diritto amministrativo

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DIRITTO AMMINISTRATIVO

Direttori
Prof. Arturo C
Prof. Vittorio C
Comitato scientifico
Avv. Antonio B
Cons. Alessandro B
Avv. Ettore F
Avv. Angelo P
DIRITTO AMMINISTRATIVO
La collana “Diritto Amministrativo” raccoglie sia opere storiche del
diritto amministrativo, scritte da autori appartenenti alla più classica
tradizione del settore, sia opere nuove, che forniscono una visione
alternativa e aggiornata della materia. L’intento è quello di offrire
quindi la possibilità di rileggere i testi che costituiscono i capisaldi della
scienza giuridica del settore e, allo stesso tempo, di essere aggiornati
sulle novità della materia.
La collana ospita inoltre atti di convegni organizzati su specifiche
tematiche e opportunamente selezionati dal comitato scientifico, e
opere straniere di rilievo internazionale.
Francesco Testi
Le varie interpretazioni
del potere amministrativo
Profili storici e contemporanei
Aracne editrice
www.aracneeditrice.it
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Copyright © MMXVI
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
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via Sotto le mura, 
 Canterano (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Sicelides Musae, paulo maiora canamus:
Non omnis arbusta iuvant humilesque myricae
Publio Virgilio Marone, Bucoliche, IV, –
Alla memoria di Loredana Gandini
Indice

Introduzione

Capitolo I
In principio era il potere
.. Le radici storiche della nozione di potere,  – ... La riflessione
di Montesquieu,  – ... La Rivoluzione francese e la Dichiarazione dei
Diritti dell’Uomo e del Cittadino,  – ... L’Idealismo tedesco e lo Stato
etico,  – .. L’impostazione del diritto positivo e l’assetto del sistema
italiano,  – .. Il diritto amministrativo dell’economia: l’età giolittiana,  – .. Prospettive di diritto comparato: gli Stati Uniti d’America
all’alba del XX secolo,  – .. L’analisi della dottrina italiana: Orlando,
Ranelletti, Cammeo, Zanobini e Santi Romano,  – .. I punti fermi:
le nozioni di potere, di discrezionalità amministrativa e di imperatività,  – .. La “forma della funzione” tra legalità e legittimità del potere
amministrativo, .

Capitolo II
Ma che cos’è questo potere?
.. La demarchia di Benvenuti e la rilettura della Costituzione,  –
.. La risposta del legislatore e della Corte Costituzionale,  – .. Un
approccio giuseconomico: la partecipazione come “catallassi” amministrativa delle informazioni presenti sul mercato,  – .. Dal potere
amministrativo al rapporto amministrativo,  – .. Potere amministrativo e diritto privato: una rivoluzione copernicana? (art. , co. –bis, l. n.
/),  – .. Considerazioni critiche: un tentativo (fallito) di eutanasia del diritto amministrativo,  – .. L’attività amministrativa svolta
dai privati: regime e tutele,  – .. Ancora sull’attività amministrativa
svolta dai privati: rilievi critici, .

Capitolo III
L’evoluzione dell’attività amministrativa
.. Il nodo gordiano dei rapporti tra potere amministrativo ed imperatività,  – .. I nuovi vincoli del potere amministrativo: l’amministrazio
Indice

ne di risultato ed il pareggio di bilancio,  – .. La partecipazione dei
privati al procedimento secondo il modulo processuale, alla luce delle
leggi n. / e n. /,  – .. L’art.  della legge n. /:
semplici accordi o piuttosto contratti di diritto pubblico?,  – .. I
paradigmi dell’attività autoritativa nei rapporti con i privati: concessione
ed autorizzazione secondo la dottrina classica,  – .. Potere pubblico,
scopi sociali e partecipazioni statali, ovvero: quando i conti non tornano,  – .. Il diritto comunitario e l’apertura ai mercati: una differente
configurazione del potere,  – .. La nuova impostazione dell’ordinamento italiano in tema di autorizzazioni, concessioni, liberalizzazioni e
SCIA, .

