1 Introduzione L’ultimo decennio del secolo scorso ha visto la fine di una tradizionale contrapposizione ideologica, infatti, la caduta del muro di Berlino sembra aver segnato in modo definitivo la scomparsa del blocco comunista ed il tramonto dell’ideologia che lo sosteneva. Il termine della contrapposizione tra il blocco comunista e quello occidentale è seguito dall’indifferenziazione degli atteggiamenti nei confronti di ogni ideologia. Quella capitalistica e quella comunista erano due ideologie connotate da fondamenti teorici antitetici, da organizzazioni economiche contrapposte e da differenti strategie di controllo sociale, infatti la prima si basava sul principio della libertà e del protagonismo individuale, mentre la seconda si basava sull’uguaglianza e sulla tutela. Anche il panorama italiano in questi anni cambia notevolmente infatti inizia la caduta verticale delle DC e inizia la commistione tra politica e giustizia (tangentopoli che mette sotto processo più che i singoli politici il modo stesso di fare politica basato su segreti, clientele, connivenze). Eventi di così ampia portata non riguardarono soltanto l’analisi macro e micro sociologica ma anche quella psicologica, infatti, in questi anni nascono gli studi sulla competizione tra gruppi proprio per spiegare alcune funzioni intersoggettive sulla contrapposizione tra il mondo dell’est e quello occidentale. Questo lavoro comincia nel maggio 1992 e si propone di esaminare alcuni aspetti psicologici che si esprimono in opinioni politiche e più ancora nelle rappresentazioni sociali che attengono alla vita politica sia agita che subita. Infatti, questo lavoro si propone di esaminare la rappresentazione del potere in rapporto ad alcune componenti psicologiche espressione della mentalità e della cultura. Negli anni che interessano la ricerca il ricorso al termine potere era diffusissimo e lo si utilizzava anche a sproposito, poiché il potere è elemento cruciale del vissuto soggettivo di tutti gli attori sociali. Tale termine ha progressivamente mutato il suo significato ed il suo segno, infatti, ora tale termine viene usato molto più spesso in senso negativo che positivo. Il retroterra che ha animato questa indagine è caratterizzato da un lato dai risultati di una precedente ricerca e dall’altro dal convulso accavallarsi degli avvenimenti del periodo in questione. L’indagine ha confermato la già riscontrata indifferenziazione della rappresentazione del potere e la conseguente tendenza alla destrutturazione del sé, ma ha inoltre permesso di rilevare come a questi fenomeni si accompagni una richiesta di certezze che abbia il proprio fondamento in principi eticigiuridici. La ricerca si propone anche di individuare i costrutti soggettivi che hanno caratterizzato le cadenze del profondo cambiamento avvenuto in questi anni. La ricerca si è avvalsa di metodi e tecniche di volta in volta diverse a seconda delle unità di analisi da esaminare e a seconda delle fluttuazioni sociali che via via si andavano riscontrando, quindi la ricerca ha visto un progressivo adeguamento delle procedure nell’evolversi stesso dell’indagine. In altre parole con il cambiare della situazione sociale cambiavano anche le tecniche di raccolta dei dati. Ciò è particolarmente rilevante nell’individuazione del campione che non è stato scelto aprioristicamente ma è stato ispirato da un’analisi sequenziale: ci si è serviti di un campionamento progressivo. Con questo lavoro ci si è proposti di descrivere i cambiamenti rilevati nel triennio 1992/1995 e parallelamente di disegnare la fisionomia di questi cambiamenti. In breve si è cercato di descrivere il cambiamento psicologico in ambito socio-politico nella speranza che questo potesse essere valido per eventuali, ulteriori generalizzazioni. Questo lavoro si propone in un certo modo di essere esplicativo per quei periodi che sono caratterizzati da acuti fenomeni di transizione I presupposti teorici e le fasi di indagine Una delle peculiarità metodologiche della psicologia sociale è lo studio dell’interazione individuoambiente, poiché la psicologia sociale non può studiare l’individuo separato dal sistema di relazione che ha con l’ambiente e quindi con gli altri. È per questo che l’agire sul piano della formalizzazione 2 della disciplina viene considerato come funzione del rapporto tra la persona e l’ambiente (C=f(PxA)); ciò implica che gli eventi che agiscono sulla persona e che da questa sono agiti hanno un’incidenza decisiva nel predisporre non solo i comportamenti ma anche le ristrutturazioni della persona sia pure