Il Mondo delle piante
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Introduzione
Quando si parla di vegetali il primo concetto da introdurre è quello di MONDO, che per nessun altro insieme
biologico è valido come per questo gruppo di organismi viventi.
Intorno alla metà del 1800 il biologo tedesco Ernst Haeckel coniò il termine”ECOLOGIA” per la disciplina
delle scienze biologiche e le inserì negli argomenti della storia naturale.
Questo primo concetto di ecologia si è col tempo assai modificato rispetto alla sua prima accezione:
si è sviluppato e approfondito studiando gli ambienti in cui si sviluppano tutte le forme di vita e le complesse
reazioni che le legano : si è dedotto che non c’è possibilità di vita se non in dipendenza del mondo vegetale.
Esso, infatti, è unico nella sua capacità di far fronte, attraverso l’ energia solare, al bisogno di sostanze
organiche degli animali e dell’ uomo. E’ essenziale nella sua possibilità di rigenerare l’atmosfera depauperata
dell’ ossigeno, e insostituibile in tutti i processi vitali.
E’ quindi indispensabile conoscere il mondo vegetale e indagare analiticamente quel complesso di interazioni
che contraddistinguono questo insieme, e gli organismi viventi di una determinata area unitamente all’ambiente che li circonda vengono a formare un ECOSISTEMA.
Un ecosistema è una collettività in cui il rapporto tra gli individui può essere transitorio: alcuni dei suoi
componenti, come gli alberi, possono vivere centinaia di anni; altri come i microrganismi che vivono nel terreno
hanno la durata soltanto di poche ore.
Tuttavia un ecosistema tende ad essere stabile e, una volta raggiunto il suo equilibrio non cambierà nel corso
nei secoli a meno che non intervenga un fattore che sposti l’equilibrio raggiunto: è questa perenne competizione che permette all’ ecosistema nel suo complesso di funzionare come un tutto unico.
Prendiamo ora un’ alga strappata dal fondo che galleggia sulla superficie del mare: la sua morte, comporta nella demolizione delle sue strutture, la dispersione dell’ energia che era in essa immagazzinata e la
scissione dei componenti chimici contenuti : perché in un ecosistema ogni organismo vivente rappresenta nel
suo equilibrio, effetto e conclusione di un determinato ciclo di vita ma anche principio e causa, in un’altra
entità vivente, dell’energia in essa contenuta sotto le più diverse forme.
Per questo è importante conoscere ogni organismo compreso in un ecosistema, dal più semplice
al più complesso : alla base di questa conoscenza ci sono gli elementi della Botanica e della Fisiologia
vegetale, cioè i mezzi per individuare le piante ed il loro funzionamento.
L’ umanità ha bisogno di queste cognizioni, infatti anche l’uomo fa parte dell’ecosistema mondiale e quindi
dell’equilibrio naturale : non si può considerare il pianeta terra distaccato dalla “realtà uomo”la cui influenza
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è talmente massiccia e diversa in quantità e qualità da essere diventata il principale elemento modificatore
dell’ambiente.
L’ uomo è quindi un fattore ecologico dominante nella storia della vita; egli consciamente o inconsciamente
sta dando un nuovo indirizzo al mondo che lo circonda.
E’ compito degli ecologi vegetali , che insieme ai geologi agli zoologi ed ai sociologi occuparsi dei
luoghi abitati dall’ uomo e della conservazione del patrimonio verde, e stabilire in che modo e in quale misura
è possibile attingere al “pane verde” ottenibile dalle associazioni vegetali.
Queste associazioni, sono comunità autosufficienti , regolate dall’energia luminosa, e sono costituite da un
substrato inorganico, da un ciclo di organismi autotrofi (le piante verdi) capaci di trasformare la sostanza
inorganica in sostanza organica, da un ciclo di organismi eterotrofi come gli animali e l’uomo e i parassiti, che
sanno soltanto nutrirsi della sostanza organicata dalle piante verdi.
