Emanuele Bartolozzi1 La risposta allo stress tra aspetti di personalità e fattori ambientali2 1. Il concetto di stress Era il 1982 quando, nelle mie vesti di redattore, giunse sul mio tavolo un lavoro di Hans Selye pubblicato nel febbraio 1978 su Human Nature. L’interesse per quel lavoro portò alla pubblicazione della sua traduzione su Psicologia Contemporanea nel numero di settembre-ottobre appunto del 1982. Selye, in questo articolo ripercorreva le tappe della definizione del concetto di stress. Una prima definizione del 1936 (sindrome causata da agenti nocivi), fu aggiornata negli anni 70 (lo stress è la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta). Da allora sono numerosissimi gli studi scientifici che si sono occupati dello stress e dei suoi risvolti sull’esistenza degli individui e ancora oggi si dibatte sul concetto di resistenza allo stress, maggiormente presente in alcune persone rispetto ad altre. Sempre nell’ articolo di Selye3, si faceva riferimento alla sindrome di adattamento generale (G.A.S.), ovvero una valutazione dell’entità della risposta dell’organismo alle sollecitazioni: i numerosi cambiamenti prodotti dalla risposta allo stress costituiscono appunto la sindrome da adattamento generale. Quando parliamo di stress ci riferiamo infatti alle reazioni dell’organismo a determinate sollecitazioni che, nel tempo, portano all’ aumento della secrezione di certi ormoni e all’inibizione di altri determinando cambiamenti fisici nel cervello e nel corpo. La serotonina, la noradrenalina e la dopamina sono tra le principali sostanze chimiche il cui malfunzionamento ha ripercussioni importanti sul benessere. La serotonina è importante per dormire bene, per la regolazione del nostro orologio interno, più in generale per determinare la sensazione di benessere dell’individuo La noradrenalina modula i livelli di energia del nostro corpo. Senza noradrenalina nel cervello, ci si sentirà sempre stanchi. Avere bassi livelli di noradrenalina è come cercare di avviare un'automobile con la batteria scarica. La dopamina è importante per la produzione delle endorfine, sostanze tra l'altro regolatrici del senso del dolore, nella regolazione del piacere, etc. Nello stress cronico, anche la risposta ormonale di adattamento è cronica, con aumento dei livelli di cortisolo, comportando affaticamento ed indebolimento generale. Tra i sintomi più comuni ci sono: sensazione di stanchezza generale, accelerazione del battito cardiaco, difficoltà di concentrazione, attacchi di panico, crisi di pianto, depressione, ansia, disturbi del sonno, dolori muscolari, disturbi gastro-intestinali, malfunzionamento della tiroide, sensazione di noia nei confronti di ogni situazione, irritabilità, abbassamento delle difese immunitarie, ipertensione, cefalea,ecc. Poiché lo stress è una caratteristica della vita non si potrà mai pensare di eliminarlo completamente ma è possibile ridurlo attraverso alcuni accorgimenti che riguardano la capacità individuale di gestione delle situazioni stressanti e più in generale se stessi e il proprio tempo (self management e time management), una migliore organizzazione nell’ambito lavorativo, una dieta adeguata e uno stile di vita che permetta il recupero e la mobilitazione di energie utili. Queste semplici considerazioni guidano ogni valutazione che possa in qualche modo riguardare la parola stress. 1 Emanuele Bartolozzi è docente di scuola primaria, pedagogista, psicologo e psicoterapeuta, iscritto all’Albo dei Consulenti Tecnici del Tribunale Ordinario di Firenze. Info: www.psiconweb.com 2 L’articolo è un adattamento del lavoro Lo stress lavoro correlato nella scuola pubblicato su www.psiconweb.com 3 H. Selye A me sembravano tutti malati, tr. It. Psicologia Contemporanea, sett.