A14 —— Laura Bergnach Il processo di identificazione nel “noi europei” Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A–B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–5663–9 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre 2012 Indice Introduzione p. 7 I IL PROCESSO INTEGRATIVO » » » » 17 17 31 36 II LA DIMENSIONE CULTURALE DELL’INTEGRAZIONE » 47 » » 47 66 » » » » » 68 71 73 79 81 » 101 » » » » » » 101 102 113 118 126 129 Considerazioni conclusive » 165 Bibliografia essenziale » 171 1.1 L’esperienza nazionale 1.2 Europeanization, European-ness 1.3 I presupposti sociologici dell’integrazione 2.1 Nota metodologica 2.2 L’identificazione, tra disposizione soggettiva e appartenenza oggettiva 2.3 Le radici culturali 2.4 Il problema comunicativo 2.5 Il senso dell’appartenenza Brevi richiami conclusivi Grafici del secondo capitolo III LA DIMENSIONE POLITICA DELL’INTEGRAZIONE Introduzione 3.1 L’Europa, tra immagine e realtà 3.2 L’unità politica 3.3 Il rapporto con le istituzioni Brevi richiami conclusivi Grafici del terzo capitolo Introduzione I mutamenti e le trasformazioni dell’era globale inducono le sovranità nazionali storiche1 a ridefinire le unità di sopravvivenza. Il passaggio dalla società industriale alla società dell’informazione o, meglio, l’imporsi della cosiddetta economia senza peso – un’economia che travalica la materialità, dando vigore alla transazione virtuale che accelera il superamento dei confini – ha forti effetti sui processi che causano lo spostamento dell’asse di tensione verso aree territoriali più grandi. L’ordine internazionale sembra, infatti, avviarsi progressivamente nella direzione di un’organizzazione del mondo in associazioni (postnazionali) di stati, suscettibili di restringere il numero dei political global player. La crescente apertura dell’ambiente planetario si manifesta nella perdita dei poteri dello Stato-nazione centralistico, che pare sempre meno in grado di controllare le «quattro “I” che fluiscono oltre i confini – industria, individui, investimenti, informazioni» (Portinaro 1999: 16). […] Stiamo avviandoci verso un’epoca in cui non saranno più i singoli Stati, ma sarà l’associazione degli Stati a dover fungere da unità sociale determinante, da modello di ciò che si intende per società, e dunque da ambito di riferimento per molte ricerche sociologiche (Elias 1990: 187). L’Europa, dove l’idea nazionale è nata e si è sviluppata, si misura concretamente con un modello di ridefinizione degli interessi collettivi nell’ottica di una configurazione sovranazio1 In questa sede utilizziamo i termini stato, stato nazionale, stato-nazione, stato sovrano, nazione, nazione politica, nazione sovrana, nazione democratica ritenendoli strumentalmente intercambiabili tra loro. 7 8 Introduzione nale. Possiamo guardare all’Unione Europea come ad un caso avanzato di esperienza associativa, un esempio concreto di ordinamento su base continentale modellato attorno allo scioglimento dell’equilibrio Stato nazionale, con effetti di rilievo sul piano dell’organizzazione dei membri di una società e dell’integrazione delle collettività. La costruzione europea appare come una strada obbligata, una sorta di condizione di sopravvivenza degli Stati europei. I Paesi sono troppo piccoli per agire da soli, mentre, uniti, possono sperare di trarre più agevolmente vantaggi dalle opportunità innescate dai mutamenti globali, di avere, cioè, maggiori possibilità d’azione nel contesto delle sfide epocali. La costruzione comunitaria, che nasce come grande progetto politico (assicurare la pace, difendere la democrazia), sembra trasformarsi, sotto l’influenza dei processi globali, in un progetto che si caratterizza sempre più per essere principalmente economico. Idea ambiziosa nelle premesse, una sorta di utopia necessaria per garantire una condizione ‘senza guerre’ e risolvere interessi contrapposti senza l’uso della forza, che nel passato ha portato ‘a sanguinose divisioni’, l’Europa sembra abbandonare il grande progetto politico, evidentemente percepito dai suoi fautori come un compito molto difficile, incanalandosi progressivamente verso un’organizzazione