Prospettive L'Europa si avvia verso una deflazione in stile giapponese? In questo White paper, Martin Harvey afferma che le analogie tra l'attuale situazione in Europa e l'esperienza deflazionistica del Giappone sono sufficienti a suscitare timori nelle autorità politiche e, ovviamente, negli investitori. Martin Harvey ritiene che, sebbene molteplici differenze possano assicurare che l'area euro non seguirà il destino del Giappone, le autorità dovranno intervenire in modo energico se i rischi al ribasso dovessero aumentare. Vi sono diverse analogie tra l'area euro oggi e il Giappone negli anni Novanta L'area euro sembra essere sulla buona strada per evitare la deflazione nel breve periodo Tuttavia, molti paesi dell'area euro sono "a un passo dalla deflazione" La Banca centrale europea (BCE) sostiene di avere la situazione sotto controllo, ma la politica deve essere più intraprendente A lungo termine, le dinamiche demografiche e l'elevato indebitamento causeranno problemi sia nell'area euro che altrove Il recente calo dell'inflazione complessiva e di fondo nell'intera area euro ha acuito i timori relativi a una possibile spirale deflazionistica simile a quella che ha afflitto l'economia giapponese nell'ultimo ventennio. La questione della "giapponesizzazione" dell'economia ricorre ormai regolarmente nella conferenza stampa mensile della BCE, il che ha indotto il presidente Mario Draghi a illustrare le molteplici differenze tra le due situazioni. In questa nota analizzeremo tali dissimilitudini, ma anche le analogie, per valutare l'entità dei rischi e le potenziali conseguenze per i mercati. L'esperienza del Giappone Per individuare la principale causa della spirale deflazionistica giapponese occorre tornare indietro alla bolla finanziaria degli anni Ottanta, culminata alla fine del 1989. Dopo una flessione del mercato azionario di oltre il 50% nei due anni successivi, le quotazioni sono rimaste sottotono per il resto del decennio. I prezzi dei terreni (figura 1) sono scesi dal 1992 in poi e continuano a ristagnare. L'economia reale non ha percepito immediatamente gli effetti più gravi dello scoppio della bolla, nonostante il rapido crollo della crescita dell'offerta di moneta. Il PIL nominale ha infatti continuato ad aumentare fino al 1997, la disoccupazione non ha superato il 3% fino al 1995 e il CPI (al netto di alimentari ed energia) è rimasto superiore allo zero fino al settembre 1998 (figura 2), oscillando poi su livelli inferiori o prossimi allo zero fino al 2013, quando la Bank of Japan ha avviato una politica aggressiva di quantitative easing (QE). Figura 1: I prezzi dei terreni in Giappone non hanno registrato una ripresa in seguito al crollo Figura 2: L'inflazione in Giappone è rimasta in territorio negativo dal 1998 al 2013 20.0 6.0 15.0 4.0 10.0 2.0 5.0 0.0 0.0 -2.0 -5.0 -10.0 -4.0 80 83 86 89 92 95 98 01 04 07 10 13 90 93 96 Japan CPI % yoy Japan land price, %yr 99 02 05 08 11 Japan CPI ex-food and energy % yoy Fonte: Bloomberg, febbraio 2014. Fonte: Reuters EcoWin, dicembre 2013. Questo processo ha rappresentato un lento declino per l'economia giapponese per diversi motivi, molti dei quali sono stati messi in evidenza come differenze rispetto all'attuale situazione dell'area euro. L'interrogativo principale cui la T16363 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 1 14 Prospettive | Aprile 2014 BCE è chiamata a rispondere è se le differenze sono sufficienti a escludere la possibilità di deflazione, dal momento che l'esperienza del Giappone dimostra che, una volta avviato, questo processo è difficile da invertire. Bilancio dei progressi dell’Europa A differenza di quanto avvenuto in Giappone, il crollo dei prezzi delle attività in Europa è stato parte di un fenomeno internazionale. In generale, le bolle immobiliari presenti in alcuni paesi dell'area euro, come la Spagna e l'Irlanda, non erano fonte di preoccupazione. Inizialmente è stata l'esposizione dell'Europa al commercio internazionale a causare un netto calo dell'attività economica, sulla scia del fallimento di Lehman Brothers, mentre il manifestarsi della crisi del debito sovrano ha avuto un ruolo solo in seguito. L'entità della flessione iniziale