Vivere borderline al di fuori della classe

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Vivere borderline al di fuori della classe
di Roberto Fini
Esiste una differenza importante fra le società pre – industriali e proto – industriali rispetto
alle società industriali e post – industriali che coinvolge direttamente la crescita delle persone:
mentre nelle prime le fasi della vita erano due – infanzia ed adultità – e queste fasi erano nettamente
separate e marcate da eventi “oggettivi” (menarca, ecc.), le società industriali hanno introdotto una
nuova fase – l’adolescenza – i cui contorni sono più sfumati ed entro cui si situano diverse fasi
vitali. Nelle società pre – industriali o anche semi – industriali, l’adolescenza non esiste o è ridotta
al minimo.
In genere il passaggio dall’infanzia all’età adulta è improvviso e segnalato all’individuo
e alla comunità da elementi “oggettivi” (menarca, ecc.). Nelle società industriali o post –
industriali, l’esigenza di un periodo di preparazione alla vita adulta e di formazione al lavoro
ha imposto un prolungamento della fase di passaggio.
Il passaggio si configura come una lenta transizione e non come un cambiamento netto.
Nelle società contemporanee si registra quindi la presenza di un alto numero di persone che
rientrano nella fascia adolescenziale. Gli adolescenti tendono ad elaborare una propria identità in
modo da “collocarsi” in maniera per loro coerente all’interno della comunità nella quale vivono.
D’altra parte, la loro identità è definibile solo nell’intreccio di contesti nei quali vino ed
agiscono; è possibile spiegare questa dinamica usando le categorie elaborate da Simmel all’inizio
del secolo. Simmel (cfr. G. Simmel, Sociologia, Edizioni di Comunità, 1989) ha descritto
l’intersecarsi delle cerchie sociali di appartenenza come una delle caratteristiche peculiari
dell’identità del suo tempo. Nei termini di Simmel, l’individuo trae gli elementi per la definizione
della sua identità proprio dai gruppi di appartenenza.
Le considerazioni di Simmel sono valide ancora oggi (forse più di ieri): “l’intersecarsi delle
cerchie sociali” da lui descritto si traduce nella circostanza secondo la quale l’identità di un
individuo non può più basarsi su un’unica posizione di status occupata dalla nascita, ma deve
fare i conti con tutti i sottosistemi funzionali nei quali
egli è inserito (familiare, economico, politico, ecc.).
Questo vale per qualsiasi individuo, ma in modo
particolare per gli adolescenti, perché il loro processo di
identificazione è complicato dalla molteplicità di ambiti
entro cui si trovano immersi e dalla “provvisorietà” della
loro fase di vita.
Il tentativo di recuperare una identità resa
difficile dalla complessità propria della modernità e
dall’”intersecarsi dei fasci sociali” porta le persone ad
elaborare una ritualità che in parte richiama abitudini,
valori, comportamenti propri delle società di tipo tribale.
È stato per questo coniato il termine neotribale.
Il termine neotribale si deve a M. Maffesoli (M.
Maffesoli, Il tempo delle tribù: il declino
dell’individualismo nelle società di massa, Armando,
1988). Molte manifestazioni che riteniamo tipiche
della modernità, in realtà richiamano abitudini e
La copertina dell’edizione originale
comportamenti di un passato lontano
inglese di Moderni Primitivi. Al momento
Il termine neotribale indica quel complesso di
della sua uscita il libro fece scandalo e ci fu
comportamenti umani che, attuati oggi, presentano
chi ne chiese addirittura il ritiro dalle librerie.
In realtà esso può rappresentare un preziosa
analogie con il passato e che si richiamano a forme
guida “dall’interno” di un mondo poco
sociali
“da
villaggio”.
Significativamente,
il
conosciuto e spesso liquidato in modo troppo
comportamento neotribale è stato anche definito come
sbrigativo come marginale ed esoterico.
quello tipico dei moderni primitivi (Cfr. Vale e Juno, Tatuaggi, corpo e spirito, Urra, 2000).
