COME GUADAGNARE
COL PROPRIO SITO
E VIVERE FELICI E CONTENTI
L
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
Clicks, impressions
navig@ndo
ed altre stregonerie
di INDRO NERI
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La copertina del
libro di Giacomo
Bruno “Fare soldi
online con
Google” che
illustra i trucchi
per ottimizzare il
proprio sito ed i
segreti per
guadagnare con
Google attraverso
la pubblicità.
a diffusione di Internet ha avuto
un’influenza profonda e di ampia
portata sul processo di democratizzazione dell’informazione e non è un segreto
che gran parte del contenuto disponibile
gratuitamente in rete sia reso possibile
dalla presenza della pubblicità. Questo
perché, da qualche anno, servizi come
PubCenter (Microsoft), YPN (Yahoo!) o
AdSense (Google) hanno semplificato in
maniera estrema il meccanismo delle
transazioni pubblicitarie, proponendosi
di fatto come vere e proprie agenzie online che mettono in contatto le aziende che
vogliano fare promozione con chiunque
abbia un sito Internet o un blog.
Oggi basta infatti registrarsi per uno
qualunque di questi servizi e cominciare
a guadagnare senza dover fare altro. Ma
guardiamo come tutto questo funziona
dietro le quinte.
L’azienda inserzionista si registra
con il servizio, inserisce il proprio annuncio o modulo pubblicitario e lo abbina a determinate parole-chiave
(“keywords” in inglese) indicando anche
la somma massima che è disposta a
spendere. Le parole-chiave sono infatti
messe all’asta fra le varie aziende e vin-
ce chi punta di più. Per una ditta di penne stilografiche le keywords per esempio,
potrebbero essere “scrittura”, “calamaio”, “penna stilografica”, “stilo” e via
dicendo.
L’editore, ovvero il responsabile di
un sito o di un blog, analogamente si registra con lo stesso servizio ma come
fornitore di spazio online (“publisher”).
Dopo aver inserito l’indirizzo Internet
del proprio sito, seleziona il tipo di annuncio che è interessato a ricevere (immagine o anche solo testo) e personalizza il banner scegliendone forma, dimensione e colori, così da poterlo meglio integrare allo stile grafico della pagina. Al
termine della registrazione ottiene alcune righe di codice già pronto da inserire
nelle proprie pagine elettroniche per acquisire automaticamente la pubblicità.
A questo punto il servizio, sfruttando
la capacità di analisi del proprio motore
di ricerca (Bing per pubCenter e YPN, e
Google per AdSense), visita il sito, estrapola da ciascuna pagina elettronica le parole-chiave presenti nel testo ed abbinandole a quelle scelte in precedenza dall’azienda inserzionista mostra la reclame
vincente, ovvero quella che paga di più.
Il guadagno di questa transazione
pubblicitaria viene suddiviso tra il motore di ricerca e l’editore. Guadagnare su
Internet non è mai stato così facile: basta
avere visitatori ed il gioco è fatto.
Il costo di una pubblicità online si
misura in CPM. La sigla significa “Costo
per mille” ed è la misura standard usata
nel settore pubblicitario per indicare la
somma che l’inserzionista spende per un
“pacchetto” di 1000 letture, ovvero se un
modulo viene venduto per €15 CPM, significa che all’azienda inserzionista mille visualizzazioni di quel modulo (“impressions”) costano 15 Euro.
Nel caso della pubblicità effettuata
tramite servizi come PubCenter, YPN o
AdSense, il servizio stabilisce un costo
per mille minimo lasciando all’azienda il
compito poi di indicare la cifra massima
che è disposta a spendere per “vincere”
l’asta e guadagnarsi un “posto al sole”,
ovvero apparire online. Infatti, soprattutto per i moduli pubblicitari di solo testo
che generalmente sono formati da cinque
pubblicità una sopra l’altra, la somma
che l’azienda è disposta a spendere de-
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
Una recente
statistica che
mostra la
penetrazione dei
vari motori di
ricerca nel
mondo. In Italia il
95% degli utenti
usa Google,
seguito da Yahoo
con l’1,9%, Bing
con lo 0,6% e da
motori di ricerca
meno noti. Tutti i
motori di ricerca
stanno cercando
di accaparrarsi
una fetta il più
grande possibile
del mercato della
pubblicità online,
che nel 2011 si
stima raggiungerà
un valore di quasi
ventisei miliardi
di dollari.
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termina se il proprio annuncio verrà visualizzato o meno e, in caso affermativo,
la posizione all’interno del modulo (in
cima, in mezzo o in fondo). Per parolechiavi molto popolari (“albergo”, “vacanze”, “viaggi”, “hotel”, “video”, eccetera) l’asta che le aziende inserzioniste
tengono dietro le quinte raggiunge quotazioni molto alte, anche di €100 CPM.
