Screening del tumore della prostata

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LINEE GUIDA PER LO SCREENING DEL CARCINOMA DELLA
PROSTATA
L’AMERICAN CANCER SOCIETY HA AGGIORNATO NEL 2010 LE LINEE GUIDA
PER LO SCREENING DEL CARCIONOMA DELLA PROSTATA ENFATIZZANDO LA
NECESSITA’ DI COINVOLGERE I PAZIENTI NELLA DECISIONE DI INIZIARE E/O
CONTINUARE LO SCREENING
SULLA BASE DI “INFORMAZIONI CIRCA
L’INCERTEZZA, I RISCHI E I POTENZIALI BENEFICI ASSOCIATI
SCREENING”.
Dr. Giambattista Lobreglio, Direttore Medico
AZIENDA OSPEDALIERA “CARD. G. PANICO”
U.O. MEDICINA di LABORATORIO,
*U.O. Semplice ANATOMIA PATOLOGICA
Via S. Pio X, N. 4, 73039 Tricase (LE)
Direttore: Dr. Giambattista Lobreglio
Tel. 0833 773111; Fax 0833 773604; e-mail
[email protected]
ALLO
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Introduzione
Il carcinoma della prostata è la neoplasia più frequente nel sesso maschile e si situa al 2° posto
come causa di morte per tumori (1). La rapida
diffusione del dosaggio del PSA sierico per lo
screening del tumore della prostata ha determinato negli ultimi 20 anni un drammatico incremento
dell’incidenza di questa neoplasia ed un contemporaneo shift verso stadi meno aggressivi e
potenzialmente più curabili al momento della diagnosi. Tuttavia, i benefici dello screening sulla
riduzione della mortalità per carcinoma della prostata rimangono ancora incerti e controversi.
Evidenze inferenziali e dati osservazionali non sono riusciti a stabilire se la riduzione della mortalità
per tumore della prostata osservata negli ultimi due decenni sia da attribuire all’uso dello screening
o al miglioramento dei trattamenti del tumore (2). Anche i risultati preliminari di due trials
prospettici randomizzati, l’European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer (ERSPC),
e un braccio del Prostate, Lung, Colorectal, and Ovarian (PLCO) Cancer Screening Trial negli
USA, hanno fornito evidenze contrastanti: l’ERSPC ha dimostrato una riduzione del 20% della
mortalità specifica per carcinoma prostatico negli uomini sottoposti a screening rispetto ai controlli
(3), mentre il PLCO non ha evidenziato riduzioni statisticamente significative della mortalità (4). A
fronte di benefici incerti, il carico sanitario derivante dalla diagnosi precoce del tumore della
prostata con lo screening è risultato elevato: il PSA sierico non è tumore-specifico; la sua
concentrazione riflette il volume della prostata e quindi aumenta anche nella iperplasia prostatica e
in altre patologie benigne della prostata; pertanto molti soggetti sono sottoposti a biopsie prostatiche
non necessarie e subiranno i potenziali effetti avversi derivanti da tale procedura; inoltre, si stima
che dal 23 al 42% dei tumori non sarebbero stati mai diagnosticati in assenza di screening per la
mancanza di manifestazioni cliniche rilevanti riconducibili alla neoplasia; il conseguente
trattamento di queste forme indolenti è potenzialmente associato ad effetti avversi importanti
sull’attività sessuale, sull’apparato genito-urinario e gastroenterico (5). Alla luce di queste
incertezze e nella attuale impossibilità di distinguere accuratamente tra le neoplasie indolenti e le
forme biologicamente e clinicamente aggressive l’American Cancer Society ha aggiornato nel 2010
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le linee guida per lo screening del carcinoma della prostata (6), evidenziando l’importanza di
coinvolgere il paziente nella decisione informata di avviare lo screening, che deve basarsi sulla
comprensione dell’importanza del carcinoma della prostata, dei potenziali benefici della diagnosi
precoce e dei rischi derivanti dalla individuazione e dal trattamento di tumori biologicamente non
aggressivi e clinicamente indolenti.
Linee Guida dell’American Cancer Society (ACS) per lo screening del tumore della prostata
-
Gli uomini asintomatici, a rischio medio di sviluppare il tumore della prostata e con
aspettativa di vita di almeno 10 anni, dovrebbero avere l’opportunità di pervenire ad una
decisione informata con i propri “health care provider” se effettuare lo screening per il
carcinoma della prostata, a partire dai 50 anni, dopo aver ricevuto informazioni
sull’incertezza, sui rischi e sui potenziali benefici associati a tale screening;
-
Gli uomini a rischio elevato (etnia afro-americana e parenti di primo grado di pazienti a cui
è stato diagnosticato il tumore della prostata prima dei 65 anni), e a rischio
considerevolmente maggiore (più familiari con tumore della prostata prima dei 65 anni),
dovrebbero ricevere queste informazioni rispettivamente a 45 e a 40 anni;
-
Le informazioni dovrebbero essere fornite direttamente e in modo bilanciato dagli “health
care provider”, oppure essere reperibili in opuscoli stampati o su siti web di alta qualità;
-
Agli uomini che, in base all’età (> 75 anni e stato generale di salute non buono) o alla
presenza di altre comorbidità (scompenso cardiaco classe IV, COPD moderata-severa,
insufficienza renale avanzata, demenza severa o altre neoplasie in stadio avanzato), hanno
un’aspettativa di vita inferiore a 10 anni, non dovrebbe essere offerto lo screening, in
quanto, verosimilmente non trarrebbero alcun beneficio da esso.
