Appunti di viaggio Le origini di ROMA Il Campidoglio e la Rupe Tarpea Il Campidoglio dovette essere abitato fin dall'età del Bronzo, come provano alcune ceramiche scoperte ai piedi di esso, nell'area sacra di Sant’ Omobono. Una sella divideva la sommità settentrionale (Arx) del colle da quella meridionale (Capitolium propriamente detto). Rappresentava l'acropoli cittadina. Il nome del colle deriva probabilmente dal tempio dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), che anticamente era costituito solo un altare. Secondo la tradizione, infatti, il tempio vero e proprio venne iniziato da Tarquinio Prisco, continuato da Tarquinio il Superbo e terminato solo all'inizio della Repubblica. Con la nascita delle istituzioni comunali - nel 1144 - il palazzo divenne sede del ricostituito Senato, come Palazzo Senatorio. Subì diverse modifiche e aggiunte fino al progetto di sistemazione della piazza del Campidoglio voluto da papa Paolo III e affidato a Michelangelo. Furono quindi costruiti il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo Nuovo. Nella piazza realizzata secondo il progetto di Michelangelo è stata collocata la celebre statua equestre di Marco Aurelio (originale nel museo). Sui resti del tempio di Giunone Moneta è sorta la chiesa di Santa Maria in Aracoeli a cui si accedeva con una ripida scalinata, e il suo convento, poi distrutto per ottenere lo spazio necessario alla costruzione del Vittoriano. (Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1975) Sul versante sud del colle capitolino si colloca la Rupe Tarpea. La tradizione, pur senza consenso unanime, attribuisce le origini di tale nome alla figura eponima di Tarpea, figlia di Spurio Tarpeo, custode della rocca. Si narra che Tarpea, per amore del re sabino Tito Tazio, avrebbe aperto la porta della cittadella ai nemici che, appena entrati, al posto di offrirle il premio promesso, la soffocarono sotto i loro scudi e la precipitarono nella rupe. Secondo un'altra tradizione Spurio Tarpeo avrebbe voluto consegnare il Campidoglio ai sabini e sarebbe stato condannato a morte dalla figlia di Romolo e precipitato dal saxum tarpeium. Il Velabro e l’arco di Giano Con il termine Velabro si intende la zona pianeggiante tra i colli Palatino e Campidoglio a Roma, chiamata dagli antichi Romani velabrum (dal latino a vehendis ratibus, cioè "da attraversare in zattera"), e che terminava verso il Tevere. L'etimologia nel medio evo fu arbitrariamente cambiata in vellum aureum. Nella stessa area sorge l’arco di Giano il cui nome deriva dal termine latino ianus, che indica un passaggio coperto: si trattava, infatti, di una struttura destinata ai banchieri che operavano nel Foro Boario. La caratteristica forma ad “Arco quadrifronte” ha evocato non casualmente il nome di Giano, dio bifronte, che regnava su ogni luogo di passaggio: il passaggio rituale sotto uno ianus aveva la funzione di purificare, come avveniva per le truppe e per le armi durante alcune cerimonie evocatrici.. L’arco è posto sopra un ramo della cloaca Maxima. La Cloaca Maxima La Cloaca Maxima fu realizzata da Tarquinio il Superbo nel VII secolo a.C. , con il preciso intento di risanare le aree del Foro Romano e del Circo Massimo, collegando ad essa anche i collettori provenienti dal Velabro. Funziona ancora mirabilmente, nonostante le modifiche e le ristrutturazioni in ogni epoca. Presso il ponte Palatino si può notare, sulla sponda sinistra del Tevere, lo sbocco della Cloaca, realizzato intorno al 120-80 a.C. (anche se la prima realizzazione è più antica). Di ingressi alla Cloaca ve ne sono diversi: una grossa porta metallica, posta sotto la Basilica Giulia nel Foro Romano, ne costituisce, forse, l'ingresso principale. Un altro è in prossimità dell'Arco di Giano. ll materiale presente in questo documento è stato redatto ad uso esclusivo dei soci dell’Associazione ASIC. ! Nel 390 a.C le oche capitoline, tenute nel recinto sacro del tempio di Giunone, con il loro starnazzare svelarono il tentativo di assalto notturno dei Galli. In ricordo dell'episodio venne eretto il tempio di Giunone Moneta ("ammonitrice"), presso il quale ebbe sede la prima zecca (officina moneta dal nome del tempio, da cui deriva il termine odierno di "moneta"). !E’ la rupe da dove, nella Roma antica, si precipitavano i traditori condannati a morte. !La leggenda racconta che nell'allora zona paludosa del Velabro si sarebbe arenata la cesta contenente i gemelli Romolo e Remo,lì trovati e nutriti dalla famosa lupa. !Attraverso un oscuro vicoletto, vicino a