Pontificia facoltà teologica dell’italia meridionale ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “G. DUNS SCOTO” NOLA DIDATTICA GENERALE La progettazione educativa 1.Riforme in atto e bisogno di un nuovo modello organizzativo. La richiesta di un nuovo modello didattico organizzativo che viene dalle riforme in atto nella scuola ha come conseguenza l’attuazione di una rivisitazione dell’ispirazione culturale pedagogica alla base del processo e di una revisione delle modalità di progettazione. Il modello di cui si parla presenta due aspetti: uno propriamente didattico e uno organizzativo; essi devono corrispondersi ed incrociarsi uniformandosi alle scelte di fondo e ai principi che ispirano i dispositivi legislativi. Le scuole utilizzano tre strategie per affrontare tale immane compito. Una prima riguarda la tendenza ad intervenire per via di aggiustamenti, che permettono all’istituzione di rinnovarsi senza tradire il patrimonio di esperienze accumulato. E’ da dire però che tale soluzione porta con sé anche un aspetto negativo dovuto al rischio di frammentazione e di sfilacciamento delle finalità di base. Una seconda strategia accoglie il cambiamento quando le novità sono ormai diventate prassi; in questa maniera la prospettazione di soluzioni avviene non sulla scorta di un lavoro personale di ricerca della scuola, ma sul tentativo di attendere la ricomposizione degli equilibri. Una terza strategia assume come compito la ricerca delle soluzioni e la messa a sistema delle componenti del dispositivo didattico che maggiormente hanno bisogno di cura e di ricomposizione, mantenendo così la fedeltà ai principi del Dpr 275/99 sull’autonomia, che conferisce alle scuole ampi margini decisionali. 2. Dalla programmazione alla progettazione. Una scelta pedagogica importante, attraverso la quale scegliamo il tipo di organizzazione, è quella di abbandonare la logica di programmi, il cui scopo è di sviluppare un discorso sui saperi disciplinari e le acquisizione delle conoscenze, per sposare la logica della progettazione che più di ogni altra si presta alla individuazione di forme di personalizzazione dell’insegnamento, il cui scopo è la formazione della persona attraverso l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità disciplinari. Mentre la programmazione è basata su una struttura temporale, le cui sequenze diacroniche discendono in maniera rigida da premesse stabilite dall’insegnante, la progettazione svolge il suo percorso in maniera quasi sincronica, ovverosia dando spazio alle continue sollecitazioni provenienti dal soggetto in apprendimento, che ritrova se stesso mentre impara. La progettazione assume come centrale non il contenuto, ma la persona che lo apprende, pertanto diventa importante la ricerca e la individuazione dei bisogni formativi relativi alla persona. In questo caso la finalità primaria è quella di promuovere e favorire il processo evolutivo della persona, regolando la sequenza progressiva degli apprendimenti in direzione delle necessità di aderire ai tempi, alle circostanze e ai modi di chi apprende ed evitando qualsiasi ricorso a criteri astratti e uniformi. Ciascun alunno diventa la misura che determina la successione dell’apprendimento in base anche ai propri modi di studiare e alle motivazioni che lo conducono allo studio. Si può affermare che mentre la programmazione si svolge in un contesto attento all’insegnamento, la progettazione si svolge in un contesto più attento all’apprendimento. La progettazione si colloca all’interno delle scelte didattico educative alla base dell’istituzione scolastica, tenendo presente la scansione di un intero anno scolastico, che permette di affrontare ogni questione in maniera globale e flessibile; aprendosi al territorio di cui recepisce le istanze da trasformare in bisogni formativi e di cui valorizza le risorse culturali, professionali ed umane. 1 Didattica generale: la Progettazione - a cura del prof. Michele Montella 3. Il Piano dell’Offerta Formativa. L’azione progettuale ha inizio dalla ricognizione delle esigenze formative degli studenti, delle famiglie e del territorio, dei bisogni organizzativi e delle risorse. Il Piano dell’Offerta formativa, che descrive il processo progettuale, muove da una rilevazione concreta dei bisogni1, a partire da una puntuale e non generica descrizione del contesto socioculturale e da un’analisi attenta e dettagliata delle caratteristiche personali dei singoli alunni. Esso descrive il processo bottom up (dal basso in alto) e non top down (dall’alto in basso), cioè muove da un’indagine che tocca tutte le caratteristiche di un soggetto in crescita educativa, perché solo tale azione concertata e condivisa può raggiungere come risultato un piano personalizzato di apprendimento. L’attenzione viene