Masse relativistiche - "Ferraris"

Francesco Fontana1
Masse relativistiche
«Does the Inertia of a Body Depend Upon its Energy-Content?»
[Titolo dell’articolo di Einstein su Annalen der Physik 18 (1905): 639-641]
«Hai letto che la massa relativistica non esiste?», l'amica e collega Cinzia Magni2 un anno fa mi informava, preoccupata, di un errore comune nella didattica della relatività. La mia reazione fu tanto immediata quanto di cieca fedeltà al
paradigma. Suonava più o meno così: «La massa a riposo è l'invariante del quadrivettore energia-impulso, come può
variare?». Non avevo capito.
Sono andato a rivedere le mie dispensine di relatività3. La massa relativistica stava dappertutto. E ovviamente svolgeva adeguatamente il suo compito: variava. Diventava energia poi tornava massa, poi di nuovo energia. L'avevo scritto io, ed era corretto.
Una pubblicazione4 che Cinzia mi segnalava era apparsa su Accastampato, rivista di divulgazione scientifica di studenti e ricercatori dell'Università di Roma La Sapienza, a firma di Matteo De Giuli, allora (maggio 2011) studente di
Fisica. L'autore citava gli articoli di Lev B. Okun, allora direttore del laboratorio di teoria delle particelle elementari
all'Istituto di Fisica Teorica e Sperimentale di Mosca, su Physics Today (giugno 1989)5 e su arXiv (febbraio 2006)6, e
l'articolo di Gary Oas, dell'Education Program for Gifted Youth alla Stanford University, anch'esso su arXiv (ottobre
2005)7.
Questa distinzione tra massa e massa relativistica pare in principio solo un fatto di linguaggio, comune nell'ambito
didattico. La cattiva notizia era che l'uso della seconda si rivela inefficace quanto foriera di malintesi ed errori. La
buona, che potevo esibire compagni di viaggio tra i maggiori fisici e premi Nobel del XX secolo, pur se solo nella loro
divulgazione.
Tutto sta nell'interpretazione della più celebre delle leggi fisiche, divenuta un'icona della fisica
moderna, E = mc2.
Frank Wilczek, Nobel per la Fisica 2004 per la cromodinamica quantistica, nella sua pregevole
opera di divulgazione La leggerezza dell'essere8, la chiama “la prima legge di Einstein”, salvo poi
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Insegna matematica e fisica al liceo Ferraris.
La professoressa Cinzia Magni insegna matematica e fisica al liceo Ferraris.
Ora modificate. Alla pagina www.francescofontana.eu/Materiale/4_Fis/Relatività_Regge.pdf
De Giuli Matteo, Lo strano caso della massa relativistica,
www.accastampato.it/2011/05/lo-strano-caso-della-massa-relativistica
Okun Lev B., The Concept of Mass, Physics Today, June 1989. www.itep.ru/theor/persons/lab180/okun/em_3.pdf
Okun Lev B., The Concept of Mass in the Einstein Year, 3/2/2006, arxiv.org/pdf/hep-ph/0602037
Oas Gary, On the abuse and use of relativistic mass, 21/10/2005, arxiv.org/pdf/physics/0504110
Wilczek Frank, La leggerezza dell'essere, Einaudi, Torino 2009, cap. terzo.
1
enunciare “la zeresima legge di Einstein”: m = E/c2. Sì, perché Einstein era interessato, e ha ricavato, quest'ultima: un'energia si trasforma in massa e quindi in inerzia. Meglio: in variazioni di massa
del corpo che la assorbe: ∆m = E/c2. Quarant'anni dopo si ebbe l'evento che rese immortale la prima legge, E = ∆m c2: 150.000 morti civili condannati nell'unico istante delle ore 8, 14' e 45” del 6
agosto 1945 mostrarono al mondo cosa può una massa che diviene energia.
Δm = E0/c² nei manuali dei licei
La dimostrazione discende da un esperimento mentale (Gedanken experiment).
Un corpo fermo di massa m emette contemporaneamente due impulsi di luce di energia E0/2 da lati opposti con medesima direzione. Dal sistema di riferimento del centro di massa la quantità di moto p rimane nulla prima e dopo l'emissione.
Con riferimento alla figura, per l'osservatore nel baricentro di m la quantità di moto prima e dopo l'emissione non varia e quindi la massa rimane ferma9.