S. Giorgio al Velabro, si arriva alla Cloaca in un punto dove l'acqua è limpida, perché qui gli scarichi si fondono con le sorgenti dell'Acqua Argentina. Il Palatino Uno dei mitici sette colli di Roma. Esso aveva una posizione (al centro dei sette colli) sicuramente adatta a controllare e organizzare il sottostante punto di approdo e di mercato del Porto Tiberino e dell'annesso Foro Boario. La sommità centrale, il Palatium, digradava verso il Foro Boario e il Tevere con un pendio, che prese il nome di Germalus; il Palatium era collegato al retrostante colle Esquilino tramite una sella ed una seconda, meno sensibile, eminenza, la Velia. Alla collina sono legate tradizioni religiose antichissime: in particolare quella della dea Pales, il cui nome deriva evidentemente dalla stessa radice di Palatium. In questi luoghi avveniva l’importante festa dei Lupercalia, collegata al mito della città, la lupa: partendo dal santuario collocato in una grotta ai piedi del Palatino, i Luperci, ossia i sacerdoti-lupi vestiti di pelli caprine, facevano il giro della collina, frustando quanti venivano loro a tiro, specialmente le donne: era questo un rito di purificazione e di fecondità. L'importanza del Palatino cominciò a decadere con i progressivi allargamenti della città ma la decadenza fu soltanto topografica poiché il colle mantenne inalterata la sua essenza religiosa: qui, infatti, si accentrarono i maggiori templi dell'antica Roma, come quello della Magna Mater, e quello di Apollo, i cui santuari furono fondati da Augusto nell'ambito stesso della sua casa. Foro Boario Ossia mercato di buoi. Antiche leggende raccontano della presenza di popolazioni greche o asiatiche precedenti alla fondazione storica della città: le scoperte di ceramica geometrica greca dell'VIII secolo a.C. e di frammenti micenei nella zona ci danno la conferma archeologica della tradizione. Il mercato si teneva sulle rive dell'antico porto commerciale di Roma, il Portus Tiberinus; la sua sistemazione monumentale si ebbe soltanto sotto i re etruschi, in particolare con Servio Tullio. A quest’ultimo si deve la sistemazione del porto e dei santuari ai lati di questo. L’isola Tiberina Una leggenda narra che dopo la caduta di Tarquinio il Superbo, il popolo romano ne gettò il corpo nel Tevere, nel punto dove poi sorgerà l'isola; sul corpo depositato sul fondo del fiume si accumularono sabbia e detriti, dando il via al formarsi dell'isola. Per un'altra versione di questa leggenda, i romani raccolsero il frumento ed il grano dell'odiato re, e lo gettarono nel Tevere nel punto dove poi si formò l'isola. A causa delle sue oscure origini, l'Isola Tiberina era considerata dai romani un posto di cattivo presagio, tanto che fin quando non vi fu costruito il tempio, evitavano di recarsi sull'isola, e solo i peggiori criminali erano condannati a passarvi il resto della loro vita. Un'altra leggenda racconta di una nave che, nel 291 a.C., essendo scoppiata a Roma una grave epidemia, salpò verso Epidauro, città sacra ad Esculapio, il più importante dio guaritore della Grecia, per chiedere soccorso al nume della medicina. Ma, mentre si svolgevano i riti propiziatori, un serpente enorme uscì dal tempio e andò a rifugiare sulla nave romana. Certi che Esculapio si fosse trasformato in serpente, la nave si affrettò a ritornare a Roma. Quando la nave giunse presso l'isola, il serpente scese nel fiume e nuotò fino all'Isola Tiberina, dove scomparve, indicando, in tal modo, la località dove avrebbe dovuto sorgere il tempio. La costruzione, iniziata subito dopo, venne inaugurata nel 289. La posizione del tempio coinciderebbe con la chiesa di S.Bartolomeo.. A ricordo dell'evento miracoloso, l'isola prese la forma di triremi, con tanto di prua, poppa e persino di albero maestro. ll materiale presente in questo documento è stato redatto ad uso esclusivo dei soci dell’Associazione ASIC. !Secondo la leggenda, Romolo e Remo furono allevati da una lupa in una caverna su questo colle e la fondazione della città ad opera di Romolo. !La festa dea Pales, le Palilia o Parilia del 21 aprile, era considerata come il giorno stesso di fondazione della città. !La piazza prende il nome da una grossa pietra circolare (1,80 m di diametro) che rappresenta una testa di fauno urlante: è la famosa "Bocca della Verità" (nella foto a sinistra), probabilmente un chiusino di una cloaca. ! Due frammenti dell’obelisco originale sono conservati nel Museo Nazionale di Napoli, mentre il terzo è a Monaco. L’obelisco venne sostituito da una colonna con croce.