1957
PIRAMIDI D’ACCIAIO
Vive ‘l sangue dei Faraoni!
Ancora piangono gli schiavi!
Marcinelle! Marcinelle!
Un urlo … immenso …
desolato.
Riempie plaghe remote, sconfinate.
Infinite bocche,
nella notte dei tempi, ripetono.
Nel ciclo turbinante d’ogni sole,
nel denso ammasso dei venti passati,
che scoprono da polve crani bianchi,
giungi fra ‘l sudore degli Egizi.
Fra la fatica incessante
nel travaglio e l’arsura,
continui, lunghi …
senza speranza.
Membra robuste, possenti
in moto senza ragione,
fra le pietre motori,
solo da singhiozzi scosse
per l’ardore d’un intimo fuoco.
Funi tese come tendini
d’un mostro di pietra
che vuole ergersi
nella sfida al Futuro.
Tese, come volontà e paura
d’un Faraone!
Nella sua tetra ingenuità
chiede rifugio alle cose
pel suo corpo inerte.
Chiede che polvere copra
e conservi altra polvere,
che uno scudo protegga
il corpo suo
dagli strali del tempo …
Oh! Il tempo ha strali possenti:
nell’infinite vicende delle cose
Egli è Signore!
Le regge e le dissolve
mutevoli forme dando
a tutta la materia.
Anche il Faraone
vedeva le nubi!
Non voleva comprendere
la fretta del tempo:
rincorrersi, dissolversi …
bianche scure piene
trasparenti piccole grandi
dorate rosate sanguigne!
Non comprendeva l’unica verità
nei fatti del passato, nelle tradizioni,
nelle parole, nei fatti presenti,
sulle lapidi, nei papiri …
Forme sempre mutevoli
d’una Verità, eterna!
Ammirava la Bellezza,
la disprezzava …
Godeva di piacere,
lo disprezzava …
Non premuto dal desiderio
di trascendere le forme.
E tutto lo portava lontano
da quello schiavo
col flabello
in cui quasi estingueva
la scintilla del volere.
E con lo sguardo varcava le dune
alla ricerca d’un guerriero audace
da annientare,
avviluppato da stuoli di femmine.
Dominio e piacere …
e serbare ‘l suo corpo
ancora, nelle piramidi,
al dominio e al piacere.
Una piramide …
un nodo,
fra la sabbia del deserto,
che si dissolverà.
Quel vento impetuoso
continua a sferzare gigantesco
e senti la tensione delle funi
farsi altissima …
fino a concludersi
in uno schianto maestoso.
Senti la pietra succhiata
sgretolarsi
in un turbine di sabbia.
Vedi quelle funi librarsi
tentacolari,
sferzare le cose future
con violenza
abbattersi rudemente
sulla moltitudine di tiranni striscianti
spolparli e stroncarli.
Ed un'altra moltitudine
libera …
sgravarsi d’una tensione
portata allo spasimo,
ergersi sollevata.
Quelli di Marcinelle si uniscono
al canto universale:
si scuotono la polvere
e gettano i picconi
le pale le lampade,
lontano …
nel carnaio dei tiranni.
Qui si fanno
piramidi di acciaio!
Il tiranno, come un robot
dai lampi sinistri,
profumato di zolfo,
rende ogni giorno
alla terra schiavi,
li guida inermi
nelle sue viscere.
Solo le lacrime
e il sudore
stagnano la terra
che li vuole stringere.
E lentamente tirano le funi,
fatica ricorrente,
per erigere il mostro d’acciaio.
Non lasciateli
nel pianto e il sudore
senz’altro aiuto!
1° classificato con Targa dal “Premio Naz. Natiolum” - Giovinazzo – 7.11.2009 – assegnazione del
titolo regale di “Principe dei Poeti di Natiolum” - 2009 - “AM – Art Gallery” -