo. Il testo si propone di esaminare i mezzi con i quali si costruisce la realtà, con i quali si realizzano mondi “possibili” da parte di comunità scientifiche e letterarie. L’interesse sotteso sempre in Bruner “va ai processi cognitivi dell’uomo nell’ambito della vita ordinaria” (pag. XI) I. DUE TIPI NATURALI DI PENSIERO 1. Approccio alla letteratura A partire dalla poesia Bruner indaga alcuni casi per provare che l’analisi letteraria può anche diventare un modo per scoprire “per quali vie il testo influenzi il lettore e che cosa sia a generare gli effetti che, di fatto, si registrano in lui.” Pag.6 Per Bruner il potere della letteratura, quando usi un approccio di tipo linguistico, deriva dai “suoi espedienti retorici”, come la metafora o la sineddoche. Quando invece ci domandiamo su natura e ruolo del genere psicologico di fatto ci chiediamo anche delle relazione tra i processi interpretativi di chi legge, oltre che del problema morfologico del testo reale. La tesi che Bruner vuole dimostrare nei due capitoli successivi è che dovrebbero coesistere due punti di vista, che permetterebbero di affrontare come “attravesro uno stereoscopio” l’analisi letteraria. 2. Due tipi di pensiero La tesi è questa: esistono due tipi di funzionamento cognitivo, due modi di pensare, che sono complementari e irriducibili l’uno all’altro. Il primo è quello paradigmatico o logico-scientifico, segue l’ideale di in sistema descrittivo ed esplicativo formale e matematico. L’altro è quello narrativo, si occupa delle azioni e delle intenzioni proprie dell’uomo, così come delle vicissitudini e dei risultati che ne contrassegnano il corso. Prendendo come esempio lo snodo narrativo della fabula, oltre che con altri esempi, prova la caratteristica del linguaggio, inteso come sistema organizzato a diversi livelli. 1 È a questo punto che cerca di trovare alcune risposte ai possibili metodi di coinvolgimento del lettore rispetto al testo, come capacità di stimolare l’immaginazione del lettore. ♦ Presenza di spunti alla presupposizione, intesa come creazione di significati impliciti ♦ Soggettivizzazione, intesa come rappresentazione delle cose attraverso il filtro della coscienza dei personaggi ♦ Presenza di una pluralità di prospettive. L’excursus tra testi narrativi è ricco e intercetta gli elementi su cui Bruner vuole fermare l’attenzione. Come quando verifica la modalità del processo narrativo in racconti come quelli di Calvino ne Le città invisibili, dove c’è una ricerca di significati nella forma atemporale di significato che il racconto presenta nel ‘nocciolo’, forse ciò che “i formalisti russi chiamano fabula”. (pag.46) Un passaggio fondamentale nella storia della narrativa Bruner riconduce al percorso dalla fiaba popolare al romanzo psicologico, che ha il motore dell’azione nei personaggi anziché nell’intreccio. Ma alla fine l’esempio dell’economista Heilbroner, basato su una previsione teorica di economia che fallisca, allora i banchieri si affidano a dei racconti. Quasi che pensiero paradigmatico e narrativo vengano a trovarsi fianco a fianco. Rimane una ragione in più allora per Bruner cercare di capire cosa implichi “creare e comprendere grandi opere narrative, e come avvenga che esse riescano a costituire una realtà autonoma nella vita come nell’arte” (pag.55) 3. Castelli possibili Qui Bruner si occupa del rapporto tra scienza e umanesimo. La scienza, dice, “mira a costruire un mondo che rimane immutabile, estraneo com’è alle intenzioni e alle vicissitudini dell’uomo.” (pag. 63) “Al contrario l’artista e il poeta si occupano principalmente del mondo così come cambia in rapporto alla posizione e all’atteggiamento di chi lo guarda.” (pag.63) È molto interessante la serie di esempi che usa a riprova del fatto che “il compito implicito nelle attività di tipo umanistico è proprio quello di creare e di sviluppare ipotesi” in questo senso anche la scienza moderna, quando crei ipotesi, può dirsi affine alle attività dello scrittore e dell’artista. Bella la citazione di Manet “la natura è soltanto un’ipotesi”, come invito a una molteplicità di ipotesi diverse e provocanti. Anche se poi conclude affermando ancora che il cultore delle discipline umanistiche non si occupa del particolare anziché dell’universale e cita la Poetica di Aristotele: “Il compito del poeta non è quello di descrivere cose realmente accadute, ma di dire quali possono accadere in determinate condizioni: cioè quali cose siano possibili secondo le leggi della verosimiglianza o della necessità…” (pag. 68) II. LINGUAGGIO E REALTA’ 