LA LEZIONE Misura e definizione di `ampere` Se un oscillatore è

LA LEZIONE
Misura e definizione di 'ampere'
Se un oscillatore è sollecitato da una forza, in prima approssimazione, in meccanica, si
considera il caso elastico in cui l’effetto (la deformazione o lo spostamento) è
proporzionale alla causa (la forza). Se la forza è applicata a un corpo rigido, la causa è
il momento e la rotazione (l’effetto) è misurata da un angolo piano.
La scoperta nel 1820 degli effetti magnetici di un filo percorso da corrente aprì la
possibilità di ricondurre l’intensità di una corrente a misure di forze e momenti.
L’interazione tra fili percorsi da corrente e magneti, nei galvanometri ottocenteschi e
di gran parte del Novecento, era misurata attraverso il movimento di una parte
mobile, smorzata dall’aria o da correnti indotte. Già nel 1826 Johann Christian
Poggendorff aveva risolto il problema della lettura di precisione della deviazione
angolare di uno specchietto, solidale a un filo in torsione sotto l’azione di una coppia di
forze, con un cannocchiale e un’opportuna scala di misura riflessa nello specchio.
Fig.1 (a sinistra) Galvanometro a specchio: un filo di seta verticale, su cui è fissato un piccolo specchio, ha alle sue
estremità due magneti che interagiscono con le correnti che attraversano le bobine. La torsione del filo è misurata
attraverso lo spostamento angolare dello specchio (osservato con un piccolo cannocchiale).
Fig.2 (a destra) Cannocchiale e scala, introdotto da J. C. Poggendorff, per la misura degli angoli di rotazione della
parte mobile di galvanometri, magnetometri e altri strumenti ottocenteschi dotati di specchio. L’immagine della scala
riflessa nello specchio e un cannocchiale di una decina di ingrandimenti, posto alla distanza di un metro dallo
strumento elettrico, permetteva di valutare angoli di 10’’.
Bilance di precisione garantivano inoltre, come nel caso del sistema ideato da John
William Strutt Rayleigh, di confrontare la forza elettrodinamica tra bobine percorse da
corrente e il peso di masse tarate, secondo espressioni del tipo: mg=kI 2, con k
costante del sistema che dipende dalle caratteristiche geometriche delle bobine.
Fig.3 Bilancia elettrodinamica di Rayleigh
La progressiva astrazione di tali procedimenti ha portato oggi alla presentazione
classica (dei musei della Scienza o dei testi liceali) dei fili rettilinei (molto lunghi
rispetto alla loro distanza) percorsi da corrente.
Fig.4 Interazione tra fili percorsi da corrente
Se i fili collegati a una pila sono attraversati da correnti aventi lo stesso verso si
attraggono, nel caso di correnti opposte, si respingono. L’intensità della forza
esercitata, in un tratto di filo lungo l, è posta uguale a: F=0I1I2l/2d. La definizione
dell’unità di corrente segue allora immediatamente, ponendo tutti i valori delle
grandezze a destra dell’uguaglianza pari a 1 e fissando la costante 0/2=2 10-7N/A2.
L’ampere è l’intensità di corrente elettrica costante che, mantenuta in due conduttori
rettilinei, di lunghezza infinita, di sezione trascurabile, situati a un metro l’uno
dall’altro nel vuoto, produrrebbe, tra gli stessi conduttori, una forza di 2 10 -7N a metro
di lunghezza.
Un multimetro quantistico
Una pila ricaricabile, come quella dei telefonini, riporta il valore della carica
caratteristica del generatore in mAh (equivalente a 3,6 As).
Fig.5 Batteria ricaricabile al litio da 3,7 V e 1100 mAh
Il legame semplice I=Q/t (nel caso di I costante) tra corrente I e carica Q nel caso di
una cella elettrolitica (che riconduce la carica alla massa attraverso la legge di
Faraday) potrebbe essere utilizzato, come è avvenuto per la prima definizione
internazionale di ampere, per il campione dell’intensità di corrente. In tal modo la
riproducibilità delle misure avrebbe però una precisione notevolmente inferiore a
quelle tipica delle bilance elettrodinamiche (10-6).
Le misure elettriche inoltre, grazie allo studio dei fenomeni quantistici alle basse
temperature (effetto Josephson ed effetto Hall quantistico), hanno permesso di
adottare nei principali laboratori metrologici campioni pratici di tensione (tra -10 V e
+10 V) e di resistenza (tra 100  e 1M) con una precisione di almeno 10-8.
Gli odierni valori della costante di von Klitzing (CODATA 2010)
Rk =(25812,8074434±0,0000084), e della costante di Josephson
Kj=(483597,870±0,011)109 Hz V-1, sono indicati con valori esatti privi di incertezza e i
campioni pratici sono determinati di conseguenza. Poiché R k=he2 e Kj=2e/h, nella
metrologia pratica sono dunque, di fatto, già definiti, in maniera indiretta, i valori della
costante di Planck h e della carica elementare e. L’idea di combinare i due effetti
quantistici per realizzare un unico circuito per la misura di I è della metà degli anni
ottanta. Nella figura che segue è rappresentata la realizzazione della definizione di
ampere ridotta alla misura del valore esatto della carica elementare.