Possono costituire esempi di neotribalismo abitudini e comportamenti come la rinnovata
attenzione per il linguaggio del corpo, la concezione del corpo come contenitore di segni, i tatuaggi
e il piercing, le modificazioni corporee anche estreme, il moltiplicarsi dei rave party come situazioni
di trance o quasi – trance indotta dalla musica techno, ecc.
Già da tempo si assiste ad un vero e proprio boom nella diffusione fra adolescenti di
piercing e tatuaggi, tanto che non è azzardato parlare di un fenomeno che sta assumendo connotati
di massa. Su questo aspetto occorre interrogarsi in modo particolare: perché un numero crescente di
giovani decidono farsi un piercing e/o un tatuaggio?
La risposta più naturale ad una simile domanda è: “lo fanno per moda”. Forse non è una
risposta sbagliata. È molto peggio: è banale e ci fa affondare in uno di quei baratri di buon senso dai
quali è ben difficile uscire.
Perché è vero: c’anche una forte componente imitativa nella decisione di farsi un piercing o
di farsi tatuare la pelle, ma la poca letteratura a riguardo ci avverte che dietro simili decisioni c’è
una riflessione approfondita ed una concezione del corpo e del suo uso che non possono essere
liquidati come una pura e semplice questione “di moda”.
Già perché per l’adolescente, la presentazione della propria immagine ai coetanei o ad altri
significativi non è una questione banale: in particolare nei confronti dei pari, l’adolescente si trova
ad essere osservato da una giuria particolarmente severa, perché composta da altri da lui impegnati
nella stessa prova e che vivono le stesse difficoltà.
È essenziale per l’adolescente conquistarsi uno spazio nella considerazione degli altri:
chi non riesce a distinguersi è destinato alla peggiore delle condanne, cioè all’invisibilità, cioè
alla mancata nascita come
soggetto sociale.
Se questo è vero, allora
è facile comprendere come il
piercing e il tatuaggio
assumono connotati particolari
nel mondo giovanile: magari
vengono fatti solo per imitare
gli altri, per sentirsi parte di
un gruppo, magari si vuol far
colpo su una ragazza o su un
ragazzo, ma a sedici anni
queste sono questioni di
capitale importanza.
Quindi non possiamo
sottovalutare questo aspetto
perché in questo modo ci
priveremmo di strumenti
Il manifesto del Futurshow del 1999: la manifestazione di Bologna
rappresenta uno dei grandi successi di pubblico degli ultimi anni. La
essenziali per cercare di
stragrande maggioranza di esso è formato da giovani e giovanissimi.
comprendere il mondo degli
La dimensione virtuale non è la dimensione dell’inesistente, ma
adolescenti d’oggi: piecing e
quella che più facilmente rivela una parte nascosta del “reale”. Nel mondo
tatuaggio
hanno
una
virtuale emergono comportamenti nuovi, nuove forme sociali che si
importante
funzione
sviluppano in un ambiente in cui concetti come corpo, incontrarsi, luogo,
spazio, ecc. acquistano un significato diverso (ma non meno pregnante e
espressiva nei confronti di
“reale”) rispetto a quello consueto.
alcune parti o aspetti di sé che
l’adolescente teme possano
passare inosservati, restare in ombra; e che invece devono assolutamente essere presentati perché
garantiscono all’adolescente un debutto sociale appropriato, forniscono un’immagine del sé
adeguata ai nuovi ideali e non parziale o, peggio, anacronistica.
Ma, molto probabilmente, c’è di più, perché sia il piercing che il tatuaggio comunicano
appartenenza. Qui occorre essere molto precisi: fino a non molto tempo, a farsi tatuare erano alcune
categorie di persone ben determinate. Erano i carcerati o i marinai a decidere di veicolare attraverso
il proprio corpo messaggi che dovevano essere decodificati unicamente all’interno del gruppo di
appartenenza.