dell'Eurostoxx è stata paragonabile a quella osservata in Giappone nei primi anni Novanta (figura 3). Anche dopo la recente ripresa, attualmente le quotazioni azionarie sono inferiori di circa il 30% rispetto al picco del 2007. È corretto utilizzare dicembre 2007 come punto di partenza per il confronto, poiché rappresenta il momento il cui la capacità inutilizzata ha iniziato ad aumentare nell'economia dell'area euro. In apparenza sembra che gli europei stiano adottando politiche efficaci dal momento che lo scorso anno l'Eurostoxx ha registrato un'impennata, superando i livelli precedenti alla crisi del debito. Alcuni indici regionali, come il DAX tedesco, hanno toccato nuovi massimi dal 2008. Ciò rispecchia le divergenze tra le economie dell'area euro: i cosiddetti paesi periferici, come la Grecia, continuano ad attraversare gravi difficoltà economiche, mentre la Germania è in buone condizioni. Ovviamente per alcuni paesi il rischio di deflazione sarà più elevato che per altri, il che rende la situazione ancora più complessa. La BCE si occuperà principalmente della situazione media all'interno dell'area euro. Figura 3: Andamento relativo delle quotazioni azionarie dall'apice della bolla Figura 4: Andamento relativo del PIL nominale dal massimo ciclico 140 120 120 100 70 80 60 20 t-50 t-25 t-10 t-8 t-6 t-4 t-2 t t+2 t+4 t+6 t+8 t+10 t+12 t+14 Eurozone annual nominal GDP (2007=100) Japan Annual Nominal GDP (1989=100) t-0 t+23 t+48 t+73 t+98 Eurostoxx 50, 2002 - present (Dec07=100) Nikkei 225, 1985-2000 (Dec 1989=100) Fonte: Bloomberg, dicembre 2013. Nota: "t" rappresenta gli anni precedenti e successivi Fonte: Bloomberg, marzo 2014. Nota: "t" rappresenta i mesi precedenti e successivi al picco. al picco . Se confrontiamo l'andamento macroeconomico, la correzione dell'economia europea è stata più brusca di quella giapponese. Il PIL nominale è aumentato lentamente dal 2009 (figura 4), mentre l'economia giapponese continuava a crescere agli inizi degli anni Novanta. Inoltre, la disoccupazione è aumentata molto più rapidamente nell'area euro che in Giappone (figura 5). Figura 5: Andamento relativo della disoccupazione dal massimo ciclico Figura 6: Andamento relativo dell'inflazione di fondo dal massimo ciclico 6 13 5 12 4.0 3.0 11 4 3 2 10 2.0 9 1.0 8 1 0.0 7 0 t-60 t-40 6 t-20 t t+20 t+40 t+60 t+80 t+100 t+120 Japan unemployment rate (Dec1989=t) -1.0 t-24 t-12 Eurozone unemployment rate,RHS (Dec2007=t) t+12 t+24 t+36 t+48 t+60 t+72 t+84 t+96 t+108t+120 Eurozone Core CPI, (t=Dec2007) Japan Core CPI (t=Dec1989) Fonte: Bloomberg, febbraio 2014. Nota: "t" rappresenta i mesi precedenti e successivi al picco. T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 t Fonte: Bloomberg, marzo 2014. Nota: "t" rappresenta i mesi precedenti e successivi al picco. 2 Prospettive La natura internazionale della crisi del 2008 e la successiva lenta ripresa globale possono in una certa misura spiegare la repentinità del declino dell'Europa. Anche alcuni fattori culturali hanno contribuito a rendere più graduale la crisi dell'economia giapponese. Nello specifico, all'interno del sistema bancario nipponico i prestiti in sofferenza non venivano riconosciuti tempestivamente, ma semplicemente rinnovati, il che ha causato l'aumento delle cosiddette "società zombie", che continuavano a operare senza generare profitti. Di conseguenza, dal momento che le banche non realizzavano le perdite in tempo utile, la ricapitalizzazione che avrebbe dovuto verificarsi successivamente non è avvenuta. Sebbene ciò si sia tradotto in un aumento della disoccupazione più lento rispetto a quello che sarebbe stato osservato se a un numero maggiore di società fosse stato permesso di fallire, questa dinamica ha anche ridotto le probabilità di costituzione di nuove società, di erogazione di nuovi prestiti e di creazione di nuovi posti di lavoro. In Europa si è cercato più volte di evitare la stessa situazione effettuando stress test e ricapitalizzazioni forzate, benché l'efficacia di tali programmi sia stata talvolta discutibile. Nei paesi in crisi sono state create "bad banks" per rimuovere i prestiti in sofferenza dai bilanci delle banche e ciò si è dimostrato perlopiù