4. L’io transazionale Per transazioni Bruner intende “quei rapporti che costituiscono la premessa del processo che approda alla condivisione di assunti e di credenze riguardanti la realtà del mondo, il funzionamento della mente, gli orientamenti degli uomini e i modi in cui dovrebbe esplicarsi la comunicazione tra loro” (pag. 71) Dopo aver analizzato alcuni tratti caratteristici delle transazioni nel bambino piccolo, aver descritto la sintassi come sistema della comunicazione, attraverso le relazione tra parole ed espressioni (che insieme a referenza costituiscono il significato), arriva a stabilire il nesso tra comunicazione e cultura. Molto interessante la domanda che si pone successivamente: “come va concepita la cultura? E in che modo essa ci fornisce gli strumenti necessari non soltanto alle nostre transazioni con gli altri, ma anche all’elaborazione dell’immagine di noi stessi all’interno di tali transazioni?” (pag. 81) Chiude il capitolo l’analisi dei principi della concezione tradizionale dell’egocentrismo, con prospettiva egocentrica, privatezza, concettualizzazione non mediata, tripartizione. È la cultura che tiene unite queste funzioni, facendone dei modelli di direzione dell’io, come indica nella citazione di Michelle Rosaldo, con “i copioni, le storie e le ‘libere catene associative” 2 5. L’intuizione di Vygotsky L’intuizione di Vygotsky è la comprensione di un uomo prodotto della cultura non meno che della natura. Il capitolo ruota intorno all’idea di Pavlov di un’elaborazione del mondo attraverso il linguaggio, anziché mediante i sensi, idea che parte dal concetto di uomo ‘soggetto al gioco dialettico tra natura e storia’ (pag. 88), tra ‘Pensiero e linguaggio’, come si intitola l’opera di V. apparsa per la prima volta nel 1934. Proprio perché per Vygotsky il linguaggio, a partire dall’esempio dei bambini, fornisce un modo per mettere ordine ai pensieri riguardanti la realtà. E qui inserisce una magnifica citazione di Bacone. “Nec manus, nisi intellectus, sibi permissus, multum valent: instrumentis et auxilibus res perficitur” (pag. 90) Quail sono gli strumenti della mente? Vygotsky inventa metodi per lo sviluppo dei livelli più elevati con la famosa “zona di sviluppo prossimale”, intesa come distanza tra livello evolutivo reale e livello di sviluppo potenziale. La comunicazione ha un valore fondamentale perché trasmette nel tempo le abilità mentali. Uno dei veicoli di questa trasmissione maggiormente apprezzato è l’arte, intesa nella sua esperienza come disegno grafico che diventa metodo per educare la coscienza popolare (caso dei contadini dell’Uzbekistan o Khirghistan). 6. La realtà psicologica Capitolo legato alla considerazione di alcuni concetti già delineati dal punto di vista della “realtà psicologica”, con attenzione ad alcune strategie di traduzione dei processi mentali al fine di comprendere o di produrre una frase. 7. I mondi di Nelson Goodman Molto interessante questo capitolo che scorre alcune teorie che dagli anni cinquanta hanno definito le teorie filosofiche separate da quelle psicologiche, attraverso i casi esemplari da Chomsky in poi sui metodi con cui una persona sa, spostando attenzione da ciò che la gente fa a ciò che la gente sa, dall’esecuzione alla competenza. Tra i filosofi che si sono interessati alla soluzione di questa complessa problematica dei metodi della mente è Nelson Goodman, che difende una filosofia costruttivista, fatta di una filosofia della scienza, una filosofia dell’arte e una filosofia della conoscenza: “quello che noi chiamiamo mondo… è il prodotto di una mente e delle sue procedure simboliche” (pag. 118) Questa idea della mente come strumento di conoscenza del mondo è ‘congeniale allo psicologo dell’età evolutiva’, perchè ha modo di osservare “come lo stesso evento assuma significati diversi a seconda dell’età.” (pag. 120) Qui si innesta il grande interesse del costruttivismo per l’arte: gli artisti non hanno trovato i mondi nuovi, li hanno inventati. Goodman da filosofo della mente crede che scienza e arte scaturiscano da attività comuni legate di volta in volta a diverse condizioni. La parte che più mi interessa personalmente, a causa della mia area di competenza professionale, è nella tesi enucleata ne I linguaggi dell’arte: “gran parte del conoscere, dell’agire e del comprendere, nelle arti, nella scienza, nella vita in generale, comporta l’uso- l’interpretazione, l’applicazione, l’invenzione, la revisione – di sistemi simbolici.” (pag. 125) La nozione centrale all’interno di questa teoria dei simboli è la referenza, intesa come qualsiasi tipo di simbolizzazione. E’ in questo contesto che il simbolo “riceve il proprio significato dal sistema di significati in cui viene usato” (pag.126). La serie di esempi chiarisce l’importanza attribuita ai linguaggi dell’arte per costruire una base teorica importante, che però apre alla scienza e all’arte che sono accomunate dalla loro funzione conoscitiva. 