Come dicevamo, oggi il piercing o il tatuaggio rappresentano un fenomeno certo non
maggioritario, ma comunque diffuso e in crescita. La caratteristica più rilevante da questo punto
di vista è che si tratta di fenomeni ubiquitari, come si usa dire spesso oggi “trasversali”. Non è
più un gruppo ben determinato di giovani a decidere di differenziarsi attraverso il piercing o
il tatuaggio, ma si tratta di un comportamento che interessa gruppi con diverse
caratteristiche.
Anche dal punto di vista del genere, si tratta di comportamenti sempre più spesso
appartenenti sia agli uomini che alle donne: in particolare il tatuaggio, fenomeno fino a non molto
tempo fa tipicamente “maschile” ha ormai assunto connotati non più riferibili ai soli maschi.
Così, chi ritiene di poter circoscrivere l’uso di piercing e tatuaggi solo a determinate
“categorie”, socialmente individuate, sbaglia. Sbaglia perché assume una posizione pregiudiziale
che non tiene conto del diverso utilizzo delle appartenenze e delle simbologie che
contraddistinguono le generazioni attuali: come dice uno dei ragazzi intervistati da Pietropolli
Charmet, “ci sono persone totalmente diverse che fanno le stesse cose […] hanno piercing e
tatuaggi e colorano i capelli ma magari appartengono a posti diversi compagnie diverse non c’è
distinzione tra uomini e donne”.
Posti diversi, diverse compagnie: è come se uno stesso alfabeto venisse usato da gruppi
diversi, magari socialmente lontani, impermeabili uno rispetto all’altro. Si potrebbe affrettatamente
concludere che si tratti di un’anomalia sociale, ma sbaglieremmo. Perché vorrebbe dire cercare di
attribuire a questi comportamenti dei significati che esulino da quelli imprescindibilmente personali
che ciascuno attribuisce ad essi.
Sono comportamenti apparentemente uguali, alfabeti unici di un universo omologato; in
realtà, se anche è possibile rintracciare un unico “ceppo linguistico”, si tratta di dialetti diversi.
Insomma, piercing e tatuaggi uguali corrispondono a “tribù” diverse: lo stesso disegno in un punto
diverso del corpo, piccole differenze stilistiche che lo rendano più vezzoso o più rude, più ribelle o
più conformista fanno la differenza, “marcano” il territorio del sé e del sé rispetto agli altri del
gruppo.
Internet rappresenta un altro dei “luoghi sociali” che vale la pena di esplorare per cercare di
comprendere le nuove forme di socializzazione che interessano in modo particolare le giovani
generazioni.
Anche in questo caso il modello di Maffessoli facente riferimento al neotribalismo offre
spunti di analisi preziosi, perché alcune caratteristiche “tribali” sono particolarmente presenti in
rete: per esempio, l’enorme numero di siti web e newsgroup dedicati ad argomenti esoterici e
neopagani, la fortuna dei MUD ambientati tra stregoni e folletti, ecc.
Inoltre, rappresentano declinazioni tipicamente adolescenziali del neotribalismo esempi
quali il successo di film come The Blair Witch Project, di fumetti come Dylan Dog, la moda dark,
ecc.
Perché Internet rappresenta uno dei “luoghi” privilegiati nel quale possono manifestarsi
forme di socialità neotribale? Perché con ogni probabilità sono caratteristiche della socialità in rete:
•La sua dimensione “nomade”, “provvisoria”;
•La sua gerarchia, informale e fondata sulle competenze dimostrate all’interno del
gruppo e non legittimata da un’autorità esterna;
•L’accentuato dinamismo, che porta i gruppi a formarsi, disgregarsi, fondersi in modo
repentino e continuo.
La dimensione sociale di Internet mette in evidenza come quello che definiamo società
complessa o società dell’informazione non siano altro che modi convenzionali e provvisori per
nominare qualcosa che non conosciamo bene a fondo, ma che con ogni probabilità ha radici antiche.
Nelle società tradizionali i passaggi da una condizione ad un’altra sono definitivi e sono
quasi sempre segnalati da una ritualità elaborata; nelle società moderne i passaggi tendono a perdere
il loro carattere definitivo, sono sfumati e contraddistinti da una ritualità inferiore o assente.