delle collettività europee secondo modelli e concezioni economiche, valutarie, normativo-regolative e sociali. Banalizzando si potrebbe affermare che l’Unione costringe i singoli Paesi a misurarsi con gli obblighi interni (europeizzazione) per poter fronteggiare le sfide esterne (globalizzazione). Per ora l’Unione rafforza la visibilità dell’Europa attraverso la moneta unica e gli accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone, anche se la mobilità intra-europea – vale a dire, lavorare e vivere in un altro paese dell’Unione – sia ancora piuttosto debole2, e si tratta di vedere se le opportunità offerte dalla libertà di circolazione nello spazio comunitario saranno di 2 Attualmente stimata nell’ordine dello 0,2% della popolazione. Introduzione 9 fatto capaci di creare nuove forme di scambio, di configurarsi come nuove chances, di produrre nuove aspettative, nuove alleanze di collaborazione, nuove reti. In una parola, di fungere da unità sociale determinante. La questione europea ha acquisito il giusto rilievo nella disciplina sociologica solo recentemente. Diversamente da altre discipline che ne hanno fatto da tempo oggetto di studio e di ricerca, la sociologia si è piuttosto disinteressata all’integrazione comunitaria. Mancano veri e propri contributi alla comprensione del fenomeno comunitario, almeno fino all’inizio degli anni Novanta. L’esplosione della letteratura sulla natura della globalizzazione ha contribuito «a stimolare analisi e approfondimenti sul significato specifico che i cambiamenti sociali, in buona parte legati alla globalizzazione, hanno per l’Europa» (Sciolla 2009: 11). L’interesse dei sociologi per la costruzione europea si è sviluppato e rafforzato, infatti, in corrispondenza dell’attenzione per i processi globali (si veda Delanty e Rumford 2005; Radaelli 2004; Martell 2010). […] Non si può trascurare il fatto che ai nostri giorni l’umanità suddivisa in Stati in quanto unità sociale sta sempre più diventando, al posto dei singoli Stati, l’ambito di riferimento di molti fenomeni di sviluppo e mutamenti di struttura. Dal punto di vista sociologico, senza un ambito globale di riferimento non si possono diagnosticare né spiegare in modo adeguato questi fenomeni e questi mutamenti di struttura (Elias ibidem: 186). Osservando la specificità europea nel contesto della complessità tardo-moderna, gli interessi sociologici si sono concentrati sulla crisi del modello nazionale e sulla conseguente ridefinizione del rapporto più generale tra società civile, società politica e società economica, più che sui processi e le dinamiche della società europea (nella direzione di una conoscenza comparata delle società europee si sono orientati, ad esempio, i lavori di Bailey 1992, Mendras 1999, Crouch 2001; specificamente finalizzato alla comprensione delle trasformazioni sociali della società europea è il volume curato da Sciolla 2009). 10 Introduzione E’ un dato quasi scontato, ma che non finisce di sorprendere, la ritrosia con la quale la sociologia dedica le sue energie allo studio del processo di integrazione europea rispetto alle scienze consorelle. La storia, il diritto, l’economia e la scienza della politica si sono da tempo impegnate nel produrre teorie, interpretazioni e materiali empirici che riguardano vari temi di pertinenza disciplinare nella grande area degli European Studies (Bettin Lattes 2002, 1). Fra le discipline attente al processo di costruzione europea va annoverato anche il settore delle relazioni internazionali. L’Unione Europea, del resto, nasce da strumenti di regolazione dei rapporti tra Stati sovrani, i trattati di cooperazione economica, campo privilegiato proprio delle relazioni internazionali. I diversi filoni del settore hanno prodotto linee interpretative interessanti anche ai fini di una comprensione e di un approfondimento della costruzione simbolica dell’Europa e dell’identità europea3, ancorché lasciando piuttosto nell’ombra il significato del contratto sociale in termini di responsabilità tra gli Stati membri e tra i cittadini e l’Unione. Una delle possibili spiegazioni della scarsa presenza della sociologia