Tecnica Bancaria
(Cagliari - 2015)
prof. Mauro Aliano
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1
La misurazione del rischio di
credito secondo il Basilea 2
2
Rischio di credito: prime definizioni
In generale il
rischio di credito
….
Si riferisce alla possibilità che una
variazione inattesa del merito creditizio di
una controparte nei confronti della quale
esiste un’esposizione generi una
corrispondente variazione inattesa del
valore di mercato della posizione creditoria
Quindi il rischio di credito non è limitato (come spesso si crede) alla sola
possibilità di insolvenza della controparte: anche il più banale deterioramento del
merito creditizio della controparte stessa può essere considerata una
manifestazione del rischio di credito
3

La banca si espone al rischio di credito nell’attività di
erogazione del credito, nella sottoscrizione di attività
finanziarie
(acquisto
e
detenzione
di
titoli
obbligazionari) e nell’assunzione di impegni futuri,
come ad esempio il rilascio di garanzie alla clientela
e più in generale la concessione di crediti di firma
(anche l’attività di negoziazione in valori mobiliari, in
particolar modo quella in strumenti derivati, origina
esposizioni al rischio di credito nella forma di rischio
di controparte)
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Una corretta determinazione del prezzo deve tener conto del grado di rischio incorporato
in ciascuna operazione. Quando questo non accade, la banca si pone nella condizione di
non massimizzare il proprio profitto e, dal punto di vista patrimoniale, di ridurre il proprio
valore netto. Nel momento in cui la probabilità di insolvenza si alza, il premio per il rischio
aumenta e il valore di mercato dell’attività si riduce (il valore di mercato di un prestito
subisce una riduzione nel momento che il valore attuale dei flussi futuri di quell’attività
finanziaria va determinato utilizzando un tasso di sconto che incorpora un premio al
rischio che a sua volta riflette la probabilità di insolvenza)
Il rischio di credito può essere scomposto in due componenti
Rischio di insolvenza
Rischio di perdita
conseguente all’insolvenza
del debitore
Rischio di spread
Rischio di perdita conseguente al deterioramento
del merito creditizio del debitore al quale farebbe
seguito un aumento dello spread richiesto dal
mercato
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Volendo approfondire le componenti del rischio di credito, è possibile distinguere i
seguenti elementi principali:
Il tasso di perdita atteso
si
tratta del valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. Proprio perché
attesa, è evidente che tale perdita non rappresenta il vero rischio di un’esposizione
creditizia; in quanto stimata ex ante, infatti, essa viene direttamente caricata in
termini di spread sulle condizioni di prezzo applicate dal mercato al creditore (per il
suo merito di credito).
La
perdita attesa, sua volta, dipende dalla probabilità di inadempienza e dal
recupero possibile dovuto a garanzie esistenti (tasso di perdita in caso di
insolvenza)
Se
le perdite eguagliassero sempre l’ammontare atteso, e la banca accantonasse
fondi per pari ammontare, non vi sarebbe alcuna incertezza sulle condizioni di
profittabilità e quindi alcuna conseguenza negativa sul reddito futuro
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la
variabilità della perdita attorno al suo valore medio: questa
seconda componente rappresenta il vero fattore di rischio, ossia il
rischio che la perdita risulti, a posteriori,di ammontare superiore a
quella stimata ex ante.
Mentre
la prima componente – la perdita attesa – non può essere
ridotta mediante un opportuno processo di diversificazione del
portafoglio in termini di mercati geografici, settori merceologici, o
classi dimensionali dei soggetti affidati, la seconda componente – la
variabilità di tale perdita (perdita inattesa) – può essere ridotta
mediante un ’ adeguata politica di diversificazione del portafoglio
impieghi della banca
7
Il
terzo elemento consiste, pertanto, nell’effetto diversificazione,
ossia nella diminuzione che il tasso di perdita inattesa subisce nel
momento in cui, in uno stesso portafoglio, vengono inseriti impieghi
i cui tassi di perdita attesa risultano caratterizzati da una
correlazione non perfettamente positiva (inferiore all’unità).
Si
tratta, in altri termini, di un fattore correttivo (al ribasso) della
seconda componente che si registra ogni qualvolta un singolo
prestito si inserisce in un portafoglio di prestiti preesistente nei
confronti del quale la nuova operazione non si muove all’unisono (si
verifica cioè un effetto di riduzione della rischiosità media analogo a
quello osservato per un portafoglio di attività finanziarie)
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La perdita attesa di un prestito, poi, può essere a sua volta suddivisa in due
elementi:
La
Il
probabilità di insolvenza della controparte (probability of default = PD)
tasso di perdita in caso di insolvenza (loss given default = LGD)
Analiticamente pertanto si ha che:
Pa = (PD x EAD) x LGD
Pa = E(Ti) x [1-E(Tr)]
Dove
Pa = tasso di perdita atteso
E(Ti) = tasso di insolvenza atteso (E=PD; Ti = esposizione in caso di
inadempienza = EAD)
E(Tr) = tasso di recupero atteso in caso di insolvenza
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Mentre
la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del
debitore, il tasso atteso di recupero dipende principalmente dalla natura
del finanziamento e dalle eventuali garanzie che lo assistono.
La
distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa è particolarmente
rilevante poiché è un elemento essenziale per le scelte gestionali che
riguardano:
L’ammontare delle svalutazioni dirette e degli accantonamento
necessari per fronteggiare la componente delle perdite attese

