COME GUADAGNARE COL PROPRIO SITO E VIVERE FELICI E CONTENTI L CIVILTÀ DELLA SCRITTURA Clicks, impressions navig@ndo ed altre stregonerie di INDRO NERI 26 La copertina del libro di Giacomo Bruno “Fare soldi online con Google” che illustra i trucchi per ottimizzare il proprio sito ed i segreti per guadagnare con Google attraverso la pubblicità. a diffusione di Internet ha avuto un’influenza profonda e di ampia portata sul processo di democratizzazione dell’informazione e non è un segreto che gran parte del contenuto disponibile gratuitamente in rete sia reso possibile dalla presenza della pubblicità. Questo perché, da qualche anno, servizi come PubCenter (Microsoft), YPN (Yahoo!) o AdSense (Google) hanno semplificato in maniera estrema il meccanismo delle transazioni pubblicitarie, proponendosi di fatto come vere e proprie agenzie online che mettono in contatto le aziende che vogliano fare promozione con chiunque abbia un sito Internet o un blog. Oggi basta infatti registrarsi per uno qualunque di questi servizi e cominciare a guadagnare senza dover fare altro. Ma guardiamo come tutto questo funziona dietro le quinte. L’azienda inserzionista si registra con il servizio, inserisce il proprio annuncio o modulo pubblicitario e lo abbina a determinate parole-chiave (“keywords” in inglese) indicando anche la somma massima che è disposta a spendere. Le parole-chiave sono infatti messe all’asta fra le varie aziende e vin- ce chi punta di più. Per una ditta di penne stilografiche le keywords per esempio, potrebbero essere “scrittura”, “calamaio”, “penna stilografica”, “stilo” e via dicendo. L’editore, ovvero il responsabile di un sito o di un blog, analogamente si registra con lo stesso servizio ma come fornitore di spazio online (“publisher”). Dopo aver inserito l’indirizzo Internet del proprio sito, seleziona il tipo di annuncio che è interessato a ricevere (immagine o anche solo testo) e personalizza il banner scegliendone forma, dimensione e colori, così da poterlo meglio integrare allo stile grafico della pagina. Al termine della registrazione ottiene alcune righe di codice già pronto da inserire nelle proprie pagine elettroniche per acquisire automaticamente la pubblicità. A questo punto il servizio, sfruttando la capacità di analisi del proprio motore di ricerca (Bing per pubCenter e YPN, e Google per AdSense), visita il sito, estrapola da ciascuna pagina elettronica le parole-chiave presenti nel testo ed abbinandole a quelle scelte in precedenza dall’azienda inserzionista mostra la reclame vincente, ovvero quella che paga di più. Il guadagno di questa transazione pubblicitaria viene suddiviso tra il motore di ricerca e l’editore. Guadagnare su Internet non è mai stato così facile: basta avere visitatori ed il gioco è fatto. Il costo di una pubblicità online si misura in CPM. La sigla significa “Costo per mille” ed è la misura standard usata nel settore pubblicitario per indicare la somma che l’inserzionista spende per un “pacchetto” di 1000 letture, ovvero se un modulo viene venduto per €15 CPM, significa che all’azienda inserzionista mille visualizzazioni di quel modulo (“impressions”) costano 15 Euro. Nel caso della pubblicità effettuata tramite servizi come PubCenter, YPN o AdSense, il servizio stabilisce un costo per mille minimo lasciando all’azienda il compito poi di indicare la cifra massima che è disposta a spendere per “vincere” l’asta e guadagnarsi un “posto al sole”, ovvero apparire online. Infatti, soprattutto per i moduli pubblicitari di solo testo che generalmente sono formati da cinque pubblicità una sopra l’altra, la somma che l’azienda è disposta a spendere de- CIVILTÀ DELLA SCRITTURA Una recente statistica che mostra la penetrazione dei vari motori di ricerca nel mondo. In Italia il 95% degli utenti usa Google, seguito da Yahoo con l’1,9%, Bing con lo 0,6% e da motori di ricerca meno noti. Tutti i motori di ricerca stanno cercando di accaparrarsi una fetta il più grande possibile del mercato della pubblicità online, che nel 2011 si stima raggiungerà un valore di quasi ventisei miliardi di dollari. 