Talvolta gli anelli eterotrofi possono essere più di uno, ma il ciclo si conclude sempre con gli organismi demolitori che operano il riciclaggio delle sostanze organiche perché queste possano di nuovo essere
assunte dalle piante verdi per ricominciare il ciclo.
Osserviamo il fitoplancton, l’insieme dei microscopici organismi vegetali che vivono nelle acque dolci e
marine in balia delle onde o delle correnti: questi piccolissime creature, impossibilitate ad un loro proprio
moto, sono in realtà capaci di catturare l’energia solare ed hanno una enorme importanza come fonte
di alimento.
E’ stato calcolato che nel rigoglio primaverile delle diatomee , si possono ottenere 300 tonn.
di sostanza secca espressa in carboidrati per ogni km quadr. di superficie marina.
Il fitoplancton è il nutrimento dello zooplancton minuto, e questo lo è per lo zooplancton più grosso, e
questo ultimo per esseri ancora più grossi fino all’anello finale.
Un ruolo di primo piano spetta quindi a questo mondo di individui microscopici nell’economia delle acque
e degli organismi che in essa vivono.
Prendiamo ora una zona di terreno con il suolo brullo sul quale viene a formarsi una colonia di
Licheni, questi consentono nel tempo l’ insediamento di una coltre verde di erbacee: da principio piccoli
erbivori e poi erbivori di maggior mole utilizzano questo deposito di alimento e di energia;
infine i carnivori predatori, nutrendosi degli erbivori, aggiungono un anello alla catena alimentare che si
conclude con l’uomo, il quale a sua volta utilizza carnivori ed erbivori.
E’ stato valutato che solo un millesimo della luce che colpisce le piante verdi raggiunge l’anello
successivo della catena: c’è quindi un grosso dispendio di energia in questo passaggio , ed è ”forse” per
questo che le piante cercano di catturarne la maggiore quantità possibile adeguandosi in mille modi e
con infinita fantasia a tutte le forme di vita.
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La piramide alimentare
Struttura
I primi esseri apparsi sul nostro pianeta furono organismi Unicellulari dotati di tutte le funzioni vitali caratteristiche degli organismi viventi. Nel corso dell’evoluzione si assiste ad una progressiva modificazione verso
forme più complesse, con una graduale divisione dei compiti e delle funzioni .
In molti organismi pluricellulari come le alghe ed i funghi, si verifica una notevole complicazione
della struttura con la formazione di organi deputati a compiti particolari, ma tutte le cellule che costituiscono
l’ intero si presentano pressappoco uguali: tale struttura cellulare omogenea prende il nome di TALLO.
Con la conquista dell’ambiente terrestre la trasformazione raggiunge il grado più elevato di complessità
soprattutto in relazione ai problemi della nutrizione : nasce l’esigenza dell’ approvvigionamento dell’acqua
e dei sali minerali in essa disciolti , risolta con la comparsa di un efficiente apparato radicale capace di assorbirne ingenti quantità, e di un sistema conduttore costituito da fasci vascolari contenuto nel fusto.
Alla sommità della pianta, nelle foglie, le sostanze prese in soluzione dal terreno vengono elaborate utilizzando per le numerose reazioni chimiche l’energia luminosa. Le foglie sono quindi sede dei
più importanti meccanismi del ricambio vegetale e rappresentano il laboratorio in cui vengono sintetizzate
e trasformate tutte le sostanze necessarie alla vita dell’individuo.
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Nelle piante più evolute si distinguono quindi tre regioni fondamentali: la radice, il fusto e le foglie, ciascuno
costituto da tessuti altamente specializzati al cui insieme si da il nome di CORMO.
La foglia
Nel periodo Devoniano, circa 400 mil.ni di anni fa, si assisteva alla comparsa delle prime foglie negli organismi
vegetali che si stavano allontanando lentamente dall’ambiente acquatico.
Queste foglie , pur molto lontane per forme e dimensioni alle attuali, mostravano però la stessa
funzione ; la loro formazione era derivata proprio dall’esigenza di creare nella parte aerea dell’organismo
vegetale una superficie sempre più espansa in grado di utilizzare per mezzo dei tessuti fotosintetici l’energia
solare.