efficace. Infatti, l'unione bancaria e la successiva Asset Quality Review (AQR) mirano a consolidare ulteriormente la situazione. Ciò richiederà probabilmente ulteriori sforzi, dal momento che le dimensioni del settore bancario europeo rimangono elevate rispetto all'economia. È possibile che tali interventi abbiano influito negativamente sulla crescita dei prestiti bancari, in quanto gli istituti di credito si sono perlopiù interessati a rimettere in sesto i loro bilanci. Infatti, i dati economici complessivi evidenziano che i prestiti al settore privato continuano a diminuire all'interno dell'area euro (figura 7). Una ripresa su questo fronte svolgerà un ruolo essenziale nell'evitare che si verifichi una situazione simile a quella osservata in Giappone, dove la crescita del credito è stata inesistente o in calo dal 1995 al 2013 (figura 8). Questo sarà un dato chiave per la BCE, che potrebbe persino farne un target ufficiale. Figura 7: La crescita del credito in Giappone è rimasta positiva fino alla fine degli anni Novanta Figura 8: La crescita del credito nell'area euro è in calo dal 2012 14 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 Annual Percent Change (%) 20 15 10 5 0 -5 -10 05 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 06 07 08 09 10 11 12 13 14 Euro Area lending to the private sector, %yoy Japan credit to the private sector,% yoy Fonte: BCE, Bloomberg, febbraio 2014. Fonte: BCE, BoJ, Japanese cabinet office fino al 2005, dicembre 2005. La crisi asiatica della fine degli anni Novanta ha acuito lo stress del sistema finanziario giapponese, causando fallimenti societari e un aumento della disoccupazione in un contesto già difficile. Insieme all'infausto aumento dell'imposta sui consumi, ciò ha rappresentato la scintilla che ha innescato la caduta verso 15 anni di deflazione. Nonostante il relativo ottimismo sul fronte economico in Europa, alla luce dell'attuale debolezza dell'area euro uno shock esogeno potrebbe far scivolare l'economia in un abisso deflazionistico molto simile. Si potrebbe obiettare che tale shock è già stato rappresentato dalla crisi del debito sovrano e la recente tendenza dell'inflazione sembra confermare questa teoria, in particolare in paesi in difficoltà come la Grecia. Il ritmo e la sostenibilità dell'incipiente ripresa dovrebbero sostenere la situazione nei prossimi trimestri, ma qualsiasi shock per la crescita sarebbe nefasto, in particolare alla luce del debito aggiuntivo che grava sull'Europa dall'inizio della crisi. Occorre considerare anche le potenziali conseguenze di un rallentamento della crescita in Cina, poiché questo fenomeno può esercitare ulteriori pressioni disinflazionistiche. T16363 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 3 Prospettive | Aprile 2014 Risposte di politica economica Politica monetaria: ai quesiti relativi alle analogie tra l'attuale situazione dell'area euro e il decennio perduto del Giappone, Mario Draghi risponde subito che la BCE ha reagito molto più rapidamente rispetto alla Bank of Japan (BoJ) agli inizi degli anni Novanta. Dal momento che in quel periodo in Giappone l'inflazione era elevata, il tasso ufficiale non è sceso oltre l'1% fino al 1995, quando il CPI complessivo è tornato a oscillare intorno allo zero. Come illustra la figura 9, il tasso ufficiale è rimasto superiore al CPI sino alla fine degli anni Novanta, con tassi reali eccessivamente elevati nel corso dell'intero periodo. Almeno da questo punto di vista, nell'area euro i tassi reali sono rimasti invece negativi dal 2009 (figura 10). La situazione sta tuttavia diventando troppo rischiosa e la BCE farà di tutto per evitare che il CPI rimanga ancorato su un livello inferiore a quello dei tassi d'interesse: la cosiddetta trappola della liquidità, nei confronti della quale la politica è impotente. L'analisi non tiene conto del meccanismo di trasmissione verso l'economia reale, che in Europa è più complesso a causa dell'assenza di unione fiscale. Indubbiamente, negli ultimi anni i tassi reali nei paesi periferici sono rimasti eccessivamente elevati, sebbene la BCE si auguri che il recente miglioramento dei mercati finanziari e del clima economico contribuisca ad allentare le tensioni. Figura 9: I tassi d'interesse giapponesi sono rimasti superiori al tasso d'inflazione sino alla fine degli anni Novanta Figura 10: Finora i tassi d'interesse dell'area euro sono stati inferiori all'inflazione 5 4 6 3 % 8 4 2 1 2 0 0 -1 -2 07 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 CPI Fonte: Bloomberg fino al 2004, dicembre 2003 08 09 Policy rate Policy rate . 