Sede Centrale Area tutela del danno alla persona 00198 Roma - Via Giovanni Paisiello 43 Telefono 06-855631 - Fax 06-85563286 Internet : http: //www.inca.it e-mail : [email protected] Roma, 16 settembre 2015 Prot. n. 101/2015/RS/rb Ai Coordinatori Regionali INCA Ai Direttori Provinciali INCA Alle Zone INCA Al Coordinamento Nazionale Area INCA Agli Specialisti Area INCA Alle Categorie Nazionali LORO SEDI All. 3 Oggetto: Legge 210/92 Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. 1. Retroattività dei termini di decadenza (Corte Cassazione Sezioni Unite 15352/2015 e 15353/2015). 2. Termine perentorio proposizione azione giudiziaria (Corte Cassazione Sezioni Unite 15687/2015). Sommario: 1) Il termine triennale di decadenza in caso di contrazione di epatite postoperatoria, opera anche nel caso in cui il contagio sia avvenuto in data antecedente l’entrata in vigore della legge n. 238/1997 che l’ha previsto e decorre da tale data. 2) Il termine di un anno per la proposizione del ricorso giudiziario è perentorio. 1 Care compagne, cari compagni La legge 210/92, come noto, prevede un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati. Nella sua prima stesura la norma indicava termini perentori per la proposizione della domanda solo in caso di vaccinazioni (3 anni) e infezioni da HIV (10 anni), termini che decorrono dal momento in cui l'avente diritto risulta aver avuto conoscenza del danno; mentre, nessun limite temporale era previsto, invece, nel caso di epatiti post – trasfusionali, introdotto, solo successivamente, dall’art. 1 legge n. 238 del 1997 (Modifiche ed integrazioni alla l. 25 febbraio 1992, n. 210), che ha esteso il termine perentorio triennale di decadenza anche ai soggetti emotrasfusi. Il non esplicito inserimento di termini decadenziali perentori ha comportato negli anni, in seno alla Cassazione, due diversi filoni interpretativi, contrapponendo la tesi del carattere ordinatorio della norma (10 anni) a quello perentorio (3 anni) per la proposizione della domanda. Con la sentenza 10215/2014 i giudici di merito ritengono che “una nuova legge non può essere applicata, non solo ai rapporti esauriti prima della sua entrata in vigore, ma anche a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita qualora l’applicazione determini il disconoscimento degli effetti, già verificatesi del fatto passato ovvero finisca per privare di efficacia, in tutto o in parte, le conseguenze attuali e future di esso”. In sostanza non trovano spazio le ragioni in base alle quali il termine decadenziale, previsto dalla normativa del 1997, avente carattere eccezionale, non riguarderebbe le ipotesi di epatite contratta in precedenza, poiché il diritto all’indennizzo a essa conseguente sarebbe già entrato nel patrimonio del danneggiato e, in quanto tale, andrebbe sottoposto all’ordinario termine di prescrizione decennale. Questo a significare che, qualora l’epatite post-trasfusionale sia stata contratta o si sia avuto conoscenza del danno prima della modifica normativa (28 luglio 1997), la domanda è proponibile nell'ordinario termine di prescrizione decennale, ovviamente, a decorrere dal momento in cui l'avente diritto ha avuto conoscenza del danno; se, invece, la conoscenza del danno è successiva all'entrata in vigore della legge 25 febbraio 1997 n. 238, si applica il termine triennale di decadenza dalla stessa prevista. Di tutt’altro tenore la sentenza di Cassazione 13355/2014 dove i giudici di merito, pur condividendo la tesi per cui l’introduzione di un termine di decadenza, da parte del legislatore, non può avere un effetto retroattivo, hanno ritenuto necessario: “Bilanciare da una parte la tutela dell’interesse del privato, dall’altra l’esigenza di garantire l’efficacia del fine sollecitatorio che la previsione del termine persegue”. Ponendosi in “consapevole” contrasto, affermano che il termine triennale di decadenza per il conseguimento della prestazione indennitaria per epatite post trasfusionale contratta antecedentemente alla L. del 25 luglio 1997, n. 238, decorre dall’entrata in vigore, ossia il 28 luglio 1997. Tale posizione trae origine dall’art. 252 (attuazione del codice civile), relativo all’abbreviazione dei