Osservando l'emissione dal punto di vista di un osservatore O che si muova con velocità -v perpendicolarmente agli impulsi, il
corpo deve coerentemente conservare la stessa velocità v che aveva prima, anche dopo l'emissione.
Per O tuttavia la quantità di moto ceduta dal corpo ai due impulsi non è nulla ed è diretta nell'asse del moto. Chiamando p1,
p1x, p2 e p2x i moduli delle quantità di moto e delle loro proiezioni sull'asse orizzontale rispettivamente dei due impulsi, si ha:
p1 = p2 =
E0
2c
p1 x = p2 x=
E0 v
2c c
p tot ,luce =
E0 v
c2
Secondo O dunque la massa emittente assorbe una quantità di moto totale (rinculo) non nulla:
princulo = −
E0 v
c2
Ma questo non deve variare la sua velocità: solo una massa finale diminuita dopo l'evento di emissione dei due impulsi
permette la conservazione della quantità di moto:
p ini=mini v
pfin =mfin v
Ma:
p fin= pini + princulo
m fin v=mini v −
E0 v
c2
mini − mfin =
E0 v
c2
e, se chiamiamo Δm il difetto di massa, cioè la massa mancante, da qui la “zeresima legge di Einstein” secondo Wilczek:
∆ m=
9
E0
c2
La massa sarà diminuita ma qui non lo si vede.
2
È fondamentale notare che la legge ∆m = E/c2:
•
per come è stata ricavata, vale per corpi fermi,
•
che l'energia massima che si potrebbe ottenere da un corpo fermo (m c2) è chiamata energia
a riposo E0 (la più grande invenzione di Einstein nella relatività ristretta),
•
che tale energia E0 di un corpo non include la sua energia cinetica, relativa all'osservatore.
Repetita iuvant: per ogni corpo (dotato di massa) la massa m (misurata da fermo) corrisponde integralmente a un'energia (energia a riposo E0) secondo la legge E0 = m c2.
In realtà questa legge viene subordinata da Einstein a quelle che
egli raccomandava come le due leggi fondamentali della dinamica
relativistica:
{
E2− p 2 c 2=m2 c 4
E ⃗v
⃗p= 2
c
Qui E rappresenta l'energia totale di un corpo, inclusa la sua energia cinetica K.
Da queste due relazioni fondamentali si ricavano immediatamente le espressione più comuni per
energia a riposo, quantità di moto ed energia cinetica relativistiche:
{
E0=mc 2
E=γ mc 2
⃗p=γ m ⃗v
K=E− m c 2=E− E0
(
γ=
1
√1− v 2 /c 2
)
La ragione della scelta di p = Ev/c² invece di p = γmv per definire la quantità di moto è che la prima è più generale: si applica infatti anche ad oggetti con massa a riposo nulla (e velocità c) come i
fotoni.
Nella didattica viene spesso ricavata, prima e più facilmente, l'espressione relativistica della quantità di moto nella forma p = γmv.
3
p = γmv nei manuali dei licei
Anche qui la dimostrazione discende da un esperimento mentale.
Per chi è fermo a terra l’auto in figura va contro un muro con bassa velocità
w y=
∆y
∆t 0
Chi è fermo a terra e chi sta sull'auto, poiché γ ≈ 1, misurano Δy e Δt0
uguali.
Un elettrone che viaggi con grande velocità lungo l’asse x, a causa della
dilatazione dei tempi “vedrebbe” una velocità w’y inferiore (essendo il moto
lungo l'asse x, Δy' = Δy):
w'y =
w
∆y
∆ y'
=
= γy
∆t'
γ ∆ t0
Nella forma classica (p = mv), le variazioni di quantità di moto sono diverse:
δ py = m wy
w
δ p' y = m w ' y =m γy
δ p' y <δ p y
Ma il danno provocato, univoco, è correlato alla variazione della quantità
di moto che deve dunque essere uguale per i due osservatori (Δpy = Δp’y).
Solo ridefinendo la quantità di moto relativistica come p = γmv: si ottiene
la stessa variazione. Se chiamiamo γAT il fattore γ per la velocità dell'Auto rispetto a Terra e γeT il fattore γ per la velocità dell'Auto rispetto all'elettrone:
A terra:
δ p y = γAT m w y = m w y
poiché l'auto è lenta, γ≈1.
elettrone:
w
δ p ' y = γeT m w' y = = γeT m γ y = m w y
eT
4
È a questo punto che per lungo
tempo la maggior parte dei testi
per i primi anni universitari e per
gli ultimi anni liceali
introducevano la massa
relativistica mr:
m
mr := γ m =
2
√
1−
v
2
c
Divenne così comune, per evitare confusione, indicare la massa
a riposo con m0, mentre m diventa
la massa totale del corpo eventualmente in moto.
