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Laura Bergnach
Il processo di identificazione
nel “noi europei”
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via Raffaele Garofalo, 133/A–B
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(06) 93781065
ISBN 978–88–548–5663–9
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di riproduzione e di adattamento anche parziale,
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I edizione: novembre 2012
Indice
Introduzione
p.
7
I
IL PROCESSO INTEGRATIVO
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17
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31
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II
LA DIMENSIONE CULTURALE
DELL’INTEGRAZIONE
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Considerazioni conclusive
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Bibliografia essenziale
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1.1 L’esperienza nazionale
1.2 Europeanization, European-ness
1.3 I presupposti sociologici dell’integrazione
2.1 Nota metodologica
2.2 L’identificazione, tra disposizione soggettiva
e appartenenza oggettiva
2.3 Le radici culturali
2.4 Il problema comunicativo
2.5 Il senso dell’appartenenza
Brevi richiami conclusivi
Grafici del secondo capitolo
III LA DIMENSIONE POLITICA
DELL’INTEGRAZIONE
Introduzione
3.1 L’Europa, tra immagine e realtà
3.2 L’unità politica
3.3 Il rapporto con le istituzioni
Brevi richiami conclusivi
Grafici del terzo capitolo
Introduzione
I mutamenti e le trasformazioni dell’era globale inducono le
sovranità nazionali storiche1 a ridefinire le unità di sopravvivenza. Il passaggio dalla società industriale alla società dell’informazione o, meglio, l’imporsi della cosiddetta economia senza
peso – un’economia che travalica la materialità, dando vigore
alla transazione virtuale che accelera il superamento dei confini
– ha forti effetti sui processi che causano lo spostamento
dell’asse di tensione verso aree territoriali più grandi. L’ordine
internazionale sembra, infatti, avviarsi progressivamente nella
direzione di un’organizzazione del mondo in associazioni (postnazionali) di stati, suscettibili di restringere il numero dei
political global player.
La crescente apertura dell’ambiente planetario si manifesta
nella perdita dei poteri dello Stato-nazione centralistico, che
pare sempre meno in grado di controllare le «quattro “I” che
fluiscono oltre i confini – industria, individui, investimenti, informazioni» (Portinaro 1999: 16).
[…] Stiamo avviandoci verso un’epoca in cui non saranno più i
singoli Stati, ma sarà l’associazione degli Stati a dover fungere da
unità sociale determinante, da modello di ciò che si intende per
società, e dunque da ambito di riferimento per molte ricerche
sociologiche (Elias 1990: 187).
L’Europa, dove l’idea nazionale è nata e si è sviluppata, si
misura concretamente con un modello di ridefinizione degli
interessi collettivi nell’ottica di una configurazione sovranazio1
In questa sede utilizziamo i termini stato, stato nazionale, stato-nazione, stato
sovrano, nazione, nazione politica, nazione sovrana, nazione democratica ritenendoli
strumentalmente intercambiabili tra loro.
7
8
Introduzione
nale. Possiamo guardare all’Unione Europea come ad un caso
avanzato di esperienza associativa, un esempio concreto di ordinamento su base continentale modellato attorno allo scioglimento dell’equilibrio Stato nazionale, con effetti di rilievo sul
piano dell’organizzazione dei membri di una società e dell’integrazione delle collettività.
La costruzione europea appare come una strada obbligata,
una sorta di condizione di sopravvivenza degli Stati europei. I
Paesi sono troppo piccoli per agire da soli, mentre, uniti, possono sperare di trarre più agevolmente vantaggi dalle
opportunità innescate dai mutamenti globali, di avere, cioè,
maggiori possibilità d’azione nel contesto delle sfide epocali.
La costruzione comunitaria, che nasce come grande progetto
politico (assicurare la pace, difendere la democrazia), sembra
trasformarsi, sotto l’influenza dei processi globali, in un progetto che si caratterizza sempre più per essere principalmente
economico.
