Gli animali sono salvi: fiutato il pericolo Le guardie dello Yala National Park dello Sri Lanka, una riserva di quasi un migliaio di chilometri quadrati che ospita alcune specie di grandi animali come gli elefanti e i bufali d'acqua, ma anche la più alta concentrazione di leopardi dell'intero Sudest asiatico, sono rimasti piacevolmente sorpresi nello scoprire, dopo il disastroso tsunami del 2004, che la maggior parte degli animali era ancora viva. Anzi, per citare le parole del direttore del centro visite del parco: «Ho visto molti corpi di persone morte, ma non ho visto nessun animale morto». Lo tsunami ha invaso lo Yala Park sradicando piante e scaraventando detriti in ogni direzione, compresa una jeep che è stata ritrovata in cima a un albero, ecco perché era lecito aspettarsi che anche gli animali subissero la stessa sorte capitata alle persone. Ce n'è forse a sufficienza per dare vita a un'ipotesi suggestiva: che gli animali, in qualche modo consapevoli del pericolo, si siano messi in salvo per tempo, evitando l'ondata anomala. In occasione di catastrofi naturali, un terremoto, un'eruzione, c'è sempre chi è pronto a giurare che il proprio cane, o gatto, o comunque l'animale che vive in compagnia dell'uomo, ha «percepito» l'avvicinarsi del disastro e si è messo in salvo, allontanandosi precipitosamente da casa. Dopo il terremoto dell'Irpinia, per esempio, i microfoni della trasmissione radio 3131 furono sommersi dai racconti di persone che volevano dare conto del comportamento anomalo del proprio convivente animale. Queste testimonianze sono così tante, diffuse e ricorrenti che è impossibile ignorarle. Già più di tre secoli prima di Cristo in Grecia venivano descritti comportamenti anomali prima dei terremoti, e un etologo dell'Università di Manchester, Robin B. Baker, ha dedicato diversi saggi all'argomento. In effetti, sono stati scritti e pubblicati articoli sulla possibilità che gli animali siano in grado di avvertire in anticipo eventi catastrofici, ed è tuttora in corso un vivace dibattito scientifico che vede particolarmente scettici alcuni etogeologi californiani. Una possibile spiegazione per questa abilità animale, oltre alla capacità di avvertire cambiamenti improvvisi del magnetismo terrestre, starebbe nella possibilità di percepire non solo gli ultrasuoni ma anche gli infrasuoni, e quindi un rumore di fondo, un rombo come quello prodotto dallo spostamento di grandi masse di terra. O d'acqua, come è avvenuto in occasione del maremoto del 26 dicembre 2004. La tesi è cosi convincente che in Giappone è stato messo a punto un sistema d'allerta basato sulla sensibilità dei pesci: custoditi in grandi vasche fornite di sensori computerizzati, i loro movimenti vengono registrati continuamente e costituiscono uno dei fattori che aiutano a decidere il preallarme. Insomma, probabilmente lo scetticismo che di solito accoglie i racconti sugli animali che sentono il pericolo è eccessivo e sarebbe bene incoraggiare altri studi che ci diano un domani la possibilità di utilizzare efficacemente anche questi sensori «etologici». Certo, in occasione dello tsunami proprio i pesci e gli altri animali marini sono stati tra le specie che non sono riuscite a salvarsi. La violenza dell'acqua, scaraventandoli contro le coste, ne ha fatto strage. Una strage di cui, però, si sono avvantaggiati gabbiani e altri uccelli che si sono salvati facilmente volando. Le conseguenze? Un maggior benessere attuale e probabilmente una copiosa nascita di (da La mente animale, d’Enrico Alleva) pulcini alla prossima stagione. La vita continua.