rivolta alla persona dello studente, portatore di diritti e interlocutore privilegiato dell’organizzazione scolastica; solo in un secondo momento si passa alla classe, intesa come gruppo compatto di alunni. L’azione educativa deve essere concertata con tutti i protagonisti del processo educativo in maniera da distribuire i carichi di responsabilità, la gestione delle problematiche, la valorizzazione delle risorse in maniera equa e cooperativa. Il lavoro intenzionale e sistematico di esplorazione dei bisogni formativi richiede, inoltre, un impegno continuativo di precisazione degli obiettivi formativi da perseguire per la formazione cognitiva, disciplinare, affettiva e civile. Per raggiungere questi obiettivi bisogna organizzare una didattica flessibile, che sia rispettosa, sia delle esigenze formative, sia e soprattutto dei ritmi, degli stili e dei livelli apprenditivi e formativi dei singoli alunni. Si tratta di modificare orari o calendari, di sperimentare nuove forme di raggruppamento di alunni, di lavorare a forme d’insegnamento laboratoriale in relazione alle esigenze dei singoli alunni e funzionalmente all’organizzazione dei Piani di lavoro. Parlare di bisogni formativi, di apertura al territorio, di ascolto delle esigenze familiari vuol dire in sintesi introdurre un principio di realtà nella progettazione, che si nutre della ricognizione di tutte le risorse di cui la scuola dispone, comprese quelle finanziarie, di esperienza e di competenza. Tale principio è presente nell’assunto della Carta dei Servizi, quando opera una distinzione tra qualità dell’offerta e adeguatezza dell’offerta2; ci può essere un’offerta di valore e di grande prestigio, senza che però essa sia veramente adeguata ad una domanda magari più modesta, ma che chiede all’istituzione una concreta attenzione. Il Piano dell’Offerta Formativa è dunque il vero documento della identità culturale delle singole scuole, che esplicita la lo progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa. Il piano oltre ad essere coerente con gli Obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi ed indirizzi di studio determinati a livello nazionale, dovrà riflettere le esigenze della realtà locale e del suo contesto culturale, economico e sociale, e terrà conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. In esso le istituzioni scolastiche “concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere ed alla crescita educativa di tutti gli alunni, adottando con libertà progettuale tutte le modalità organizzative coerenti con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio. Un ruolo determinante è svolto, nel POF, dalla determinazione, da parte delle scuole, del curricolo obbligatorio, inteso come concreto percorso formativo ed educativo individuato per gli alunni. Di tale curricolo una serie di discipline e di attività e il relativo monte ore sono definiti dal Ministro e cioè dal “centro” del sistema di istruzione e costituiscono la “quota nazionale” del curricolo medesimo, mentre un’altra quota è determinata liberamente a livello locale dalle scuole autonome, con le relative discipline ed attività corrispondenti ad un certo monte ore. 1 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 art. 8 comma 4 "La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate" . 2 DPCM 7 giugno 1995 - Schema generale di riferimento della "Carta dei servizi scolastici" 7 Area Didattica 7.1 La scuola, con l’apporto delle competenze professionali del personale e con la collaborazione ed il concorso delle famiglie, delle istituzioni e della Società civile, è responsabile della qualità delle attività educative e si impegna a garantirne l’adeguatezza alle esigenze culturali e formative degli alunni, nel rispetto di obiettivi educativi validi per il raggiungimento delle finalità istituzionali. 2 Didattica generale: la Progettazione - a cura del prof. Michele Montella L’integrazione tra quota nazionale del curricolo e quota riservata alle scuole garantisce il carattere unitario del sistema di istruzione e valorizza il pluralismo culturale e territoriale. 