Idea ambiziosa nelle premesse, una sorta di utopia necessaria per garantire una condizione ‘senza guerre’ e risolvere interessi contrapposti senza l’uso della forza, che nel passato ha
portato ‘a sanguinose divisioni’, l’Europa sembra abbandonare
il grande progetto politico, evidentemente percepito dai suoi
fautori come un compito molto difficile, incanalandosi progressivamente verso un’organizzazione delle collettività europee
secondo modelli e concezioni economiche, valutarie, normativo-regolative e sociali.
Banalizzando si potrebbe affermare che l’Unione costringe i
singoli Paesi a misurarsi con gli obblighi interni (europeizzazione) per poter fronteggiare le sfide esterne (globalizzazione).
Per ora l’Unione rafforza la visibilità dell’Europa attraverso
la moneta unica e gli accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone, anche se la mobilità intra-europea – vale a
dire, lavorare e vivere in un altro paese dell’Unione – sia ancora
piuttosto debole2, e si tratta di vedere se le opportunità offerte
dalla libertà di circolazione nello spazio comunitario saranno di
2
Attualmente stimata nell’ordine dello 0,2% della popolazione.
Introduzione
9
fatto capaci di creare nuove forme di scambio, di configurarsi
come nuove chances, di produrre nuove aspettative, nuove
alleanze di collaborazione, nuove reti. In una parola, di fungere
da unità sociale determinante.
La questione europea ha acquisito il giusto rilievo nella disciplina sociologica solo recentemente. Diversamente da altre
discipline che ne hanno fatto da tempo oggetto di studio e di
ricerca, la sociologia si è piuttosto disinteressata all’integrazione comunitaria. Mancano veri e propri contributi alla comprensione del fenomeno comunitario, almeno fino all’inizio degli
anni Novanta.
L’esplosione della letteratura sulla natura della globalizzazione ha contribuito «a stimolare analisi e approfondimenti
sul significato specifico che i cambiamenti sociali, in buona parte legati alla globalizzazione, hanno per l’Europa» (Sciolla
2009: 11). L’interesse dei sociologi per la costruzione europea
si è sviluppato e rafforzato, infatti, in corrispondenza dell’attenzione per i processi globali (si veda Delanty e Rumford 2005;
Radaelli 2004; Martell 2010).
[…] Non si può trascurare il fatto che ai nostri giorni l’umanità
suddivisa in Stati in quanto unità sociale sta sempre più diventando, al
posto dei singoli Stati, l’ambito di riferimento di molti fenomeni di
sviluppo e mutamenti di struttura. Dal punto di vista sociologico,
senza un ambito globale di riferimento non si possono diagnosticare
né spiegare in modo adeguato questi fenomeni e questi mutamenti di
struttura (Elias ibidem: 186).
Osservando la specificità europea nel contesto della complessità tardo-moderna, gli interessi sociologici si sono concentrati sulla crisi del modello nazionale e sulla conseguente ridefinizione del rapporto più generale tra società civile, società politica e società economica, più che sui processi e le dinamiche
della società europea (nella direzione di una conoscenza comparata delle società europee si sono orientati, ad esempio, i
lavori di Bailey 1992, Mendras 1999, Crouch 2001; specificamente finalizzato alla comprensione delle trasformazioni sociali
della società europea è il volume curato da Sciolla 2009).
10
Introduzione
E’ un dato quasi scontato, ma che non finisce di sorprendere, la ritrosia con la quale la sociologia dedica le sue energie allo studio del
processo di integrazione europea rispetto alle scienze consorelle. La
storia, il diritto, l’economia e la scienza della politica si sono da tempo
impegnate nel produrre teorie, interpretazioni e materiali empirici che
riguardano vari temi di pertinenza disciplinare nella grande area degli
European Studies (Bettin Lattes 2002, 1).
Fra le discipline attente al processo di costruzione europea
va annoverato anche il settore delle relazioni internazionali.
L’Unione Europea, del resto, nasce da strumenti di regolazione
dei rapporti tra Stati sovrani, i trattati di cooperazione economica, campo privilegiato proprio delle relazioni internazionali. I
diversi filoni del settore hanno prodotto linee interpretative interessanti anche ai fini di una comprensione e di un approfondimento della costruzione simbolica dell’Europa e dell’identità
europea3, ancorché lasciando piuttosto nell’ombra il significato
del contratto sociale in termini di responsabilità tra gli Stati
membri e tra i cittadini e l’Unione.
