Le fonti del diritto tributario

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Diritto Tributario
Fonti del diritto tributario ed efficacia delle norme tributarie
BIBLIOGRAFIA:
F. Tesauro, “Istituzioni di diritto tributario. Vol. 1: Parte generale”, Roma, Utet, 2012;
G. Marongiu e A. Marcheselli, “Lezioni di diritto tributario”, Torino, Giappichelli
Editore, 2013;
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Le fonti del diritto tributario
Con riguardo alle fonti del diritto tributario l’art. 23 della Costituzione dispone
che “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in
base alla legge”.
La corretta interpretazione dell’art. 23 C. richiede di stabilire che cosa si
intenda per:
a. legge;
b. base legislativa;
c. prestazione imposta.
a. legge
il termine legge va inteso in senso ampio, comprendendo:
2. atti aventi forza di legge
1. legge ordinaria
(decreti legge e decreti legislativi)
In realtà, ai sensi dell’art. 117 Cost., anche le Regioni hanno potestà legislativa
in materia tributaria, ma ciò sempre nel rispetto della riserva di legge di cui all’art.
23 Cost.
INOLTRE
Con l’adesione dell’Italia al Trattato CE, ai sensi dell’art. 11 Cost., sono
ammesse anche fonti dell’UE, oltre alle convenzioni Internazionali.
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Pertanto le fonti del diritto tributario sono:
1. la legge ordinaria;
2. gli atti aventi forza di legge;
3. le leggi regionali;
4. le norme dell’ordinamento dell’UE;
5. le convenzioni Internazionali.
b. base legislativa
La riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost. è una riserva di legge relativa,
dove la legge può limitarsi a disciplinare le linee fondamentali della materia
rimettendone poi il completamento a norme di rango inferiore.
A tal riguardo, secondo la giurisprudenza costituzionale la legge deve almeno
stabilire:
i.
i soggetti passivi;
ii.
il presupposto;
iii.
la base imponibile;
iv.
l’aliquota.
Per quanto concerne la base imponibile e l’aliquota, è ammesso che tali
elementi non vengano stabiliti in maniera puntuale ma solo in modo da limitare la
discrezionalità dell’attività amministrativa.
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d. prestazione patrimoniale imposta
rifacendosi alla giurisprudenza costituzionale le prestazioni patrimoniali
imposte possono essere distinte in due tipologie:
imposte in senso sostanziale mediante un
contratto privato. Rientrano in tale
categoria i corrispettivi pagati dai cittadini
per "servizi essenziali" come, ed esempio,
l'elettricità, il trasporto, l'acqua.
imposte in senso formale mediante un atto
autoritativo dello Stato. Rientrano in tale
categoria i tributi
Pertanto, ai sensi dell’art. 23 Cost. possono essere considerate prestazioni
patrimoniali imposte anche i corrispettivi pagati dai privati per beni e servizi
essenziali. In tali casi, secondo la Corte Costituzionale, il cittadino è libero di
stipulare o non stipulare il contratto, ma questa libertà è solo astratta, perché si
riduce alla possibilità di scegliere tra la rinuncia a un servizio pubblico essenziale o
accettare le condizioni contrattuali autoritativamente fissate dall’impresa che eroga
il servizio (spesso in regime di monopolio).
Quindi, anche nel caso di tali servizi è necessaria una apposita disposizione di
legge che preveda il pagamento di un corrispettivo per il servizio.
Sempre con riferimento alle fonti del diritto tributario, la Costituzione
stabilisce che le leggi tributarie:
- non possono essere approvate con la legge di bilancio (art. 81Cost.);
- non possono essere oggetto di referendum abrogativo (art. 75 Cost.).
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Fonte primaria - La legge dello Stato
Nel nostro ordinamento non esiste un codice tributario, ma una scoordinata e
caotica serie di atti e provvedimenti aventi forza di legge, come il T.U.I.R., il D.p.r.