soltanto per quanto attiene alle zone periferiche. Secondo la teoria di Lewin non solo l’individuo agisce sull’ambiente ed è per questo un organizzatore dello spazio di vita, ma dall’altro è anche un’organizzazione perché tende a cambiare se stesso in rapporto alle influenze che esercitano gli eventi nella misura in cui essi assumono maggiore o minore rilevanza per la persona stessa. Resta saldo il principio secondo cui gli eventi mutano l’individuo soltanto allorquando vengono ritenuti salienti per lo stesso e vengono mutati soltanto se la persona li considera importanti per se stessa. L’unità di analisi di questa ricerca all’inizio era il potere: si volevano esaminare le relazioni psicologiche tra la rappresentazione del potere ed alcuni aspetti connessi a variabili culturali; si era potuto constatare che il potere studiato come rappresentazione sociale era passabile di un’analisi attraverso le rappresentazioni grafiche dello stesso, si assumeva, cioè, che la rappresentazione del potere poteva essere espressa tramite disegni anziché in termini verbali mantenendo la stessa valenza. L’indagine è stata svolta a Napoli ed ha tenuto conto di alcune peculiarità psicologiche della personalità di base che esprime le caratteristiche psicologiche più frequenti nella comunità di appartenenza. Erano stati esaminati i tratti psicologici relativi ai rapporti interpersonali in differenti ambiti: nelle relazioni gerarchiche, nelle relazioni simmetriche-paritarie, sia in diadi che in gruppo. Da un lato il potere e l’autorità venivano considerati come onnipotenti ma anche imperdonabili in caso di mancato impegno (ciò secondo il meccanismi concomitanti di ipervalutazione e svalutazione), dall’altra l’azione del potere era percepita come controllabile solo attraverso dei meccanismi di avvicinamento al potere stesso La raccolta dei rilievi inizia nel 1992 e continua sino al 1996, nel corso dell’indagine progressivamente sono stati affinati gli strumenti impiegati e ciò in ordine all’aggiornamento dei criteri metodologici ed al velocissimo variare delle contingenze sociali. Il lavoro nasce a conclusione di una precedente ricerca nella quale si era potuto riscontrare che la rappresentazione sociale del potere si presentava priva di contorni ben definiti e di un nucleo centrale caratterizzante. In questo precedente lavoro la rappresentazione sociale del potere era stata rilevata attraverso l’analisi di disegni nei quali le persone modificavano l’oggetto richiesto (il potere). Le rappresentazioni non erano state esaminate in rapporto a variabili di personalità, ne attraverso un’analisi quantitativa in grado di fornire semplici classificazioni, ma si era rivolta all’esame delle relazioni dinamiche che intercorrono tra nucleo centrale e aspetti periferici della rappresentazione. Nella ricerca precedente la scomparsa di una rappresentazione coerente ed univoca del potere e la sua conseguente indifferenziazione veniva considerata come il segnale di una tendenza alla destrutturazione sociale. Alla constatazione della ormai scomparsa rappresentazione sociale del potere si accompagna l’urgenza di individuare i meccanismi soggettivi che possano favorire una ristrutturazione del sé e quindi della stessa immagine dell’uomo. La rappresentazione del potereautorità è stata dinamicamente esaminata nel suo progressivo cambiare in rapporto all’ambiente inteso come apparato istituzionale e sulla base delle influenze e delle rielaborazioni della personalità di base. A tal scopo sono stati elaborati strumenti di rilievo adeguati per verificare come la rappresentazione del potere si presentasse in modo diverso a secondo della maggiore o minore influenza delle variabili culturali. La rappresentazione grafica veniva cambiando soprattutto nel suo valore simbolico in modo congruente rispetto al vissuto degli eventi politici. Le persone non erano state disattente ai grandi eventi politici e giudiziari che si erano verificati tra il 1992 ed il 1993. Ciò aveva determinato a livello di opinione pubblica una verticale caduta di fiducia nei confronti degli uomini politici che rivelava una conflittualità evidenziata da una parte dal rifiuto di tutto quanto era 3 stato rappresentativo dell’assetto politico precedente, dall’altro la nascita dell’ottimistica speranza per un futuro di pulizia morale. In altre parole si riteneva improrogabile l’esigenza di passare da una fase di tortuosi compromessi ad una nuova fase di chiarezza morale inequivocabile. Le persone intervistate hanno espresso un’esigenza di onestà e di pulizia morale considerata