La trasformazione completa si è avuta partendo dagli iniziali piccoli lembi di tessuto posti all’estremità
di piccoli rami come nel fossile Protopteridium fino alle forme più complesse oggi conosciute.
Il sistema di vasi conduttori che dal fusto porta alla foglia l’acqua ed i sali minerali e, dalla foglia riporta indietro
le sostanze elaborate, viene a formarsi in un secondo tempo e diventa una rete di sottilissimi tubi capaci di raggiungere i tessuti clorofilliani presenti su tutta la superficie della foglia.
Guardando una foglia qualsiasi, è possibile distinguere tre porzioni fondamentali: il picciolo, la base
fogliare e il lembo vero e proprio. Il picciolo, nel cui interno scorrono i fasci vascolari che portano la linfa,
sorregge la foglia e la dispone nel modo più adatto perché sia illuminata dal sole. Talvolta però l’ intensità
luminosa è troppo alta, e allora il picciolo ruota in modo che tutta la foglia assuma una inclinazione che la
protegga dai danni dell’ eccessiva radiazione.
Nella foglia, la parte più importante è quella del lembo: esso è percorso dalla fittissima rete di vasi proveniente
dai grossi vasi del picciolo che si continuano nella nervatura centrale e si diramano in quelle laterali.
La disposizione delle nervature di una foglia è assai varia: esistono foglie con una sola nervatura le
Uninervie come nei pini ( Pinus domestica ), foglie con nervature parallele le Parallelinervie degli Iris
( Iris lutescens ), foglie come quelle dell’ alloro ( Laurus nobilis ) con una nervatura centrale da cui si diramano
quelle secondarie come quelle di una penna, e foglie come quelle del Platano ( Platanus acerifolia ) in cui le
nervature, le Palminervie, che decorrendo nel lembo sono disposte in modo simile alle dita di una mano.
Le foglie si distinguono in semplici e composte, queste ultime sono costituite da un asse dal quale
si diramano le foglioline derivanti da profonde incisioni ( lobi ) del lembo fogliare che hanno raggiunto la nervatura centrale.
Dopo aver guardato la foglia nel suo insieme si può ora penetrare nella sua meravigliosa e complessa struttura
interna per osservare da vicino il più complicato laboratorio chimico esistente in natura.
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E’ solo nella foglia che si sintetizzano e si elaborano sostanze come i carboidrati, che rappresentano la fonte di
energia di tutto il mondo vivente. Tagliando trasversalmente una foglia e osservandola con forti ingrandimenti
essa appare nell’ insieme poco compatta e quasi spugnosa, limitata superiormente e inferiormente da uno
strato di epidermide in cui le cellule accostate le une alle altre proteggono i tessuti più interni dalla perdita
d’ acqua per evaporazione. Queste cellule hanno la parete rivolta verso l’ esterno più spessa e impermeabile
ai gas e all’ acqua.
Il necessario scambio di gas con l’ esterno è assicurato dagli stomi, piccole aperture delimitate da
cellule reniformi poste nella pagina inferiore della foglia. La regolazione della quantità di anidride carbonica
che la pianta assume è di estrema importanza, perché, diffondendosi negli spazi intercellulari essa giunge
nelle cellule disposte a palizzata del tessuto clorofilliano, dove viene utilizzata nella fotosintesi per la produzione dei carboidrati. L’ organicazione dell’ anidride carbonica necessita di una grande quantità di energia
chimica, energia proveniente dalla conversione dell’irraggiamento solare assorbito nella fase luminosa della
fotosintesi che ha luogo nei cloroplasti.
Questi particolari elementi sono presenti nelle cellule delle foglie in gran numero ed il colore verde del
pigmento clorofilliano è trasmesso a tutta la foglia.