Qui scelgo di continuare ad indicarla la massa a riposo con m:
quindi m è la sola massa a riposo
e mr = γm. Invece E0 rappresenterà l'energia a riposo (l'energia totale associata al sistema fermo).
Le motivazioni di questa scelta sono almeno quattro.
(a) l'espressione E0 = mc² non vale più solo per l'energia a riposo di un corpo fermo, ma, includendo l'energia cinetica, diviene valida anche per corpi in moto nella forma molto più potente E =mr c² = γmc².
(b) poiché mr assume il ruolo di inerzia, si garantisce l'impossibilità di raggiungere la velocità c
con successivi incrementi finiti di quantità di moto ad esempio con una forza costante. Infatti una massa crescente all'infinito con la velocità garantisce un'inerzia crescente e un'accelerazione conseguentemente decrescente fino ad annullarsi quando v→c.
(c) si conserva la notazione newtoniana: la quantità di moto è p = mr v
(d) la massa relativistica mr misura, insieme all'inerzia del corpo, anche la sua massa gravitazionale, ovvero la sua interazione gravitazionale con altri corpi.
Trasformazioni massa↔energia
(A) In alcune situazioni assai poco comuni accade che tutta la massa m di un corpo si trasformi in
E0, come ad esempio i processi di annichilazione particella-antiparticella, o, viceversa, che un'energia E0 si trasformi tutta in massa (a riposo) m di particelle prima inesistenti, come nel processo inverso di creazione di coppie10.
10 Il tutto nel rispetto dei principi di conservazione: oltre quello dell'energia (massa-energia), quelli della quantità di
moto, della carica, dello spin, dei numeri barionici e leptonici, della stranezza.
5
Annichilazione particella-antiparticella
Quando un elettrone e un positrone (antielettrone) di bassa energia interagiscono, la loro massa scompare e si trasforma integralmente in energia (più comunemente elettromagnetica, sotto forma di due fotoni) secondo la reazione:
e+ + e– → γ + γ
La coppia di fotoni garantisce la conservazione della quantità di moto.
Creazione di coppie
Un fotone di alta energia interagendo con un nucleo ad alto Z può trasformarsi in una coppia elettrone-positrone. Poiché la
massa totale dei due elettroni equivale a 1.022 MeV, questa è l'energia soglia sotto la quale la creazione non può avvenire:
γ → e+ + e–
Gli elettroni portano l'eccesso di energia sotto forma di energia cinetica.
(B) Comunissima è invece la trasformazione parziale di massa in energia.
La tabella che segue raccoglie esempi di trasformazioni esoenergetiche fisiche e chimiche, comuni
e meno comuni. Dall'energia liberata si può facilmente calcolare la frazione di massa (a riposo) trasformata in energia.
Metabolismo
Reazione metabolica
ATP → ADP
Energia liberata
34 kJ/mole = 34 kJ / 375 g = 9.1 104 J/kg
Frazione massa
10-12
Passaggi di stato
Passaggio di stato
Condensazione W
Fusione H2O
Calore latente
48.2 105 J/kg
3.3 105 J/kg
Frazione massa
5.4 10-11
3.7 10-12
Combustione
Combustibile
Idrogeno
Metano
Benzina
Gasolio
Carbone
Legna secca
Potere calorifico
120 106 J/kg
50 106 J/kg
46 106 J/kg
44 106 J/kg
31 106 J/kg
16 106 J/kg
Frazione massa
13 10-10
5.6 10-10
5.1 10-10
4.9 10-10
3.4 10-10
1.8 10-10
Atomiche (diseccitazioni)
Atomo
Strato K di W
Idrogeno
E legame dell’elettrone
70 keV = 1.3 10-31 kg
13.6 eV = 25 10-36 kg
m atomo
3.1 10-25 kg
1.67 10-27 kg
Frazione massa
4 10-7 (0.00004 %)
1.5 10-8
Nucleari (energie di formazione11)
Formazione di nuclide
Fe56
He4
H2 (Deuterio)
E legame media per nucleone
8.8 MeV/nucleone = 18 10-30 kg
7.1 MeV/nucleone = 14.2 10-30 kg
1.1 MeV/nucleone = 2 10-30 kg
m nucleone
1.67 10-27 kg
1.67 10-27 kg
1.67 10-27 kg
Frazione massa
0.011 (1.1 %)
0.008 (0.8 %)
0.0012 (0.12 %)
Consideriamo quindi quattro esempi, molto diversi tra loro per il fatto che il sistema finale
possiede energia cinetica in misura diversa.