Le informazioni principali che dovrebbero essere fornite per pervenire ad una decisione
consapevole sullo screening del carcinoma della prostata sono le seguenti:
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-
il carcinoma della prostata è un importante problema sanitario per gli uomini;
-
lo screening mediante il solo dosaggio del PSA ematico o con PSA ed esplorazione digitale
del retto (DRE) individuano il carcinoma della prostata ad uno stadio più precoce che in
assenza di screening;
-
lo screening può essere associato a riduzione della mortalità per tumore della prostata;
tuttavia le evidenze sono conflittuali e molti esperti non sono d’accordo sull’efficacia dello
screening nel ridurre la mortalità;
-
attualmente non è possibile prevedere
quali soggetti affetti da tumore della prostata
individuato mediante screening potranno beneficiare dal trattamento: alcuni soggetti trattati
potranno avere riduzione della mortalità e/o di altre disabilità correlate al tumore; altri, che
sono stati trattati, verosimilmente sarebbero deceduti per altre cause prima che il tumore
della prostata si fosse manifestato clinicamente o avrebbe determinato un accorciamento
della vita;
-
in relazione alle procedure effettuate, il trattamento del tumore della prostata può causare
problemi sessuali, urinari, intestinali o di altra natura; tali problemi possono essere minimi o
rilevanti, transitori o permanenti;
-
il dosaggio del PSA e la DRE possono produrre risultati falsi positivi o falsi negativi,
inducendo da un lato l’esecuzione di procedure addizionali e forte ansietà, dall’altro non
rilevando tumori già presenti;
-
i risultati anomali dello screening richiedono l’esecuzione della biopsia per confermare o
escludere il tumore; la biopsia può essere dolorosa, determinare sanguinamento o infezioni,
o non rilevare neoplasie clinicamente significative;
-
non tutti gli uomini in cui viene evidenziato un tumore della prostata richiedono un
trattamento immediato; ma potrebbero essere necessari periodici esami ematici o biopsie
prostatiche per stabilire la necessità di futuri trattamenti.
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La eventuale decisione di avviare lo screening dovrebbe essere rivalutata quando diventano
disponibili nuove evidenze sul bilancio tra i rischi, i benefici e le incertezze derivanti dalla diagnosi
precoce del tumore mediante lo screening. In assenza di nuove informazioni, la decisione dovrebbe
essere rivalutata periodicamente, in relazione alla variazione dello stato di salute del soggetto e/o di
cambiamenti nelle sue preferenze. Per i soggetti che decidono di effettuare lo screening dopo la
valutazione dei possibili rischi e benefici:
-
lo screening è raccomandato mediante il dosaggio del PSA con o senza l’esplorazione
digitale rettale (DRE);
-
lo screening dovrebbe essere effettuato annualmente nei soggetti con PSA uguale o
superiore a 2,5 ng/mL;
-
per i soggetti con PSA inferiore a 2,5 ng/mL lo screening può essere effettuato ogni due
anni;
-
un livello di PSA uguale o superiore a 4 ng/mL è stato storicamente considerato come soglia
per eseguire ulteriori indagini o per effettuare la biopsia prostatica; tale percorso rimane
ragionevole nei soggetti con rischio medio di sviluppare il tumore;
-
nei soggetti con valore di PSA compresi tra 2,5 e 4,0 ng/mL dovrebbe essere effettuata una
valutazione personalizzata del rischio, sulla base di eventuali altri fattori di rischio di tumore
della prostata, specialmente per tumori di alto grado. Questi fattori comprendono la razza
Afro-Americana, la storia familiare di tumore della prostata, l’aumento dell’età e anomalie
riscontrate con la DRE; l’eventuale negatività di precedenti biopsie prostatiche, invece
abbassa il rischio. E’ disponibile online un software (7) per il calcolo del rischio di tumore
della prostata ad alto grado, basato su sei parametri (livelli di PSA, risultati di DRE, età,
razza storia familiare di tumore della prostata, e risultati di precedenti biopsie), che potrebbe
aiutare nella decisione di effettuare o meno la biopsia della prostata.
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Nuovi marcatori biochimici potenzialmente utili per differenziare i tumori indolenti dai tumori
aggressivi
Al fine di distinguere accuratamente i tumori “innocui” dai tumori biologicamente e clinicamente
aggressivi e stratificare i pazienti alla sorveglianza attiva o al rapido trattamento, sono stati studiati
numerosi “promettenti” marcatori biochimici: PCA3, %fPSA, metilazione del DNA del promotore
di HOXD3, ecc.