La forma e la posizione della foglia nella pianta rispondono ad una precisa esigenza funzionale: quella di
assorbire la maggiore quantità di luce possibile. Tuttavia, si assiste per motivi di adattamento all’ ambiente,
a modificazioni importanti nella forma delle foglie, ad esempio la spinificazione delle piante desertiche:
trasformazione estrema per ridurre al minimo la perdita di umidità; od alla metamorfosi per altre particolari
esigenze come nelle piante rampicanti o galleggianti.
Il fusto
Nelle piante superiori il fusto è l’ asse del cormo che emerge dal terreno e sul quale sono inserite le foglie.
Il fusto è responsabile della crescita della pianta fino alla dimensione definitiva, ciò avviene mediante la
proliferazione di alcuni tessuti chiamati meristemi che sono in attività per tutta la vita della pianta.
Il fusto provvede anche al trasporto, mediante il ricircolo delle sostanze, sia grezze sia elaborate, necessarie
al mantenimento dell’ intero organismo; questo ricircolo si compie attraverso tessuti vascolari molto particolari,
specializzati nella loro funzione.
Le cellule che costituiscono i vasi sono allineate in modo da formare una specie di tubo, questi sono
a loro volta riuniti in fasci vascolari con diversa funzione: semplici se costituiti da elementi cribriosi per la
discesa della linfa, legnosi per la conduzione della linfa ascendente, composti se costituiti da entrambi.
I fasci composti sono distribuiti all’ interno del fusto in modo particolare: nelle Gimnosperme e nelle
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Dicotiledoni assumono una forma a cerchio con la porzione cribriosa rivolta all’ esterno e quella legnosa verso
l’ interno; tra di esse si interpone un sottile strato capace di riprodursi, il cambio.
Da questo tessuto meristematico disposto ad anello si originano cellule cribriose in senso centrifugo e
cellule legnose in senso centripeto, in tal modo tutto ciò che si trova al di fuori del cambio viene spinto all’ esterno dove va a costituire insieme ad altri tessuti di protezione la corteccia, mentre il legno riempie tutta la zona
centrale del fusto . Nelle monocotiledoni si osserva un tipo di struttura in cui i fasci privi del cambio, sono disposti
apparentemente in modo disordinato in tutto lo spessore del fusto: ne consegue l’ impossibilità di
accrescimento diametrale , caratteristica generale delle erbacee.
Tutte le parti del cormo possono modificare la forma in relazione al mutamento della funzione o dell’ ambiente;
talvolta assumono forma di deposito e riserva delle sostanze nutritive, si sviluppano sottoterra conducendo in tal
modo una vita ipogea, ad esempio i rizomi, i bulbi ecc. Nelle parti aeree del pungitopo ( Ruscus aculeatus) si può
osservare come si siano modificati quei rami in lamine appiattite chiamati cladodi, scambiati per foglie, sui quali
si vede spuntare al centro della lamina prima il fiore e poi la bacca rossa.
La radice
La radice è quella parte della pianta che si sviluppa generalmente sottoterra, che si spinge nel terreno con lo
scopo di tenere la pianta infissa al suolo e consentire l’ approvvigionamento dell’ acqua e dei sali.
Essa si genera dalla radichetta, già presente nell’ embrione ed è normalmente composta da una radice centrale,
da radici secondarie e da quelle di terz’ ordine fino costituire una fittissima rete capace di imbrigliare il terreno.
La radice è limitata all’ esterno da uno strato di cellule epidermiche senza particolari ispessimenti;, in
tal modo viene favorito l’ assorbimento dell’ acqua attraverso le pareti cellulari. A mano a mano che la radice
si accresce, l’ epidermide a contatto con il terreno si consuma e viene sostituito da tessuti nuovi.
La soluzione acquosa penetra nelle cellule e passa da una all’altra fino a raggiungere nella parte centrale
della radice i vasi legnosi, poi attraverso questi sale nel fusto e quindi nelle foglie .
La vita
Nel loro insieme le piante verdi le possiamo considerare come dei complessi atti a catturare l’ energia
luminosa del sole e, per mezzo di essa costituire sostanze organiche : si dice che a differenza degli animali
le piante possono organicare.