(1) Caricamento di una molla
Comprimendo una molla elastica il lavoro meccanico W = ½ kx2 si trasforma integralmente in aumento di massa (a riposo) della molla carica ∆m = W/c².
Non c'è scambio di quantità di moto e il sistema, nel riferimento della molla, rimane fermo. Trasformiamo E → ∆m e l'energia cinetica non è coinvolta.
11 Le prime due non avvengono in un singolo evento. Il caso del Fe56 ad esempio qui è puramente indicativo: la sua
formazione può avvenire, a partire dai componenti elementari, in miliardi di anni, attraversando eventi astrofisici
assai diversi.
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(2) Un decadimento di particelle
Il kaone K0 è un mesone12 neutro instabile che può decadere nella coppia di mesoni costituita dal
pione π+ e dalla sua antiparticella, il pione π–:
K0 → π+ + π–
Le relative masse sono le seguenti:
m(K0) = 498 MeV
m(π+) = m(π-) = 140 MeV
Accade dunque che una parte della massa di K0 si trasforma in energia cinetica K dei pioni, con:
Kpioni = m(K0) – m(π+) – m(π-) = 498 – 2·140 = 218 MeV.
Ora, nel linguaggio della massa relativistica dovremmo esprimerci dicendo che la massa complessiva dei due pioni è ancora pari a mr(π+) + mr(π-) = 498 MeV (quella del kaone iniziale), includendo
massa (a riposo) ed energia cinetica e rinunciando così a sottolineare che una parte di massa si è trasformata in energia.
Trasformiamo ∆m → K. Poiché l'energia cinetica è relativa all'osservatore questo modo di esprimersi si rivela poco felice: mentre la massa (a riposo) è un invariante relativistico, la massa
relativistica non lo è, e perciò può rivelarsi opportuno tener separate massa ed energia cinetica.
(3) Riscaldamento di un gas
A seguito della cessione ad un gas di una quantità di energia termica E si ha un aumento
dell'energia interna del gas ovvero un aumento ∆mr = E/c2 della massa relativistica del gas scaldato.
Questo è un caso interessante. L'energia rimane in forma cinetica e dunque la massa (a riposo) del
gas come insieme di molecole non è cambiata, ma se consideriamo il sistema del contenitore del
gas, isolato e fermo nel laboratorio, si rivela più utile considerare come sua massa (a riposo) la sua
“massa relativistica” (di un sistema, ripeto, fermo). Questo è utile in un sistema a molte particelle
dove si usa la descrizione macroscopica del sistema (gas) e dunque si sceglie di includere nella massa a riposo (dell'insieme del gas) la somma di tutte le energie cinetiche delle molecole rispetto al
centro di massa. In tal caso, dal punto di vista macroscopico, viene vista come una trasformazione
E → ∆m.
(4) La formazione del protone
La materia come la conosciamo è costituita da protoni, neutroni ed elettroni. La massa è
prevalentemente dovuta a protoni e neutroni. Ma questi non sono particelle elementari: nel modello
standard sono costituiti da 3 quarks ciascuno (2 up e 1 down per il protone, 2 down e 1 up per il
neutrone).
Benché sia difficile darne un valore, la massa dei quark liberi è stimata:
mup
mdown
~ 2.3 MeV
~ 4.8 MeV
Dunque abbiamo:
12 I mesoni sono costituiti da una coppia quark e antiquark di cariche di colore complementari.
7
massa dei quark componenti
massa particella
protone
9.4 MeV (2u + 1d)
938.3 MeV
neutrone
11.9 MeV (1u + 2d)
939.6 MeV
La spiegazione è che i quark si presentano sempre “vestiti” del campo di forza di colore (campo di
gluoni) e l’energia di legame (positiva) che li “veste” diviene massa (a riposo) del protone o del
neutrone13. Come nel gas caldo abbiamo energia che si trasforma in massa, anche se questa volta
non è energia cinetica ma l’energia di un campo di forze: E → ∆m.