Conclusioni

Bibliografia
Introduzione
« Iubeo ergo sum »: con queste lapidarie parole la dottrina ottocentesca
riassumeva l’essenza dello Stato e del suo ruolo. Lo Stato esisteva
in quanto comandava, e valeva in quanto aveva la forza di far rispettare il proprio comando; sicché nell’agire perseguiva sempre ed
autoritativamente i propri fini, ponendo in secondo piano quelli dei
cittadini.
Quasi un secolo dopo invece, nella disciplina generale del procedimento amministrativo (l.  agosto , n. , come modificata dalla
l.  febbraio , n.  e dalle successive integrazioni) il legislatore
ha sancito che la pubblica amministrazione può e deve agire secondo
norme di diritto privato, nell’adozione di atti di natura non autoritativa
(art. , co. –bis); mentre nell’esercizio del potere autoritativo la stessa
amministrazione può negoziare col privato, arrivando a stipulare un
accordo di diritto pubblico sostitutivo o integrativo del provvedimento
finale, oltretutto anche al di fuori dei casi tipici di legge (art. ). Come
si spiega quest’inversione di tendenza?
E ancora, nell’estate del  — mentre chi scrive stava studiando in vista dell’esame di accesso al dottorato di ricerca — un ente
sovranazionale privo di qualsiasi dimensione territoriale è arrivato
ad indicare al Governo di uno Stato sovrano l’adozione di una serie
di « misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle
finanze pubbliche », la sostenibilità del bilancio e le riforme strutturali:
si tratta della ben nota vicenda relativa alla lettera inviata dalla Banca
centrale europea al Governo italiano . Tra le altre azioni caldamente
consigliate, si elencavano un incremento delle liberalizzazioni, la riforma della pubblica amministrazione, l’abolizione di enti del governo
. V.E. O, Sul concetto di Stato, Discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico nella R. Università di Pisa, letto il  novembre , in « Riv. dir. pubbl. », anno III, ,
I, –, ora in « Riv. trim. dir. pubbl. », , , .
. Ecco il documento della Bce: ridurre gli stipendi pubblici, in “Corriere della Sera”, 
settembre , –.


Introduzione
territoriale di rilevanza costituzionale come le Province. Anche qui,
come si spiega questo cambiamento di direzione rispetto ad un secolo
prima?
Il raffronto tra le fattispecie appena illustrate, molto distanti tra loro
non solo dal punto di vista temporale, consente di chiarire lo scopo del
presente lavoro, che vuole mettere in luce le diverse interpretazioni
della nozione di potere amministrativo succedutesi nel corso dei secoli,
con le conseguenti implicazioni sia sul piano della teoria generale del
diritto, sia su quello — eminentemente più pratico — del rapporto
fra cittadini e Stato.
Per comprendere le dinamiche odierne, occorre però aver presenti
le origini del potere stesso ed i concetti sottesi, ai quali faceva riferimento V.E. Orlando nella citazione di apertura. Come si illustrerà
nel Capitolo I, tali origini possono rinvenirsi in tre esperienze storiche distinte: il pensiero di Montesquieu nell’ambito dell’Illuminismo
d’Oltralpe, la Rivoluzione francese, l’Idealismo tedesco.
Al primo, com’è noto, si deve la teoria della divisione dei poteri,
nella quale la funzione amministrativa si sviluppa quale concreta attuazione della contenuto della legge. La seconda ha dato luogo alla
Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del  agosto ,
che utilizza per la prima volta la celebre definizione di legge come
expression de la volonté générale: la legge esprime dunque la volontà di
tutta la Nazione attraverso il voto dei rappresentanti eletti dal popolo,
laddove l’amministrazione si caratterizza come esecuzione del contenuto della legge stessa nei confronti degli amministrati, e cioè proprio
della Nazione. Il cerchio logico pare quindi chiudersi.
Infine, l’apporto offerto dall’Idealismo tedesco si è sostanziato nella
teorizzazione dello Stato etico, quale entità superiore che autoritativamente gestisce gli interessi pubblici di cui è l’unico depositario, e davanti
al quale il cittadino deve piegarsi: una vera e propria « teologia politica », come rilevò la successiva analisi schmittiana, che avrebbe a lungo
mantenuto la propria ombra anche sulla nostra esperienza giuridica.
Per quanto riguarda l’esperienza italiana, inizialmente legata a quella tedesca, da tali assiomi sono discesi quattro corollari che hanno caratterizzato a lungo l’assetto del nostro sistema di diritto amministrativo
(alcuni di questi addirittura fino a pochissimi anni fa).
Introduzione

