L'AVVENTURA IDROELETTRICA IN TRENTINO La produzione di elettricità in Trentino è legata a molte vicende degli ultimi 80 anni. Il Trentino è una terra privilegiata per lo sfruttamento idraulico. La costruzione di enormi dighe ha costituito una grande avventura durata mezzo secolo, dalI'indomani dell'annessione del Trentino all'ltalia agli anni '60. Sono stati impiegati ingenti capitali e migliaia di uomini; centinaia di loro trovarono la morte in incidenti sul lavoro nella costruzione di gallerie e dighe. Si modificò in varie zone anche l'ambiente. FINO ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE... Nel 1886 il Comune di Trento decideva di costruire una centrale idroelettrica e cosi il primo giugno 1890 Trento fu la prima città italiana a disporre di illuminazione elettrica pubblica. Si pensi che la prima centrale elettrica del mondo fu realizzata a New York nel 1882 da Thomas Edison. In breve tempo numerosi altri centri del Trentino, seguendo l'esempio del capoluogo, avevano una propria centrale idroelettrica. La necessità di favorire il commercio e la produzione dei prodotti della terra, delle foreste, delI'artigianato e dell'industria e di sviluppare il turismo richiedevano il potenziamento e la realizzazione delle linee ferroviarie locali, che a loro volta necessitavano di un aumento della produzione di energia elettrica. Per l'elettrificazione della ferrovia Trento-Malè, oltre che per la necessità del comune di Trento, nei primi anni del '900, veniva quindi costruita una centrale sul Sarca, di notevoli dimensioni per quell'epoca (4500 CV installati). Nello stesso periodo si provvedeva a potenziare le centrali già costruite e nel 1906 veniva realizzata una rete di distribuzione da Riva alla Vallagarina fino ad Avio, Folgaria e Calliano. Anche il grande fenomeno della cooperazione, che andava sviluppandosi in quegli anni nel Trentino, si era interessato al settore idroelettrico. Nel 1898 infatti a Condino veniva costituito il primo Consorzio Elettrico e a Cavedine, per iniziativa del parroco, don Francesco Negri, veniva costituita la prima «Officina elettrica cooperativa». Nel 1907 il fenomeno si era talmente diffuso che veniva fondata l'UTIE, I'Unione Trentina per le Imprese Idroelettriche, un consorzio delle cooperative operanti nel settore dell'energia. Numerose furono le iniziative dell'UTIE: oltre che a studiare la realizzazione di nuovi e di più ampi impianti, contribuì tra l'altro alla costruzione della ferrovia «Dermulo-Mendola» (1909), realizzò la fabbrica di lampadine “Z” a Rovereto, che produceva mezzo milione di pezzi alI'anno. In questo periodo le centrali idroelettriche erano quindi delle amministrazioni comunali (esempio Trento e Rovereto), dei consorzi elettrici (in gran parte aderenti all'UTIE), di alcuni privati, che le avevano realizzate per fornire direttamente energia ai propri laboratori, per illuminare le terme ed i grandi alberghi. Gli anni precedenti la prima guerra mondiale vedevano pertanto il Trentino in un periodo di espansione e di rinnovamento grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto (ferrovie), alla produzione di energia (centrali idroelettriche), alla struttura organizzativa (cooperative), alla nascente «industria del forestiero» (turismo). DOPO IL 1918 La fine della prima guerra mondiale per il Trentino rappresentava, da una parte la liberazione dall'lmpero austriaco, ma dall'altra una serie di problemi sociali ed economici. L'economia del Trentino, fino al 1915, si era sviluppata rivolgendosi ai mercati centro-europei. Adesso si doveva rivolgere al mercato italiano. Alle difficoltà provocate dai danni di guerra, veniva ad aggiungersi il crollo del cambio della corona austriaca, moneta corrente nel Trentino fino al 1918. La conseguenza fu un impoverimento generale e mancanza di capitali. Ma in Italia esistevano Società idroelettriche di dimensioni nazionali, fornite di grandi capitali da investire, grazie agli indennizzi a loro derivanti dalla nazionalizzazione delle ferrovie (1905-1906). Nel Trentino invece, sino ad allora, le centrali idroelettriche erano state realizzate con capitali locali e dovevano servire soprattutto alle esigenze della città, dei comuni e dell'economia locale. Gli anni del dopoguerra furono quindi caratterizzati: - dall'impoverimento generale derivante dalla svalutazione della corona; - dalla destinazione agricola del territorio provinciale nell'ambito dell'economia nazionale; - dalla concorrenza