Una delle possibili spiegazioni della scarsa presenza della
sociologia nella grande area degli European Studies risiede
nell’eredità classica di una disciplina impegnata ad analizzare le
società in quanto territorialmente definite, unite dalla lingua
comune, dalla condivisione di valori e norme sociali.
Fondate sulla cittadinanza, le società nazionali sono particolari per definizione. L’integrazione avviene sulla base di un’ori3
Guardando alle istituzioni intergovernative come ad «arene dove si incontrano i
rappresentanti dei governi nazionali [...] in un sistema fondamentalmente anarchico [e
dove] i rapporti tra stati sono principalmente competitivi, basati su una sfiducia reciproca […]», il (neo)realismo osserva la competizione degli Stati sulla base di interessi
economici e di potenza. L’approccio istituzionalista fa emergere, per contro, la «capacità delle istituzioni sovranazionali di creare norme e lealtà che prescindono dai singoli
stati membri»; parallelamente, quello costruttivista, forte dell’idea “filosofica” secondo
cui il mondo conoscibile è quello dei significati attribuiti dai soggetti, mette in luce le
dinamiche dei diversi attori nel contesto istituzionale. Quanto l’approccio (neo)realista
consente di cogliere il carattere intergovernativo delle istituzioni europee, quindi l’interesse degli Stati per i vantaggi economici derivanti dall’appartenenza all’Unione, tanto
gli altri due approcci fanno emergere l’importanza di una serie di attori, e non solo degli
Stati, sul piano delle politiche transnazionali, nonché il ruolo delle istituzioni nell’incanalare, producendo norme, le identità degli attori (si veda della Porta, Caiani: 12-15).
Introduzione
11
ginale familiarità fra estranei. Tale familiarità favorisce la
formazione di un habitus mentale, ovvero di un insieme di disposizioni che contribuiscono a qualificare l’esperienza collettiva, fonte dell’identità di individui che si auto-percepiscono in
termini nazionali. Il legame, dispiegandosi in un quadro spaziale comune, si struttura attorno a credenze e mitologie collettive,
valori, norme, segni culturali, tradizioni, stili di vita, abitudini
sociali, conferendo un senso comunitario alla collettività.
L’unità nazionale, offrendo un senso all’esistenza collettiva
attraverso il “we-feeling”, essenzializza il significato dell’immagine solidale, realizzando un solido legame sociale, ancorché
“nazionalizzato”, favorendo, nel contempo, l’integrazione degli
individui nella società e della società.
Corrispettivamente, il confine tra una società e l’altra finisce
per coincidere con i confini nazionali, configurando una sorta di
coincidenza tra Stato e società.
Si spiega in questo modo il ‘percorso nazionale’ delle sociologie europee: attratte da questioni e problemi radicati nel tessuto sociale nazionale, il loro riferimento prevalente è alle società
in quanto comprese nel territorio nazionale.
Ma quantunque nella formazione concettuale sociologica si cercasse
di nascondere l'identità tra i confini della società e quelli dello Stato
[…] nella prassi scientifica le società statali furono e rimasero per lo
più e in modo inequivocabile i modelli di quello che si intendeva per
società. Di regola, non solamente il lavoro teorico dei sociologi, ma
anche il lavoro empirico fece riferimento a fenomeni sociali interni ad
uno Stato (Elias 1990: 185).
Su un altro versante, la sotto-rappresentazione dell’approccio sociologico allo studio dei processi europei può essere
ricercata nelle priorità economiche del progetto comunitario, in
quanto avrebbero contribuito a scoraggiare l’interesse dei sociologi per il processo di costruzione europea.
La ritrosia della disciplina è riconducibile anche alla tendenza a preferire e privilegiare lo specifico, rispetto al generale,
come rimarca Bettin Lattes, le cose piccole piuttosto che le
grandi, il naturale (le comunità storico-culturali) piuttosto che
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Introduzione
l’artificiale (la comunità nazionale), come sottolinea Schnapper
(1994) ricorrendo ad un linguaggio metaforico.