Possiamo completare la tabella riportata più sopra con la situazione più notevole14.
Energie barioniche (energie di formazione)
Adrone
protone
neutrone
m quarks costituenti
m adrone
% massa acquisita
9.4 MeV
11.9 MeV
938.3 MeV
939.6 MeV
9882 %
7796 %
Le motivazioni per la massa relativistica
Analizziamo ora le motivazioni elencate sopra per l'introduzione di mr.
Motivazione (a), dell'ampliamento di validità di E=mc²
Dalla relazione E2− p2 c 2=m 2 c 4 discende che:
1. la massa relativistica, sempre in relazione E =mr c² con l'energia relativistica, diviene dunque un doppione di questa15 completamente inutile;
2. la massa (a riposo) è un invariante relativistico per tutti gli osservatori, ma non si
conserva nemmeno nei sistemi isolati; la massa relativistica mr (come E) è soggetta al
principio di conservazione (dell'energia) nei sistemi isolati, ma (esattamente come E) è una
grandezza relativa all'osservatore. Quindi mr = γm è quanto meno problematica.
Questo dovrebbe rispondere alla prima motivazione dell'introduzione di mr. La massa relativistica
è superflua, esiste solo una massa, la massa m dell'oggetto fermo, che corrisponde alla energia a riposo E0. Sono sufficienti le sole trasformazioni scritte con m:
E0 = m c
2
∆ E0 = ∆ m c
2
( ∆ E = ∆ m c2)
Motivazione (b), della massa inerziale
Può mr rappresentare l'inerzia del sistema, dal momento che m non è adatta?
Dobbiamo definire in modo chiaro cosa intendiamo come inerzia. Nella fisica newtoniana l'inerzia
13 La teoria della libertà asintotica del 1973 di Gross, Wilczek e Politzer, prevede un’energia di interazione nulla al
tendere a zero della distanza tra quarks, ma il principio di Heisenberg ne impedisce la configurazione e così si
raggiunge l’equilibrio del protone e del neutrone che conosciamo.
14 Ben si coglie da questi numeri il senso del titolo del libro divulgativo di Wilczek: La leggerezza dell’essere (cfr.
nota più sopra), omaggio tra l’altro allo scrittore cecoslovacco Milan Kundera, da parte di un premio Nobel per la
fisica di padre polacco (e madre italiana).
15 Un po' come se dopo il 1840 avessimo continuato ad usare il calorico insieme all'energia termica di un corpo. Va infatti notato che la massa relativistica è una grandezza fisica definita in modo completamente diverso dalla massa (a
riposo).
8
è la difficoltà ad accelerare un corpo, misurata nel rapporto tra la forza risultante esterna F su un sistema e l'accelerazione a prodotta secondo la legge di Newton F = m a.
In dinamica relativistica la legge di Newton è ancora valida, ma si deve scrivere nella forma
d ⃗p
⃗
F=
dt
Se proviamo a riscriverla con l'accelerazione, da p = γmv
troviamo16:
⃗
F=γ m a⃗n+ γ 3 m a⃗t
dove an e at rappresentano le consuete componenti normale e
tangenziale dell'accelerazione.
La cosa ha due conseguenze.
In primo luogo l'accelerazione prodotta da una forza non è più
allineata con la forza.
Inoltre la nuova legge non individua più un'inerzia univoca
m = F/a.
Se la forza è perpendicolare alla velocità (forza “normale”, come nel moto circolare uniforme), il
rapporto tra F ed a dà una “massa (o inerzia) normale” mn=γ m .
Viceversa se la forza agisce lungo la direzione della velocità (forza “tangenziale”), il rapporto dà
una “massa (o inerzia) tangenziale”17 mt=γ 3 m .
Quindi anche dal punto di vista dell'inerzia la scelta di usare la massa relativistica risulta infelice:
essa rappresenterebbe infatti solo la massa (o inerzia) normale. Ma soprattutto costringerebbe e distinguere tra due differenti masse di un corpo.
Motivazione (c), della notazione newtoniana
Può mr salvare la notazione newtoniana della dinamica (p=mv) ?
