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 Manipolazioni neuropropriocettive nelle sindromi miofasciali Fabrizio Pinazzi, Massimo Morini, Giovanni Clementi
Pubblicato su “Il Fisioterapista” del 6 Novembre 2003, pag. 27.
Le intime relazioni esistenti tra tessuto muscolare e ambiente extracellulare del tessuto connettivo
lasso portano a considerare tali strutture come unità tissutali interdipendenti e pertanto, in
presenza di sindromi miofasciali, a trattarle entrambe. Le manipolazioni neuropropriocettive
(MNP), tramite un’azione meccanica specifica di taglio-trazione-scollamento, provocano un
richiamo enorme di liquidi e una modificazione sensibile dela temperatura locale. Cambiando così
la viscosità del comparto extracellulare e l’apporto metabolico ai tessuti connettivo e muscolare,
si modifica di conseguenza il circolo vizioso innescatosi.
Tecniche di manipolazione Si tratta di una manovra o di una serie di manovre di presa-trazione-scollamento dei tessuti molli
che possono esercitare a livello superficiale e a livello profondo (fig. 1).
Manovre superficiali
Nelle manovre superficiali il tessuto viene pinzato (tipo pince rouler), trazionato e distorto: durante
la distorsione si ha la percezione delle maggiori resistenze da parte del tessuto. Lo scopo di tali
manovre superficiale è quello di far scorrere e di “scollare” i piani tissutali superficiali compresi fra
il derma, il tessuto connettivo lasso e il primo piano muscolare.
Manovre profonde
Nelle manovre profonde si cerca di prendere, possibilmente, il ventre muscolare e di sciogliere i
noduli e le rugosità che vi si incontrano; inoltre, si cerca di separare e fare scorrere i vari fascicoli
muscolari tra loro o di “scollare” il muscolo dal periostio.
Elementi distintivi
Le manovre di presa-trazione-scollamento dei tessuti molli hanno lo scopo di ridare al tessuto
elasticità e scorrevolezza e di ripristinare il microcircolo e il metabolismo locale, interrompendo
così il circuito facilitato creatosi e modificando la percezione del dolore di quel distretto.
Tali manovre si differenziano da altri tipi di trattamento manuale dei tessuti molli per alcuni
aspetti riassunti nella tabella 1.
Tengono conto dei rapporti lunghezza/tensione (L/T) dei tessuti, cercando di scollare il
tessuto iniziando il lavoro da posizioni di accorciamento del gruppo muscolare preso in esame
per permettere una buona presa del tessuto e per eliminare le risposte muscolari riflesse e il
dolore. Procedendo nel trattamento, si va verso posizioni di allungamento per creare maggiore
tensione e per poter liberare il tessuto connettivo e muscolare in tutta la sua lunghezza e
profondità, agevolando e seguendo la pluridirezionalità del movimento di quel gruppo muscolare.
Per esempio, trattare manualmente i punti trigger che parevano scomparsi. Con questo modo di
lavorare si “insegue il tessuto che non va” e lo si libera da tensioni che potrebbero non cedere
con il movimento passivo o attivo (nel quale il tessuto tende a cedere dov’è più elastico).
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le mappe dei trigger point codificate da vari autori (Travell, Simons, Chaitow), occorre sempre
palpare il tessuto, metter in movimento i segmenti articolari che lo circondano e valutare in quel
momento i punti e le direzioni di maggiore resistenza e dolorabilità delle MNP, inseguendo le
restrizioni di mobilità e tenendo conto dei rapporti L/T descritti nel punto precedente; in tal senso,
le unità tissutali vengono considerate unità dinamiche.
Tra l’altro, possono essere effettuate anche precocemente; per esempio, quando esiste
una controindicazione alla mobilizzazione articolare passiva, è sufficiente che vi sia un accesso
manuale al tessuto da trattare e, così facendo, si limitano le complicanze da immobilità o danno
terziario e si riducono i successivi tempi di recupero.
Le tecniche di manipolazione sono applicabili in tutte le forme acute e croniche di
disfunzione dei tessuti molli e permettono di apprezzare, durante la seduta, le modifiche ottenute
nel migliorare particolarità, dolore locale, e forza segmentale. Quest’ultima, spesso, spesso non si
può esprimere perché il tessuto connettivo lasso, che circonda il tessuto muscolare, la imbriglia e
non permette un corretto scorrimento delle fibrocellule muscolari ed è inibita dal dolore creato dai
freni tissutali locali del connettivo.