Intorno alla metà del 1700 venne scoperto che le piante emettevano un gas che era respirabile dagli animali
ed era capace di mantenere la combustione; poi verso la fine del secolo si puntualizzò che questo gas veniva
emesso dalla parte verde della pianta ed esclusivamente nelle ore di luce, ma non fu ancora associato al
sistema di nutrizione delle piante stesse.
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Alcuni decenni dopo, Theodore de Saussure riuscì a dimostrare che i vegetali erano costituiti in massima
parte da sostanze solide, provenienti dalla combinazione di acqua, sali e anidride carbonica in presenza di
luce; questo sistema di nutrizione che prevede un apporto dall’ esterno di sostanze elementari semplici
è definito autotrofo. Sono tuttavia molte le piante che per particolari condizioni ecologiche ed evolutive
hanno perduto queste proprietà e, per vivere, hanno bisogno di sostanze prodotte da altri organismi : sono
diventate eterotrofe.
Particolari esempi di eterotrofia sono i parassiti ed i saprofiti : i primi vivono a spese dell’ ospite a cui sottraggono sostanze danneggiandolo, mentre i secondi utilizzano composti provenienti da organismi morti.
La pianta verde si nutre di soluzione salina assorbita dai peli radicali e dalle cellule epidermiche della radice;
raggiunto il cilindro centrale la soluzione entra nel sistema vascolare arrivando fino alle foglie.
I vasi che permettono il passaggio dei liquidi sono le trachee , le tracheidi e le fibrotracheidi.
Le trachee sono pile di cellule morte che perduto il loro contenuto cellulare sono ridotte alle sole pareti
esterne con ispessimento di lignina, ove particolari fessure permettono il passaggio alle cellule vicine.
La quantità di acqua trasportata dai vasi è notevole, essa oltre al nutrimento della pianta deve sopperire alla
continua perdita dovuta alla traspirazione, è stato calcolato che una pianta di girasole ( Helianthus annuus )
ne perde circa un litro al giorno, mentre una grande latifolia ne perde mediamente cento litri al giorno.
Numerosi sono i fattori che concorrono all’ ascesa delle soluzioni: la pressione radicale, la forza aspirante
delle foglie che provoca anche la traspirazione, la pressione osmotica fra cellule contigue .
La pressione radicale è particolarmente forte in primavera, quando si dice che la pianta “va in amore” e poi
diminuisce durante l’ estate. In via sperimentale sono stati recisi i vasi di una betulla ( Betula pendula) e
applicato un apposito manometro è stata rilevata una pressione di due atm. capace di innalzare la colonna di
liquido fino a venti metri di altezza. Si potrebbe concludere che la pressione radicale sia la sola responsabile
della salita della linfa in quasi tutte le piante, tuttavia bisogna ricordare che i valori rilevati si raggiungono
solo all’ inizio della ripresa vegetativa, e che vi sono forme arboree che raggiungendo e superando i cento mt.
di altezza richiedono la collaborazione di altre forze per garantire la presenza della linfa in tutte le regioni
della pianta.
La fotosintesi
I primi uomini che adoravano il sole, pur non sapendo nulla di fotosintesi, intuivano che il sole è indispensabile
alla vita : infatti mediante l’ energia luminosa una parte dell’ acqua giunta nel tessuto clorofilliano delle foglie
viene scissa durante la fotolisi nei suoi costituenti base , l’ossigeno e l’idrogeno.
L’ ossigeno liberato da questa reazione viene emesso nell’ atmosfera unitamente ad una parte di anidride carbonica, l’idrogeno invece si lega a molecole ad alto valore energetico che saranno poi impiegate nella for-
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mazione degli amidi, che sono i primi prodotti della fotosintesi; questo processo nel quale si formano
queste prime molecole è definito fase luminosa.
Nella fotosintesi viene convertita in energia chimica soltanto quella parte dello spettro della luce
bianca con lunghezza d’ onda compresa tra 6800-7000 Ang. corrispondenti alla zona delle radiazioni del rosso
e dell’ estremo rosso. Questi raggi captati dalla clorofilla, danno inizio a una serie di reazioni ossido-riduttive al
fine di realizzare quelle molecole ad alto valore energetico detto prima.