4. Dall’Osservazione didattica agli Obiettivi. All’interno della Progettazione la parte più importante riguarda il processo della conoscenza e i modi che lo rendono concreto e praticabile. Da questo punto di vista grande importanza riveste l’osservazione didattica. All’Osservazione segue l’individuazione degli obiettivi, che si chiamino formativi o di apprendimento, conservano alcune caratteristiche precise che vanno ben definite. L’obiettivo è la definizione il più possibile puntuale e quantificabile di un comportamento futuro da osservare. Riguarda le conoscenze, le regole, gli atteggiamenti, le dimensioni della personalità dell’alunno che si vogliono sviluppare e la definizione di come un allievo dovrebbe comportarsi al termine di un’esperienza di apprendimento. L’analisi degli obiettivi viene effettuata attraverso indicatori comportamentali validi ed osservabili. Essi sono i protagonisti della progettazione educativa in quanto rappresentano i termini per riportare ad unità il processo educativo dalla definizione dei fini alla realizzazione dei fini, fino alla valutazione del processo. Secondo il tempo e la determinazione degli scopi possiamo distinguere: obiettivi finali, riferiti ad una filosofia dell’uomo e della società; obiettivi a lungo termine, nell’arco di un tempo definito, al termine di un processo, con precise limitazioni del campo di azione e infine obiettivi intermedi. Nel Curricolo gli obiettivi formativi vengono abbinati alle competenze (art. 13 del Regolamento dell’Autonomia) e sono attinenti allo sviluppo delle conoscenze, delle capacità e delle abilità di base e delle capacità relazionali e di orientamento. Più tardi si è preferito usare il termine di Obiettivo di Apprendimento intendendo con esso l’individuazione di un intero di apprendimento, che abbia lo scopo di coniugare il fine formativo, cioè la trasformazione delle capacità in competenze, con lo scopo dell’istruzione cioè l’acquisizione di conoscenze ed abilità. L’obiettivo è raggiungibile solo attraverso un’accurata analisi della situazione di partenza di ciascun alunno, senza per questo confrontarlo con gli altri. Per definirlo ci servono tassonomie cioè repertori organizzati secondo la struttura mentale della conoscenza umana che segue tappe cognitive, affettive e psicomotorie. Gli elementi di una tassonomia cognitiva possono essere sintetizzati secondo questa sequenza processuale: conoscenza – comprensione – applicazione – analisi – sintesi - valutazione (tassonomie di Bloom – Cagnè – Meril). Gli elementi di una tassonomia affettiva possono essere sintetizzati secondo questa sequenza processuale: ricezione – risposta – valutazione – organizzazione – caratterizzazione di un valore, sistemazione organica dei valori (tassonomia di Krathwoll). Gli elementi di una tassonomia psicomotoria possono essere sintetizzati secondo questa sequenza processuale: movimenti riflessi – movimenti di base – abilità percettive – abilità fisiche – movimenti specializzati – comunicazione non verbale (tassonomia di Harrow). Unità didattica e Unità di apprendimento. L’UD consiste nella scansione ordinata di argomenti relativi alle singole discipline, nelle unità si specificano i contenuti, gli obiettivi, gli strumenti e i metodi per il raggiungimento degli stessi. La programmazione, distribuita secondo un ordine diacronico, diventa così il contesto didattico in cui si costruisce l’UD, senza agganci con le altre discipline e senza curare le tipologie di apprendimento del docente. I decreti legislativi conseguenti alla Legge 53/2003, “Riforma Moratti”, hanno introdotto sul piano normativo le unità di apprendimento, la cui ratio risale alle pedagogie dell’attivismo, a cominciare da Rousseau per arrivare alla Montessori fino all’Attivismo dei secoli XIX e XX. L’Unità di Apprendimento, prende in considerazione, come unicum integrato, la struttura logica ed epistemologica della disciplina, la struttura cognitiva degli allievi, il contesto relazionale e quello logistico - organizzativo al fine di tramutare in competenze le conoscenze e abilità acquisite. Cosa rappresentano le unità di apprendimento se non lo spostamento dalla lezione dei docenti ai processi di apprendimento degli alunni? Tradizionalmente, l’unità didattica era scandita dai seguenti passaggi: 1. la definizione degli obiettivi; 3 Didattica generale: la Progettazione - a cura del prof. Michele Montella 2. la selezione dei contenuti; 3. la metodologia di svolgimento (comprendente anche gli aspetti organizzativi); 4. la valutazione dei risultati. La concezione di “Unità di apprendimento” privilegia le modalità in cui avviene l’apprendimento rispetto ai contenuti. L’imparare ad imparare viene ad essere considerato fondamentale. Il riferimento alla metacognizione è qui evidente. Formalmente, essa viene scandita in tre fasi: 1. fase di progettazione; 2. fase di realizzazione; 3. fase di controllo. Per rintracciare le matrici pedagogiche e didattiche del concetto di Unità di apprendimento , occorre far riferimento a due correnti di pensiero, variamente rappresentate sia a livello nazionale che internazionale. La prima è costituita da quegli autori che hanno inteso improntare il lavoro didattico a criteri di razionalità, efficacia ed efficienza, insistendo in particolare sulle ragioni della programmazione e dell’organizzazione; a questa corrente l’UA deve l’idea di unità intesa sia come segmentazione e delimitazione rispetto ad tessuto continuo di apprendimenti, sia come