633/72 sull’IVA ed anche lo “Statuto dei diritti del contribuente” (L. 212/2001).
Con riguardo allo Statuto dei diritti del contribuente, esso si pone come scopo
la corretta “interpretazione e applicazione degli articoli della Costituzione in materia
tributaria”. Così, ad esempio, lo Statuto stabilisce il divieto di retroattività per le
norme tributarie ed il divieto di istituire nuovi tributi con i decreti-legge.
La notevole confusione nella legislazione tributaria ha spinto il Legislatore ad
emanare i cosiddetti testi unici. I testi unici non rappresentano un tipo di fonte ma
un testo normativo che riunisce le norme tributarie relative ad uno specifico tributo
o tipologia di tributi. Tra i testi unici vigenti in materia tributaria vi sono, oltre al
Testo unico imposte sui redditi (D.p.r. n. 917/1986), il Testo unico dell’imposta di
registro (D.p.r. n. 131/1986), il Testo unico delle imposte ipotecaria e catastale
(D.p.r. n. 347/1990) ed il il Testo unico sulle successioni e donazioni (D.p.r. n.
346/1990).
Fonte secondaria – i regolamenti statali
Se è vero che l’art. 23 Cost. riserva alla legge l’emanazione di norme
tributarie, è altresì vero che la riserva contenuta nel suddetto articolo non è
assoluta, ma relativa. Pertanto, è ammesso che tramite la legge vengano stabiliti gli
elementi essenziali del tributo (soggetto passivo, presupposto, base imponibile ed
aliquote) per poi delegare alle fonti-atti di rango inferiore in completamento della
normativa.
Ne deriva che spesso le norme tributarie vengono completate nella loro
disciplina da regolamenti governativi e/o ministeriali, oltre che da regolamenti locali.
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I regolamenti governativi possono essere:
1. indipendenti, che disciplinano settori non regolamentati dalla legge;
2. integrativi, che completano il precetto legislativo;
3. delegati, che completano o suppliscono il precetto legislativo;
4. esecutivi, che danno esecuzione al precetto legislativo.
Data la riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. in materia tributaria, non sono
ammissibili i regolamenti indipendenti, mentre per gli altri occorrerà di volta in volta
verificare se è stata violata la suddetta riserva di legge.
A tal riguardo, si ricorda che la legge deve stabilire almeno i soggetti passivi, il
presupposto, la base imponibile e l’aliquota. Con riferimento agli ultimi due aspetti –
base imponibile e aliquota – è sufficiente che il Legislatore limiti lo spazio di
discrezionalità dell’autorità amministrativa che poi andrà a completare il precetto
legislativo. Ad esempio, il Legislatore dovrà almeno prevedere l’aliquota massima
applicabile.
I regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei Ministri, dopo aver
sentito il parere del Consiglio di Stato e dopo essere stati sottoposti al visto ed alla
registrazione della Corte dei Conti. Tali regolamenti sono emanati con decreto del
Presidente della Repubblica e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
I regolamenti ministeriali non possono dettare norme contrarie ai
regolamenti governativi e debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei
Ministri prima della loro emanazione. Anche tali regolamenti sono adottati previo
parere del Consiglio di Stato, sono sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte
dei Conti e sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
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Tra i tanti decreti ministeriali in materia tributaria vi è il decreto con il quale è
stato introdotto il redditometro e quello emanato periodicamente sui Paesi white
list.
Le leggi regionali
Anche le leggi regionali, ai sensi dell’art. 117 Cost., hanno potestà legislativa in
materia tributaria, ma ciò sempre nel rispetto della riserva di legge di cui all’art. 23
Cost.
