TSUNAMI: GENESI ED EFFETTI

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TSUNAMI: GENESI ED EFFETTI
Prof. Tina Nunziata
Gli tsunami, o maremoti, sono onde generate in una massa
d’acqua da un disturbo impulsivo che sposta verticalmente
la colonna d’acqua e che, avvicinandosi alla costa, possono
raggiungere altezze molto elevate e diventare devastanti.
Il termine tsunami, infatti, deriva dal giapponese
"tsu"=porto e "nami"=onda, proprio per la caratteristica che
queste onde hanno di produrre danni nei porti e lungo le
coste.
Uno Tsunami è un’onda gravitazionale. Adottando la formulazione Euleriana in cui monitoriamo il
comportamento di una particella in una certa posizione ad un tempo particolare, in fluidomeccanica, l’equazione di un’onda di tsunami di altezza h è:
∂2h
= g∇ ⋅ (d∇h )
2
∂t
Per onde lunghe
In cui d è la profondità dell’acqua e g l’accelerazione di gravità.
λT ⟩⟩ d l’equazione diventa
∂2h
2 2
=
c
∇ h
2
∂t
c = gd
in cui la velocità
non è dispersa e dipende solo dalla profondità dell’acqua.
Le velocità di tsunami per periodi di 200-2000 s sono dell’ordine di 700-900 km/h in
aperto oceano.
A piccole lunghezze d’onda
la velocità di tsunami è data da
λT ⟨⟨ d
c = ⎛ λT g
⎜
⎝
⎞
2π ⎠⎟
1
2
dando comportamento dispersivo con movimenti che decadono esponenzialmente
con la profondità dalla superficie.
Essendo
c = gH
Quando la profondità dell’acqua
diminuisce la velocità di
tsunami diminuisce. Il flusso di
energia di tsunami che dipende
sia dalla velocità sia dall’altezza
dell’onda, rimane pressochè
costante.
Velocità verticale V
Volume che si muove orizzontalmente ∝ λLH
orizzontale U
Essendo L la dimensione
nella direzione ortogonale
Energia cinetica ∝ ρλLHU2 = ρλLaga ∝ Energia potenziale
λ
c=
λ = cT ∝ H
Di conseguenza, poichè la velocità
T
di tsunami diminuisce quando
1
2
E ∝ λa ⇒ a ∝
viaggia nell’acqua più superficiale,
4H
la sua altezza cresce.
Le onde marine prodotte dal vento muovono solo gli strati più superficiali della
colonna d’acqua.
Onde generate dal vento
Le onde di tsunami muovono tutta la colonna d’acqua e sono molto più veloci.
Onde di tsunami
Le onde di tsunami quando si avvicinano alla costa subiscono una trasformazione: la
loro velocità si riduce e di conseguenza l’altezza dell’onda aumenta, fino ad arrivare
a raggiungere anche alcune decine di metri.
Le cause degli Tsunami
La maggior parte degli tsunami è causata da forti terremoti sottomarini o in
prossimità della costa. Perché questo si verifichi occorre che il terremoto
abbia una magnitudo (energia) molto elevata, un ipocentro (profondità focale)
non troppo profondo e che sia in grado di produrre uno spostamento verticale
del fondo marino capace di mettere in moto la massa d’acqua sovrastante.
Uno tsunami può essere prodotto anche dallo scivolamento di sedimenti nelle
frane sottomarine o dalla caduta in mare di grossi blocchi rocciosi o di
sedimenti in caso di frane aeree.
Talvolta il maremoto si manifesta con
un fenomeno di iniziale ritiro delle
acque (regressione) che lascia in secco i
porti e le navi. In realtà questo ritiro
non è altro che il cavo dell’onda e,
pertanto, preannuncia l’arrivo della
successiva cresta e la conseguente
inondazione (ingressione).
Talvolta violente eruzioni vulcaniche
sottomarine, quando la bocca eruttiva
del vulcano sottomarino si trova
vicino alla superficie dell’acqua,
possono creare una forza impulsiva
che sposta la colonna d’acqua e
genera il maremoto. Tsunami di
origine vulcanica possono anche
essere prodotti dall’impatto in mare
di materiale piroclastico o dallo
scivolamento in mare di masse di
materiale lavico incandescente lungo i
fianchi del vulcano. Infine, in caso di
eruzioni particolarmente violente il
collasso in mare di tutta o parte della
camera magmatica del vulcano può
generare un maremoto (es. l’isola di
Santorini nel 1600 a.C.; in Indonesia
nel 1883 durante una forte eruzione il
vulcano Krakatoa collassò generando
un maremoto con onde alte oltre 40
metri).
Gli tsunami nel mondo
Le zone del mondo dove prevalentemente si verificano gli tsunami sono quelle dove l’attività
sismica e tettonica è più intensa. In particolare, l’area più colpita è quella dell’Oceano Pacifico.
La maggior parte degli eventi si concentra lungo la “cintura circumpacifica”, detta anche
“anello di fuoco” mentre altri eventi sono localizzati in Indonesia. Circa il 30% degli tsunami
del Pacifico si verifica nella regione del Giappone-Taiwan e le coste del Giappone sono
particolarmente colpite a causa del gran numero di terremoti sottomarini che avvengono nella
zona antistante le coste. Tuttavia maremoti, sia distruttivi che di minore entità, avvengono
anche nell’Oceano Indiano, nell’ Atlantico ed nel Mar Mediterraneo.
Krakatau
27 maggio 1883
26 agosto 1883
Il 22 maggio 1960 in Cile avvenne il più forte terremoto del
XX secolo (M=9.5) che fu seguito da un violento maremoto
con onde alte 15-20m sulle coste vicine all’epicentro e che
raggiunse le Hawaii 15 ore dopo con onde di oltre 10m e le
coste del Giappone 22 ore dopo con onde di 6m.
California. Danni tsunami del Cile (22 maggio 1960)
Il 27 marzo 1964 in Alaska un terremoto di magnitudo
9.2 produsse un violento tsunami con onde che si
propagarono sino alle Hawaii e alle coste della
California con onde tra i 2 e i 6 metri.
Isola di Santorini
Intorno al 1600 a.C. l’esplosione del
vulcano Santorini, nel Mar Egeo, causò
uno tsunami devastante, con onde alte
circa 50 metri, che si propagò in gran
parte del Mediterraneo orientale.
Secondo alcune teorie proprio questo
tsunami fu la causa della improvvisa
fine della civiltà Minoica a Creta.
Messina
28 dicembre 1908
Il terremoto distrusse
quasi totalmente le città
di Messina e Reggio
Calabria e molti altri
villaggi vicini ed un
violento tsunami seguì la
scossa principale
causando ingenti danni e
migliaia di vittime, con
onde che si propagarono
fino a Malta e
raggiunsero i 13 m di
altezza sulle coste
calabre, a Pellaro e 11,70
m a S. Alessio sulle coste
siciliane.
Simulation of tsunamis induced by volcanic
activity in the Gulf of Naples (Italy)
Propagazione dello tsunami causato da una depressione statica. Le linee di elevazione
dell’acqua sono in cm e il tempo in minuti
(S. Tinti, G. Pagnoni, and A. Piatanesi, 2003)
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