28 febbraio 2013 Le aziende tedesche pagano bonus e aumentano gli stipendi. Ecco perché di Gianluca Di Donfrancesco http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-28/aziende-tedesche-pagano-bonus181625.shtml?uuid=Abk5IPZH Disoccupati in continuo calo, inflazione sotto il 2%, esportazioni a prova di cambio, prodotti di qualità e aziende leader. Mentre tutta Europa si chiede come recuperare competitività, le aziende tedesche, che già pagano stipendi più alti della media, si preparano a concedere nuovi aumenti salariali. Di più. Volkswagen ha appena annunciato che verserà un premio di produzione di 7.200 euro ai suoi circa 100mila dipendenti. E non è nemmeno stata di manica larga: nonostante il 2012 si sia chiuso con un utile netto record di 22 miliardi, il bonus è più basso di quello del 2011 (7.500 euro). Volkswagen può permetterselo: in barba alla crisi dell'auto che colpisce tutta Europa, punta a vendere 10 milioni di veicoli l'anno prima del 2018. Stipendi su, inflazione giù Mentre Volkswagen annunciava il suo bonus, Ig Metall, il più grande sindacato dell'industria tedesca, metteva sul tavolo le rivendicazioni salariali per il 2013, chiedendo un aumento del 5,5%, dopo averne incassato uno del 4,3% l'anno scorso, il più alto da 20 anni. Il sindacato Verdi ha a sua volta chiesto aumenti del 6,5% per i dipendenti pubblici, che nel resto d'Europa stanno perdendo pezzi di retribuzione e impiego. La stagione dei rinnovi contrattuali coinvolgerà 12,5 milioni di lavoratori e considerando che si chiuderà con aumenti poco superiori alla metà della base di partenza, nel 2013 i salari tedeschi potrebbero aumentare del 3% circa, mettendo in fila il quarto anno consecutivo di crescita, dopo il 2,6% del 2012 (0,6% al netto dell'inflazione). Aumenti che non hanno acceso l'inflazione: i prezzi al consumo al contrario sono scesi a febbraio ai minimi da due anni, all'1,5%, ben sotto il target Bce del 2%. Dieci anni di moderazione La stagione delle rivendicazioni arriva dopo circa dieci anni di salari fermi o quasi, in cambio della difesa dei livelli occupazionali. Ora però il clima è cambiato. La Germania attraversa la crisi dell'Eurozona senza soffrire troppo e sia la Spd che la Cdu sono pronti ad appoggiare l'aumento dei redditi dei lavoratori in vista delle elezioni di autunno. La moderazione salariale è stata accompagnata da riforme che hanno risanato il vecchio "malato d'Europa". Come ha ricordato il ministro del Lavoro Ursula von der Leyen in un'intervista a Les Echos: «Prima di tutto abbiamo stabilito che ogni disoccupato abbia diritto a un impiego o alla riqualificazione piuttosto che a un sussidio. Poi abbiamo reso il mercato del lavoro più flessibile. Il nostro credo è esigere e incoraggiare: si può costringere un disoccupato ad accettare un lavoro, ma in compenso sarà aiutato». Disoccupazione e inflazione scendono Per tutti questi motivi la Germania può contare su un mercato del lavoro granitico, che negli ultimi anni non ha praticamente mai smesso di creare occupazione, nemmeno nei periodi di recessione. L'ultimo dato, quello di febbraio, lo prova una volta di più. Il numero dei senza impiego è sceso di 3mila a 2,92 milioni di persone, con un tasso di disoccupazione fermo al 6,9%. Certo, la contrazione del Pil nel quarto trimestre del 2012, quando è sceso dello 0,6%, si è fatta sentire: Commerzbank ha annunciato il taglio di 6mila dipendenti e Deutsche Telekom 1.200 esuberi. Ma la tenuta generale del mercato del lavoro non è stata scalfita. Effetto euro e qualità dell'industria C'è anche l'euro a spiegare la diversità tedesca. Le aziende macinano utili record anche grazie a una moneta che, vista da Berlino, è addirittura sottovalutata. Con il marco, auto e macchinari tedeschi costerebbero dal 15 al 20% in più e secondo Citigroup, l'effetto cambio da solo regala alla Germania 100 miliardi di euro di esportazioni in più all'anno. Ma a sostenere l'export tedesco è soprattutto la qualità dell'industria, che può contare su un efficiente sistema di formazione dei suoi tecnici e ingegneri. Le aziende lavorano a stretto contatto con gli istituti tecnici, spesso finanziando programmi scolastici in modo da mettere agli studenti in grado di accedere al lavoro appena diplomati, con un sistema di apprendistato tra i migliori d'Europa.