indispensabile per la conduzione della vita politica, pena la sua non accettazione. Si è riscontrata una tendenza diffusa a ritenere il politico poco affidabile, laddove affidabilità viene a coincidere con la qualità dell’impegno morale. L’improprietà dei comportamenti politici è stata vissuta come una sorta di inganno concepito dai detentori del potere nei confronti della gente come usurpazione e tradimento della fiducia in loro risposta. I comportamenti e le opinioni che ne sono immediatamente seguiti sono stati caratterizzati da un desiderio di vendetta e dal bisogno del ripristino della legalità. La rappresentazione del potere risultava, dai precedenti studi, come poco differenziata e ciò nel senso che, non solo a livello di immagini, il potere risultava disomogeneamente inteso e veniva rappresentato, di volta in volta, con figure umane, con figure di oggetti che rappresentavano, tra l’altro, il denaro oppure con figure di gruppo che connotavano la presenza di un leader. Il disegno lascia una relativa libertà all’interlocutore, soprattutto se le consegne vengono effettuate lasciando il più ampio margine possibile sulle modalità con le quali disegnare l’oggetto. Più nello specifico si richiedeva alle persone di disegnare il potere. Ciò poneva un problema di carattere metodologico e più precisamente l’esame e l’interpretazione dei singoli protocolli (disegni). Si sarebbe potuti ricorrere a tre differenti tipi di elaborazione: la prima data da una interpretazione qualitativa dei disegni (modalità clinica); la seconda modalità di elaborazione sarebbe potuta nascere dal confronto delle relazioni formali all’interno del singolo disegno che dà la possibilità non solo della estendibilità applicativa, ma consente confronti tra i singoli protocolli; la terza modalità di elaborazione è quella che classifichi i disegni secondo criteri stabiliti a priori. Tra le tre alternative è stata scelta la terza, i motivi della scelta non risiedono tanto nella diversa salienza teorica da attribuirsi alle tre alternative, quanto alla peculiarità della ricerca, che tendeva a studiare la relazione tra rappresentazione del potere e orientamento culturale; infatti la classificazione effettuata tendeva a suddividere i disegni in quelli che rappresentavano figure umane oppure oggetti. Si è ricorsi al disegno per ottenere dati circa a rappresentazione sociale del potere perché come sosteneva Moscovici l’espressione grafica rende visibile l’invisibile. Tramite il disegno si voleva verificare se le persone che maggiormente avevano interiorizzato la tendenza a personalizzare avrebbero disegnato il potere come una figura umana o se al contrario quelle autonome lo avrebbero rappresentato come simbolo o oggetto. Nel corso della ricerca oltre al disegno, che forniva dati circa la rappresentazione sociale del potere, venne usato il questionario che permetteva di indagare circa le opinioni che le persone avevano del politico. Man mano che si veniva sviluppando l’indagine e che si venivano acquisendo nuovi risultati, si veniva manifestando, in modo sempre più evidente, il percepito legame tra buona politica ed irreprensibile moralità. Il questionario fu diversamente strutturato in ordine alle modalità che variavano in rapporto alla progressiva acquisizione dei risultati. Sicchè inizialmente è stato impiegato un questionario a tre alternative con scelta obbligata, ed uno successivo che misurava l’indice di gradimento item per item, ed infine, una elaborazione incrociata dei risultati. Il disegno, quindi, permetteva di ottenere dati per fornire una rappresentazione sociale del potere, mentre i questionari permettevano di indagare circa le opinioni che le persone hanno del politico. Attraverso queste tecniche di rilevazione si cercava di definire un profilo del politico ideale, infatti, si voleva approfondire come dovrebbe essere un buon politico (desiderabillità), che cosa dovrebbe fare un buon politico (funzionalità), come un buon politico dovrebbe essere per la gente (interattivo). 