La riluttanza va ricercata anche nello sviluppo delle cosiddette sociologie speciali, rileva ancora Bettin Lattes, nel senso
che avrebbero distolto l’interesse per la dimensione globale dei
processi sociali, ivi compreso il processo integrativo europeo.
«Fare la sociologia di pressoché qualsiasi fenomeno in cui siano
coinvolti esseri umani» comporta anche il prezzo di far perdere
di vista «l’intrinseca connessione dei fatti sociali e l’idea stessa
di società come insieme dei rapporti di interdipendenza tra le
sue varie parti» (Cavalli 2001: 83-84).
La “ritrosia” è connessa, inoltre, al progressivo interesse
della sociologia per le fratture, le differenze e i conflitti a scapito delle condizioni concrete in cui è maturata la vita delle
società, per i sistemi di discriminazione della vita sociale, le
costrizioni e gli obblighi della vita collettiva piuttosto che le
forme d’integrazione. Nato per analizzare e spiegare il modo
con cui una società costruisce la sua unità e con cui si forma e si
conserva un ordine collettivo, secondo la grande tradizione
sociologica durkheimiana, il termine integrazione ha finito per
trasformarsi “in una parola che confonde”, per usare le parole di
Mendras (ibidem: 278). Di più: in un concetto problematico, in
una sorta di “paradigma esaurito”.
Oggi la diversità seduce, e l’uniformità, che trasuda noia, si
profila minacciosa, scrive Mendras (ibidem: 265). Multivocità
culturale, polifonia pluralistica, comunicazione fra diversi imperniata sull’alterità culturale (usurpando il vocabolario di
Beck e Grande) e sull’eterogeneità dialogante (prendendo a
prestito l’espressione di Belohradsky) sembrano configurarsi,
infatti, come imperativi concettuali.
Nelle società contemporanee domanda di identità e ricerca di
identificazione si sviluppano attraverso la manifestazione dell’appartenenza alle più diverse formazioni sociali (minoranze
etno-culturali, preferenze sessuali, conversioni religiose). La
crescente differenziazione e pluralizzazione dei coinvolgimenti
di ruolo si accompagna alla dilatazione della sfera privata, con
la conseguente messa in discussione della classica gestione
Introduzione
13
delle diversità, giudicata ormai inefficace.
La ridefinizione e rinegoziazione continua dei rapporti in un
contesto di pluralità crescente di valori e di modelli valoriali
(eccesso di alternative, secondo il vocabolario di Rositi) finisce
per ostacolare lo sviluppo di appartenenze chiare.
L’omogeneità ispirata al principio dell’uguaglianza formale
e dell’intervocità politica favorisce (ha favorito) l’evolvere del
confronto con l’altro secondo forme comportamentali riconosciute come vincolanti, consentendo di operare in un contesto di
prevedibilità dei comportamenti e producendo, conseguentemente, fiducia reciproca, considerazione e, non ultimo, spirito
cooperativo.
L’amplificazione del pluralismo culturale nella sua manifestazione non tanto, o non più, di inter-culturalità, quanto di
multi-culturalità nell’accezione di valorizzazione delle diversità
e differenze, sembrerebbe incoraggiare un percorso ambivalente, come si deduce dal noto ossimoro villaggio globale, mente
locale. Unità-noi universale e unità-noi locale, integrazione
transnazionale e diversificazione regionale, cultura globale e
particolarità culturale sono tutte dimensioni che si manifestano
in una combinazione che le vede alimentarsi vicendevolmente.
La costruzione europea ha a che fare (anche) con i conflitti
tra coscienza e lealtà, che sono al tempo stesso conflitti di identità personale e collettiva. Il cittadino europeo, sollecitato a riflettere sulla solidarietà nazionale, sovranazionale, planetaria e
locale, è costretto a ri-elaborare la dimensione dell’appartenenza collettiva in termini di “noi” (o immagine solidale) e di
“loro”.
Studiare l’identità e l’identificazione europea significa porsi
la domanda circa la capacità del progetto europeo di dar vita a
un “we-feeling” imperniato sul riconoscimento di una storia e
cultura comuni, sul valore della reciproca dipendenza e della
cooperazione, sulla considerazione e fiducia reciproca, ovvero
sulle mutual sympathies and loyalty, usurpando le parole di
Deutsch (1957).