nella grande area degli European Studies risiede nell’eredità classica di una disciplina impegnata ad analizzare le società in quanto territorialmente definite, unite dalla lingua comune, dalla condivisione di valori e norme sociali. Fondate sulla cittadinanza, le società nazionali sono particolari per definizione. L’integrazione avviene sulla base di un’ori3 Guardando alle istituzioni intergovernative come ad «arene dove si incontrano i rappresentanti dei governi nazionali [...] in un sistema fondamentalmente anarchico [e dove] i rapporti tra stati sono principalmente competitivi, basati su una sfiducia reciproca […]», il (neo)realismo osserva la competizione degli Stati sulla base di interessi economici e di potenza. L’approccio istituzionalista fa emergere, per contro, la «capacità delle istituzioni sovranazionali di creare norme e lealtà che prescindono dai singoli stati membri»; parallelamente, quello costruttivista, forte dell’idea “filosofica” secondo cui il mondo conoscibile è quello dei significati attribuiti dai soggetti, mette in luce le dinamiche dei diversi attori nel contesto istituzionale. Quanto l’approccio (neo)realista consente di cogliere il carattere intergovernativo delle istituzioni europee, quindi l’interesse degli Stati per i vantaggi economici derivanti dall’appartenenza all’Unione, tanto gli altri due approcci fanno emergere l’importanza di una serie di attori, e non solo degli Stati, sul piano delle politiche transnazionali, nonché il ruolo delle istituzioni nell’incanalare, producendo norme, le identità degli attori (si veda della Porta, Caiani: 12-15). Introduzione 11 ginale familiarità fra estranei. Tale familiarità favorisce la formazione di un habitus mentale, ovvero di un insieme di disposizioni che contribuiscono a qualificare l’esperienza collettiva, fonte dell’identità di individui che si auto-percepiscono in termini nazionali. Il legame, dispiegandosi in un quadro spaziale comune, si struttura attorno a credenze e mitologie collettive, valori, norme, segni culturali, tradizioni, stili di vita, abitudini sociali, conferendo un senso comunitario alla collettività. L’unità nazionale, offrendo un senso all’esistenza collettiva attraverso il “we-feeling”, essenzializza il significato dell’immagine solidale, realizzando un solido legame sociale, ancorché “nazionalizzato”, favorendo, nel contempo, l’integrazione degli individui nella società e della società. Corrispettivamente, il confine tra una società e l’altra finisce per coincidere con i confini nazionali, configurando una sorta di coincidenza tra Stato e società. Si spiega in questo modo il ‘percorso nazionale’ delle sociologie europee: attratte da questioni e problemi radicati nel tessuto sociale nazionale, il loro riferimento prevalente è alle società in quanto comprese nel territorio nazionale. Ma quantunque nella formazione concettuale sociologica si cercasse di nascondere l'identità tra i confini della società e quelli dello Stato […] nella prassi scientifica le società statali furono e rimasero per lo più e in modo inequivocabile i modelli di quello che si intendeva per società. Di regola, non solamente il lavoro teorico dei sociologi, ma anche il lavoro empirico fece riferimento a fenomeni sociali interni ad uno Stato (Elias 1990: 185). Su un altro versante, la sotto-rappresentazione dell’approccio sociologico allo studio dei processi europei può essere ricercata nelle priorità economiche del progetto comunitario, in quanto avrebbero contribuito a scoraggiare l’interesse dei sociologi per il processo di costruzione europea. La ritrosia della disciplina è riconducibile anche alla tendenza a preferire e privilegiare lo specifico, rispetto al generale, come rimarca Bettin Lattes, le cose piccole piuttosto che le grandi, il naturale (le comunità storico-culturali) piuttosto che 12 Introduzione l’artificiale (la comunità nazionale), come sottolinea Schnapper (1994) ricorrendo ad un linguaggio metaforico. La riluttanza va ricercata anche nello sviluppo delle cosiddette sociologie speciali, rileva ancora Bettin Lattes, nel senso che avrebbero distolto l’interesse per la dimensione