SETTIMANA 20-2012 v88:Layout 1 15/05/2012 13.35 Pagina 11 AGESCI: il silenzio e la chiacchiera C onfesso subito che sono estimatore della proposta educativa AGESCI e testimone, in molte occasioni, della vitalità anche ecclesiale dell’associazione. Quando surfeggiando sul web ho incrociato le boe ancorate alla notizia che “i capi scout gay sono un problema” mi sono tuffato per capire. Il risultato della “pesca” è stato mortificante. La notizia veniva riportata con titoli dal pietistico al canzonatorio, il contenuto, tanto somigliante da far pensare a un pigro copia-e-incolla da agenzia: citazione delle medesime frasi, rara contestualizzazione, nessun approfondimento. È comprensibile il comunicato stampa AGESCI, che invita a voler conoscere almeno il contorno, se non il contenuto della notizia. «È stato avviato in AGESCI un passo di studio sul tema dell’omosessualità. Lo abbiamo fatto con il convegno del 12.11.2011, ascoltando tre relatori e avviando una riflessione aperta e non discriminatoria, in linea col metodo scout che allena a conoscere, ad accogliere, a valorizzare le persone, a essere testimoni del messaggio cristiano. Abbiamo pubblicato gli atti di quel convegno (alla fine di aprile; di qui il lancio della “notizia”, ndr). ... Ogni sintesi forzata, o attribuzione agli atti del convegno della natura di linee guida, è dunque impropria e fuorviante. La riflessione dell’Associazione sul tema dell’omosessualità prosegue». Il convegno 2011 Il seminario di studio «Omosessualità: nodi da sciogliere nelle Comunità capi. L’educazione sessuale fra orientamento sessuale e identità di genere» è stato organizzato dalla redazione di Scout - Proposta educativa. Gli atti riportano integrali (slides comprese) gli interventi dei tre relatori (Francesco Compagnoni, Manuela Tomisich, Dario Contardo Seghi)1 e le sintesi dei lavori nei gruppi. Il seminario è stato organizzato come il «primo passo di un non facile cammino... partendo dalla constatazione che all’interno del vasto tema dell’educazione all’affettività di cui l’Associazione si è a più riprese occupata, poco o nullo spazio era stato dato allo specifico problema dell’omosessualità». Si tratta, dunque, dell’avvio di un processo di discernimento, non della definizione delle “linee guida” dell’associazione sul tema. Fosse pure discutibile quanto emerso in convegno, andrebbe comunque letto come istruzione della questione, ipotesi di lavoro, non tesi. Il quesito di fondo chiede, dunque, come gestire in termini educativi l’omosessualità propria o altrui, sia in riferimento al soggetto che la sperimenta, sia in riferimento al ruolo che è chiamato a svolgere in associazione. Padre Compagnoni ha dato conto dell’insegnamento della morale cattolica, e dei suoi argomenti, facendo perno sul dettato del Catechismo della Chiesa cattolica (parr. 2357-2359), il quale afferma che: 1) la Scrittura presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni e gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e in nessun caso possono essere approvati; 2) le persone che sperimentano tendenze omosessuali devono essere accolte con rispetto, passione e delicatezza; 3) le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Lo stesso Compagnoni pone in risalto che «la morale non sono le regole», e anche in riferimento all’omosessualità non si tratta anzitutto di stabilire cosa non sia lecito, quanto «chiedersi in che modo un cristiano raggiunga la santità attraverso questa condizione». Un approccio che non trova grande sostegno nel CCC2 (e qui non è più Compagnoni a parlare), dove la castità è svilita ad astinenza. Tutti sono chiamati alla castità, non solo le persone omosessuali, perché castità è il nome del progetto cristiano sulla sessualità. Castità può contenere astinenza, ma la supera ampiamente. Cosa direbbero i religiosi se sentissero che il voto di castità si esaurisce nell’astinenza? Inaccettabile perfino all’interno di una lettura ascetica della vita religiosa. La domanda è dunque come vivere la castità nella condizione esistenziale che mi trovo a vivere o che ho scelto di vivere. La sessualità non è riducibile alla genitalità e nemmeno alla sola corporeità, ma non può essere pensata senza il corpo. Ha dimensioni psicologiche, spirituali e anche una dimensione sociale che non può essere negata senza impoverimento oggettivo: sostiene e modella le relazioni, oltreché dare futuro nella prole. Tutto concorre a far cresce la persona nella sua identità, che è anche di genere, ma, ben oltre, sempre del tutto singolare. L’educazione non definisce l’identità di