peritonite infettiva felina: un caso atipico con

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Medicina felina, Anno 1, n. 2, Dicembre 2001
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PERITONITE INFETTIVA FELINA: UN CASO
ATIPICO CON COINVOLGIMENTO INTESTINALE
S. BO*, M. MERLO*, F. SERRAO*, S. PALTRINIERI**
*Libero Professionista, To; **Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria Sezione di Patologia Generale
Veterinaria e Parassitologia Università di Milano
Sommario
Viene illustrato il caso di un gatto
europeo maschio di 2 anni in cui è stata diagnosticata una forma atipica di
FIP localizzata all’ileo. La diagnosi è
stata confermata mediante esame immunoistochimico.
Introduzione
La peritonite infettiva felina (FIP) è
causata da un coronavirus felino che,
mutato rispetto al coronavirus felino
enterico (FeCV), ha acquisito tropismo per i macrofagi. La forma clinica
è causata dalla risposta immuno-mediata dell’organismo nei confronti dei
macrofagi infetti dal virus, i quali,
uscendo dai linfonodi mesenterici, migrano attraverso il sangue fino a raggiungere i vasi delle superfici sierose e
pleuriche, dei visceri addominali e toracici, e delle meningi, ependima e
tessuto uveale.
La vasculite provocata dal coronavirus può causare una infiammazione fibrinosa delle superfici sierose con conseguente accumulo di fluidi nelle cavità
corporee (forma effusiva) e/o la formazione di piogranulomi (forma secca) in
vari siti, più frequentemente a livello di
organi della cavità peritoneale.
Mentre la forma umida ha manifestazioni cliniche tipiche, la forma secca ha quadri molto variabili: le lesioni
sono di tipo granulomatoso e tendono
a localizzarsi a organi o tessuti specifici come i reni, i linfonodi mesenterici,
il tratto uveale e il SNC (ependima e
meningi) Harvey 1996; Addie 1994; Andrew 2000. Le
lesioni solitarie da FIP possono essere
diagnosticate erroneamente come
neoplasie. A causa della varietà di organi e tessuti coinvolti e della diffe-
rente gravità delle lesioni, i segni clinici possono avere presentazioni assai
variabili tra casi diversi.
Rara, ma descritta in letteratura, è
una variante della forma non-effusiva
caratterizzata da un coinvolgimento
dell’ileo, della giunzione ileociecocolica o colon.
Con il presente lavoro si vogliono
descrivere i principali aspetti clinici e
diagnostici di un caso recentemente
occorso alla nostra attenzione di localizzazione atipica di FIP intestinale.
Caso clinico
Un gatto persiano maschio di 2 anni,
regolarmente vaccinato, veniva riferito
in consulto alla nostra struttura a seguito dell’insorgenza di segni clinici
suggestivi di blocco intestinale (ileo).
Il soggetto presentava anoressia e
debolezza da 2-3 giorni. All’esame fisico diretto era rilevabile pallore delle
mucose, febbre (40,1 °C), respiro affannoso, tachicardia ed alla palpazione addominale erano evidenti anse intestinali ispessite e forte dolorabilità.
Gli esami ematochimici mostravano
una lieve anemia associata a panleucopenia e modesta ipoproteinemia in
presenza di un tracciato proteico elettroforetico (QPE) sostanzialmente
normale (Tab. 1).
All’esame ecotomografico si osservava un tratto dell’intestino tenue di
circa 5-7 cm con parete notevolmente
ispessita (6,5 mm ) e perdita della normale stratificazione. Si rinveniva inoltre un aumento di volume dei linfonodi mesenterici che apparivano come
struttura ipoecogena, irregolarmente
delimitata e disomogenea. L’ispessimento localizzato del tenue associato
a linfoadenopatia risultava compatibi-
le con un fenomeno neoplastico o con
una reazione flogistica (granulomatosa, da corpo estraneo, IBD, infettiva).
Sulla base dei segni clinici ed ecografici si decideva di procedere ad una laparotomia esplorativa. L’animale veniva
sedato con ketamina al dosaggio di 8
mg/kg IM associata a buprenorfina al
dosaggio di 10 µg/kg; l’anestesia veniva
quindi indotta in maschera e mantenuta con intubazione orotracheale con
una miscela di ossigeno ed alotano.