Parallelamente, è interessante richiamare la sollecitazione a
chiarire anche il significato della responsabilità delle persone,
14
Introduzione
senza la quale diventa difficile configurare la cooperazione fra e
con altre collettività in uno spazio sociale interpretato come
unità plurale della società (Cesareo, Vaccarini, 2006: 233-234).
In che modo l’alterità culturale e l’eterogeneità dialogante
possono (potranno) favorire l’evolvere di un’entità collettiva
(Unione Europea) promuovendo una società (europea) suscettibile di riconoscersi come ‘mondo comune’?
[…] A society without a sense of identification and belonging is
neither capable of living nor full of vitality. It is not a society strictu
sensu» (Hettlage 2006: 335, corsivo nel testo).
Hettlage, ricostruendo i diversi significati sociologici del termine “società”, richiama l’attenzione sul fatto che
societies are composed to a very large measure of information and rule
of discourse. Without broad understanding among so many different
people there can be no stable societal context, neither legitimate
political decision-making nor legitimate sanctioning of deviance,
neither common history nor important symbolic representations, neither
schooling nor public debate […] So we as sociologists have to face a
“layered object” of research. Society not only has to do with rather
permanent opportunity structures and communication orders, not only
with decision centres at the top of the civitas, but as a “felt unity”
society comprises many interaction sets of different life-styles,
traditions and groups. They form identities that are bound together by
a collective (national) identity (ibidem: 331; 320-321, corsivo nel
testo).
In merito a questa formulazione, lo schema proposto dall’Autore, che peraltro si è rivelato uno spunto efficace nella
strutturazione del presente lavoro, consente di identificare e distinguere le dimensioni rilevanti attorno alle quali si struttura il
problema integrativo: dalla dimensione economica, nel senso di
garantire una corretta competizione e di configurare un modello
redistributivo condiviso, alla dimensione politica o sfera della
legittimazione; dalla solidarietà collettiva strutturata attorno alla
fiducia in un futuro comune, sapendo accettare, minimizzandoli, i
rischi sociali della convivenza, alla dimensione culturale, imperniata su tradizioni comuni, memorie e simboli, e affettiva, suscet-
Introduzione
15
tibile di mobilitare e finalizzare le energie dei soggetti coinvolti
conferendo un senso condiviso all’esistenza collettiva (ibidem:
320-322).
Saranno capaci gli europei di adattarsi ai mutamenti connessi alla costruzione comunitaria, processo che implica, come
sottolinea (Vaccarini 2008: 42) «una ridefinizione dei concetti
di cittadinanza, sfera pubblica, appartenenza e identità, come
erano strutturati nello Stato-nazione»? E’ possibile realizzare un
legame sociale europeo senza una “prima persona plurale”
(“noi”), senza assumersi cioè la responsabilità del peso dell’appartenenza europea, possiamo domandarci parafrasando Scruton
(2012). In altri termini, senza un riferimento al motivo di
diventare e di essere “noi europei”, quale risposta può essere
data al “perché dell’Europa”?
Si impone, così, una riflessione sulle modalità di partecipazione alle diverse istanze della vita europea e di difesa, nel sistema delle relazioni, di valori socialmente condivisi. L’impegno necessita di uno sforzo analitico maggiore di quello richiesto in questa sede4. Tuttavia, queste domande ci hanno fatto da
guida lungo la lettura interpretativa degli atteggiamenti e orientamenti degli europei5 nei confronti di un progetto per ora
delineato principalmente in termini di economical global player
e di rigetto di una possibile entità sovrana.
4
Il presente lavoro si avvale di un Working Paper (Bergnach L., WP 04/2008,
DIFI, deposito legale Nr. 5831/08) ed è parte di un impegno scientifico scandito da una
serie di tappe fondamentali di ricerca, dal tema dell’identificazione dei soggetti con
“particolarismi culturali” ai processi culturali sottostanti alle identità collettive,
dall’identità nazionale all’identità transnazionale.
5
La ricerca si basa su dati secondari derivanti dai sondaggi semestrali dell’Eurobarometro standard.