27 termina se il proprio annuncio verrà visualizzato o meno e, in caso affermativo, la posizione all’interno del modulo (in cima, in mezzo o in fondo). Per parolechiavi molto popolari (“albergo”, “vacanze”, “viaggi”, “hotel”, “video”, eccetera) l’asta che le aziende inserzioniste tengono dietro le quinte raggiunge quotazioni molto alte, anche di €100 CPM. Per un editore, come dicevamo, maggiore il numero dei lettori (cioè maggiore il numero delle visualizzazioni pubblicitarie), maggiore il guadagno. Le aziende inserzioniste possono però anche scegliere di pagare in base al numero di click ricevuti, ovvero solo quando un lettore clicca effettivamente sull’annuncio pubblicitario indipendentemente dal numero delle visualizzazioni del modulo. Si parla dunque di campagna pubblicitaria PPC (Pay per click). In questo caso il “pacchetto” viene venduto ad un costo misurato in CPC (Costo per click), che è sempre maggiore di quello per pure impressions (CPM) ma aumenta anche il potenziale profitto derivante dalla somma investita dall’azienda. Alcune campagne pubblicitarie vengono poi acquistate come CPA (Costo per azione, o Costo per acquisizione): l’azienda inserzionista non paga per impressions oppure clicks ma soltanto a risultato raggiunto. In questo caso il lettore non solo deve cliccare sul modulo pubblicitario ma deve anche portare a termine un’azione predefinita sul sito dell’azienda inserzionista (compilare un modulo, registrarsi, visitare altre pagine, eccetera). Il costo di un “pacchetto” CPA è superiore a quelli CPC o CPM. V i è infine un’ultima sigla importante nel mondo della pubblicità online, ed è CTR che sta per Click-Through Rate (“Percentuale di click”) che misura il rapporto tra clicks ed impressions degli annunci. Se un modulo pubblicitario viene visualizzato 1000 volte e 10 visitatori vi cliccano sopra, il CTR sarà del 1% (in genere una percentuale del 2% è da considerarsi un ottimo successo). Grazie alla sua semplicità di uso ed alla popolarità di questo sistema, il mercato della pubblicità online sta cre- Lo stand di Microsoft Advertising (la divisione che si occupa della pubblicità su Bing.com, sul portale MSN e sul network di editori affiliati a Microsoft) in occasione della recente conferenza ad:tech di Londra. Una raccolta di approfondimenti su questo articolo, incluso un esempio di codice pubblicitario ed alcune pubblicità erroneamente posizionate, si trova all’indirizzo www.nerisatellite.com/navigando selezionando il link “Clicks, impressions ed altre stregonerie” scendo in maniera esponenziale. Un numero sempre maggiore di editori e di aziende si affidano ai servizi come PubCenter, YPN o AdSense per affacciarsi sul mercato globale. Nonostante i costi, il vantaggio per l’azienda è che la CIVILTÀ DELLA SCRITTURA T 28 pubblicità viene mostrata in un contesto – a fianco di un articolo, per esempio – che è attinente al messaggio promozionale. QUELL’INUTILE SERVILISMO LINGUISTICO ONOREVOLE? MA MI FACCIA IL PIACERE! roppo spesso i politici nostrani intendono noi giornalisti come semplici megafoni al loro servizio, poi, quando si ritrovano a mal partito per le leggerezze da loro diffuse nell’etere, e non solo, prendono le distanze e ci danno addosso. “Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l’effetto è il logoramento e la perdita di senso”. Così nell’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, dove l’autore riflette sulle lingue del potere e della sopraffazione. Piccola chiosa con invito alla nostra stampa. Cosa che io già da tempo attuo nei miei scritti. Quella di usare il termine deputato/a in luogo dell’onorevole (abusato finanche con i consiglieri regionali, con un servilismo anche linguistico senza pari). Il motivo è stato in maniera egregia spiegato da Rito Martignetti su Messaggio d’oggi del 10 settembre 2009: “Il termine ono- revole riferito a un eletto non è mai stato istituito e proviene da una consolidata prassi, iniziata nel 1848 alla Camera subalpina. Come ha ricordato Enzo Biagi nella sua Storia del Fascismo (ed. Sadea, 1964), il titolo di onorevole fu abolito col Foglio d’Ordini n. 1177 del 4 marzo 1939, firmato dal segretario nazionale del PNF Achille Starace, e sostituito col titolo di “consigliere nazionale, gerarchicamente superiore al consigliere provinciale e comunale”. Poiché non c’è stato alcun ripristino del predetto titolo, risultano inutili i timidi disegni di legge per abolirlo, in quanto non si può abrogare una legge che non c’è. Per la pretura di Agordo (Belluno), dal 1987, l’abuso del termine in atti pubblici da parte di ex parlamentari è da ritenersi illegittimo. Dunque, ben venga l’abolizione, soprattutto da parte di Stampa e Tv, di un titolo già cancellato al cinema dall’ironia di “Totò a colori”: «Chi siete voi? – L’onorevole… – Ma mi faccia il piacere!»”. Giancarlo Scaramuzzo