Per un editore, come dicevamo, maggiore il numero dei lettori (cioè maggiore il numero delle visualizzazioni pubblicitarie), maggiore il guadagno.
Le aziende inserzioniste possono
però anche scegliere di pagare in base al
numero di click ricevuti, ovvero solo
quando un lettore clicca effettivamente
sull’annuncio pubblicitario indipendentemente dal numero delle visualizzazioni
del modulo. Si parla dunque di campagna pubblicitaria PPC (Pay per click). In
questo caso il “pacchetto” viene venduto
ad un costo misurato in CPC (Costo per
click), che è sempre maggiore di quello
per pure impressions (CPM) ma aumenta
anche il potenziale profitto derivante dalla somma investita dall’azienda.
Alcune campagne pubblicitarie vengono poi acquistate come CPA (Costo
per azione, o Costo per acquisizione):
l’azienda inserzionista non paga per impressions oppure clicks ma soltanto a risultato raggiunto. In questo caso il lettore non solo deve cliccare sul modulo
pubblicitario ma deve anche portare a
termine un’azione predefinita sul sito
dell’azienda inserzionista (compilare un
modulo, registrarsi, visitare altre pagine,
eccetera). Il costo di un “pacchetto” CPA
è superiore a quelli CPC o CPM.
V
i è infine un’ultima sigla importante
nel mondo della pubblicità online,
ed è CTR che sta per Click-Through Rate
(“Percentuale di click”) che misura il
rapporto tra clicks ed impressions degli
annunci. Se un modulo pubblicitario viene visualizzato 1000 volte e 10 visitatori
vi cliccano sopra, il CTR sarà del 1% (in
genere una percentuale del 2% è da considerarsi un ottimo successo).
Grazie alla sua semplicità di uso ed
alla popolarità di questo sistema, il
mercato della pubblicità online sta cre-
Lo stand di
Microsoft
Advertising
(la divisione che si
occupa della
pubblicità su
Bing.com, sul
portale MSN e sul
network di editori
affiliati a
Microsoft) in
occasione della
recente
conferenza
ad:tech di
Londra.
Una raccolta di approfondimenti su questo articolo, incluso un esempio di codice
pubblicitario ed alcune pubblicità erroneamente posizionate, si trova all’indirizzo
www.nerisatellite.com/navigando
selezionando il link
“Clicks, impressions
ed altre stregonerie”
scendo in maniera esponenziale. Un
numero sempre maggiore di editori e di
aziende si affidano ai servizi come
PubCenter, YPN o AdSense per affacciarsi sul mercato globale. Nonostante i
costi, il vantaggio per l’azienda è che la
CIVILTÀ DELLA SCRITTURA
T
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pubblicità viene mostrata in un contesto – a fianco di un articolo, per esempio – che è attinente al messaggio promozionale.
QUELL’INUTILE SERVILISMO LINGUISTICO
ONOREVOLE? MA MI FACCIA IL PIACERE!
roppo spesso i politici nostrani intendono
noi giornalisti come semplici megafoni al
loro servizio, poi, quando si ritrovano a mal
partito per le leggerezze da loro diffuse nell’etere, e non solo, prendono le distanze e ci danno addosso. “Le parole servono a comunicare e
raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa
un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l’effetto è il
logoramento e la perdita di senso”. Così nell’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, dove l’autore riflette sulle lingue del potere e della sopraffazione. Piccola chiosa con invito alla nostra stampa. Cosa
che io già da tempo attuo nei miei scritti. Quella di usare il termine deputato/a in luogo dell’onorevole (abusato finanche con i consiglieri
regionali, con un servilismo anche linguistico
senza pari). Il motivo è stato in maniera egregia
spiegato da Rito Martignetti su Messaggio
d’oggi del 10 settembre 2009: “Il termine ono-
revole riferito a un eletto non è mai stato istituito e proviene da una consolidata prassi, iniziata
nel 1848 alla Camera subalpina. Come ha ricordato Enzo Biagi nella sua Storia del Fascismo (ed. Sadea, 1964), il titolo di onorevole fu
abolito col Foglio d’Ordini n. 1177 del 4 marzo
1939, firmato dal segretario nazionale del PNF
Achille Starace, e sostituito col titolo di “consigliere nazionale, gerarchicamente superiore al
consigliere provinciale e comunale”. Poiché
non c’è stato alcun ripristino del predetto titolo,
risultano inutili i timidi disegni di legge per
abolirlo, in quanto non si può abrogare una legge che non c’è. Per la pretura di Agordo (Belluno), dal 1987, l’abuso del termine in atti pubblici da parte di ex parlamentari è da ritenersi
illegittimo. Dunque, ben venga l’abolizione,
soprattutto da parte di Stampa e Tv, di un titolo
già cancellato al cinema dall’ironia di “Totò a
colori”: «Chi siete voi? – L’onorevole… – Ma
mi faccia il piacere!»”.
Giancarlo Scaramuzzo