Infine, permettono di stabilire una buona relazione con il paziente, che arriva a
comprendere chiaramente le manipolazioni a cui è sottoposto e, spesso, superato il timore delle
manovre dolorose, dà indicazioni precise su dove occorre lavorare.
Osservazione clinica e palpazione L’osservazione e la palpazione dei tessuti muscolari e connettivo delle zone interessate da
disfunzioni tissutali presentano caratteristiche cliniche (fisiche, termiche, e visive) che possono
manifestarsi o meno simultaneamente durante la MNP.
Caratteristiche fisiche
Durante la MNP è possibile verificare:
- presenza di crepitii o scatti del tessuto;
- aumento della rugosità, alle MNP superficiali di taglio, stiramento e pince rouler;
- dolore locale e/o irradiato durante la MNP di test/trattamento di tipo pungente descritto
direttamente dal paziente come sensazione che il tessuto “si strappi”; - dolore più intenso in alcune direzioni della MNP; - maggiore resistenza allo scorrimento e/o impossibilità di raggiungere il normale fine range
articolare del o dei distretti circostanti. Caso clinico Una delle tante patologie nelle quali è possibile applicare le MNP è la tendinopatia degenerativa
del tendine rotule. Il soggetto preso a campione ha 31 anni, è un calciatore non professionista che
pratica sport fin dall'età di otto anni; lamenta da 18 mesi dolore, anche notturno, al ginocchio
sinistro, prevalentemente nella parte prossimale della tibia, con conseguente deficit funzionale
(non riesce a salire e scendere le scale, non tollera la corsa e i balzi). Dall'esame strumentale (RM)
viene rilevata una "tendinopatia degenerativa di grado medio-alto del tendine rotuleo all'inserzione
prossimale con associata tendenza all'iperpressione interna di rotuls; le componenti meniscali e
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All'anamnesi remota risultano:
- frattura bimalleolare tibiotarsica sinistra (14 anni), tutt'ora presente lieve limitazione articolare;
- trauca da incidente stradale (17 anni) con fratture di omero destro e forte contusione dell'arto
inferiore sinistro. Permane vecchia cicatrice sulla rotula.:
- trauma da incidente stradale (18 anni) con forte contusione dell'arto inferiore sinistro;
- stiramento del muscolo bicipite femorale sinistro (29 anni).
Alla valutazione, il paziente lamenta dolore alla tibia, alla flessoestensione attiva e passiva, al
carico e quindi alla deambulazione; ha forti difficoltà a fare le scale e ha cedimenti articolari nel
fermarsi rapidamente (per esempio, dopo corsa o camminata veloce).
Alla palpazione è presente un ispessimento dei tessuti molli e delle strutture che inglobano la
rotula (legamento rotuleo, retinacolo mediale, retinacolo laterale della rotula,borse mucose
eccetera). Da un punto di vista muscolare si nota che il muscolo quadricipite si presenta accorciato
(test con controlaterale) e in tensione (maggiore a livello del muscolo vasto interno); anche il
muscolo sartorio e la muscolatura interna della gamma (muscolo pettineo, grande adduttore,
gracile, adduttore breve, adduttore lungo) sono contratti dolorosi alla palpazione-pressione.
Trattamento
dopo la valutazione e l'individuazione delle strutture e delle catene miofasciali da normalizzare, si
inizia il trattamento con le MNP.
Vengono trattate per prime le zone più prossime all'articolazione per ristabilizzare l'elasticità
dei tessuti che hanno subito le maggiori deformazioni attraverso manovre trasversali (figure 1-2).
Tenendo conto dei rapporti di tali strutture con la muscolatura, si inizia quindi il trattamento in
massimo accorciamento muscolare secondo i distretti presi in esame.
Si passa poi a trattare le catene muscolari e, in particolare, il muscolo quadricipite, in tutte le
sue parti, e tutta la muscolatura adduttoria, partendo sempre da posizioni di massimo
accorciamento (figura 3). In un secondo momento verrà ricercata la massima elasticità di tutti i
tessuti portando le catene miofasciali verso il massimo allungamento (figura 4).
Il paziente ha effettuato tre sedute della durata media di 50-60 minuti e ha ripreso l'attività
calcistica senza problemi; in particolare, al termine della prima seduta il paziente non lamentava
più dolore al carico e ai movimenti di flessoestensione del ginocchio; riferiva però dolore, anche se
lieve, durante la corsa e nel salire e scendere le scale. Al termine della terza seduta egli non
lamentava più dolore in alcuna situazione; ha ripreso a giocare a calcio e non ha avuto più
ricadute.
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