8. Pensiero ed emozione Della triade classica, pensiero azione ed emozione, qui si passa a motivare l’idea della non separazione in modo rigido dei confini tra queste diverse regioni della mente. L’excursus del capitolo attraverso alcuni casi, da Kant a Yerksen-Dodson, da Muenzinger a Skinner, a Sperber e Wilson, fino a Sroufe, mantenendo l’attenzione rispetto ad un’idea: conoscenza, sentimento ed azione sono elementi costitutivi di un insieme unitario. Non vi è alcuna utilità nell’isolare l’emozione dalla conoscenza che la suscita e tutto il capitolo rende conto di questa unità attraverso molti casi esemplari di studiosi diversi. 3 III. L’AZIONE DELL’UOMO NEI MONDI CHE HA COSTRUITO 9. il linguaggio dell’educazione La premessa che qui fa Bruner è legata al fatto che il linguaggio non è mai neutrale, non è il mezzo che crea il messaggio, per cui ne discende un concetto di negoziazione, di ermeneutica, dove la cultura vive di un processo di rielaborazione costante, perché continuamente interpretata dai suoi membri. Dopo Piaget, con la sua tesi dell’”imparare inventando”, Bruner completa quell’idea con il concetto di apprendimento come attività comunitaria, cioè di apprendimento “in una comunità di persone che condividono il suo senso di appartenenza ad una cultura”. (pag. 156) Costruttivista convinto Bruner schematizza questa sua idea nel concetto del ‘modo in cui uno parla’ come ‘modo in cui rappresenta ciò di cui parla’ (pag. 161) Ecco perché la conclusione è molto interessante: il linguaggio non è solo trasmissione, ma crea conoscenza, così come ‘il linguaggio dell’educazione è il linguaggio della creazione di cultura, non solo dell’acquisizione o del consumo di conoscenze’. (pag.162) 10. La teoria dello sviluppo come cultura Attraverso le modalità delle teorie dello sviluppo di Freud, Piaget e Vygotsky, il capitolo esplora le due condizioni di sviluppo dell’uomo: quella culturale e quella del genoma umano. In che cosa differiscono le tre posizioni? FREUD: visione focalizzata essenzialmente sul passato e ‘sui mezzi che consentono all’uomo di liberarsi dai ceppi della propria storia’. (pag. 170) Freud esprime la novità proponendo il superamento del linguaggio convenzionale mediante le libere associazioni. PIAGET: non è il passato che controlla il presente, ma il presente che fornisce una spiegazione di sé in modo autosufficiente. “Il bambino che reiventa il mondo” diventa per Piaget il motto “imparare significa inventare” (pag. 173) Piaget esprime la propria novità nella logica interna del pensiero, con la subordinata del linguaggio. VYGOTSKY: se la mente non si sviluppa in modo naturale, “l’intelligenza consiste nella capacità di usare come protesi della mente le conoscenze e le procedure trasmesse dalla cultura” (pag. 173). Vygotsky “assegna al linguaggio sia un passato culturale che un presente generativo” (pag.177) Considerazioni conclusive Una teoria dello sviluppo deve avviare le proprie analisi della mente dal potere di ricreare la realtà, di reinventare la cultura. La tesi che porta Bruner parte dall’idea che l’opera d’arte svolge “una funzione moralmente giustificabile ed essenziale e che la sua validità come opera d’arte è suscettibile di valutazione, anche se non di misurazione.” (pag. 183) L’idea di cultura che Bruner sottolinea, sintetizzando le sue posizioni, è “l’intesa transazionale sul significato da parte degli uomini, e di uomini armati di ragione e sostenuti dalla fede di poter fare e rifare il significato.” (pag. 192) Indice Premessa alla nuova edizione Prefazione I. Due tipi naturali di pensiero 1. Approccio alla letteratura 2. Due tipi di pensiero 3. Castelli possibili II. Linguaggio e realtà 1. L’io transazionale 2. L’intuizione di Vygotsky 3. La realtà psicologica 4. I mondi di Nelson Goodman 5. Pensiero ed emozione 4 III. L’azione dell’uomo nei mondi che ha costruito 1. Il linguaggio dell’educazione 2. La teoria dello sviluppo come cultura Considerazioni conclusive Appendice Note Indice dei nomi Autore Nato a New York nel 1915 Bruner, non può definirsi semplicemente uno psicologo, nel senso stretto del termine. Un’occhiata alla sua bibliografia può rendere