CAPITOLO I
Il processo integrativo
1.1 L’esperienza nazionale
Lo Stato nazionale occidentale, come chiarisce Portinaro, ha
potuto integrare in un sistema unitario tre elementi fondamentali: il principio di legalità di uno Stato amministrato burocraticamente; il processo di identificazione tra la nazione come comunità emotiva e i suoi capi politici formatisi nella lotta per l’emancipazione democratica; la continuità delle tradizioni nazionali quale riserva politica di legittimità (1999: 126). Parallelamente, «ha potuto incivilire una società per impedire la lotta
di tutti contro tutti o lo sfruttamento sfrenato di alcuni, mentre
la società civile ha potuto, all’opposto, inibire la tendenza dello
Stato all’onnipotenza» (Morin 1988: 40), consentendo, peraltro,
di sfatare l’idea secondo cui la società (nazionale) non sarebbe
altro che l’espressione e il luogo del conflitto e della scomposizione e lo Stato l’espressione e il luogo privilegiato della ricomposizione politica.
Le società occidentali si sono date in seno allo Stato laico
mezzi istituzionali specifici ‘possedendoli’ attraverso la nazione. In tal senso, la nazione si configura come un’unità politica
che opera specificamente attraverso la sovranità interna (integrando le popolazioni in una comunità di cittadini) e esterna
(affermandosi come soggetto storico nel contesto internazionale
delle nazioni-unità politiche). Se sul piano delle relazioni internazionali l’ordinamento nazionale, in quanto luogo principale
del processo decisionale pubblico, conferisce alla sovranità e
territorialità un carattere di esclusività, la nazione, in quanto
17
18
Capitolo I
fonte della sovranità statale, legittima l’attività interna ed esterna dello Stato (Schnapper 1994).
In quanto luogo dell’integrazione e di esercizio del senso
civico, la nazione favorisce non solo il consolidamento di un
particolare sistema di rappresentanza, di divisione e di controllo
dei poteri, ma anche l’evolvere di una particolare forma di
socializzazione a un insieme di pratiche politiche ispirate alla
convivenza civile. Nella società nazionale il legame sociale si
esprime, infatti, attraverso il legame politico, generando un corpus politico-culturale comune, una corrispondenza fra istituzioni e appartenenza, potendo, di conseguenza, regolare conflitti e
ineguaglianze tra individui e gruppi.
Strutturatasi attorno alla funzionalità reciproca di tre elementi, legalità, identificazione e continuità, l’idea nazionale si perfeziona attraverso la cittadinanza. Nell’esperienza nazionale il
legame tra i cittadini e lo stato-nazione si impernia sullo status di
cittadinanza. Parafrasando Siedentop (2001: 40), possiamo dire
che l’apprendimento di un linguaggio (politico) informato all’idea del controllo del potere pubblico attraverso le pratiche politiche della cittadinanza si traduce nello sviluppo di un sistema
democratico di legittimazione dell’attività giuridico-legislativa.
La fusione del linguaggio emotivo – miti simbolici, solidarietà, speranza collettiva – e politico – partecipazione, legittimazione, sovranità democratiche – sviluppa un riferimento comune
in termini di passato e un orizzonte in termini di presente e di
futuro.
Basata su un sistema di regole, di diritti, di doveri e di valori
proclamati e inscritti nelle istituzioni, la vecchia nazione è
formata da persone politicamente e giuridicamente libere e uguali. Non vi è nazione se non quella fondata sulla dignità degli
individui e sull’eguaglianza dei cittadini.
Dal punto di vista di una riuscita istituzionalizzazione del processo di
autodeterminazione democratica, l'integrazione politica (dei cittadini)
di società geograficamente molto estese va senz'altro annoverata tra le
più apprezzabili prestazioni storiche […] della vecchia “nazione”
(Habermas 1999: 46, 47).
Il processo integrativo
19
L’identità nazionale si sviluppa attraverso un processo informato alla strana combinazione della vocazione particolare (la
nazione come unità saldamente associata alla comunità di
lingua, di cultura e al territorio) e vocazione universale (la
nazione come luogo della cittadinanza e dell'esercizio del senso
civico).