Nelle società tradizionali i riti di passaggio segnavano la transizione da una condizione ad
un’altra; il passaggio era evidenziato dall’esistenza di codici cerimoniali molto elaborati e
formalizzati; in questo tipo di contesti sociali, i riti di passaggio sono costituiti dall’esistenza di un
limen che separa “il prima” e “il dopo”
Nelle società moderne l’esperienza liminare è sostituita da esperienze più “sfumate”, che
spesso si prolungano nel tempo: in questi casi si può far riferimento ad esperienze di tipo liminoide
nelle quali il “limen” è sostituito da un periodo prolungato nel quale l’individuo può contare su una
“fase di sospensione” durante la quale può fare esperienze molteplici senza subirne le conseguenze
che subirebbe se si trovasse in una fase precisa della sua vita.
Rappresentano casi particolari di esperienze liminoidi alche alcune forme di comunicazione
in rete come le chat, la partecipazione a giochi di ruolo, ecc.
L’adolescenza si configura come un periodo prolungato di sospensione delle
responsabilità, una moratoria che la comunità concede relativa alle conseguenze di molti degli
atti compiuti dai soggetti che vi appartengono.
Il moratorium è un “periodo di sospensione” nel quale le persone possono permettersi
di sperimentare cose nuove senza subirne conseguenze sociali troppo pesanti. Nelle società
antiche (ma anche in quelle contemporanee) forme di moratorium si avevano (si hanno) nelle
situazioni di gioco, nei carnevali, nelle performances teatrali, ecc.
Sono momenti di “sospensione
del reale”, situazioni nelle quali il
mondo “vero” viene messo tra
parentesi, è concesso “trasgredire”,
spesso seguendo una ritualità più o
meno elaborata: quello che non è
possibile fare o dire negli altri periodi
dell’anno, è concesso in questi
momenti.
Il concetto di moratorium è stato
sviluppato dallo psicanalista americano
E.H Erikson (cfr. E.H. Erikson,
Infanzia e società, Armando, 1987) per
interpretare alcuni dei comportamenti
dei giovani, ed è possibile utilizzarlo
Viene qui presentato uno semplice schema che illustra la
anche per spiegare le dinamiche che
differenza fra le società tradizionali e quelle moderne, per quanto
prendono le mosse dalla tecnologia on
riguarda il passaggio all’adultità.
line, ma che possono svilupparsi anche
off line (Cfr. S. Turkle, La vita sullo
schermo, Apogeo, 1997).
Nelle società contemporanee le forme di comunicazioni in rete, le chat, gli sms, ecc.
possono iscriversi fra le forme di moratorium. In effetti, le interazioni in rete potrebbero essere
considerate un nuovo moratorium, disponibile a tutte le età, che serve da fucina di
sperimentazione di molti comportamenti sociali, specie di quelli innovativi; in effetti, molte
delle nuove mode e delle novità culturali sembrano passare prima attraverso la rete per poi
diffondersi anche in altri settori della società.
L’idea della rete come moratorium presenta anche lati negativi, soprattutto nel caso di
giovani per i quali l’ampliamento delle possibilità e delle rappresentazioni simboliche (di cui le reti
costituiscono ottimi esempi) possono arrivare a sostituire le dimensioni fisiche dell’esperienza e
possono prolungare indefinitamente una condizione di irresponsabilità.
La scomparsa dei riti di passaggio che nelle società tradizionali marcavano nettamente ed
irreversibilmente la transizione all’età adulta – spesso anche attraverso l’esperienza del dolore
fisico, del confronto con la nostra natura mortale o quantomeno dei doveri sociali imposti dalla
comunità – nelle società moderne si accompagna ad un ampliamento smisurato del dominio
dei simboli e quindi offre all’individuo nuovi terreni di gioco e di sperimentazione, ma al
tempo stesso lo sottrae al problema di scegliere (“posso provare sia questo che quello”) ed alla
consapevolezza che molte delle sue scelte non sono in realtà irreversibili (“se non mi piace
posso sempre tornare indietro”): in un mondo sociale sempre più costituito da informazioni si è
meno consapevoli della fisicità della natura, della sua forza, a volte della sua violenza.