4 L’indagine è stata svolta in due fasi successive la prima nell’aprile/maggio del 1992 e successivamente a distanza di un anno, nel 1993, in entrambe le fasi ci si è avvalsi delle stesse tecniche di rilevazione. L’interruzione era stata dovuta a motivi accidentali di tipo organizzativo. Tuttavia sembrava potesse fornire la possibilità di poter raccogliere, a distanza di tempo, risultati indicativi sul piano delle trasformazioni sociali che si erano verificate tra il 1992 ed il 1993. Si erano infatti verificati due fenomeni politico sociali assai ragguardevoli che assumeranno in seguito una peculiare rilevanza. Nell’aprile del 1992 le elezioni politiche avevano profondamente ristrutturato i vecchi equilibri tra i partiti e, tra la fine del 1992 ed i primi mesi del 1993, e si era sviluppato sul piano giuridico l’inizio di tangentopoli. Si era venuto diffondendo in particolare un profondo senso di disinganno che cresceva sempre più accompagnandosi ad una rabbia giustizialista. L’esame dei risultati fu pertanto condotta anche in questa chiave, si cercò , in altre parole, di esaminare se in questo arco di tempo, breve cronologicamente, ma lungo su quello psicologico sociale si fossero verificate delle trasformazioni profonde sul piano della rappresentazione del potere o nella tendenza a personalizzare. A tutti gli intervistati veniva somministrato prima il questionario e successivamente il disegno, che poi furono classificati in disegni che rappresentavano il potere raffigurato come oggetto oppure come persone. Le elaborazioni condotte separatamente fornirono risultati sorprendenti, infatti, laddove nell’esame dei risultati del primo gruppo si era potuto constatare che le persone che evidenziavano una tendenza più forte a personalizzare rappresentavano il potere come persone, nel secondo gruppo i soggetti maggiormente personalizzanti tendevano a rappresentare il potere secondo simboli o oggetti. Non era pensabile che nel giro di così breve tempo fossero cambiati retaggi atavici che sono alla base di stili di comportamento diversi. Ma, certamente, le delusioni ed il senso di disinganno erano stati così intesi da determinare il mutamento di opinioni correnti e da mettere in forse il significato stesso dell’agire politico. Nella seconda fase era stato preparato un questionario composto da otto items, ognuno dei quali prevedeva tre alternative, per un totale di ventiquattro, al fine di misurare opinioni. I risultati permisero di individuare un raggruppamento delle frequenze da cui risultò che le persone ormai non solo avvertivano il danno specifico prodotto dai disonesti ma anche e soprattutto le conseguenze che dalla disonestà derivano e che consistono soprattutto nell’arrecare danno all’intera comunità. Per controllare la validità del questionario si è ricorsi all’esame della relazione tra due prove tra loro diverse e tuttavia considerate equivalenti. La prima con subitems a scelta unica, la seconda senza scelta ma con l’indicazione di un indice di gradimento. I risultati hanno permesso di riscontrare che non la struttura del questionario forniva il condensarsi delle frequenze in alcuni subitems ma la “consistenza delle opinioni” che si erano ormai consolidate in rapporto ai mutamenti riscontrabili in ambito politico. A conclusione delle prime due fasi dell’indagine che vedeva l’uccisione simbolica del politico disonesto, diventava importante ottenere un identikit psicologico del politico nuovo in termini di aspettative da parte delle persone, nei termini di un esame che volesse tenere presente in particolar modo la differente salienza che si veniva ad attribuire ad aree psicologiche prima molto meno coinvolgenti sul piano emotivo. Soprattutto a partire dal processo d tangentopoli si era avvertita la richiesta sempre crescente dell’onestà dell’uomo pubblico; ciò era probabilmente legato al senso di disillusione ed al senso di disinganno che aveva turbato le coscienze all’indomani del processo penale alla “politica”. Si era venuto configurando da un lato il bisogno di vendetta nei confronti di persone ritenute responsabili di incredibili ruberie e dall’altro il senso di inadeguatezza rispetto alla individuazione di quei meccanismi perversi che avevano permesso un sistema clientelare senza regole e leggi. Sicchè l’esame delle opinioni veniva per così dire condotto in modo mirato tenendo presenti, cioè, i problemi cruciali che avevano caratterizzato il cambiamento profondo delle convinzioni dell’agire sociale. 