globale dei processi sociali, ivi compreso il processo integrativo europeo. «Fare la sociologia di pressoché qualsiasi fenomeno in cui siano coinvolti esseri umani» comporta anche il prezzo di far perdere di vista «l’intrinseca connessione dei fatti sociali e l’idea stessa di società come insieme dei rapporti di interdipendenza tra le sue varie parti» (Cavalli 2001: 83-84). La “ritrosia” è connessa, inoltre, al progressivo interesse della sociologia per le fratture, le differenze e i conflitti a scapito delle condizioni concrete in cui è maturata la vita delle società, per i sistemi di discriminazione della vita sociale, le costrizioni e gli obblighi della vita collettiva piuttosto che le forme d’integrazione. Nato per analizzare e spiegare il modo con cui una società costruisce la sua unità e con cui si forma e si conserva un ordine collettivo, secondo la grande tradizione sociologica durkheimiana, il termine integrazione ha finito per trasformarsi “in una parola che confonde”, per usare le parole di Mendras (ibidem: 278). Di più: in un concetto problematico, in una sorta di “paradigma esaurito”. Oggi la diversità seduce, e l’uniformità, che trasuda noia, si profila minacciosa, scrive Mendras (ibidem: 265). Multivocità culturale, polifonia pluralistica, comunicazione fra diversi imperniata sull’alterità culturale (usurpando il vocabolario di Beck e Grande) e sull’eterogeneità dialogante (prendendo a prestito l’espressione di Belohradsky) sembrano configurarsi, infatti, come imperativi concettuali. Nelle società contemporanee domanda di identità e ricerca di identificazione si sviluppano attraverso la manifestazione dell’appartenenza alle più diverse formazioni sociali (minoranze etno-culturali, preferenze sessuali, conversioni religiose). La crescente differenziazione e pluralizzazione dei coinvolgimenti di ruolo si accompagna alla dilatazione della sfera privata, con la conseguente messa in discussione della classica gestione Introduzione 13 delle diversità, giudicata ormai inefficace. La ridefinizione e rinegoziazione continua dei rapporti in un contesto di pluralità crescente di valori e di modelli valoriali (eccesso di alternative, secondo il vocabolario di Rositi) finisce per ostacolare lo sviluppo di appartenenze chiare. L’omogeneità ispirata al principio dell’uguaglianza formale e dell’intervocità politica favorisce (ha favorito) l’evolvere del confronto con l’altro secondo forme comportamentali riconosciute come vincolanti, consentendo di operare in un contesto di prevedibilità dei comportamenti e producendo, conseguentemente, fiducia reciproca, considerazione e, non ultimo, spirito cooperativo. L’amplificazione del pluralismo culturale nella sua manifestazione non tanto, o non più, di inter-culturalità, quanto di multi-culturalità nell’accezione di valorizzazione delle diversità e differenze, sembrerebbe incoraggiare un percorso ambivalente, come si deduce dal noto ossimoro villaggio globale, mente locale. Unità-noi universale e unità-noi locale, integrazione transnazionale e diversificazione regionale, cultura globale e particolarità culturale sono tutte dimensioni che si manifestano in una combinazione che le vede alimentarsi vicendevolmente. La costruzione europea ha a che fare (anche) con i conflitti tra coscienza e lealtà, che sono al tempo stesso conflitti di identità personale e collettiva. Il cittadino europeo, sollecitato a riflettere sulla solidarietà nazionale, sovranazionale, planetaria e locale, è costretto a ri-elaborare la dimensione dell’appartenenza collettiva in termini di “noi” (o immagine solidale) e di “loro”. Studiare l’identità e l’identificazione europea significa porsi la domanda circa la capacità del progetto europeo di dar vita a un “we-feeling” imperniato sul riconoscimento di una storia e cultura comuni, sul valore della reciproca dipendenza e della cooperazione, sulla considerazione e fiducia reciproca, ovvero sulle mutual sympathies and loyalty, usurpando le parole di Deutsch (1957). Parallelamente, è interessante richiamare la sollecitazione a chiarire anche il significato della responsabilità delle persone, 14 Introduzione