L’esperienza sospesa del moratorium sembra contrapporsi alla irreversibilità propria dei riti
di passaggio; in realtà è necessario notare che anche questi ultimi prevedono una fase di
“sospensione”, di distacco, nella quale l’individuo si sottrae provvisoriamente all’ordine sociale
quotidiano e si prepara a tornarvi con un ruolo diverso.
Il rito di passaggio realizza infatti le sue funzioni nelle società tradizionali attraverso i tre
momenti della separazione, del margine e della restituzione. Il momento del margine, del limen, è il
momento magico e temporaneo al confine fra due mondi, dove l’individuo che affronta il rito può
spogliarsi dei suoi vecchi abiti sociali per vestirne di nuovi.
Sia pure in modo diverso, l’esperienza del limen sopravvive anche nelle società nelle quali i
riti di passaggio hanno apparentemente perso di importanza. Nelle moderne società
dell’informazione l’interazione in rete può allora essere collocata tra questi momenti liminoidi, a
patto però che subentrino certe condizioni:
1. La possibilità di condurre interazioni anonime, o protette da uno pseudonimo, o
comunque che sia possibile porre dei filtri in grado di mascherare alcune o tutte le
caratteristiche dell’identità anagrafica;
2. La possibilità di circoscrivere in modo netto la propria partecipazione in rete, fino a
mantenerla nascosta a chi ci sta vicino: è il caso di chi usa la rete per motivi di svago,
divertimento, intrattenimento sociale, ecc. durante l’orario di lavoro o di studio; in
questi casi, la finestra dalla quale si sta chattando, si sta partecipando ad un gioco di
ruolo, ecc. sono facilmente mimetizzabili tra le altre finestre aperte;
3. La possibilità di cambiare facilmente i termini della propria partecipazione,
mutando i tratti della persona on line o persino proponendosi come una persona
completamente diversa.
Ipotizziamo che questi siano alcuni degli elementi che spiegano il grande successo presso i
giovani delle tecnologie informatiche, ma soprattutto dell’uso generalizzato che essi ne fanno. In
particolare hanno grande successo presso gli adolescenti alcuni aspetti dei new media più
spiccatamente “sociali”: e mail, chat, internet, sms.
Nelle società neotribali convivono (più o meno armoniosamente) molti clan dai
comportamenti ed atteggiamenti diversi: ognuno cerca di affermare la propria identità attraverso
linguaggi corporei diversi.
In particolare gli adolescenti (ma non solo loro) usano il linguaggio del corpo per
riconoscersi, per acquisire una dimensione che altrimenti sembra loro sfuggire, per
identificarsi; è possibile definire questo comportamento come oggettivazione del sé: il corpo
diventa esso stesso un modo per comunicare.
Benché
sia
comune
l’intento
diversificatorio, cambia in modo sostanziale il
modo di porsi di ciascun clan nei confronti degli
altri e della comunità nel suo insieme. I riti di
iniziazione sono presenti in alcuni gruppi
estremi (satanisti, ecc.), mentre invece è
comune a tutti la presenza di comportamenti,
atteggiamenti, “look”, ecc. che permettano la
diversificazione.
In alcuni casi si tratta di comportamenti
che pur essendo in grado di garantire la
visibilità della diversità non sono definitivi: da
questi “si può sempre tornare indietro”. Ne sono
esempi le mode, l’impegno politico, anche
alternativo, la goliardia, movimenti sociali come
gli Hippy, ecc.
All’estremo opposto ci sono le trasformazioni
definitive del proprio corpo, di cui piercing e
tatuaggi sono le forme meno cruenti e più
diffuse, ma che, passando attraverso la body art, arrivano ad eccessi tecnomutativi di cui anche la
chirurgia plastica fa parte. Ma, forse, questa è un’altra storia.
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