Nella seconda fase della fotosintesi, o fase oscura in assenza di luce ( e quindi notturna) l’alta energia liberata
da queste molecole renderà possibile l’ aggancio di una molecola di anidride carbonica ad un composto di
cinque atomi di carbonio, poi una successiva serie di reazioni porterà alla costituzione del glucosio, cioè uno
zucchero solubile. Questo combinandosi con altri elementi della linfa dà origine alle svariate sostanze organiche (idrati di carbonio, proteine, lipidi ecc.) che sono i costituenti delle piante superiori. Quella parte di
amido che non si combina, viene modificato in amido secondario e viene immagazzinato come riserva.
Al termine di questa catena di reazioni, rimarrà sempre libero un composto a cinque atomi di carbonio che
si aggancerà ad una molecola di anidride carbonica, perpetuando il ciclo fintanto che ci sarà presenza di luce.
In questa fase notturna le piante rilasciano anche anidride carbonica durante la traspirazione.
La fotosintesi può essere considerata il più importante fenomeno chimico di riduzione che avviene
sulla superficie terrestre; praticamente può essere considerata uno dei pilastri su cui poggia la possibilità di
vita sulla terra; ad esso si contrappone sempre in campo biologico, la respirazione, che è invece un
fenomeno ossidativo, comune sia agli animali che alle piante.
Le piante e l’ energia
La respirazione è una assunzione di ossigeno che, mediante reazioni complesse opera la demolizione fino
all’ acqua ed anidride carbonica di sostanze organiche e carboidrati .
Tutto questo costruire e demolire serve ad imbrigliare l’ energia del sole per immagazzinarla e riutilizzarla
come tipo diverso di energia, per esempio costruire sostanze necessario al ricambio dell’ organismo e per
l’ accrescimento delle strutture. Essa può anche essere trasformata in energia calorifica, fenomeno evidente
negli animali, ma presente anche nei vegetali, che si disperde nelle ore notturne durante il processo di
traspirazione. La fosforescenza di alcuni vegetali è anch’ essa un fenomeno di ossidazione: alcune cellule a contatto con piccole parti di ossigeno, si ossidano emettendo radiazioni luminose ; alcune alghe del mare
producono il fenomeno dello scintillio delle acque. Anche alcuni funghi emettono luminescenza, e in ambienti
chiusi di vecchie miniere, il chiarore emesso dai miceli che attaccano le vecchie travi di legno, spesso è sufficiente ad illuminare le gallerie, quanto basta per muoversi.
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Tutti i fenomeni presi in considerazione, sia riduttivi come di fotosintesi, sia ossidativi di respirazione, avvengono in due particolari tipi di organi contenuti nel citoplasma cellulare: i mitocondri e i cloroplasti.
Mentre i primi sono presenti in ogni cellula vivente, sia animale che vegetale, i secondi sono peculiari del
mondo vegetale. I cloroplasti sono presenti in tutte le cellule del tessuto fogliare: è a livello dei cloroplasti
che avviene la sintesi dei carboidrati, infatti attraverso le aperture stomatiche l’ aria, contenente anidride carbonica, raggiunge il tessuto clorofilliano per poi penetrare all’ interno delle singole cellule.
Attraverso gli stomi fuoriesce anche vapore d’ acqua: tutti gli scambi gassosi tra l’ interno della pianta
e l’ ambiente sono quindi regolati dall’ apertura e chiusura degli stomi.
Ognuno di questi elementi è costituito da due cellule reniformi le quali, per un gioco di pressione di turgore,
possono allontanarsi e lasciare un passaggio verso l’ ambiente, viceversa, perdendo acqua possono afflosciarsi
e chiudere l’ apertura. Quindi questa alternanza di apertura e chiusura degli stomi a cui è legata l’ attività
fotosintetica , è legata alla presenza di luce nelle varie ore della giornata.