Il mantenimento di una adeguata dotazione di capitale proprio per
fronteggiare la componente inattesa di tali perdite

La richiesta, al prenditore, di una maggiorazione nel tasso di
rendimento che tenga conto delle svalutazioni e degli accantonamenti
per le perdite attese e del costo del capitale che fronteggia le perdite
inattese

10

Per la stima del tasso atteso di insolvenza, si seguono, nella prassi,
tre possibili approcci

Il primo è costituito dai cosiddetti modelli analitico soggettivi, che
consentono di tenere adeguatamente in considerazione sia le
variabili di natura quantitativa, sia le variabili di natura qualitativa
che, al contrario, un modello statistico non è in grado di cogliere. I
modelli analitici presentano, tuttavia, lo svantaggio di essere modelli
estremamente sensibili agli elementi soggettivi

Un secondo possibile approccio consiste nei modelli di natura
statistica che vanno generalmente sotto il nome di modello di rating
o modelli di scoring. Un forte impulso allo sviluppo dei sistemi di
rating interno è giunto alle banche europee, soprattutto quelle di
minori dimensioni, dalla revisione dell ’ Accordo di Basilea sui
requisiti patrimoniale del 1988, nota come Basilea 2.
11

In merito all’aspetto più critico delle metodologie di assegnazione dei rating,
Basilea 2 si è limitata ad elencare alcuni requisiti di massima, lasciando alle
banche l’onere della scelta dell’approccio di valutazione

Tra queste, particolare attenzione è stata riversata dalle banche sulle tecniche
automatiche, tra cui lo scoring, ossia una specifica tecnica di determinazione di
una misura di affidabilità del prenditore sulla base di variabili di input e relazioni
individuate e stimate su predefiniti campioni di debitori/creditori utilizzando
apposite metodologie statistiche nella fase di costruzione del modello predittivo

Tornando
alla
natura
dei
modelli,
preme
sottolineare
che
si
tratta
prevalentemente di modelli multivariati che, analizzando diversi indici contabili e
attribuendo ad ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, una
ponderazione, giungono ad una valutazione del merito creditizio che viene
sintetizzata in un unico valore.

