culture e linguaggi nelle scuole, culture e linguaggi delle scuole

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CULTURE E LINGUAGGI NELLE SCUOLE, CULTURE E LINGUAGGI DELLE SCUOLE
Francesca Gobbo, Università degli Studi di Torino
La presentazione inquadrerà, da un punto di vista teorico, metodologico ed educativo, i
risultati di tre ricerche etnografiche tra di loro collegate, che ho coordinato e che fanno
seguito al progetto europeo INSETRom, di cui sono stata partner italiana (vedi
www.iaie.org/insetrom). Tali ricerche sono state svolte nel 2009-2010 da Federica Setti,
Giorgia Peano, Irene Martini, in tre classi differenti di una medesima scuola, dove sono
iscritti alunne e alunni rom. Le insegnanti di tali classi avevano frequentato con assiduità le
32 ore di corso di formazione previsto nell'ambito di INSETRom.
Il progetto INSETRom aveva inteso rispondere a ciò che alternativamente viene definito
come “problema” o come “sfida”, e su cui hanno ripetutamente preso posizione numerose
agenzie e istituzioni europee: ovvero la bassa e irregolare frequenza scolastica di alunne e
alunni rom, e risultati di apprendimento ritenuti insoddisfacenti, che avvengono sullo
sfondo di quotidiane, difficili condizioni di vita, non facilitate dalla persistenza del
pregiudizio tra le popolazioni non rom.
Per spiegare la limitata partecipazione scolastica di alunni e alunne rom, molti documenti
nazionali ed europei fanno riferimento alle regole culturali che caratterizzano lo stile di vita
del popolo rom (“è la cultura rom”, si sottolinea, omogeneizzando tra loro differenti
modalità di vita e storie dei diversi gruppi rom), oppure alla teoria dello “svantaggio
culturale” o della “deprivazione culturale”. Entrambe le spiegazioni indicano la diversità
culturale di quelle famiglie e/o del gruppo di appartenenza come responsabile, o quanto
meno all’origine dei risultati scolastici insoddisfacenti.
Sulla base della mia esperienza di lavoro “sul campo”(benché tra i nomadi occupazionali),
e della letteratura etnografica e sociologica internazionale, in buona parte recepita anche
dalle agenzie europee, insieme agli altri partner avevo impostato il progetto INSETRom
sull’ipotesi che (1) l'organizzazione, le procedure, le pratiche della scuola – in una parola,
la “cultura della scuola” e di una scuola che nel frattempo è diventata multiculturale – come
pure (2) le relazioni formali e informali nella classe e le modalità di comunicazione (o di
mancata comunicazione) avessero un'importanza determinante per (a) il significato che
l'esperienza scolastica assumeva per alunne e alunni rom, (b) i processi di apprendimento
cui accedevano (o non accedevano – condizione all’origine di progetti di intervento), e (c)
gli effettivi apprendimenti che ne risultavano. Per la ricerca etnografica tripartita e
cooperativa, successiva a INSETRom, è stata mantenuta la medesima ipotesi.
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Studiare l'esperienza di alunne e alunni rom nel contesto della classe, della scuola, del
“laboratorio nomadi”, e dunque individuare i diversi livelli e modi di comunicazione e
interazione che in quegli ambienti hanno luogo quotidianamente, ha permesso al gruppo di
giovani ricercatrici di cogliere come le condizioni strutturali e le regole culturali scolastiche
(nel loro intreccio con quelle sociali, riguardanti l'istituzione e il mantenimento di un tipo di
rapporto tra l'istituzione e i gruppi rom su cui ovviamente pesano le decisioni
amministrative e politiche) favoriscano, o al contrario ostacolino, un'esperienza educativa
inclusiva di alunne e alunni rom (così come spesso non la facilitano neppure per alunne e
alunni di recente immigrazione e persino per una parte di quelli italiani).
Le indicazioni che provengono da questa come da altre ricerche di etnografia
dell’educazione suggeriscono che oggi è indispensabile (1) situare la comprensione
delle dinamiche relazionali, comunicative e di apprendimento, come pure l'individuazione
di interventi efficaci, in una prospettiva di eterogeneità della popolazione scolastica e di
diversità culturali; (2) problematizzare quest’ultima attraverso progetti di ricerca; (3)
apprendere, da parte delle/degli insegnanti, a vedersi come soggetti culturali e storici,
qualificati da una cultura professionale che risente di, e interagisce con le recenti, o attuali,
trasformazioni demografiche, lavorative, sociali, amministrative, politiche, culturali.
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