riferimento ad un centro polarizzante. Il secondo filone è rappresentato invece da quella linea di pensiero, trasversale a diverse aree culturali, tesa ad affermare la centralità della persona, dei suoi bisogni, delle sue motivazioni, dei suoi tempi, ecc., nel processo formativo; a questa corrente l’UA deve la centratura sull’apprendimento e la tendenziale apertura alla personalizzazione dei percorsi. Nella versione più recente delle Indicazioni nazionali le UA ci vengono presentate, innanzitutto, secondo una prospettiva statica, come un strumento di lavoro: “Le Unità di apprendimento … [sono] costituite dalla progettazione: a) di uno o più obiettivi formativi tra loro integrati (definiti anche con i relativi standard di apprendimento, riferiti alle conoscenze e alle abilità coinvolte); b) dalle attività educative e didattiche unitarie, dai metodi, dalle soluzioni organizzative ritenute necessarie per concretizzare gli obiettivi formativi formulati; c) dalle modalità con cui verificare sia i livelli delle conoscenze e delle abilità acquisite, sia se e quanto tali conoscenze e abilità si siano trasformate in competenze personali di ciascuno.” Ma negli stessi documenti in esame le UA ci vengono presentate anche secondo una prospettiva dinamica, come evento o processo didattico - pedagogico nel suo dispiegarsi ed evolvere. Considerata in quanto evento l’UA è caratterizzata dal succedersi delle tre fasi su esposte: quella di progettazione, quella di realizzazione e quella finale di controllo. C’è, infine, una terza dimensione preordinata alle precedenti, ed è l’UA vista come idea o indicazione su come organizzare e gestire l’attività di apprendimento insegnamento. (tratto da http://www.olivetocitraic.gov.it/preside/doc/unita.pdf) 5. Contenuti ed attività. La scelta dei contenuti degli obiettivi riguarda l’intento istruttivo della scuola, la comprensione dei linguaggi della conoscenza e l’uso dei linguaggi e del metodo tipico della conoscenza. I contenuti sono spesso divisi per settori (le materie, le discipline) ma la divisone è solo metodologica, perché la mente conosce all’interno di un sistema di significati e non mediante compartimenti stagni. Non si deve confondere una materia / disciplina con i suoi contenuti; la disciplina, infatti, riguarda un contesto di riferimento non gli elementi di questo contesto. Per esempio un contenuto come l’Inghilterra può trovare espressione negli elementi disciplinari: saper leggere le carte, trovare relazione tra aspetti geografici ed umani. La struttura della disciplina rimanda alle abilità operative. Se restiamo nell’ambito dell’esempio della Geografia possiamo dire che la struttura riguarda: cosa fa il geografo, come studia, con quali strumenti, con quale linguaggio, qual è il rapporto con le altre scienze. Le abilità operative riguarderanno dunque cosa deve saper fare l’alunno in base alla disciplina di studio e alle sue procedure. In questo senso si parla di interdisciplinarità cioè di un approccio fondato sugli aspetti formali delle discipline che possono omologarsi. 4 Didattica generale: la Progettazione - a cura del prof. Michele Montella In questo contesto il contenuto disciplinare è l’oggetto dell’apprendimento perché rappresenta gli aspetti della realtà esterna all’uomo che vanno acquisiti affinché egli possa operare sulla realtà. Tra obiettivi e contenuti c’è dunque una stretta relazione, in quanto uno stesso obiettivo può essere conseguito con riferimento a contenuti diversi. Per esempio ponendo che un contenuto IRC sia così definito: solidarietà con gli svantaggiati; possiamo aspettarci che gli obiettivi di comprensione siano: comprensione di …, completezza dei contenuti …. , ricchezza di lessico … I contenuti devono essere funzionali ai cambiamenti programmati, adeguati agli obiettivi e alla persona che dovrà apprenderli e infine devono essere organizzati in modo da suscitare interesse nel soggetto educante. Nell’organizzare i contenuti bisognerà prevedere quali possono essere le attività più adeguate agli obiettivi previsti e quali sono gli strumenti e i materiali che occorrono. Inoltre è necessario stabilire gli spazi che necessitano e i tempi opportuni affinché le attività possano avere un buon esito. In questa fase bisogna identificare quali sono le aree che saranno principalmente sollecitate dalle esperienze proposte: area cognitiva, relazionale, affettiva, psicomotoria, dell’autonomia personale e dell’autonomia sociale. La predisposizione dell’attività si avvarrà dell’analisi del compito, ovvero della suddivisione in sequenze dell’esperienza che s’intende proporre, in maniera da permettere una pista orientativa che possa promuovere una verifica dell’esperienza stessa. 5 Didattica generale: la Progettazione - a cura del prof. Michele Montella