Fig.6 Schema di principio dell’apparato di misura della corrente I che utilizza gli effetti Josephson e Hall
quantistico
La corrente attraversa una resistenza di Hall RH e provoca una caduta di tensione RHI,
essa è confrontata, attraverso un rilevatore di zero, con la tensione V J di una serie di
giunzioni di Josephson irradiate con microonde di frequenza f. Nella lezione sul
potenziale elettrico abbiamo già descritto il fenomeno quantistico macroscopico in cui
Vj=nfh/2e, mentre, nella lezione sulla carica elettrica, abbiamo scritto R H=hi/e2, con i
e n numeri interi. Combinando i due effetti, in linea di principio l’espressione:
I=nife/2, permetterebbe la determinazione dell’ampere in funzione della carica
elementare, e, della frequenza, f, realizzando una specie di conteggio indiretto degli
elettroni che attraversano il filo conduttore. Negli ultimi anni la realizzazione di
dispositivi a singolo elettrone (SET) ha permesso di contare direttamente i singoli
elettroni.
Il completamento del triangolo quantistico metrologico di campioni pratici per le
principali grandezze elettriche e per la definizione di I, è oggi uno degli obiettivi della
ricerca.
Fig.7 Effetti quantistici e misura delle principali grandezze elettriche: il triangolo metrologico
I dispositivi a singolo elettrone e la nuova definizione di ampere
I dispositivi a singolo elettrone, basati su giunzioni a tunnel, sono stati realizzati
grazie alle nanotecnologie che permettono ormai di costruire transistor su scala
microscopica dell’ordine del micrometro.
La più semplice idea per la realizzazione di una intensità di corrente standard è quella
di creare un sistema capace di controllare a una determinata frequenza il trasporto di
singoli elettroni. In tal caso, la corrente I si riduce al prodotto della carica elementare
per la frequenza: I=ef.
Fig.8 Un dispositivo SET permette di contare i singoli elettroni e di definire una intensità di corrente come
il prodotto della carica elementare per la frequenza della tensione utilizzata per il passaggio degli
elettroni stessi
Nella foto seguente (Fig.9) è illustrato un dispositivo a singolo elettrone in cui la
barriera, rappresentata dalla giunzione, è attraversata grazie agli impulsi della
tensione (gate voltage). Il sistema è regolato in modo da ottenere il passaggio di una
singola carica attraverso la giunzione. Variando l’intensità della tensione (si veda la
Fig.10) si ottengono delle curve di lavoro in cui la corrente rimane quantizzata: il
valore è costante indipendentemente dalla tensione entro determinati limiti.
Fig.9 (a sinistra) Microfotografia di un dispositivo SET a pompa di elettroni composto
da tre giunzioni. Fig.10 (a destra) Grafico Tensione-Corrente al variare della
frequenza in dispositivo a singolo elettrone.
Purtroppo queste curve non possono essere ottenute con una frequenza qualsiasi (ad
alte frequenze si sviluppano effetti secondari). Consideriamo il caso di f=100 MHz=10 8
Hz, la corrente risulta, se è valida l’espressione I=ef, I=1,6 10 -19 C 108 s-1=1,6 10-11
A= 16 pA. Si dovrebbe avere a disposizione uno strumento capace di misurare poche
decine di picoampere. Le difficoltà sono grandissime: la giunzione va mantenuta a una
temperatura di pochi decimi di millikelvin, le tensioni sono dell’ordine del centinaio di
microvolt, le correnti delle decine dei picoampere. Per ovviare al problema della
diversa scala delle tensioni (10-4 V) e delle intensità di corrente (10-11 A) in gioco nel
fenomeno quantistico alle basse temperature, i laboratori metrologici hanno, ad
esempio, cercato di amplificare le correnti collegando il dispositivo a elettrone singolo
a un dispositivo superconduttore. Il Cryogenic Current Comparator (Fig.11)
Fig.11 (a sinistra) Rappresentazione schematica di un CCC (Cryogenic Current Comparator) composto da
due bobine con N1 e N2 avvolgimenti percorsi dalle correnti I1 e I2.
Fig.12 (a destra) Principio di funzionamento di un CCC: la corrente I 1 dev’essere uguale a I2 affinché il
campo all’interno del superconduttore sia nullo e la corrente sulla superficie del superconduttore sia
uguale a zero.
è un esempio di amplificatore della corrente I1 fino al valore I2, attraverso bobine in
niobio titanio, rispettivamente con N1 e N2 avvolgimenti. Il sistema è regolato in modo
da avere N1I1=N2I2. In tal caso, oltre al campo nullo, la corrente sulla superficie del
superconduttore dev’essere uguale a zero. L’amplificazione è data dal rapporto del
numero degli avvolgimenti delle due bobine e, con un simile accorgimento, si spera di
ottenere campioni per l’intensità di corrente dell’ordine del nanoampere (10 -9 A=1
nA), migliorando soprattutto le caratteristiche delle bobine che possono essere
realizzate attraverso procedimenti litografici. L’incertezza delle misure (10 -6) è ancora
lontana dai valori caratteristici degli altri campioni pratici elettrici (resistenze e
tensioni) basati sugli effetti quantistici macroscopici (10-8). Parallelamente ai campioni
pratici delle grandezze elettriche si migliora la precisione con la quale i laboratori
valutano la carica elementare e. La nuova definizione di ampere del Sistema
Internazionale sarà fondata sul valore esatto della quantità e quando questa sarà
conosciuta con un minore errore relativo. Per ora il valore assunto dalla costante e
nelle indicazioni dei gruppi di lavoro è riportato nella forma: e=1,60217X 10-19 C. Il
simbolo X dovrà essere esplicitato con almeno tre numeri, per rendere le cifre
significative confrontabili con quelle della velocità della luce nel vuoto.
L’ampere diverrà allora l’intensità di una corrente costante che produrrebbe un flusso
di cariche pari a 1019/1,60217X quantità elementari al secondo. Finalmente il sistema
pratico di taratura delle grandezze elettriche sarebbe in accordo alle definizioni delle
unità di misura delle grandezze fisiche del Sistema Internazionale.