Alla laparotomia si rinveniva un
tratto intestinale di circa 8 cm a livello
dell’ileo, subito a monte della giunzione ileociecocolica, di consistenza fibrosa, con parete di 6 mm di spessore,
lume ristretto e caratterizzato dalla
presenza di piccoli noduli granulomatosi sub-sierosali scarsamente rilevati
(Figg. 1a, b). Entrambi i pacchetti
linfonodali mesenterici risultavano
fortemente ingrossati.
L’esame citologico per ago aspirato
del campione prelevato dal tratto intestinale alterato ed esaminato in corso di
laparotomia rivelava la presenza di un
processo infiammatorio aspecifico, con
cellule intestinali in iperplasia, moderatamente atipiche, e neutrofili degenerati, senza che si osservassero batteri fagocitati. Sulla scorta dei rilievi citologici veniva emesso il sospetto diagnostico
di processo flogistico di tipo granulomatoso. Si procedeva ad enterectomia
terminoterminale con asportazione anche della valvola ileocolica, vista la
stretta contiguità con la parte interessata. Si prelevavano inoltre due linfonodi
mesenterici ingrossati. L’esame citologico ottenuto per impronta da sezioni
del pezzo anatomico, hanno fornito i
medesimi risultati ottenuti con l’agoaspirazione della massa.
Il materiale prelevato veniva fissato
in formalina 10% tamponata ed invia-
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Peritonite infettiva felina
Tabella 1
Risultati delle analisi di laboratorio
Eritrociti/µl
Leucociti/µl
Neutrofili/µl
Eosinofili/µl
Linfociti/µl
Monociti/µl
Proteine totali (g/dl)
alb %
glob %
α1%
α2%
β%
γ%
A/G
alb g/dl
glob g/dl
α1 g/dl
α2 g/dl
β g/dl
γ g/dl
cellule versamento
T0 (sintomi enterici)
T7 (7 gg. Dopo l’intervento)
T20 (20 gg. Dopo l’intervento):
VERSAMENTO
4,4x106
3,7x103
2875
47
703
37
5,7
47,5
53,0
4,2
15,2
19,2
13,9
0,8
2,7
3,0
0,2
0,8
1,0
0,8
nd
4,9 x106
4,5 x103
3025
25
1403
47
6,1
40,9
59,1
4,3
21,2
19,7
13,9
0,69
2,49
3,60
0,26
1,29
1,20
0,84
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
5,4
35,8
64,2
6,3
26,3
17,3
14,3
0,55
0
0
0
0
0
0
7,2 x103
to al laboratorio referente per l’esame
istologico.
Il paziente veniva trattato con infusione endovenosa lenta di Ringer Lattato alla dose di 10 ml/kg/die e con cefalessina IV alla dose di 10 mg/kg/12h.
Dopo 24 ore l’animale riprendeva ad
alimentarsi con cibo liquido.
L’esame istologico, effettuato su sezioni di 4 µ colorate con metodo di
ematossilina-eosina e colorazione di
Ziehl-Neelsen, rivelava un quadro di
enterite acuta, con un’infiltrazione
massiccia di neutrofili, presenza di macrofagi e ampie aree di colliquazione e
necrosi, in assenza di batteri acido-resistenti. Il linfonodo risultava reattivo,
con una componente linfoide immunoblastica. La diagnosi istologica era di
enterite acuta granulomatosa.
A distanza di 7 giorni dall’intervento il paziente veniva rivalutato per la
ricomparsa di anoressia ed ipertermia
(39,1°C mattina, 40,5°C pomeriggio).
Una ecografia di controllo non rilevava alterazioni. Veniva intrapreso un
trattamento antibiotico con clindamicina IV 5 mg/kg e cefalessina SC 10
mg/kg 12h.