senza la quale diventa difficile configurare la cooperazione fra e con altre collettività in uno spazio sociale interpretato come unità plurale della società (Cesareo, Vaccarini, 2006: 233-234). In che modo l’alterità culturale e l’eterogeneità dialogante possono (potranno) favorire l’evolvere di un’entità collettiva (Unione Europea) promuovendo una società (europea) suscettibile di riconoscersi come ‘mondo comune’? […] A society without a sense of identification and belonging is neither capable of living nor full of vitality. It is not a society strictu sensu» (Hettlage 2006: 335, corsivo nel testo). Hettlage, ricostruendo i diversi significati sociologici del termine “società”, richiama l’attenzione sul fatto che societies are composed to a very large measure of information and rule of discourse. Without broad understanding among so many different people there can be no stable societal context, neither legitimate political decision-making nor legitimate sanctioning of deviance, neither common history nor important symbolic representations, neither schooling nor public debate […] So we as sociologists have to face a “layered object” of research. Society not only has to do with rather permanent opportunity structures and communication orders, not only with decision centres at the top of the civitas, but as a “felt unity” society comprises many interaction sets of different life-styles, traditions and groups. They form identities that are bound together by a collective (national) identity (ibidem: 331; 320-321, corsivo nel testo). In merito a questa formulazione, lo schema proposto dall’Autore, che peraltro si è rivelato uno spunto efficace nella strutturazione del presente lavoro, consente di identificare e distinguere le dimensioni rilevanti attorno alle quali si struttura il problema integrativo: dalla dimensione economica, nel senso di garantire una corretta competizione e di configurare un modello redistributivo condiviso, alla dimensione politica o sfera della legittimazione; dalla solidarietà collettiva strutturata attorno alla fiducia in un futuro comune, sapendo accettare, minimizzandoli, i rischi sociali della convivenza, alla dimensione culturale, imperniata su tradizioni comuni, memorie e simboli, e affettiva, suscet- Introduzione 15 tibile di mobilitare e finalizzare le energie dei soggetti coinvolti conferendo un senso condiviso all’esistenza collettiva (ibidem: 320-322). Saranno capaci gli europei di adattarsi ai mutamenti connessi alla costruzione comunitaria, processo che implica, come sottolinea (Vaccarini 2008: 42) «una ridefinizione dei concetti di cittadinanza, sfera pubblica, appartenenza e identità, come erano strutturati nello Stato-nazione»? E’ possibile realizzare un legame sociale europeo senza una “prima persona plurale” (“noi”), senza assumersi cioè la responsabilità del peso dell’appartenenza europea, possiamo domandarci parafrasando Scruton (2012). In altri termini, senza un riferimento al motivo di diventare e di essere “noi europei”, quale risposta può essere data al “perché dell’Europa”? Si impone, così, una riflessione sulle modalità di partecipazione alle diverse istanze della vita europea e di difesa, nel sistema delle relazioni, di valori socialmente condivisi. L’impegno necessita di uno sforzo analitico maggiore di quello richiesto in questa sede4. Tuttavia, queste domande ci hanno fatto da guida lungo la lettura interpretativa degli atteggiamenti e orientamenti degli europei5 nei confronti di un progetto per ora delineato principalmente in termini di economical global player e di rigetto di una possibile entità sovrana. 4 Il presente lavoro si avvale di un Working Paper (Bergnach L., WP 04/2008, DIFI, deposito legale Nr. 5831/08) ed è parte di un impegno scientifico scandito da una serie di tappe fondamentali di ricerca, dal tema dell’identificazione dei soggetti con “particolarismi culturali” ai processi culturali sottostanti alle identità collettive, dall’identità nazionale all’identità transnazionale. 