Sviluppiamo la relazione fondamentale:
E2 − p 2 c 2 = m 2 c 4
(
E2 = m2 c 4 1+
p2
2 2
m c
)
E = m c2
√(
1+
p2
2 2
mc
)
Nel caso in cui il sistema abbia velocità non relativistica (v << c), utilizzando lo sviluppo in serie
di Taylor si può scrivere:
(
E = m c2 1 +
p2
+ ...
2m2 c 2
)
K = E − m c2 =
p2
+ ...
2m
Questa in notazione newtoniana rappresenta l'energia cinetica (p²/2m) solo se m è la massa del
16 Eseguendo la derivata (vettoriale) della quantità di moto, in cui anche il fattore γ è dipendente dal tempo.
17 Ci potevamo aspettare due inerzie diverse: una forza trasversale non aumenta la velocità e dunque non produce aumento della energia cinetica (e massa relativistica, eventualmente). Una forza longitudinale, avendo come effetto un
aumento dell'energia cinetica, “sente” un'inerzia maggiore.
È di qualche interesse notare che la distinzione tra le due masse fu introdotta da Lorentz tra il 1899 e il 1904, dunque negli anni precedenti la pubblicazione della teoria di Einstein.
9
corpo in movimento. Nel calcolo che abbiamo svolto m rappresenta però la massa (a riposo).
K relat ≈
p2
γ2 m2 v 2 1 2 2
=
= γ mv
2m
2m
2
≠
1
2
m v = K newtoniana
2 r
La notazione newtoniana qui non può essere salvata dalla massa relativistica e la motivazione (c)
decade.
Motivazione (d), della massa gravitazionale
Può mr rappresentare la massa gravitazionale del sistema?
La legge di gravitazione di Newton in forma vettoriale è:
G Mm
F⃗g = −
⃗r
3
r
Se la massa relativistica svolge il ruolo di massa gravitazionale, dovremmo aspettarci:
G M ( E/ c 2)
F⃗g = −
r
⃗
r3
La Relatività Generale, per un corpo leggero (fotone o elettrone di velocità v = βc) a distanza r da
una massa M molto maggiore, dà l'espressione:
2
G M ( E/c )
[(1 + β2 )⃗r − ( ⃗
β ⋅ ⃗r ) β⃗ ]
F⃗g = −
3
r
Per coglierne il significato applichiamola a un fotone (β=1) in prossimità del Sole (massa M) nei
due casi limite di caduta perpendicolare verso la superficie del Sole e di transito tangenzialmente
alla sua superficie.
Nel primo caso, di caduta verso il centro solare:
G M ( E/c 2)
⃗
Fg = −
⃗r
r3
e abbiamo la legge attesa con la massa
relativistica mr = E/c².
Nel secondo caso, di transito radente alla
superficie18 abbiamo:
2 G M ( E / c2 )
F⃗g = −
⃗r
r3
e dunque in questo caso la massa gravitazionale dovrebbe essere il doppio di quella relativistica19.
18 È il caso storico della prima verifica della Relatività Generale nel 1919 quando, durante un'eclissi di Sole, si
cercava la luce di una stella che stava dietro il bordo della superficie del Sole)
19 Si nota, a margine del discorso, che la forza gravitazionale in Relatività Generale, escluso il caso di un corpo che si
stia muovendo nella direzione dei due baricentri, non agisce in quella direzione.
10
Nell'articolo di Gary Oas citato in prima pagina sono presentati i risultati di un lavoro di ricerca
sui testi, divisi per anno di pubblicazione e per tipologia, in cui si sia introdotta o meno la massa
relativistica20.
20 I miei anni universitari stanno entro la terza colonna. I testi su cui ho studiato erano per lo più pubblicati nel periodo
precedente.
11
Il 19 giugno 1948, in una lettera allo scrittore americano Lincoln Barnett, Einstein scrisse:
«Non è bene introdurre il concetto di massa
M=
m
2 2 di un corpo in movimento perché
1− v / c
nessuna definizione chiara può essere data. È meglio non introdurre alcun altro concetto di massa oltre
alla “massa a riposo” m. Invece di introdurre M è meglio citare l’espressione per il momento e l’energia
di un corpo in movimento».21
Anche nella didattica capita che le mode seguano direttrici (di comodità, semplificazione, intuitività nella divulgazione) non necessariamente convergenti con la coerenza e il rigore.
21 Citato da Okun, Physics Today, op. cit., p. 32.
12