10 11 12 Headline CPI Fonte: Bloomberg, marzo 2014 Il QE è stato introdotto in Giappone nel 2001 e a posteriori è stato giudicato incerto, a causa dei suoi effetti limitati. Dal momento che l'inflazione era radicata nel sistema da diversi anni, nel 2013 la BoJ ha dovuto ricorrere a una politica di QE estremamente aggressiva per permettere all'economia giapponese di registrare una ripresa. La BCE è pronta a incrementare gli stimoli monetari se nel prossimo futuro l'inflazione dovesse deludere le aspettative e le prime relazioni suggeriscono che è disposta ad adottare misure aggressive. Tuttavia, l'istituto deve affrontare diverse difficoltà istituzionali che potrebbero ostacolare questo processo. È probabile che un eventuale QE sarà orientato verso il suddetto meccanismo di trasmissione, per agire in modo mirato dove è più necessario. L'opzione preferita è rappresentata dagli acquisti di asset privati, ma le problematiche di una politica monetaria "passe-partout" continueranno a rappresentare una sfida. Raggiungere un equilibrio in cui la politica monetaria sia sufficientemente espansiva per i paesi periferici e non eccessivamente accomodante per la Germania è un obiettivo estremamente ambizioso. La BCE ha ancora molta strada da fare se intende competere con le politiche aggressive adottate da altri paesi a partire dal 2008 (figura 13). Per reggere il confronto con il QE britannico, ad esempio, occorrerebbero circa 1000 miliardi di euro. T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 4 13 Prospettive Figura 13: Le politiche di QE hanno espanso i bilanci delle banche centrali Index (Jan 08 = 100) 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 08 09 Figura 14: Andamento relativo dei conti pubblici dal massimo ciclico 5 Central Bank Assets 0 -5 -10 10 ECB BoJ 11 12 Fed SNB 13 t-9 14 BoE t-7 t-5 t-3 t-1 t+1 t+3 t+5 t+7 t+9 t+11 t+13 Japan govt balance, % GDP Euro Area govt balance, %GDP Fonte: Bloomberg, FMI, dicembre 2014. Nota: "t" rappresenta gli anni precedenti e successivi al picco. Fonte: Reuters EcoWin, Bloomberg, febbraio 2014. Confronto dei tassi d'inflazione con altri mercati sviluppati Alla luce dell'impatto di fattori globali, quali i prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia, i tassi d'inflazione sono diminuiti nei principali mercati sviluppati, inclusi Stati Uniti e Regno Unito, che per un certo periodo di tempo hanno registrato una ripresa economica ininterrotta. La BCE ha sottolineato queste analogie per giustificare la sua inerzia. Negli ultimi anni, alla luce delle differenze nelle dinamiche di crescita, il CPI core europeo ha sottoperformato quello statunitense e britannico. Stranamente, benché i trend dei prezzi suggeriscano tutt'altro, l'output gap stimato dall'FMI è attualmente più elevato negli Stati Uniti che nell'area euro. Alla luce dell'elevata disoccupazione, la deflazione è un timore più legittimo nell'area euro Figura 11: CPI core negli USA, nel Regno Unito e nell'area euro 4 Figura 12: Output gap negli USA, nel Regno Unito e nell'area euro Core CPI % Yr 6 4 2 0 -2 -4 -6 -8 3 2 1 0 -1 03 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 US 2% Target UK Eurozone Fonte: Bloomberg, febbraio 2014. T16363 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 05 07 09 11 Eurozone output gap, %GDP US output gap, %GDP UK output gap, %GDP Fonte: Bloomberg, FMI, dicembre 2013. 