una persona, ma contribuisce a modellarla. Di qui la valutazione che «le persone omosessuali adulte nel ruolo di educatore... costituiscono per i ragazzi loro affidati un problema educativo», non perché siano meno capaci (spesso sono anzi dotati di sensibilità eccellente), ma quando presentano la pratica dell’omosessualità come una possibilità positiva. L’in-differenza, in una relazione educativa, è sempre una carenza, qualunque sia l’aspetto della persona in gioco. Che fare quando l’orientamento omoaffettivo emerge nell’età rover/scolte (prima di potersi candidare a capi)? A differenza di quanto la stampa gli ha pedissequamente attribuito, Compagnoni non invita a inviare il ragazzo/a da uno psicologo; piuttosto invita gli educatori a farsi aiutare da un pedagogista, per saper prendersi cura della singola persona, caso per caso, senza ricette generaliste, né psicologiche né morali. E, soprattutto, senza chiudere gli occhi davanti al vissuto dei ragazzi. «Non si può semplicemente evitare il problema non affrontandolo». Insegnare e consegnare La prof. M. Tomisich – non è scout – ha centrato il suo intervento su quel «compito impossibile» (Freud) che è l’educazione. Essa si muove entro un campo magnetico in tensione fra identità personale e sociale, individuazione e differenziazione, insegnare e con-segnare (agire insieme, riconoscendosi in un segno). La riflessione avviata dall’AGESCI sulle implicazioni reciproche fra orientamento sessuale e progetto educativo solleva un giusto dibattito, al netto del commento scandalistico. Porre al centro il bene dei ragazzi. “Educare” (ex-ducere) e “scegliere” (ex-eligere) sono anche semanticamente allacciati e insieme marcano esattamente la maggiore debolezza del nostro tempo: l’incapacità di educare, l’indisponibilità a scegliere. Ciò che compromette la generatività parentale e sociale, anche là dove la coppia eterosessuale è capace di generatività biologica. Chi assolve un ruolo educativo è esposto a fragilità comuni all’etero e all’omosessuale, per quanto sia più problematico, per quest’ultimo, dare la propria testimonianza. Il dott. D. Contardo Seghi ha insistito sulla “capacità di relazione” quale requisito primario per un ruolo educativo. La relazione è veicolo e contenuto. In riferimento all’orientamento sessuale, si deve valutare quanto indebolisca la capacità di relazione in genere e, nello specifico di una relazione educativa, la capacità di mettere al centro il ragazzo e non se stessi. «Il capo deve essere fratello maggiore. Sia egli eterosessuale o omosessuale... è un capo affetto da protagonismo? La differenza sta nel fatto che il capo fratello maggiore propone, mentre il capo affetto da protagonismo impone o seduce e i due comportamenti sono profondamente diversi. Il capo fratello maggiore accompagna, il capo affetto da protagonismo guida, il capo fratello maggiore testimonia, il capo affetto da protagonismo si esibisce». Contardo Seghi ha condotto un’argomentazione saldata alla proposta educativa AGESCI, spiegando le ragioni di alcune scelte, come la divisione dei reparti fra maschile e femminile quando nel percorso dello sviluppo identitario si manifesta la necessità di relazioni omoaffettive. La discriminante sta appunto nella scelta di porre al centro il bene dei ragazzi e non i dettati ideologici e nemmeno le opinioni maggioritarie. Corale, anche dai lavori di gruppo, la conferma della necessità di sottrarre il tema al tabù del silenzio, nonostante i timori di scivolare addosso a qualche idola tribus che lo nega come problema. L’“accoglienza” riservata dalla stampa al percorso – solo iniziato – dell’AGESCI lascia il sospetto che, pregiudizialmente, non si sia interessati a ciò che la comunità cristiana voglia dire, ma a delegittimare la stessa competenza a intervenire su questi temi. Marcello Matté 1 F. Compagnoni, domenicano, è assistente ecclesiastico nazionale del MASCI (Movimento adulti scout cattolici italiani), docente di teologia morale alla Pontificia università S. Tommaso di Roma. M. Tomisich è psicologa-picoterapeuta, docente di teorie e tecniche della mediazione familiare presso l’Università cattolica di Milano. D. Contardo Seghi è psicologo e psicoterapeuta, libero professionista, responsabile dell’AGESCI per la zona di Ferrara dal 2003 al 2009. 2 «Per chi volesse approfondire – dice Compagnoni – suggerirei di andare oltre il CCC, che è una cosa schematica. ... Potete leggere un libro... che è molto buono di Maurizio Faggioni, Sessualità, matrimonio, famiglia, EDB, Bologna 2010». settimana 20 maggio 2012 | n° 20 etica 11