l’idea della complessità dei suoi interessi e della sua attività accademica. Incomincia gli studi a Durham (Nord Carolina), presso la Duke University, partecipando al dibattito tra gli associazionisti e i comportamentisti e schierandosi con questi ultimi. Le sue prime pubblicazioni, negli anni ’30, riguardano il comportamento sessuale dei ratti, a partire dalla misurazione di una sostanza secreta dal timo; in queste ricerche, Bruner sposta l’interesse dal meccanismo rinforzo-punizione all’ “atteggiamento” riguardo allo stimolo. Nel 1938 si iscrive alla scuola di specializzazione di Harvard; durante la seconda guerra mondiale è di stanza a Londra e a Parigi. Tornato negli USA dopo la guerra, si concentra sulle problematiche della percezione. Fonda con Postman e McGuinnes il movimento New Look, cercando di dimostrare che la struttura del dato percettivo è costruita, non data oggettivamente dall’esterno. Dalle analisi della percezione allo studio del contesto e del pensiero, il passo è significativo e in un certo senso rivoluzionario, tanto più che occuparsi di cognitivismo negli anni ’50 e ’60 ad Harvard, non è certamente una moda, né una scelta condivisa. Nel 1956, a Ginevra, Bruner incontra Piaget, con cui inizia un fecondo scambio scientifico; in quegli anni fonda con Miller il Center for Cognitive Studies, la cui frenetica attività ha ospitato, nel corso degli anni, figure come quelle di Jean Piaget, Barbel Inhelder, Nelson Goodman, Noam Chomsky, Jacques Lacan, Roman Jacobson, ecc… Nell’analisi dei processi di apprendimento è partito dalla prospettiva di Piaget, per cercare successivamente di ampliarne la prospettiva attraverso l’influenza dei fattori socio-culturali rispetto a quelli genetici Gli elementi caratteristici della sua ricerca teorica sono: ♦ Primato del pensiero sull’attività umana, individuale e sociale ♦ Valore della categorizzazione dell’oggetto ♦ Il pensiero analitico e razionale de ♦ ve essere affiancato dal pensiero intuitivo e creativo, due sfere indispensabili per l’attività cognitiva. Nel 1972, attirato dalla pragmatica del linguaggio di John Austin, si trasferisce a Oxford, dove approfondisce le tematiche sul “child’s talk”. Nel 1981 è di nuovo a New York, e da qui inaugura un nuovo campo di interessi, quello del pensiero narrativo inteso come possibilità di organizzare l’esperienza in modo diverso rispetto all’atteggiamento logico-matematico. La narrazione non è tanto in opposizione rispetto alla scienza, quanto in rapporto di complementarità, soprattutto nella misura in cui, raccontando, è possibile fornire coerenza, significato e senso all’esperienza. Negli anni ’80 e ’90 Bruner concentra le sue attività sull’educazione e l’apprendimento, sempre attento a criticare gli atteggiamenti riduzionisti e le rigidità del sistema scolastico. In questi ultimi anni, svolge attività di didattica e di ricerca presso la New York School of Law, occupandosi dei rapporti tra la giurisprudenza, la retorica e la narrazione. 5 Si avvicina negli ultimi tempi alla psicologia culturale anche per la sua grande sensibilità per i temi del multiculturalismo, dell’integrazione e delle uguali opportunità per i soggetti delle classi svantaggiate; così si comprende la sua insistenza sulla scuola come strumento privilegiato per la trasformazione dell’educazione e della società. Bibliografia essenziale dell’autore • • • • • • • • On knowing: Essays for the left hand, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1962 (tr.it. Sul conoscere: saggi per la mano sinistra, Armando, Roma 1968); Eye, hand and mind, in D. Elkind, J.H. Flavell (eds.), Studies in cognitive development: Essays in honor of Jean Piaget, Oxford University Press, New York 1969 (tr. it. Occhio, mano e mente, in Elkind, Flavell, Jean Piaget e lo sviluppo cognitivo, Armando, Roma 1972); Play, Thought and Language, in Prospect (UNESCO), 1986); Actual Minds, Possible Worlds, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1986 (tr. it. La mente a più dimensioni, Laterza, Roma-Bari, 1988); Acts of Meaning, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1990 (tr. it. La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino 1992); La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D.N. Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 17-42 (ed. inglese, New York University Press, 1994); The Culture of Education, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1996 (tr. it. La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1997); La fabbrica delle storie, Laterza, Roma-Bari, 2002. 6