5 Commento ai risultati: organizzazione sociale e bisogno di equità La rappresentazione sociale del potere nel corso del tempo cambia seguendo gli eventi sociali. Nel progredire dell’indagine, infatti, è venuta emergendo la tendenza a connotare le azioni politiche con “azioni morali”, poiché le persone esprimevano un’esigenza di onestà e pulizia morale quale condizione irrinunciabile per l’accettazione e la conduzione della vita politica. L’improprietà dei comportamenti politici è stata vissuta come una “colpa morale”, come una sorta di inganno perpetrato dai politici nei confronti della gente, usurpando, per così dire, non solo la delega che era stata loro affidata, ma la fiducia che gli elettori avevano mostrato e che era stata tradita. Nel corso dell’indagine i risultati, in un primo tempo coloro che tendevano a personalizzare, parallelamente rappresentavano il potere come persona. Ipotesi confermata dai risultati ottenuti nella prima fase dell’indagine condotta nell’aprile 1992; successivamente, nel luglio del 1993, era stata ripetuta l’indagine e si era assistito ad un totale capovolgimento dei risultati. Coloro che tendevano a personalizzare rappresentavano il potere come oggetto. L’interpretazione di questi risultati esprimeva in modo emblematico i cambiamenti dell’assetto socio-politico e le loro interdipendenze con quello psico-sociologico. Le persone avevano simbolicamente decapitato il potere visto come persona, al disinganno ed alla delusione era seguita la morte simbolica del potere come persona. La prima somministrazione dei questionari e la richiesta di descrivere il potere era stata effettuata su un gruppo di trenta persone nella primavera del 1992 e si era voluto verificare che effettivamente esisteva una relazione tra i punteggi ottenuti al questionario e la scelta della configurazione che connotasse il potere. In realtà si poteva evidenziare come una tendenza alla personalizzazione corrispondesse parallelamente una scelta del potere individuato in una figura rappresentante una persona. La ricerca fu temporaneamente sospesa e fu ripetuta con le stesse modalità a distanza di un anno, cioè nel luglio 1993. I risultati ottenuti mutarono profondamente gli intervistati non rappresentavano più il potere come persona, quasi che ne avesse con la credibilità perduto ogni fattezza umana. L’unica variabile differente era data dal tempo: era trascorso un anno, in questo brevissimo periodo vi erano stati numerosi avvenimenti che avrebbero in seguito mostrato la loro incidenza trasformatrice. La velocità del cambiamento influisce sui meccanismi che regolano l’autoidentità sociale, il self-estime, ed in definitiva l’intero campo psicologico personale. L’assenza di una rappresentazione univoca o differenziata del potere implica o comunque si accompagna ad una modificazione profonda degli stili con cui si esercita il controllo sociale. Questa ricerca ha tentato di descrivere alcuni aspetti salienti, sul piano psicologico, per quanto attiene al vissuto delle persone nei confronti della politica, della morale corrente e del modo di stabilire i rapporti personali soprattutto nei confronti delle gerarchie e, di queste ultime, in ambito istituzionale. La rappresentazione del potere è stata esaminata in rapporto alle strutture emotive che in essa vengano coinvolte, così come il crescente bisogno di pubblica eticità è stato interpretato alla luce del più ampio costrutto psicologico di vendetta-riparazione, giustizia-equità. In questa ricerca si sono tenuti presenti aspetti emozionali, cognitivi e motivazionali, che hanno sempre costituito, soprattutto negli ultimi anni, un oggetto di studio da approfondire in ambito psicologico. La destrutturazione del potere, rilevata dalla ricerca, è origine e conseguenza del disinganno sociale che è premessa del desiderio di vendetta, giustizia ed equità; in tal caso si è considerato l’inseparabilità di queste variabili l’una rispetto all’altra, che possono tutte essere sussunte in un costrutto che è stato denominato equità che non va considerata in un suo significato unidirezionale, ma è piuttosto il frutto di una complessità e come tale è caratterizzata da una propria specifica multiformità. 6 Nota integrativa A distanza di dieci anni dall’ultima ricerca si è deciso di riproporla per cercare di verificare se e come era cambiata la rappresentazione del potere. Furono, quindi, somministrati nuovamente i test e dalla loro analisi si notò che i risultati ottenuti nella seconda fase della prima ricerca, cioè quelli del 1993, non erano molto distanti da quelli ottenuti a dieci anni di distanza cioè nel 2003. Infatti i risultati confermarono che gli intervistati non rappresentavano più il potere come persona, poichè le delusioni ed il senso di disinganno erano stati così intesi da determinare il mutamento di opinioni correnti e da mettere in forse il significato stesso dell’agire politico. Inoltre i risultati permisero di individuare un raggruppamento delle frequenze da cui risultò che le persone ormai non solo avvertivano il danno specifico prodotto dai disonesti ma anche e soprattutto le conseguenze che dalla disonestà derivano e che consistono soprattutto nell’arrecare danno all’intera comunità.