-ott. 1982 2. Un aspetto particolare dello stress nella professione docente : il burnout Il termine burnout, nato negli anni 30 per definire un atleta che, dopo anni di successi, si esaurisce, si brucia e non può più dar nulla agonisticamente, comincia ad essere applicato all’ambito lavorativo negli anni ’70, in particolare nella letteratura che riguarda le helping professions. Negli anni successivi si è spesso associato a incompetenza, scarsa motivazione, fragilità psicologica ma studi approfonditi hanno delineato contorni molto più complessi del fenomeno. Recentemente però diversi studi hanno prodotto un significativo cambiamento in quest’ultima tendenza. Lo Studio Getsemani4 realizzato dall’ASL di Milano, che ha preso in considerazione le domande di invalidità presentate nel decennio 1992-2001, evidenzia che la categoria insegnante risulta costituire il 36% delle domande con una frequenza di patologia psichiatrica doppia rispetto alla categoria impiegatizia, indipendentemente da età, sesso e ordine di scuola di appartenenza. In provincia di Firenze5, più o meno nello stesso periodo fu condotto uno studio sul personale della scuola dell’infanzia (169 soggetti) utilizzando il Maslach Burnout Inventory in otto circoli didattici e un altro studio nel circolo didattico di Lastra a Signa su personale di scuola dell’infanzia e scuola primaria (50 soggetti) che hanno messo in luce in entrambi i casi la presenza di burnout in circa 1 insegnante su 3. Negli ultimi dieci anni molti altri sono stati gli studi scientifici sull’argomento e Vittorio Lodolo D’Oria ne ha pubblicato le risultanze in diversi contesti. Per tutte le considerazioni già precedentemente espresse, comunque l’esame del burnout soggettivo non può e non deve comunque rappresentare l’elemento unico di valutazione del rischio SLC nel contesto scolastico, pena l’invalidazione della procedura utilizzata per l’adempimento normativo. 3. Perché diventa importante il discrimine tra causa ambientale e aspetti soggettivi Uno degli elementi che più spesso è stato oggetto di dibattito tra Responsabili della sicurezza, Medici del lavoro e Psicologi riguarda il come discriminare l’impatto dovuto a fattori personali e non al contesto lavorativo in caso di “ malattia” correlata allo stress (ipoteticamente legata al contesto lavorativo). L’avv. Andrea Del Re 6, Presidente regionale dell’AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani) in un’intervista dice: le aziende devono necessariamente inserire un capitolo “speciale” nel documento per la valutazione dei rischi. In un eventuale processo penale o civile per infortunio sul lavoro, il Giudice procederà a valutare e verificare l’adeguatezza della valutazione del rischio da stress e, nel caso che il rischio stress non sia stato valutato adeguatamente, ciò potrà concorrere nel giudizio di responsabilità del datore di lavoro e con le sanzioni previste dal D.lgs. 81/2008. Per stress lavoro correlato la normativa intende : una condizione del lavoratore, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative e che determina una diminuzione del’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute A proposito dei fattori oggettivi e soggettivi afferma: i fattori oggettivi sono legati alla tipologia delle lavorazioni aziendali e possono riguardare intere tipologie di lavoratori. I fattori soggettivi sono quelli che riguardano la sfera soggettiva e la sensibilità di ciascun singolo lavoratore e sono quindi difficilmente configurabili a priori. Nell’intervista si puntualizza inoltre che deve essere il DVR (documento per la valutazione dei rischi) che individua la tipologia del rischio specifico in relazione alle diverse mansioni e che gli 4 Lodolo D’Oria V. Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti, Sole scuola, 17, 2002 E. Bartolozzi, C. Bachmann, I rischi del mestiere: il burnout nella professione docente, IRRE Toscana, Atti del convegno Un porto sicuro in un mare in tempesta- Arezzo 2003, gennaio-aprile 2004 6Fiorella Chiappi Lo stress lavoro correlato: intervista all’avv. Andrea Del Re, Psicologia Toscana, anno XVII, febbraio 2011 5 esperti esterni da coinvolgere nella valutazione dello SLC possono essere psicologi, medici legali e psichiatri, sottolineando che il ruolo dello psicologo sta nell’individuazione del rischio stress specifico per quell’area professionale, e nel coadiuvare il datore di lavoro nella redazione del documento di valutazione dei rischi. Come Consulente Tecnico mi sono trovato di fronte in tantissime cause a richieste di risarcimento a fronte di un evento che ha portato ad una serie di modificazioni nella salute e nelle abitudini di vita delle persone che lo hanno subito per colpa di altri (è il caso di un incidente stradale con danni fisici personali o riflessi – ovvero subiti da un congiunto -, di un fatto doloso che ha causato danno ad altri, di un caso di mobbing, ecc.). Non sto qui ad elencare il contenuto della giurisprudenza riguardante le tipologie di danno riconducibili al danno biologico di natura psichica o fisica (danno biologico, danno esistenziale, danno morale), cui si aggiunge il danno da perdita di chance che possono riguardare il soggetto colpito o, in modo riflesso, i congiunti.7 Ritengo tuttavia utile fornire un esempio di quale sia il dibattito possibile in ordine al discrimine tra fattori di personalità e conseguenze di un evento. Quanto segue è uno stralcio (con diversi omissis) di un documento peritale redatto dal collegio peritale (composto da uno psichiatra, un altro psicologo e da me) in una causa civile. Il criterio di valutazione del danno ha tenuto conto di come l’evento traumatico si sia posto in relazione alla specificità del soggetto, di come questi prima funzionasse e di come, poi, in seguito non funzioni più ed abbia subito delle modificazioni peggiorative. Preliminarmente si deve precisare che il Disturbo di Personalità non è in nesso causale con l’evento per cui è causa. Si tratta, infatti, di una condizione connaturata all’assetto psichico di fondo dell’individuo, che ne impronta i vissuti e le espressioni comportamentali e relazionali, dando una sorta di indirizzo alle eventuali reazioni scaturite dai c.d. life events ma che affonda le sue radici molto a monte rispetto agli stessi. E’ facilmente comprensibile che questo substrato costituisce un locus minoris resistentiae sul quale life events particolarmente impegnativi possono elicitare reazioni quali-quantitativamente rilevanti, tali da far scivolare il disturbo di personalità di fondo verso condizioni psico-patologiche maggiori, di franco risalto psichiatrico. E’ esattamente quello che, a giudizio dei sottoscritti, si è verificato in questo caso. Nessun dubbio può dunque sussistere circa l’enorme effetto stressogeno di questa esperienza vissuta dal soggetto. Per vero, un’esperienza del genere avrebbe colpito seriamente e permanentemente la psiche di qualsiasi individuo, anche se completamente scevra di fattori predisponenti: nella fattispecie il Disturbo di Personalità ha facilitato/accentuato gli effetti psico-traumatizzanti della predetta esperienza. A nostro avviso è stata proprio la maggior vulnerabilità psicologica sottesa a questo disturbo a portare alle estreme conseguenze l’alterazione dell’omeostasi psicocomportamentale del periziato, con notevoli riverberi negativi anche sul piano del rendimento lavorativo e sul piano relazionale, ove permangono notevoli difficoltà. 7 Per saperne di più cfr. E. Bartolozzi – R. Patrocchi Il danno non patrimoniale , www.psiconweb.com 4. Conclusioni E’ evidente che in un contenzioso la corretta realizzazione del documento permette una valutazione dei fatti al netto di elementi che possano presentarsi di per sé come predisponenti o comunque come concausa dei fatti lamentati. Pertanto, a mio avviso, è interesse di ogni componente scolastica, sia essa rappresentata da personale dipendente o dirigente, avvalersi nella redazione del documento di uno psicologo esperto che possa affiancare il responsabile della sicurezza non solo nella valutazione dei rischi ma anche e soprattutto nelle modalità di risoluzione o riduzione che ne conseguono.