5 La ricerca si basa su dati secondari derivanti dai sondaggi semestrali dell’Eurobarometro standard. CAPITOLO I Il processo integrativo 1.1 L’esperienza nazionale Lo Stato nazionale occidentale, come chiarisce Portinaro, ha potuto integrare in un sistema unitario tre elementi fondamentali: il principio di legalità di uno Stato amministrato burocraticamente; il processo di identificazione tra la nazione come comunità emotiva e i suoi capi politici formatisi nella lotta per l’emancipazione democratica; la continuità delle tradizioni nazionali quale riserva politica di legittimità (1999: 126). Parallelamente, «ha potuto incivilire una società per impedire la lotta di tutti contro tutti o lo sfruttamento sfrenato di alcuni, mentre la società civile ha potuto, all’opposto, inibire la tendenza dello Stato all’onnipotenza» (Morin 1988: 40), consentendo, peraltro, di sfatare l’idea secondo cui la società (nazionale) non sarebbe altro che l’espressione e il luogo del conflitto e della scomposizione e lo Stato l’espressione e il luogo privilegiato della ricomposizione politica. Le società occidentali si sono date in seno allo Stato laico mezzi istituzionali specifici ‘possedendoli’ attraverso la nazione. In tal senso, la nazione si configura come un’unità politica che opera specificamente attraverso la sovranità interna (integrando le popolazioni in una comunità di cittadini) e esterna (affermandosi come soggetto storico nel contesto internazionale delle nazioni-unità politiche). Se sul piano delle relazioni internazionali l’ordinamento nazionale, in quanto luogo principale del processo decisionale pubblico, conferisce alla sovranità e territorialità un carattere di esclusività, la nazione, in quanto 17 18 Capitolo I fonte della sovranità statale, legittima l’attività interna ed esterna dello Stato (Schnapper 1994). In quanto luogo dell’integrazione e di esercizio del senso civico, la nazione favorisce non solo il consolidamento di un particolare sistema di rappresentanza, di divisione e di controllo dei poteri, ma anche l’evolvere di una particolare forma di socializzazione a un insieme di pratiche politiche ispirate alla convivenza civile. Nella società nazionale il legame sociale si esprime, infatti, attraverso il legame politico, generando un corpus politico-culturale comune, una corrispondenza fra istituzioni e appartenenza, potendo, di conseguenza, regolare conflitti e ineguaglianze tra individui e gruppi. Strutturatasi attorno alla funzionalità reciproca di tre elementi, legalità, identificazione e continuità, l’idea nazionale si perfeziona attraverso la cittadinanza. Nell’esperienza nazionale il legame tra i cittadini e lo stato-nazione si impernia sullo status di cittadinanza. Parafrasando Siedentop (2001: 40), possiamo dire che l’apprendimento di un linguaggio (politico) informato all’idea del controllo del potere pubblico attraverso le pratiche politiche della cittadinanza si traduce nello sviluppo di un sistema democratico di legittimazione dell’attività giuridico-legislativa. La fusione del linguaggio emotivo – miti simbolici, solidarietà, speranza collettiva – e politico – partecipazione, legittimazione, sovranità democratiche – sviluppa un riferimento comune in termini di passato e un orizzonte in termini di presente e di futuro. Basata su un sistema di regole, di diritti, di doveri e di valori proclamati e inscritti nelle istituzioni, la vecchia nazione è formata da persone politicamente e giuridicamente libere e uguali. Non vi è nazione se non quella fondata sulla dignità degli individui e sull’eguaglianza dei cittadini. Dal punto di vista di una riuscita istituzionalizzazione del processo di autodeterminazione democratica, l'integrazione politica (dei cittadini) di società geograficamente molto estese va senz'altro annoverata tra le più apprezzabili prestazioni storiche […] della vecchia “nazione” (Habermas 1999: 46, 47). Il processo integrativo 19 L’identità nazionale si sviluppa attraverso un processo informato alla strana combinazione della vocazione particolare (la nazione come unità saldamente associata alla comunità di lingua, di cultura e al territorio) e vocazione universale (la nazione come luogo della cittadinanza e dell'esercizio del senso civico). Tale processo