Via alla riqualificazione del Lombroso e alla nascita del Museo

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COMUNE DI REGGIO EMILIA
Ufficio Stampa
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Giovedì 12 giugno 2008
Via alla riqualificazione del Lombroso e alla nascita del Museo nazionale
della Psichiatria – Una convenzione tra Comune e Ausl permette l’avvio
dei lavori
Iniziano a settembre i lavori per la realizzazione del Museo nazionale della Psichiatria nei
locali del Lombroso, uno degli antichi padiglioni dell’ex ospedale psichiatrico San Lazzaro.
L’intervento rientra nel piano di riqualificazione pianificato dall’Amministrazione
comunale per l’area ex San Lazzaro, individuato come uno dei sette poli d’eccellenza del
tessuto urbano. Il Comune di Reggio e l’Azienda sanitaria locale, proprietaria dello stabile,
hanno firmato una Convenzione che dà il via libera alla nascita del centro e agli interventi di
riqualificazione che da qui a due anni restituiranno l’area alla città e renderanno
pubblicamente fruibile un patrimonio di pregevole valore architettonico e di grande valenza
sociale e culturale.
“Reggio ha storicamente costituito un’eccellenza rispetto alla ricerca sulla psichiatria – ha
detto oggi il sindaco Graziano Delrio presentando la Convenzione e il progetto di
riqualificazione del Lombroso – Con questo intervento recuperiamo una parte della
memoria della nostra città e restituiamo il Lombroso, uno dei padiglioni più evocativi
rispetto alla storia del San Lazzaro, alle sue funzioni di ricerca e riflessione sulle malattie
mentali. Questo intervento fa parte di un più ampio progetto, già in corso, di creazione del
campus del San Lazzaro quale sede universitaria di numerose facoltà, tra cui quelle legate ai
corsi sanitari”.
“Per salvaguardare la valenza storica dell’edificio – ha detto l’assessore ai Lavori pubblici
Carla Colzi – abbiamo lavorato a un progetto costruito insieme alla Sovrintendenza ai beni
architettonici che porterà all’apertura del cantiere a settembre 2008 e ci consentirà di aprire
il Museo della psichiatria nel 2010”.
“Quello del Lombroso – ha proseguito Gaddo Maria Grassi dell’Ausl reggiana –
costituisce un patrimonio architettonico e di documentazione scientifica senza pari in Italia,
composto da oltre 15mila testi, cartelle cliniche, lettere, disegni dei pazienti e strumenti di
contenzione, che verranno resi fruibili al pubblico per lo studio delle pratiche psichiatriche
di ieri e di oggi. Il Lombroso, che un tempo costituiva il manicomio nel manicomio, la parte
più chiusa e inaccessibile del San Lazzaro, poiché ospitava i pazienti più pericolosi,
diventerà infatti uno spazio aperto alla città, dove creare occasioni di confronto e di
riflessione”.
“Lo stesso edificio – ha continuato Elisabetta Farioli, direttrice dei Musei civici –
costituisce un museo di per sé, perché nella sua architettura, attraverso le celle e gli stanzoni
che saranno resi accessibili al pubblico, racconta la storia di questo luogo e delle persone
che ospitava”. All’incontro di presentazione ha partecipato anche il senatore Alessandro
Carri, presidente del Centro di documentazione della psichiatria del San Lazzaro, che ha
sottolineato come “la nascita del Museo della psichiatria costituisce un’iniziativa che
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Piazza Prampolini, 1 – 42100 Reggio Emilia – Tel. 0522 456390 / 456840 – Fax 0522 456677
sito Internet www.comune.re.it / e.mail [email protected]
consente la valorizzazione della legge Basaglia per la chiusura dei manicomi, una legge
unico nel suo genere in Europa e nel mondo che, come tale, va difesa”.
L’accordo prevede da parte del Comune di Reggio la progettazione esecutiva, la
realizzazione dei lavori e il collaudo dell’opera per un investimento di 3 milione e 100mila
euro, di cui 2 milioni già stanziati dal Ministero per i Beni e le attività culturali; da parte
dell’Ausl reggiana l’impegno a vincolare l’utilizzo dell’immobile quale sede del Museo
della psichiatria, a cedere al Comune lo stabile in comodato d’uso gratuito per un periodo di
29 anni rinnovabili, a conferire gratuitamente al museo i beni che documentano la vita
dell’ex istituto psichiatrico – strumenti di contenzione e terapia, materiali del laboratorio
scientifico, documenti dell’archivio clinico, opere realizzate dai ricoverati - perché ne
costituiscano il patrimonio espositivo. Entrambi i soggetti si impegnano inoltre a
collaborare per l’allestimento della sede museale.