termini, al quale, secondo la Corte di merito, va attribuito valore di regola generale: “quando per l’esercizio di un diritto il codice stabilisce un termine più 2 breve di quello stabilito da leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche all’esercizio dei diritti sorti anteriormente e alle prescrizioni e usocapioni in corso, ma il nuovo termine decorre dalla data di entrata in vigore della nuova legge”. Le due sentenze si pongono in posizione del tutto contrapposta e danno seguito, ciascuna di loro, a orientamenti giurisprudenziali che seppur in tempi diversi hanno avuto consistente seguito. Tale contrasto ha comportato l’intervento delle Sezioni Unite che con sentenza 15352/2015 confermano questo secondo orientamento, evidenziando che i principi generali dell’ordinamento in materia di termini impongono che in caso d’introduzione di un termine di decadenza che prima non era previsto, la relativa disciplina ha efficacia generale, con l’unica differenziazione riguardante il momento di decorrenza. Il termine di prescrizione triennale è dunque applicabile anche per i casi di contrazione di epatite post-operatoria anche precedenti al 1997, e parte dal momento in cui il paziente viene a conoscenza di soffrire della patologia. La Cassazione ha ulteriormente stabilito che questo termine si applica a tutte le domande presentate dopo la sua introduzione, avvenuta con legge 25 luglio 1997, n. 238, entrata in vigore il 28 luglio 1997. Qualora però la conoscenza del danno sia anteriore rispetto al 28 luglio 1997, i tre anni decorrono da quest’ultima data. Se la conoscenza è invece posteriore all’introduzione del termine, la richiesta è ammissibile solo se inviata o protocollata entro tre anni dalla conoscenza del danno. Sempre in tema di perentorietà dei termini, si è espressa la Cassazioni a Sezioni Unite con la sentenza 15687/2015. L’art. 5 comma 3 della legge 210/92 dispone:” E' facolta' del ricorrente esperire l'azione dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione”. Per legge, quindi, i termini per la proposizione del ricorso giudiziario sono un anno dalla risposta amministrativa al ricorso gerarchico o un anno e tre mesi, qualora tale risposta non sia stata fornita, dal ricorso gerarchico. Qualora, invece, il ricorso gerarchico non sia stato presentato, il termine è di un anno dalla notifica del verbale della Commissione Medica Ospedaliera (Cmo). 3 Sulla perentorietà dei termini si era già espressa la Cassazione (sentenza 21081/2007) chiarendo che in materia di legge 210/92 i termini sono di decadenza solo se la legge lo dichiara espressamente e prevedendo la norma una “mera facoltà” il termine deve intendersi ordinatorio e non perentorio e, pertanto, vale la prescrizione ordinaria del diritto di dieci anni. Nel 2012 la Cassazione (sentenza 1272/2012), ribaltando il precedente pronunciamento, indica come perentorio il termine annuale per la proposizione del giudizio: “la ratio del disposto dell'art. 5 della legge n. 210 del 1992 sia quella di limitare nel tempo il riconoscimento del diritto all'indennità rivendicata dal ricorrente”. E’ evidente che si consideri che essa risponde all'interesse della collettività di non procrastinare nel tempo le decisioni in relazione a domande- come quella in oggetto- il cui esame ed il cui giudizio sulla fondatezza devono scontare, oltre al tempo per l'esame in sede amministrativa del ricorso (nel caso in specie i tempi previsti dall'art. 3 della legge n. 210 citata), anche quelli davanti al giudice ordinario”. Chiamate in causa le Sezioni Unite con sentenza n. 15687/2015, hanno definitivamente chiarito che il termine di un anno previsto dall’art. 5 comma 3 della legge 210/92 ha natura perentoria, sottolineando, inoltre, che nel citato articolo il legislatore ha indicato in modo “rigido” i tempi in cui deve essere espletato tutto l’iter, fino alla proposizione del ricorso giudiziario. Un’eventuale opposizione al decreto del Ministero della salute, che rigetta la domanda d’indennizzo, dovrà, quindi, essere impugnata avanti al giudice ordinario entro un anno dalla sua ricezione. Cari saluti p./Il settore (Roberto Scipioni) p./il Collegio di Presidenza (Silvino Candeloro) 4