PCA3 è un mRNA non codificante altamente specifico per la prostata, la cui produzione
aumenta fino a 66 volte nel tessuto tumorale della ghiandola (8) e che può essere amplificato
mediante RT-PCR dalle cellule prostatiche che passano nelle urine dopo esplorazione rettale della
prostata; il rapporto con l’mRNA del PSA consente di definire uno score che correla con la
probabilità di neoplasia prostatica alla biopsia, con il volume e con l’estensione extracapsulare del
tumore. I risultati di recenti osservazioni sull’utilità del PCA3, tuttavia, sebbene condizionati da
brevi periodi di osservazione, sono stati contrastanti e sono necessari ulteriori studi per stabilirne la
reale capacità di valutare la necessità della biopsia e/o di predire l’aggressività e la progressione
della neoplasia (9).
La metilazione del DNA nei promotori di alcuni geni ne causa il silenziamento ed è un
evento comune nello sviluppo e nella progressione del cancro. Recenti evidenze hanno dimostrato
livelli di metilazione del promotore del gene HOXD3 significativamente più elevati nei tumori
prostatici con score Gleason più alto, e la sua correlazione con lo stadio clinico e con la recidiva. A
causa del piccolo numero di pazienti valutati sono tuttavia necessari ulteriori lavori per stabilire sia
la rilevanza funzionale di HOXD3 nell’insorgenza e progressione del tumore della prostata che la
sua utilità clinica e la possibile valutazione su campioni di siero o urine (10).
Nel riferimento bibliografico (9) gli autori hanno valutato lo score PCA3 e i livelli di free
PSA (%fPSA) in 294 soggetti a partire dal 2007; mentre non hanno evidenziato differenze
significative dello score PCA3 tra i soggetti con progressione della neoplasia nelle biopsie
7
successive rispetto ai soggetti senza progressione (p= 0.13), hanno riscontrato una associazione tra
bassi valori di %fPSA e positività della biopsia per tumori e valori significativamente più bassi di
%fPSA nei soggetti con progressione (p=0.013) rispetto ai soggetti con neoplasia stabile.
Nell’U.O. di Medicina di Laboratorio dell’A.O. “Card G Panico di Tricase” abbiamo
eseguito una valutazione retrospettiva dei livelli di %fPSA in 128 soggetti che avevano eseguito la
biopsia prostatica in seguito allo screening con PSA, riscontrando una correlazione significativa tra
bassi valori di %fPSA con la positività della biopsia per adenocarcinoma e con score Gleason più
elevato (p< 0.01). Sarebbe interessante valutare se l’uso combinato di questi ed altri marcatori (ad
es. EPCA-2) con eventuali informazioni genomiche e/o proteomiche sia in grado di predire la
presenza di neoplasia
e stabilire con accuratezza la capacità evolutiva di tumori prostatici
individuati con lo screening.
Bibliografia
1) Jemal A, et al. Cancer statistics 2009. CA Cancer J Clin 2009; 59: 225-249.
2) Etzioni R, Feuer E. Studies of prostate-cancer mortality: caution advised. Lancet Oncol. 2008;
9:407-409.
3) Schroder FH et al. Screening and prostate-cancer mortality in a randomized European study. N
Engl J Med 2009; 360: 1320-1328.
4) Andriole GL et al. Mortality results from a randomized prostate-cancer screening trial. N Engl J
Med 2009; 360: 1310-1319.
5) Draisma et al. Lead time and overdiagnosis in prostate-specific antigen screening: importance of
methods and context. J Natl Cancer Inst 2009; 101: 374-383.
6) Wolf AMD et al. American Cancer Society Guideline for the Early Detection of Prostate Cancer:
Update 2010. CA Cancer J Clin 2010; 60: 70-98.
7) http://deb.uthscsa.edu/URORisckCalc/Pages/uroriskcalc.jsp
8) Hotakainem K et al. Will emerging prostate cancer markers redeem themselves? Clinical
Chemistry 2010; 56: 1212-1213
8
9) Tosojan JJ et al. Accuracy of PCA3 measurement in predicting short-term biopsy progression in
an active surveillance program. J Urol 2010 ; 183: 534-8
10) Kron KJ et al. DNA methylation of HOXD3 as a marker of prostate cancer progression. Lab
Invest 2010; 90: 1060-1067
Riassunto
Alla luce delle nuove linee guida dell’ACS la decisione di avviare e/o continuare lo
screening del tumore della prostata negli uomini con aspettativa di vita superiore a 10 anni deve
essere basato su scelte informate derivanti da attente valutazioni sui potenziali benefici e sugli
eventuali rischi dello screening. Per i soggetti che decidono di avviare lo screening è raccomandato
il dosaggio del PSA con o senza DRE e l’esecuzione di ulteriori procedure per valori di PSA
superiori a 4 ng/mL; per gli uomini con valori di PSA compresi tra 2,5 e 4 ng/mL è raccomandata
una valutazione personalizzata del rischio, sulla base di altri fattori personali e familiari.
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