favorisce l’evolvere di un peculiare sistema decisionale e di potere e di un modello di unità politica specificamente strutturato attorno alla fusione dei concetti di nazionalità (grazie al legame giuridico tra l’individuo e lo Stato nazionale si trasforma, per induzione, da comunità di cultura in appartenenza statale) e di cittadinanza (citoyenneté/citizenship, pratica politica o modalità di legittimazione democratica). La corrispondenza tra cittadinanza e nazionalità rende possibile l’integrazione culturale (degli individui) e politica (dei cittadini) di società estese e differenziate. L’appartenenza nazionale è determinata dal vincolo della cittadinanza (pratica politica), in virtù del fatto che essa fonda l’identità collettiva tramite la nazionalità (comunità di cultura), trasformando la nazionalità stessa in un vero e proprio «modo di pensare e di valorizzare l'appartenenza politica e sociale» (Brubaker 1997: 283). La nazionalizzazione del legame sociale realizza un originale equilibrio della vita collettiva. Pur non costituendo il solo tipo di appartenenza sociale, la nazionalità, in quanto importante riferimento per l’elaborazione di un legame civico, è l’unica forma di appartenenza che si è dimostrata finora «capace di sostenere un processo democratico e un sistema di leggi liberale» (Scruton 2012: 31). Si manifesta così un carattere importante della configurazione nazionale, quello dell’integrazione sociale basata sulla solidarietà civica. La vecchia nazione, imperniata sul principio secondo cui il bene comune ha priorità sugli interessi particolari, stimola il ‘superamento funzionale’ dei particolarismi (etnici, religiosi, culturali, linguistici, storici e sociali), consentendo lo sviluppo di un sistema di corrispondenze, una sorta di compatibilità tra i differenti elementi (comunità locali) e l’insieme (società nazionale). 20 Capitolo I Fonte del legame sociale, la cittadinanza favorisce la formazione dell’appartenenza e della partecipazione alla vita sociale, prescindendo dalle radici storico-culturali o etnico-religiose e dalle caratteristiche sociali o personali dei suoi membri, dando vita a un singolare equilibrio tra il principio dell’uguaglianza giuridica e politica e le differenze sociali che la razionalità economica naturalmente produce. E’ vero che sul piano concreto gli individui sono diversi tra loro (per le loro origini sociali, per le loro credenze religiose, per le loro condizioni di esistenza), ma è sul piano della definizione astratta del concetto di cittadinanza che individui diversi tra loro diventano egualmente cittadini, ovvero soggetti di diritti astratti (indipendentemente dalle loro origini storicoculturali o etnico-religiose e dalle loro caratteristiche sociali o personali) (Schnapper 1994; Schnapper, Bachellier 2000). Osservando la configurazione nazionale come una forma sociale organizzata attorno a istituzioni e strutture concrete sulla base di una costante interdipendenza delle formazioni sociali, diventa possibile distinguere concettualmente la nazione dall’etnia (gli individui sono cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza etnica o religiosa), dallo Stato (di cui la nazione legittima l’attività interna ed esterna) e dal nazionalismo (con un dritto e un rovescio, vale a dire, una normalità virtuosa, o amore per la terra natale, che Scruton chiama specificamente fedeltà nazionale, presupposto profondo del governo democratico, e una sua patologia, o ideologia della belligeranza, il vero e proprio nazionalismo; ibidem: 43-52). L’appartenenza nazionale è qualcosa di più di una forma di lealtà collettiva e di solidarietà civica, è anche un “immagineideale”, il simbolo di un processo indirizzato verso una particolare direzione, l’integrazione. Forma specifica di organizzazione territoriale, luogo della vita politica e dell’integrazione sociale, la nazione, attraverso le proprie istituzioni, consente di sperimentare un rapporto di reciproca solidarietà tra appartenenti alla collettività, trasformando la lealtà e la solidarietà collettiva in fondamenti valoriali. Il legame nazionale conferisce senso e significato all’appar-