Anzitutto, l’unico profilo giuridicamente rilevante dell’attività amministrativa è ravvisato nel provvedimento quale epifania del potere,
sicché solo questo può essere impugnato dal privato; per contro il
procedimento amministrativo risulta al di fuori del campo di osservazione ed analisi della dottrina di fine Ottocento e di inizio Novecento.
In secondo luogo, l’azione dinanzi al Giudice amministrativo appare
volta esclusivamente all’annullamento ed il giudizio viene incentrato
solo sull’atto impugnato, essendo esclusa ogni indagine sul rapporto
sottostante. Pertanto — e qui sta il terzo punto — la posizione fatta
valere dal singolo ricorrente consiste nell’interesse occasionalmente
protetto, tutelato solo in occasione o per il tramite della protezione
dell’interesse pubblico. Infine, la supremazia del pubblico potere è
considerata idonea di per sé a comprimere le posizioni soggettive del
privato, trasformandone i diritti soggettivi in interessi legittimi: di qui
la teoria della degradazione.
Come si chiarirà, tale impostazione ha risentito anche dell’influsso
del metodo giuridico puro elaborato da V.E. Orlando, che espunge
dallo studio del diritto pubblico tutte quegli elementi ad esso estranei (almeno in apparenza), di stampo economico e sociologico: tutta
la scuola di diritto pubblico italiana fiorita tra fine Ottocento ed inizio Novecento — lo stesso Orlando, nonché Ranelletti, Cammeo,
Zanobini — insiste ripetutamente su temi come la supremazia e l’autoritatività dello Stato in quanto portatore della volontà generale, il
rifiuto dei corpi intermedi, l’abolizione delle corporazioni e dei ceti.
In altre parole, nel nostro Paese l’analisi dottrinale tra XIX e XX
secolo ha concentrato la propria attenzione sull’intervento dello Stato
soltanto per quanto attiene all’esercizio di poteri autoritari, senza tenere conto del soddisfacimento delle istanze politiche, economiche e
sociali di un numero rilevante di cittadini, chiamati a seguito del suffragio universale maschile a partecipare alla gestione della res publica
col proprio voto.
Con riferimento poi ai rapporti tra pubblici poteri e mercato, nel
periodo in esame si assiste alla pubblicizzazione di istituti originariamente contrattuali e privatistici (si pensi alla figura della concessione),
sicché va affermandosi l’idea che lo svolgimento di attività amministrativa implichi necessariamente l’esercizio di moduli imperativi
basati sul potere pubblico: l’esercizio del potere autoritativo è considerato il modulo ordinario di azione dell’amministrazione per i rapporti