In base al persistere della febbre, di
natura ondulante, e delle condizioni
cliniche alterate, tra le diagnosi differenziali venivano poste la peritonite
infettiva felina, la presenza di un
ascesso in ambito addominale o di
una infezione sistemica. Gli esami
ematologici eseguiti in questa occasione indicavano la persistenza di una lie-
a
FIGURA 1a-b
Segmento di intestino: a. si noti la presenza
di piccoli noduli granulomatosi sub-sierosali
scarsamente rilevati; b. si noti l’aumento di
spessore della parete (circa 6 mm) ed il lume
ristretto.
b
ve anemia e leucopenia, mentre gli altri parametri ed il QPE rimanevano
nella norma, con un lieve rialzo delle
α2-globuline (Tab. 1).
Dopo 20 giorni dall’intervento l’animale veniva rivalutato per la presenza di debolezza, febbre e addome dilatato. Veniva eseguita una ecografia
che rilevava la presenza di un versamento in cavità addominale e si procedeva quindi ad una paracentesi. L’esecuzione della centesi addominale
permetteva di prelevare un liquido
denso, torbido, filante, con un contenuto in proteine totali di 5,4 g/dl e
7200 cellule/µl. All’esame citologico
si osservava su fondo chiaro debolmente eosinofilico, la presenza di rari
neutrofili non degenerati, rari linfociti
e macrofagi. L’esame elettroforetico
del versamento era sovrapponibile al
precedente QPE sierico (Tab. 1).
Dietro richiesta del proprietario l’animale veniva sottoposto ad eutanasia
(Fig. 2). Veniva in seguito prelevato in
sede autoptica un linfonodo sul quale,
unitamente ai tessuti precedentemente asportati veniva eseguito nuovamente l’esame istologico ed un esame
immunoistochimico per l’evidenziazione del virus della FIP.
Allo scopo le sezioni di tessuto fissate con formalina al 10% e dello
spessore di 5 µ venivano deparaffinate, e dopo blocco delle perossidasi endogene venivano applicati l’anticorpo
Medicina felina, Anno 1, n. 2, Dicembre 2001
primario anti-FCoV (gentilmente fornito dal Prof. N.C. Pedersen, Università di Davis), l’anticorpo biotinilato
ed il complesso avidina-biotina perossidasi. Dopo aggiunta del cromogeno
(diaminobenzidina) le sezioni venivano contrastate con ematossilina, disidratate e coprioggettate con balsamo.
L’esame istologico sulle sezioni dell’intestino e dei linfonodi confermava
il sospetto diagnostico emesso in precedenza, che per le caratteristiche risultava scarsamente compatibile con
un quadro di FIP classica. Nel linfonodo asportato al momento dell’eutanasia il quadro istologico risultava invece suggestivo di FIP per la presenza
di deplezione linfocitaria, di flogosi fibrinosa periviscerale e di focolai piogranulomatosi nel tessuto omentale
perilinfonodale.
L’esame immunoistochimico metteva in evidenza un’abbondante presenza di virus della FIP sia nelle sezioni
dell’intestino che nei linfonodi confermando la diagnosi di FIP (Figg. 3, 4).
29
La forma secca della peritonite infettiva felina è molto più difficile da
diagnosticare che la forma essudativa.
Classicamente si presenta con un interessamento diffuso a vari organi, con
la comparsa di infiltrati perivasali e di
noduli granulomatosi di differenti dimensioni a carico della superficie sierosale. Alle manifestazioni cliniche
correlate alle lesioni d’organo si associano alcune alterazioni clinico-patologiche che possono risultare discriminanti per la conferma diagnostica
della FIP: anemia non rigenerativa,
leucocitosi con linfopenia e neutrofilia
assoluta, iperproteinemia (con iper-γ-
globulinemia e, talvolta, un aumento
anche delle α2-globuline). In particolare l’aumento della frazione γ è presente nel 75% dei gatti con FIP nonessudativa (Andrew 2000; Hoskins 1997). Alcuni
recenti lavori (Hartmann 2000; Paltrinieri 2001)
hanno evidenziato come la comparsa
contemporanea di tre o più alterazioni ematochimiche in un caso fortemente sospetto di FIP possono avere
un valore diagnostico predittivo positivo del 90%.
La diagnosi definitiva di FIP non
effusiva si ha però solo ricorrendo all’istologia, senza la quale si può soltanto supportare il sospetto clinico attraverso gli esami ematologici ed elettroforetici sopra menzionati.