Tale processo favorisce l’evolvere di un peculiare sistema
decisionale e di potere e di un modello di unità politica specificamente strutturato attorno alla fusione dei concetti di nazionalità (grazie al legame giuridico tra l’individuo e lo Stato nazionale si trasforma, per induzione, da comunità di cultura in appartenenza statale) e di cittadinanza (citoyenneté/citizenship,
pratica politica o modalità di legittimazione democratica). La
corrispondenza tra cittadinanza e nazionalità rende possibile
l’integrazione culturale (degli individui) e politica (dei cittadini)
di società estese e differenziate. L’appartenenza nazionale è determinata dal vincolo della cittadinanza (pratica politica), in virtù del fatto che essa fonda l’identità collettiva tramite la nazionalità (comunità di cultura), trasformando la nazionalità stessa in un
vero e proprio «modo di pensare e di valorizzare l'appartenenza
politica e sociale» (Brubaker 1997: 283).
La nazionalizzazione del legame sociale realizza un originale equilibrio della vita collettiva. Pur non costituendo il solo
tipo di appartenenza sociale, la nazionalità, in quanto importante
riferimento per l’elaborazione di un legame civico, è l’unica forma di appartenenza che si è dimostrata finora «capace di sostenere un processo democratico e un sistema di leggi liberale»
(Scruton 2012: 31).
Si manifesta così un carattere importante della configurazione nazionale, quello dell’integrazione sociale basata sulla solidarietà civica. La vecchia nazione, imperniata sul principio secondo cui il bene comune ha priorità sugli interessi particolari,
stimola il ‘superamento funzionale’ dei particolarismi (etnici,
religiosi, culturali, linguistici, storici e sociali), consentendo lo
sviluppo di un sistema di corrispondenze, una sorta di compatibilità tra i differenti elementi (comunità locali) e l’insieme (società nazionale).
20
Capitolo I
Fonte del legame sociale, la cittadinanza favorisce la formazione dell’appartenenza e della partecipazione alla vita sociale,
prescindendo dalle radici storico-culturali o etnico-religiose e
dalle caratteristiche sociali o personali dei suoi membri, dando
vita a un singolare equilibrio tra il principio dell’uguaglianza
giuridica e politica e le differenze sociali che la razionalità economica naturalmente produce.
E’ vero che sul piano concreto gli individui sono diversi tra
loro (per le loro origini sociali, per le loro credenze religiose,
per le loro condizioni di esistenza), ma è sul piano della
definizione astratta del concetto di cittadinanza che individui
diversi tra loro diventano egualmente cittadini, ovvero soggetti
di diritti astratti (indipendentemente dalle loro origini storicoculturali o etnico-religiose e dalle loro caratteristiche sociali o
personali) (Schnapper 1994; Schnapper, Bachellier 2000).
Osservando la configurazione nazionale come una forma
sociale organizzata attorno a istituzioni e strutture concrete sulla
base di una costante interdipendenza delle formazioni sociali,
diventa possibile distinguere concettualmente la nazione dall’etnia (gli individui sono cittadini indipendentemente dalla loro
appartenenza etnica o religiosa), dallo Stato (di cui la nazione
legittima l’attività interna ed esterna) e dal nazionalismo (con
un dritto e un rovescio, vale a dire, una normalità virtuosa, o
amore per la terra natale, che Scruton chiama specificamente
fedeltà nazionale, presupposto profondo del governo democratico, e una sua patologia, o ideologia della belligeranza, il vero e
proprio nazionalismo; ibidem: 43-52).
L’appartenenza nazionale è qualcosa di più di una forma di
lealtà collettiva e di solidarietà civica, è anche un “immagineideale”, il simbolo di un processo indirizzato verso una particolare direzione, l’integrazione. Forma specifica di organizzazione territoriale, luogo della vita politica e dell’integrazione
sociale, la nazione, attraverso le proprie istituzioni, consente di
sperimentare un rapporto di reciproca solidarietà tra appartenenti alla collettività, trasformando la lealtà e la solidarietà collettiva in fondamenti valoriali.
Il legame nazionale conferisce senso e significato all’appar-