Introduzione
tra individuo e Stato, al punto che per quegli studiosi autoritatività e
potere sembrano pressoché indistinguibili.
In questo panorama, chiaramente impostato secondo gli stilemi
propri della dottrina dello Stato, si distingue l’opera postuma di Santi
Romano Frammenti di un dizionario giuridico, che per prima offre una
coerente definizione di potere (tutt’ora valida): si tratta, com’è noto,
dell’esplicazione della capacità attiva di porre in essere una pluralità
indefinita di rapporti, ogni qualvolta se ne presentino i presupposti,
sulla base e nei limiti della norma attributiva del potere stesso. Ne
discende che tale figura non si traduce in un singolo rapporto, ma
ne è fonte e li sovrasta, e dunque per sua natura è generale, traendo
origine sempre dalla norma attributiva.
Ai fini della trattazione che ci occupa, acquista altresì rilievo l’analisi espressa da Massimo Severo Giannini in Il potere discrezionale
della Pubblica Amministrazione. Infatti, alla luce dell’« apprezzamento »
operato dall’autorità amministrativa tra interesse primario e interessi
secondari, e tra interessi pubblici e interessi privati, l’interesse pubblico cessa di essere considerato una monade, esce dall’isolamento
rispetto al contesto sociale nel quale era stato relegato dalla pregressa
dottrina, e viene posto da Giannini in confronto con gli altri interessi
concreti, concorrenti o accessori, che possono anche modificarne o
impedirne la realizzazione.
Il vero punto di svolta va però ravvisato nella Costituzione repubblicana, e segnatamente in quel principio personalistico che ne
costituisce uno dei tratti distintivi. Grazie all’analisi di chi pone in
collegamento gli art.  e  Cost. (come Feliciano Benvenuti, che a
sua volta ripropone quei temi propri della dottrina della Chiesa Cattolica), la funzione amministrativa trova una nuova linfa: il potere
amministrativo non è più speso nell’interesse dello Stato, ma della
collettività dei cittadini, trovando la propria legittimazione all’interno
del circuito democratico e del bene comune.
Il procedimento diviene dunque forma sensibile della funzione,
ossia concreto svolgimento di un potere posto al servizio della comunità, e perciò deve aprirsi all’apporto degli amministrati sia in sede
istruttoria sia in sede decisoria: di qui il rilievo di quegli istituti che
contraddistinguono il giusto procedimento. Come ha riconosciuto
anche il Giudice delle Leggi, infatti, « il destinatario dell’atto deve
essere informato dell’avvio del procedimento, avere la possibilità di
Introduzione

intervenire a propria difesa, ottenere un provvedimento motivato,
adire un giudice » (così C. Cost., sent.  marzo , n. ).
Così inquadrata, la partecipazione pertanto coinvolge non solo il
singolo interessato, ma anche associazioni, comitati, nonché più in
generale gli attori economici, ossia i soggetti che operano nell’ambito ove l’amministrazione intende incidere. E proprio qui si manifesta l’incidenza di due distinte ed autorevolissime scuole di pensiero
novecentesche.
Da un lato, la valorizzazione del contributo apportato dal privato
costituisce uno dei cardini della demarchia, teorizzata proprio da Benvenuti come partecipazione all’esercizio delle funzioni pubbliche da
parte del singolo, non più suddito ma veramente cittadino partecipe.
Dall’altro, in una società estremamente complessa con decine di
milioni di partecipanti al gioco sociale (cioè i cittadini), non è possibile
pensare che l’amministrazione da sola possegga tutti i dati alla cura
migliore degli interessi cui è preposta. Molto meglio accettare la collaborazione dei privati — singoli, associazioni, comitati, imprese et
similia — che in quanto interessati all’esercizio del potere sicuramente
possono fornire informazioni o dati d’esperienza più aderenti alla
realtà; e ciò vale sia nel caso in cui l’amministrazione agisca contro
di loro (situazione nella quale il privato è titolare di interessi legittimi
oppositivi, come tradizionalmente si insegna), sia qualora essa agisca
in loro favore (con relativi interessi legittimi pretensivi).
In questo senso l’apporto del cittadino è volto a concretizzare quella catallassi già illustrata da von Hayek, le cui teorie hanno avuto un
sensibile seguito anche da numerose direttive europee (cfr. Capitoli II
e III). Secondo il pensatore austriaco, premio Nobel per l’economia, i
pubblici poteri non sono in grado né di raccogliere, né di gestire, né
tantomeno di applicare tutti i dati necessari a regolare ogni aspetto
della convivenza umana, ragion per cui sarebbe preferibile — o paretianamente ottimo — lasciare esclusivamente all’interazione sociale
la creazione di un sistema efficiente.
Da un punto di vista giuseconomico, pertanto, la partecipazione
procedimentale e quella provvedimentale garantiscono al soggetto
pubblico agente una quantità maggiore di informazioni relative all’azione da intraprendere ed al risultato da raggiungere; al contempo
assicurano al privato un diritto di essere ascoltato, con la possibilità
di esperire un ricorso giurisdizionale qualora il pubblico potere non