Pertanto, per quanto concerne la ripartizione della potestà legislativa tra Stato
e Regioni in materia tributaria il nostro ordinamento prevede quanto segue:
1. la disciplina dei tributi statali è riservata allo Stato; la disciplina degli altri
tributi non è oggetto di riserva statale; pertanto
2. le Regioni possono introdurre tributi propri ed anche tributi locali, ma ciò
sempre nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario (art. 119 Cost.). Quindi, lo Stato ha il compito di
indicare quali oggetti imponibili e quali tributi possono essere oggetto di
legislazione regionale;
A tal riguardo, più volte il Legislatore è intervenuto stabilendo quali sono i
principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ossia
sancendo i tributi sui quali le Regioni possono legiferare ed i limiti a tale potestà
legislativa (cd. Federalismo fiscale). Ciò vale anche per gli enti locali (cd. Federalismo
municipale)
Gli enti locali
Con riferimento ai tributi locali, si ricorda che gli enti locali (Province, comuni,
città metropolitane) non hanno potestà legislativa al pari delle Regioni. Pertanto gli
enti locali possono disciplinare la normativa tributaria solo con norme attuative e
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integrative e solo nei limiti fissati dalle leggi statali e regionali. Conseguentemente,
la disciplina di tali tributi può idealmente essere concepita:
1. a tre livelli: legislativa statale, legislativa regionale e regolamentare locale;
2. a due livelli: legislativa regionale e regolamentare locale, ovvero, legislativa
statale e regolamentare locale.
Data la riserva di legge contenuta nell’art. 23 Cost. gli enti locali non possono
disporre in materia di fattispecie imponibili, soggetti passivi ed aliquota massima.
Tali elementi dovranno essere disciplinati dalla legge statale o regionale.
Le Convenzioni Internazionali
Le convenzioni internazionali in materia tributaria riguardano:
- i dazi;
- la doppia imposizione dei redditi, dei patrimoni e delle successioni;
- la collaborazione tra autorità di Stati diversi;
- la lotta all’evasione e all’elusione fiscale internazionale.
Le fonti dell’Unione Europea
I trattati dell’UE contengono norme che non riguardano direttamente il diritto
tributario, ma possono investirlo indirettamente. Si pensi, a titolo di esempio, ai
principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali stabiliti dal
Trattato dell’UE:
- la libertà di stabilimento potrebbe essere lesa da norme tributarie che
disciplinassero in modo meno favorevole, ingiustificatamente, gli
insediamenti produttivi o i contribuenti provenienti dall’estero;
- la libertà di circolazione dei capitali potrebbe essere lesa da norme
tributarie che disciplinassero in modo meno favorevole,
ingiustificatamente, i capitali provenienti dall’estero;
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In tutti questi casi la normativa italiana risulterebbe inapplicabile in quanto
incompatibile con quella dell’UE. Ed infatti, ai sensi dell’art. 117 Cost., l’ordinamento
dell’UE ha una posizione di primato rispetto all’ordinamento nazionale. In caso di
incompatibilità, le norme dell’UE prevalgono su quelle nazionali, che devono essere
disapplicate.
L’efficacia delle norme tributarie nel tempo
Le leggi dopo l’approvazione parlamentare e la promulgazione da parte del
Presidente della Repubblica sono pubblicate sulla GU ed entrano in vigore a partire
dal 15 giorno successivo alla pubblicazione. Ciò vale anche per i regolamenti.
occorre però distinguere:
entrata in vigore
efficacia nel tempo
normalmente l'entrata in vigore della legge coincide con il momento dal quale
inizia l'efficacia delle norme. Vi sono però dei casi nei quali entrata in vigore
ed efficacia non coincidono. Ad esempio la legge che regola il processo
tributario è entrata in vigore nel 1992, ma dato che la sua efficacia è stata
differita alla data di insediamento delle nuove commissioni tributarie, tale
legge ha avuto efficacia solo a partire dal 1996.
Con riguardo all’efficacia delle leggi tributarie tre sono gli aspetti da
considerare:
a. retroattività;
b. l’ambito di applicazione nel caso delle fattispecie che si verificano a cavallo
tra la nuova e la vecchia normativa;
c. la cessazione dell’efficacia.
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a. Retroattività
“La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”1.