5 13 Prospettive | Aprile 2014 Politica fiscale: se probabilmente la politica monetaria giapponese è stata eccessivamente restrittiva, negli anni Novanta la politica fiscale è stata utilizzata per stimolare la domanda (figura 14). In diversi anni di ristagno del PIL nominale ciò ha fatto sì che il debito pubblico raggiungesse livelli insostenibili e, sebbene alcuni osservatori sostengano che si trattasse di una politica necessaria, le sue conseguenze devono ancora essere affrontate appieno. È un classico caso di spiazzamento: nei bilanci delle banche sono sempre più presenti i titoli di Stato a scapito dell'economia reale e la spesa aggiuntiva del governo finisce per influire negativamente sulla crescita. In Europa, invece, sono stati compiuti molteplici sforzi per limitare l'aumento del debito pubblico dopo i primi anni della crisi. Tuttavia, recentemente questa determinazione è venuta meno e il netto calo dell'attività economica causato dall'aggressivo consolidamento fiscale si è tradotto in un aumento significativo dei rapporti di indebitamento di alcuni paesi. Le autorità politiche europee dovrebbero continuare a dare la priorità al consolidamento fiscale per evitare una situazione in cui i deficit rimangono invariati senza tuttavia effetti positivi percettibili sull'economia. Negli ultimi anni le banche dell'Europa meridionale hanno investito ingenti somme in titoli di Stato (figura 16), il che riporta alla mente l'esperienza del Giappone. Con il calo dei rendimenti, l'incentivo di tali operazioni dovrebbe diminuire, ma questa rimarrà una tendenza chiave da monitorare. Figura 15: I bilanci delle banche sono in fase di contrazione in Europa 30 Figura 16: Le banche hanno incrementato le posizioni in titoli di Stato % of bank assets 3.1 25 20 2.7 10 2.5 8 2.3 6 2.1 15 4 1.9 10 Bank holdings of government bonds 12 2.9 1.7 2 1.5 0 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 EUR trn (LHS) % of nominal GDP (RHS) 00 02 04 06 Spain Fonte: Reuters EcoWin, febbraio 2014. 08 10 12 14 Italy Fonte: Reuters EcoWin, febbraio 2014 Riforme strutturali: a ragione, le autorità politiche europee pongono l'enfasi sulle riforme dal lato dell'offerta, di vitale importanza per incrementare il potenziale di crescita dell'economia a lungo termine. Parte delle pressioni deflazionistiche già osservate in paesi come la Spagna sono infatti la conseguenza diretta di queste politiche, che riducono le pressioni sui costi per cercare di stimolare la produttività. Tuttavia, occorre tenere presente che gli effetti positivi di tali politiche sulla crescita sono visibili solo a lungo termine e in molti casi sono relativamente ridotti. In un mondo ideale, l'inflazione aumenterebbe in Germania, consentendo alla Spagna di continuare ad accrescere la propria competitività senza una vera e propria deflazione. Ciò replica la sfida di una politica monetaria "passepartout". Un fattore chiave da cui dipende il successo della nuova manovra giapponese per uscire dalla deflazione è costituito dalle riforme strutturali, il cosiddetto terzo pilastro dell'Abenomics. Sebbene i progressi su questo fronte siano molto più lenti rispetto a quelli dell'espansione monetaria, il Giappone è determinato a proseguire. Durante la crisi le autorità politiche dell'area euro hanno sottolineato l'importanza delle politiche dal lato dell'offerta e continueranno a cercare di incrementare il potenziale di crescita complessivo dell'economia. Quando i benefici dello stimolo monetario verranno meno, questo sarà l'aspetto più importante. T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 6 Prospettive | Aprile 2014 Effetto della bassa inflazione sul debito pubblico I governi dei paesi periferici, in particolare quello spagnolo, puntano in particolare alla cosiddetta "deflazione positiva" per incrementare la competitività. Come si distingue la deflazione positiva da quella negativa? Gli scenari che seguono ipotizzano un rapido passaggio a un avanzo di bilancio e a una solida crescita del PIL, con un onere finanziario medio del 3%. I dati dimostrano quanto diventi difficile stabilizzare il debito in uno scenario deflazionistico. In questo contesto, in Giappone le banche hanno gravato i loro bilanci con i titoli di Stato, un processo che è già iniziato in Spagna e in Italia. Questo "spiazzamento" ha contribuito a far defluire il capitale dal settore privato. Figura 17: Scenari del rapporto debito/PIL in Italia Figura 18: Scenari del rapporto debito/PIL in Spagna 180 180 160 160 140 140 120 120 100 100 80 80 60 60 40 13 15 17 19 Good scenario 21 23 Inflation = 0 25 40 27 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 