Il paziente osservato in questo caso
aveva una manifestazione poco comune di FIP caratterizzata inizialmente
da un coinvolgimento esclusivamente
enterico, con segni clinici suggestivi di
una patologia occlusiva e linfoadenomegalia.
In letteratura sono riportati alcuni
casi di FIP con un coinvolgimento diretto e primario intestinale; in un lavoro del 1996 (harvey 1996) riguardante
156 casi di FIP confermata, 26 presentavano una massa intramurale solitaria a livello della giunzione ileociecocolica o di tratti limitrofi. Maschi e
femmine erano rappresentati in ugual
misura e l’età era compresa nel 76%
dei casi tra 1 e 3 anni.
Tutti i 26 gatti clinicamente presentavano una massa palpabile e le manifestazioni più frequenti erano diarrea
e vomito. In alcuni animali in seguito
erano comparse altre manifestazioni
quali anoressia, perdita di peso, piressia, dispnea ed infine effusione pleurica o peritoneale. Solo in 2 gatti vi erano segni a carico del SNC.
All’esame laparotomico, nel paziente da noi osservato, era presente un
coinvolgimento localizzato a carico
dell’ultimo tratto dell’ileo, a ridosso
della valvola ileocolica. All’esame istologico la parete dell’intestino era ispessita e vi erano lesioni granulomatose
estese a tutto lo spessore dell’organo.
Nella maggior parte dei gatti segnalati da Harvey le lesioni erano localizzate al colon (45%) o vicino alla giunzione ileociecocolica (31%). Normalmente solo un segmento di intestino
era coinvolto, con una lunghezza variabile tra pochi cm e 15 cm. All’esame macroscopico l’area coinvolta si
presentava marcatamente ispessita,
nodulare, biancastra e rigida. La sottomucosa e la muscolare risultavano
nettamente ispessite ed in molti dei
gatti la superficie sierosa era arrossata.
Era inoltre evidenziabile linfoadenopatia a carico dei linfonodi associati.
Istologicamente si osservava un’infiammazione di tipo piogranulomatoso identica a quella delle forme non
effusive di FIP, ma le lesioni, come nel
nostro caso, risultavano essere localizzate solamente all’area intestinale interessata e solo i linfonodi afferenti apparivano coinvolti. La lesione era comunque più aggressiva rispetto a
quella segnalata comunemente, coinvolgendo tutti gli strati della parete.
La patogenesi di questo tipo specifico di alterazioni può coinvolgere
una reazione parziale del sistema immunitario cellulo-mediato, che inizialmente restringe l’infezione virale
ai macrofagi dell’intestino, ma che in
seguito non è in grado di eliminare il
virus, con sviluppo di un processo infiammatorio cronico, localizzato, attivo. È questo processo infiammatorio che induce solitamente lo svilup-
FIGURA 2 - Aspetto macroscopico degli organi addominali al momento dell’eutanasia.
Si notino la quantità di liquido presente e l’ingrossamento dei linfonodi mesenterici.
FIGURA 3 - Sezione di intestino: infiltrazione
di neutrofili e macrofagi; si noti la presenza
di positività ai FCoV. Metodo del complesso
biotina-avidina perossidasi, controcolorata
con ematossilina di Mayer. X200
FIGURA 4 - Sezione di linfonodo, con abbondante presenza di positività ai FCoV.
Metodo del complesso biotina-avidina perossidasi, controcolorata con ematossilina di
Mayer. X200
Discussione
30
Peritonite infettiva felina
po di alterazioni clinico-patologiche
evidenziabili.
Gli esami ematologici eseguiti nel
nostro paziente non risultavano compatibili con la diagnosi di FIP benché
l’assenza di γ-globuline circolanti sia
stata occasionalmente segnalata. Nel
70% dei pazienti osservati da Harvey
la concentrazione sierica proteica era
alta, con basso contenuto in albumina
nel 40% dei casi e iperglobulinemia
nell’80%. In un unico caso, come nel
gatto in questione, si riscontrava un
aumento delle alfa2 e diminuzione delle gamma-globuline sieriche. L’assenza di iperglobulinemia (in particolare
γ-globulinemia) e la presenza di α2globuline elevate sia nel siero che nel
versamento possono essere indicative
di una forma iperacuta. In caso di infezione da FIP le α2 sono infatti le prime globuline che presentano incrementi sierici, ma è da tenere presente
che si tratta di proteine infiammatorie,
che quindi aumentano in corso di
qualunque patologia infiammatoria ed
assolutamente non specifiche per la
FIP.