della più potente industria idroelettrica italiana. Le nuove tecnologie inoltre permettevano la costruzione di dighe e centrali di grandi dimensioni e le reti ad alta tensione permettevano il trasporto dell'energia attraverso lunghe distanze con minime dispersioni. La grossa spinta allo sfruttamento idroelettrico del Trentino venne perciò in quegli anni difficili (basti ricordare la crisi economica e politica che coinvolse tutta l'Europa), dalla industria idroelettrica nazionale che, favorita dalla stessa politica governativa, otteneva in pochi anni la concessione per lo sfruttamento della maggioranza dei corsi d'acqua. La volontà dei comuni del Trentino di realizzare centrali idroelettriche per favorire l'industrializzazione, fornendo energia a basso prezzo, incontrava difficoltà enormi e molti consorzi da produttori divennero solo distributori di energia. Numerose furono le centrali che vennero costruite a partire dal 1920. DOPO IL 1945 Nel dopoguerra, con la ricostruzione industriale, lo sfruttamento energetico torna di attualità. L'energia elettrica prodotta venne infatti destinata in gran parte alla pianura padana, mentre in Trentino l'energia venne razionata. Con il ritorno della democrazia quindi la questione idroelettrica tornò di prepotenza nel dibattito che si svolgeva sull'autonomia della nostra Regione. La proprietà delle acque regionali fu oggetto di lunghe trattative, ma alla fine lo «Statuto Speciale per la Regione Trentino-Alto Adige» del 1948 stabili che rimanesse allo Stato. Questa scelta derivava dall'importanza che avevano allora le risorse idroelettriche regionali e che rappresentavano allora oltre il 10% di quelle dell'intera Nazione. Con lo Statuto venivano previsti alcuni poteri alla Regione Trentino-Alto Adige, fra i quali la concessione delle grandi derivazioni d'acqua. In realtà, non disponendo la Regione di una propria rete distributiva non fu mai in grado di esercitare questo diritto al «compenso» per i danni arrecati al territorio nella costruzione e nell'esercizio delle centrali. Incominciò poi quella che venne definita «I'epopea delle centrali». Vennero costruite una decina di grandi centrali ed altre vennero terminate e potenziate. Ciò comportò la modifica dell'ambiente di molte vallate del Trentino. LA NAZIONALIZZAZIONE DELL'ENERGIA ELETTRICA Nel 1962 ci fu la nazionalizzazione dell'energia elettrica. Nel Trentino vennero però nazionalizzate, e quindi passate al nuovo Ente, I'ENEL, non solo le grandi imprese, ma la SIT di Trento e numerosi Consorzi Elettrici. Queste nazionalizzazioni nella nostra provincia provocarono notevoli polemiche in quanto si trattava di aziende costituite con la solidarietà e il sacrificio di interi paesi. Dopo la nazionalizzazione l'ENEL completò le poche centrali ancora in costruzione. Non vennero costruiti altri impianti perché si era esaurita la possibilità di produrre energia elettrica a bassi costi e contemporaneamente si affermava una diversa scelta energetica in campo nazionale: le centrali termoelettriche. Erano gli anni del petrolio a buon mercato. Tali scelte sarebbero durate sino al 1973 (anno della crisi petrolifera). Nel 1972 fu varato il nuovo Statuto di Autonomia che prevedeva la costituzione di due province autonome, Trento e Bolzano. I diritti sulle derivazioni idroelettriche» spettavano quindi alle due province autonome (art. 13 dello statuto). Successivamente le norme di attuazione (il cosiddetto «Pacchetto») hanno meglio precisato i poteri delle due province (misura 118) che possono creare un ente per la produzione e l'autonoma produzione dell'energia, sostituendosi, almeno in parte, all'ENEL. Siamo cosi giunti ai giorni nostri UN LAVORO DURO E RISCHIOSO Le costruzioni delle dighe, delle gallerie e centrali occuparono per molti anni migliaia di uomini. Nel 1951 gli addetti all'edilizia nel Trentino rappresentavano ben il 28% degli occupati. Le condizioni di lavoro erano estremamente dure e le misure di sicurezza trascurate. CHE COSA SONO I «B.l.M.»? I «Bacini Imbriferi Montani» sono consorzi, costituiti con legge regionale, dai comuni che hanno il territorio all'interno dei bacini idrografici in cui sono realizzate le centrali. Tali Consorzi hanno diritto ad un «sovraccanone» da parte dei concessionari quale rimborso per i danni provocati al territorio dall'uso delle acque. I Consorzi utilizzano i fondi cosl ottenuti per concedere contributi e mutui ai Comuni, per realizzare opere di pubblico interesse.