Il piano terra dell’edificio ospiterà, oltre a una biglietteria, punto informazioni, un
guardaroba e i servizi, numerosi spazi espositivi ricavati sia nelle ex celle che nei grandi
corridoi che componevano le due ale dell’ex manicomio. Al primo piano verranno realizzati
uffici, una sala studio, una sala per riunioni e proiezioni e un’ulteriore sala espositiva, oltre
ai servizi e a uno spazio ristoro. La riorganizzazione degli esterni prevede il recupero di un
doppio cortile: un primo, immediatamente vicino all’edificio, arredato con panchine tavoli e
delimitato da quello più ampio, destinato a verde, tramite una recinzione metallica che
ricorda il muro di cinta e le guardiole abbattute negli anni Settanta.
La Convenzione fa seguito all’approvazione del Protocollo definitivo – siglato da Comune e
Provincia di Reggio, Ausl, Ministero per i Beni e le attività culturali, Università di Modena
e Reggio - con cui l’Amministrazione comunale si è impegnata nella redazione di un
Programma di riqualificazione urbana (Pru), per definire l’assetto complessivo dell’ex
istituto San Lazzaro, in vista di una sua trasformazione a Campus universitario. Il piano di
riqualificazione prevede il recupero dei padiglioni, in parte risalenti a fine Settecento-inizi
del Novecento, un tempo occupati dai reparti dell’Istituto neuropsichiatrico, e del parco in
cui sono collocati. Sei padiglioni sono già stati restaurati e riqualificati con le autorizzazioni
della Sovrintendenza, poiché l’area è tutelata da vincolo conservativo. Il Campus, che ospita
già i corsi di cinque facoltà scientifiche, accoglierà lo studentato con laboratori, alloggi,
mensa e servizi per studenti, ricercatori e docenti. Dal 1217 l’area fu stata destinata
all’accoglienza e cura di poveri e ammalati. Dal 1754, fu destinata a ospedale. Nella
seconda metà del Novecento, con la progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici, il San
Lazzaro è divenuto sede di scuole medie superiori e poi di Università.
Per la riqualificazione complessiva dell’area il Comune ha già stanziato 2,5 milioni di euro
per l’urbanizzazione degli oltre 390mila metri quadrati di superficie dell’area e in
particolare la riorganizzazione del verde, il recupero e la valorizzazione del parco storico, la
creazione di infrastrutture (viabilità, parcheggi, accessi) a servizio delle facoltà universitarie
e del museo. Oltre alla riqualificazione del verde esistente, si prevede la piantumazione di
97 aceri in doppi filari lungo i nuovi percorsi di penetrazione, 135 peri e 31 querce lungo
l’asse dei parcheggi. Verranno inoltre create nuove recinzioni verdi realizzate con una
doppia siepe in viburni per una lunghezza di 740 metri complessivi (corrispondente a circa
1480 nuovi arbusti).
L’area San Lazzaro sarà collegata alla città anche dalla linea di metropolitana di superficie
in costruzione. Alla stazione della metropolitana si potrà accedere dal Campus attraverso un
sottopasso alla ferrovia Milano-Bologna.
La storia del Lombroso
L’edificio, progettato nel 1891, in origine era chiamato Casino Galloni, dal nome del primo
medico direttore dell’istituto San Lazzaro, ed era destinato ai malati cronici tranquilli.
Con l'introduzione della legge 1904 "sui manicomi e sugli alienati", che rendeva
obbligatoria l'istituzione presso i manicomi di una speciale "sezione" d'isolamento per
"pazzi criminali dimessi" e "detenuti alienati", il Casino Galloni venne ampliato e
trasformato in quella che diventerà, dal 1910, la "Sezione Lombroso".
Questa ospiterà una settantina di reclusi e, a partire dal 1923, accoglierà anche pazzi
criminali condannati a pene di breve durata. Proprio per la pericolosità dei reclusi, verranno
costruiti due muri per dividere il cortile in due spazi, adibendone uno di questi ai malati più
gravi. Dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948 la struttura ospitò, tra gli altri, il pittore
Antonio Ligabue.
Solo nel 1972, prima che venga varata la “legge Basaglia”, l'edificio viene definitivamente
abbandonato e considerato inutilizzabile ed il suo muro di cinta abbattuto.
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