Inflation = -2 Good scenario Fonte: Threadneedle, FMI, dicembre 2013. Inflation = 0 Inflation = -2 Fonte: Threadneedle, FMI, dicembre 2013. Le dinamiche demografiche: la mancata crescita della popolazione ha contribuito in misura determinante al declino del potenziale di crescita del Giappone e al conseguente ristagno. La figura 19 illustra un'impressionante correlazione tra la crescita della forza lavoro e il CPI core. L'Europa affronta alcune delle stesse problematiche del Giappone, in particolare in Germania, dove nel 1998 si è registrato un picco della popolazione in età lavorativa. Da questo punto di vista, la Francia presenta una situazione favorevole grazie a un tasso di crescita elevato, ma il resto dell'area euro è perlopiù in linea con la Germania (figura 20). Al diminuire della popolazione, ovviamente la capacità inutilizzata aumenta poiché la domanda aggregata è ridotta, con una forte influenza deflazionistica. Le proiezioni relative alla crescita della forza lavoro nei prossimi anni rimangono positive nei principali paesi dell'area euro quindi, anche se il rischio non è imminente, non deve essere trascurato. Si tratta infatti di una minaccia per tutti i paesi sviluppati nei prossimi anni, poiché una percentuale sempre più ridotta di individui dovrà provvedere al resto della popolazione. La sfida per i governi consiste nell'attuare politiche che incoraggino una quota maggiore della popolazione in età lavorativa a lavorare, un aspetto che ha messo in difficoltà il Giappone e al quale l'Abenomics cerca una soluzione. Su questo fronte la Germania ha avuto molto più successo e in generale l'enfasi sulle riforme strutturali nell'area euro dovrebbe avere effetti positivi. Tuttavia, gli ostacoli causati da questa tendenza nel medio periodo non vanno ignorati. T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 7 Prospettive Figura 19: Il calo della popolazione giapponese ha contribuito alla deflazione Figura 20: La popolazione giapponese diminuisce molto più rapidamente di quella europea Index= 100 at peak year (next to country name) 102 Working age population (14-65) 98 94 90 86 Years from peak 82 -20 -16 -12 -8 -4 0 4 France 2077 UK 2071 Germany 1998 Japan 1995 8 12 16 20 EA ex Ger&Fra 2011 Fonte: Bloomberg, OCSE, dicembre 2013. Fonte: Barclays, Nazioni Unite, gennaio 2014. La reazione del mercato La recente impennata delle quotazioni azionarie suggerisce l'ottimismo degli investitori riguardo alla capacità dell'economia dell'area euro di evitare la deflazione, con l'aiuto della BCE, via via che la crisi del debito del 2011/12 diventa un lontano ricordo. Tuttavia, con i bassi livelli d'inflazione, gli investitori azionari rimarranno sensibili agli shock esogeni che potrebbero esercitare ulteriori pressioni sulle prospettive relative all'inflazione e alla crescita. I rendimenti delle obbligazioni tedesche sono rimasti contenuti nonostante le violente correzioni registrate dagli altri principali mercati obbligazionari sviluppati lo scorso anno. In parte ciò è giustificato dalla divergenza sul fronte della politica monetaria, con gli Stati Uniti e il Regno Unito che procedono verso un aumento dei tassi e la BCE che minaccia invece di effettuare ulteriori tagli. Tuttavia, la soppressione estrema del premio a termine suggerisce aspettative d'inflazione persistentemente basse: un'ulteriore differenza rispetto agli USA e al Regno Unito, dove i recenti dati indicanti un'inflazione contenuta vengono ignorati. Rispetto al Giappone (figura 22), dove i rendimenti non sono scesi al di sotto del 2% fino al 1997, i rendimenti privi di rischio in Europa sono estremamente bassi, come del resto nella maggior parte degli ultimi anni. Se l'inflazione rimane contenuta, non si potrà affermare che i Bund offrano un potenziale significativo di apprezzamento del capitale, ma potranno essere interessanti rispetto ad altri strumenti. Se la BCE riuscirà a convincere gli operatori del mercato che l'Europa presenta più analogie con gli Stati Uniti che con il Giappone, i rendimenti potrebbero registrare un netto aumento, ma per il momento questa prospettiva appare lontana. T16363 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 