Tale regola è però posta da una norma di legge ordinaria, l’art. 11 delle preleggi, e
quindi può essere derogata da altre norme di legge. Invece, i regolamenti, in quanto
di rango normativo inferiore alle leggi, non possono derogare all’art. 11 delle
preleggi, e possono essere retroattivi solo se una norma di legge lo consente
espressamente.
La retroattività può concernere la fattispecie dell’imposta, gli effetti o
entrambi gli elementi della norma tributaria.
b. L’ambito di applicazione nel caso di fattispecie che si verificano a cavallo
tra la nuova e la vecchia normativa
Può essere dubbio quale normativa debba essere applicata a fatti o situazioni
che si verificano a cavallo tra la vecchia normativa e l’entrata in vigore (efficacia)
della nuova normativa.
In genere, il Legislatore risolve tali problematiche attraverso delle norme di
“diritto transitorio”.
c. Cessazione dell’efficacia
Le leggi cessano di essere efficaci quando:
i.
sono abrogate;
ii.
sono dichiarate incostituzionali; e,
iii.
per scadenza del termine previsto nel caso di leggi temporanee.
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Art. 11 preleggi
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i.
abrogazione
L'abrogazione di una norma può avvenire in tre modi:
(espresssa)
(tacita)
per dichiarazione espressa del
legislatore
per incompatibilità tra le nuove
disposizioni e le precedenti
(implicita)
quando la nuova normativa regola
l'intera materia già regolata dalla
legge anteriore
Con l’abrogazione l’efficacia della legge opera ex-nunc: essa continua a
regolare i fatti avvenuti nell’arco temporale che va dalla sua entrata in vigore alla
data della sua abrogazione. Una legge tributaria abrogata continua ad essere
applicabile ai fatti avvenuti prima dell’abrogazione, e continuano ad essere dovuti i
tributi sorti in relazione a presupposti d’imposta avvenuti sotto il suo vigore.
ii.
Dichiarazione di incostituzionalità
In tal caso la norma tributaria è dichiarata contraria a una o più norme
costituzionali e, pertanto, essa perde di efficacia ex-tunc: la norma dichiarata
incostituzionale è come se non fosse mai esistita; tutti gli effetti della legge
dichiarata incostituzionale sono da considerare come mai venuti ad esistenza.
Pertanto, i tributi riscossi in base a norme tributarie dichiarate incostituzionali
debbono essere rimborsati.
Con riguardo al punto iii non vi sono elementi di rilievo da approfondire.
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L’efficacia delle norme tributarie nello spazio
Le leggi tributarie si applicano ai fatti che si verificano nel territorio dello Stato
(principio di territorialità), ma certe imposte prescindono dalla territorialità e
tassano anche fatti accaduti all’estero.
Ad esempio, le imposte personali sui redditi sono applicate a tutti i redditi
prodotti dai residenti, indipendentemente dal luogo di produzione (Italia o estero).
Nei confronti dei non residenti, invece, si tassano soltanto i redditi prodotti nello
Stato. In maniera simile, le imposte sulle successioni si applicano ai residenti su tutti
i beni oggetto della successione, anche sui beni situati all’estero. Ai fini IVA, invece,
non risultano imponibili le operazioni non effettuate nello Stato.
Quindi, è applicato nel nostro ordinamento tributario un principio di
territorialità che, però, non è rigido e inderogabile.
Sempre per quanto riguarda l’efficacia delle norme tributarie nello spazio, la
legge tributaria non può avere efficacia oltre i limiti del territorio sottoposto alla
sovranità dello Stato. Al di fuori del territorio nazionale valgono le leggi tributarie
degli altri Stati.
Quindi, dire che la normativa tributaria attribuisce rilievo a fatti accaduti fuori
dal territorio dello Stato non significa che la normativa italiana sia applicabile al di
fuori dello Stato italiano. Si ribadisce, al di fuori valgono le leggi tributarie degli altri
Stati
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