Non abbiamo ritenuto utile eseguire un esame sierologico per la ricerca
degli anticorpi anti-FCoV in quanto
non avrebbe, a nostro parere, nulla
aggiunto al quadro in nostro possesso.
Si tratta infatti di un esame che, in
presenza di un alto titolo anticorpale,
può risultare discriminante per la diagnosi della FIP solo se associato ad altre alterazioni clinico-patologiche che
in questo caso non erano presenti fino
alla comparsa del versamento. Infatti
è noto che molti gatti con malattie non
correlabili alla FIP possono presentare alti titoli per i FCoV, mentre gatti
con forme acute di FIP risultano solitamente negativi.
Una recente ricerca ha evidenziato
come l’aumento degli anticorpi anticoronavirus nel siero di gatti con versamento avesse un valore predittivo
positivo (VPP) del 43,6% ed un valore predittivo negativo (VPN) del
90%(Hartmann, 2001).
L’aspetto più interessante di questo
caso come di quelli segnalati da Harvey sta nel fatto che la lesione appariva macroscopicamente solitaria, e non
parte di una malattia granulomatosa
multiorganica come quasi sempre si
osserva in soggetti affetti dalla forma
non effusiva della FIP. A questo proposito è da segnalare che, sulla base di
diverse fonti bibliografiche, spesso le
lesioni presenti nella forma secca risultano simili a tumori e che molti dei
casi di FIP secca a livello intestinale
vengono diagnosticati clinicamente
come linfoma o carcinoma (Harvey 1996; Kipar 1999; Andrew 2000)
.
La natura focale della lesione, differente dalle lesioni osservabili normalmente in corso di FIP obbliga quindi
il veterinario a considerare in diagnosi
differenziale anche questa patologia
laddove verrebbe considerata prevalentemente l’ipotesi neoplastica.
È inoltre interessante osservare come la malattia sia evoluta nel tempo
assumendo aspetti clinici maggiormente suggestivi di una forma di FIP,
quali la febbre ondulante refrattaria
alle terapie comparsa sette giorni dopo le prime manifestazioni., la linfoadenopatia mesenterica ed il versamento (Andrew 2000) .
È da notare che neanche il versamento era tipico di una forma francamente essudativa da FIP. Quest’ultimo è caratterizzato da alto contenuto
proteico, almeno il 32% di γ-globuline, moderato contenuto cellulare con
predominanza di neutrofili non degenerati.
In conclusione, nella diagnosi di
una forma di FIP secca l’uso della immunoistochimica può rappresentare
un ausilio concreto(Tammer 1995; Paltrinieri
2001)
.
A questo riguardo sono da segnalare altre localizzazioni atipiche, o comunque poco note della FIP secca o
effusiva, che si sono manifestate con
versamento chiloso o pericardico, ifema, orchite e sindrome vestibolare (Andrew 2000; Savary 2001, Sigurdardottir 2001)
, in cui la
metodica è risultata diagnostica.
Le caratteristiche di positività immunoistochimica in corso di FIP sono
già state codificate da tempo (Walter 1989):
il virus è rilevabile in tutti i tessuti colpiti anche se le positività sono rare o
addirittura assenti nelle lesioni di
maggiori dimensioni e/o caratterizza-
te da imponente necrosi. Tale fenomeno è imputabile all’entità della reazione sistemica, con maggiori possibilità
di evidenziare il virus nelle lesioni e
nei linfonodi nelle prime fasi della malattia quando la risposta immunitaria
è ancora debole e la linfopenia non è
così marcata come nelle fasi terminali
(Paltrinieri 2001)
.
Ringraziamenti
Si ringraziano il Dott. Carlo Masser dotti ed il Prof. Andrea Boari per la re visione critica dell’articolo.
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