8 Prospettive | Aprile 2014 Figura 21: Mercati azionari europei, indici regionali ribasati al 2007 Figura 22: Andamento relativo dei rendimenti obbligazionari dal massimo ciclico 140 120 100 80 60 40 20 03 05 Dax 07 Cac 09 11 IBEX 13 FTSE MIB Fonte: Bloomberg, marzo 2014. Nota: "t" rappresenta i mesi precedenti e successivi al picco. Fonte: Bloomberg, marzo 2014. Un aspetto curioso che ha indotto la BCE ad adottare toni più decisi e a menzionare la possibilità del QE è il vigore dell'euro. Le ragioni per le quali la moneta unica europea ha continuato a rafforzarsi nonostante la divergenza dei tassi d'interesse menzionata in precedenza sono molteplici, in particolare il rendimento degli investimenti di capitale e i continui tagli alle spese del settore bancario europeo. Vi sono ulteriori analogie con il Giappone, dove per anni il vigore della valuta ha vanificato i tentativi di uscire dalla deflazione, nonostante i gravi danni alle esportazioni. Tuttavia, quando le due situazioni vengono messe a confronto, l'andamento dell'euro appare quasi insignificante. Negli ultimi 12 mesi la moneta unica si è infatti apprezzata del 5%, a fronte del guadagno del 15-20% dello yen nel 1999 (figura 23). Figura 23: Andamento relativo dei tassi di cambio su base ponderata per l'interscambio dal massimo ciclico 180 160 140 120 100 80 t-36 t-12 t+12 t+36 t+60 t+84 t+108 Trade-weighted Euro, Dec 2007=100 Trade-weighted Yen, Dec1989=100 Fonte: Bloomberg, marzo 2014. Nota: "t" rappresenta i mesi precedenti e successivi al picco. Sintesi Le analogie tra l'attuale situazione in Europa e l'esperienza deflazionistica del Giappone sono sufficienti a suscitare timori nelle autorità politiche e, ovviamente, negli investitori. A questo punto sembra tuttavia che il destino dell'economia dell'area euro sia nelle mani di tali autorità politiche. I recenti commenti suggeriscono che la BCE, l'unica istituzione con una potenza di fuoco sufficiente per effettuare un intervento aggressivo, sia cosciente di questi rischi e sia pronta a reagire a ulteriori rischi al ribasso non appena si manifesteranno. Draghi non ha mai esitato ad ammonire gli investitori dal mettere in discussione le risorse della BCE e finora essi non lo hanno fatto. Se nei prossimi mesi e trimestri dovessero effettivamente emergere rischi al ribasso, la lotta contro la deflazione potrebbe rivelarsi l'esame più difficile che il governatore abbia affrontato finora. T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 9 Prospettive | Aprile 2014 Avvertenze: Destinato esclusivamente all’utilizzo da parte di investitori professionali (da non trasmettere a terze parti). I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Il valore degli investimenti e il reddito da essi derivanti non sono garantiti, possono sia aumentare che diminuire nonché risentire delle oscillazioni dei tassi di cambio. Di conseguenza, gli investitori potrebbero non recuperare l’importo originariamente investito. Le ricerche e le analisi riportate nel presente documento sono state effettuate da Threadneedle Investments ai fini delle proprie attività di gestione degli investimenti, potrebbero essere state utilizzate prima della pubblicazione ed essere state inserite nel presente documento per caso. Tutte le opinioni contenute nel presente documento sono valide alla data di pubblicazione e possono essere soggette a modifiche senza preavviso. Le informazioni provenienti da fonti esterne sono considerate attendibili ma non esiste alcuna garanzia in merito alla loro precisione o completezza. Il riferimento a specifiche azioni o obbligazioni non deve essere considerato una sollecitazione all’acquisto. Pubblicato da Threadneedle Asset Management Limited (“TAML”). Registrata in Inghilterra e Galles, numero di iscrizione 573204. Sede legale: 60 St Mary Axe, Londra EC3A 8JQ, Regno Unito. Autorizzata e regolamentata nel Regno Unito dalla Financial Conduct Authority. Threadneedle Investments è un marchio commerciale e sia il logo che la denominazione Threadneedle Investments sono marchi depositati o marchi registrati del gruppo di società Threadneedle. www.threadneedle.com T16530 Pubblicato ad aprile 2014 | Valido sino a fine luglio 2014 10