Introduzione
tenga adeguatamente conto delle informazioni, dei documenti e degli atti fornitigli, ed un provvedimento finale più vicino alle proprie
esigenze.
Tornando al tema centrale della trattazione, sono numerosi gli
elementi che hanno contribuito ad una evoluzione della nozione di
potere amministrativo. La stessa impostazione tradizionale della dottrina dello Stato, tra l’altro, è stata influenzata da una pluralità di fattori:
l’integrazione comunitaria, con l’accresciuto peso della normativa europea e l’adeguamento delle legislazioni nazionali (cfr. art.  Cost.);
lo sviluppo del mercato unico; l’influsso della elaborazione teoretica
della Scuola di Chicago (dapprima sul mondo anglosassone, e poi
sull’Europa e sull’Italia negli anni ‘ e ‘); la globalizzazione, e la
successiva crisi finanziaria ed economica degli anni ‘ del XXI secolo;
l’analisi economica del diritto pubblico, la sussidiarietà, e più in generale l’emersione di correnti di pensiero dottrinale e politico che —
con matrici culturali differenti — hanno valorizzato l’uso di strumenti
consensuali e privatistici nel diritto pubblico, ad integrazione oppure
in radicale sostituzione del modulo imperativo.
A questo punto, lo studioso di diritto amministrativo si trova di
fronte ad una serie di interrogativi (sui quali peraltro è intervenuto
il legislatore sia in sede generale, sia con norme puntuali). Il primo:
è ammissibile pensare di attendere alla cura degli interessi collettivi
non più attraverso moduli di diritto pubblico, ma attraverso il diritto
privato? Il secondo: è ammissibile che l’attività amministrativa possa
essere esercitata da soggetti privati anziché da Enti pubblici? Il terzo:
se le prime due domande possono trovare risposta positiva, rispetto
al diritto amministrativo quale limite incontrano il diritto dei privati
(diritto civile) e quello dei mercati (diritto commerciale)?
In definitiva: fino a che punto il mercato può appropriarsi degli
spazi di pertinenza del potere amministrativo?
Per provare ad offrire una risposta ai quesiti sin qui affiorati, il presente
lavoro si articola in tre capitoli.
Segnatamente, i primi due sono relativi alla nozione teorica di potere amministrativo e a tal proposito si approfondiscono sia i profili
dell’imperatività, sia quelli della consensualità con i privati. L’esposizione parte dalle basi storiche, accennate poco sopra, per giungere
Introduzione

sino agli ultimi interventi che hanno interessato la legge generale
sul procedimento amministrativo. Nel terzo capitolo invece si studia l’effettiva incidenza data sul piano dell’attività amministrativa dal
rapporto dialettico tra potere e mercato, secondo la parabola che va
dall’originario potere di conformazione alle recenti liberalizzazioni,
nonché la ridefinizione dei confini della discrezionalità. Nell’ambito
della trattazione, si esaminano altresì alcuni istituti di stretto raccordo
tra pubblica amministrazione e cittadino: gli accordi ex art. , l. n.
/, correntemente definiti contratti di diritto pubblico; le concessioni e le autorizzazioni; la segnalazione certificata di inizio attività.
Paradigmatica, come si vedrà, appare l’evoluzione della disciplina in
materia di comunicazioni elettroniche e telecomunicazioni.
Un’ultima considerazione è importante come e più delle altre, ad
avviso di chi scrive. Il rapporto tra i due poli costituiti dai pubblici
poteri e dal mercato non può ridursi soltanto ad una rigida contrapposizione tra autorità e libertà: perché se è vero che il mercato costituisce
il luogo di espressione delle preferenze dei consumatori, è altrettanto
vero che esso può prestarsi a fenomeni discorsivi nonché a fallimenti
(“market failures”: ad esempio i cartelli anticoncorrenziali), a fronte
dei quali lo Stato è tenuto ad intervenire; senza contare che il controllo
dell’ordine pubblico è di per sé uno strumento volto a garantire la
certezza dei traffici e delle libertà economiche.
Ma soprattutto, la dialettica tra il potere pubblico e la libertà dei
mercati non può non tenere conto della centralità della persona e della
dignità umana, centralità correlata al principio personalistico sancito
dalla nostra Carta e dai Trattati europei: in tanto ha senso parlare di
funzione pubblica e di libero mercato, in quanto si tenga presente
che entrambi sono posti al servizio dell’individuo, quale cittadino e
consumatore.
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