Padiglione Messico: un dialogo tra l`arte precolombiana e l`arte

Padiglione Messico: un
precolombiana e l’arte
dialogo tra l’arte
contemporanea
L’esposizione curata da Erik Castillo include una selezione di antichi utensili da cucina
conservati nel Museo
Nazionale di
Antropologia di Città del
Messico.
La statua in pietra di Macuilxóchitl, risalente al periodo post­classico (1250­1521).
Non sarebbero esistite la musica, la danza e l’allegria senza la protezione del dio Macuilxóchitl, il
cui sguardo imponente rivive ora in una delle sale espositive del Padiglione Messico a Expo Milano
2015.
Una scultura in pietra risalente al periodo post-classico (1250-1521), appartenente alla cultura
tolteca ed è stata trovata a Teayo, nello Stato di Veracruz. Al momento è conservata nel Museo
nazionale di Antropologia di Città del Messico ed è la prima volta che viene esposta al di fuori.
La statua rappresenta il «Principe dei cinque fiori», Macuilxóchitl appunto, simbolo della fertilità
dell’epoca in cui la terra inizia a germogliare, nonché protettore del mais.
Ritorna così il seme, quel chicco di mais che è il filo conduttore del padiglione e dell’identità
culturale del Messico.
Nella sala del Livello 5 Macuilxóchitl - collegato dal culto a Xochipilli, altra importante divinità dialoga con tre sculture di pietra ossidiana intagliata, opere di un’artista contemporaneo, Jorge
Yázpik, che ha voluto riflettere sulla forma e il dinamismo dello spazio. Una pietra, l’ossidiana,
dall’alto valore simbolico nella
precolombiane, che incontra la
metafora dell’energia nel mondo di
tradizione e modernità.
L’insieme delle quattro
ciclicità della natura e il
miracolo
della
alla vita ma anche alla
tradizione
delle
culture
contemporaneità
e
diventa
oggi, ma anche ponte tra
opere rappresenta la
suo equilibrio, con il
germinazione connesso
morte.
I contenuti del Padiglione Messico rappresentano lo spazio naturale, il contesto sociale e
l’esperienza dell’alimentazione
a due livelli: come realtà con prospettive di sviluppo e come atto
L’opera Hacia un nuevo orden di Alejandro culturale senza tempo. Per Pintado. questo gli oggetti esposti esprimono la totalità del divenire del tempo
nella storia del Messico, e non un mero passaggio cronologico dalla civiltà precolombiana
all’attualità.
Così, nella sala del Livello 7, una selezione di utensili usati in cucina, antichi e moderni, sono la
testimonianza di questa vocazione.
I pezzi in argento, opera dell’artista Pedro Leites, sono parte della produzione di Tane, una delle
storiche imprese di argenteria della tradizione messicana. Altri pezzi sono una selezione del
Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico: tra questi il cántaro, la tipica anfora
utilizzata per l’acqua e anche come strumento musicale a percussione; la vasijas, recipienti per
liquidi e alimenti ancora molto diffusi in Stati come Tabasco o Yucatan; due mancerinas del XVIII
secolo, vassoi utilizzati per le tazze del cioccolato; e alcune pentole e altri utensili tradizionali.
Nell’opera di Alejandro Pintado,
Hacia un nuevo orden, realizzata
con una particolare tecnica di
acquarello e collage su carta in 19
diversi pezzi, rivivono alcune tra le
principali specie endemiche della
flora messicana. È il personale
omaggio
dell’artista
alla
biodiversità del suo Paese ma
anche un ricordo di naturalisti
come il tedesco Alexander von
Humboldt, che con i suoi studi e le
sue illustrazioni scientifiche rese
possibile identificare le numerose
specie endemiche di piante e animali del Messico, alcune delle quali uniche al mondo.
I quadri - situati al Livello 3 - sono un dialogo tra arte e scienza, nei quali Pintado introduce concetti
scientifici moderni - come la divisione cellulare - che evocano il dinamismo della vita, processo in
continua trasformazione.
Tra le opere esposte nel Padiglione un discorso a parte merita anche Árbol Nodriza di Daniel
Lezama, che occupa un’intera parete nella sala dell’Albero della Vita, al Livello 7.
Secondo il mito azteco di Chichihuacuauhco al di là della vita terrena esisteva un giardino fiorito,
un luogo di pace dominato da un immenso albero dai cui rami sgorgava latte puro. Era il paradiso
dei bambini morti, che si alimentavano bevendo dalle sue fronde.
Lezama – uno dei più importanti pittori messicani ed esponente di spicco della corrente naturalista
contemporanea – ha reinterpretato questo mito sostituendo i bambini con gli adulti, e il giardino
diventa così il simbolo dell’innocenza rinnovata.
Il quadro evoca lo stretto vincolo tra la natura, la germinazione e lo sviluppo della vita umana,
elementi di un ciclo eterno che si rinnova continuamente.
Contatti SEC – ufficio stampa Padiglione Messico:
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