Un terzo ed ultimo approccio per la stima dei tassi di insolvenza si fonda sui dati
storici prodotti dalle agenzie di rating
12
Calcolo dei requisiti patrimoniali minimi per il rischio di credito secondo
Basilea 2
1. il metodo standard
2. il metodo rating interni
di base
Requisito patrimoniale
decrescente
Complessità crescente
Le banche possono scegliere tra i seguenti metodi per il calcolo dei
requisiti patrimoniali minimi
3. il metodo rating interni
avanzato
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Crediti verso imprese: metodo standard
Portafogli
o Imprese
Da AAA a
AA
Da A+ a A-
Da BBB a
BB-
Inferiore a
BB-
Senza
rating
Ponderazio
ni impieghi
Nuovo
Accordo
20%
50%
100%
150%
100%
Capitale
necessario
(per 100
euro di
prestito)
1,6
……….
………..
…………
8
a.a.2010/11
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Il sistema basato sui rating interni (IRB)
Il
sistema IRB (Internal rating based approach – IRB) prevede che le
banche suddividano le esposizioni in portafoglio in diverse classi di
attività con diverse caratteristiche di rischio di credito.
Le
classi di attività sono relative a imprese, banche, soggetti sovrani,
clientela al dettaglio (retail), partecipazioni azionarie, crediti
commerciali acquistati
Per
ognuna delle classi è previsto un insieme specifico di elementi di
rischio, ponderazioni e requisiti minimi per l’ammissibilità.
Vi
è la necessità di disporre di serie storiche di dati
Rating
deve essere dato da chi nella organizzazione non ha vantaggio
a darlo!!!!
15
IRB: aspetti fondamentali
Il
Comitato ha sviluppato una metodologia di base
(foundation
approach)
e
una
avanzata
(advanced
approach) per la stima delle componenti di rischio
Nel
metodo base relativo alle esposizioni verso imprese,
banche e soggetti sovrani, una banca deve stimare
internamente la probabilità di insolvenza (PD – probability
of default) connessa ai mutuatari inclusi in ciascuna classe
di rating, facendo affidamento nel contempo alle regole
prudenziali per la stima delle altre componenti di rischio.
16
IRB: aspetti fondamentali

Nel metodo avanzato le banche possono utilizzare
stime interne per tre ulteriori componenti di rischio:
perdita in caso di insolvenza del mutuatario (LGD –
loss given default), entità dell ’ esposizione al
momento dell ’ insolvenza (EAD – Exposure at
default) e il trattamento dei derivati di credito e delle
garanzie.

Devono però rispettare requisiti minimi.
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Calcolo dei requisiti patrimoniali secondo il metodo dei rating interni
Impiego 1.000 euro
ad una impresa
Requisito patrimoniale funzione di
(PD; LGD; EAD; M)
(da 1,18% a 28,20%)
Regole
Basilea 2
+
copertura rischio operativo
350
300
250
200
150
100
50
20.00%
15.00%
10.00%
6.00%
5.00%
4.00%
3.00%
2.50%
2.00%
1.50%
1.30%
1.00%
0.80%
0.50%
0.40%
0.30%
0.18%
0.15%
0
0.10%
Requisito patrimoniale
Più cresce il requisito patrimoniale
Assorbimento Patrimonio di vigilanza = % Requisito
patrimoniale (PD;LGD;EAD:M) x Impiego
Probabilità di default
Più aumenta
a.a.2010/11 il rischio
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Metodo standard e metodi IRB
Metodo Standard
Coefficiente di
ponderazione fornito dalle
agenzie di rating
Esposizione
EAD
x
PD
x
LGD
x
M
+/-
x
=
8%
Granularity
x
8%
Requisito
patrimoniale
=
Requisito
patrimoniale
Valori calcolati dalle banche
Metodo IRB avanzato
Metodo IRB di base
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Per la stima del tasso di recupero, invece, va sottolineato come i fattori che
determinano tale variabile siano essenzialmente quattro.
La gravità dello stato di insolvenza, ossia l’entità del divario tra il valore delle
attività e il valore delle passività del soggetto affidato
Il grado di liquidità delle attività dell’impresa e, quindi, la relativa facilità con
cui le attività a disposizione possono essere convertite in liquidità al fine di
rimborsare i creditori
La presenza di eventuali garanzie, sia reali sia personali, con il connesso grado di
liquidità. Il Comitato di Basilea ha previsto, nel nuovo schema di regolamentazione del
capitale, il riconoscimento di “sconti” sui requisiti patrimoniali da applicare alle esposizioni
caratterizzate dalla presenza di strumenti di mitigazione del rischio di credito, quali le
garanzie di natura personale o reale. La disciplina proposta ha una struttura flessibile che
consente di variare lo sconto in funzione del tipo di garanzia presentata e della sua
capacità di copertura del debito. Le tecniche di mitigazione del rischio, a seconda della loro
tipologia, riducono il requisito di capitale agendo su variabili diverse, le garanzie personali
sono modificative della probabilità di insolvenza (PD), mentre le garanzie reali (finanziarie o
immobiliari) impattano sulla perdita al momento dell’insolvenza (LGD)
Il grado di esposizione, ossia l’eventuale presenza di forme di seniority o di
subordinazione nei confronti di altri creditori.
20
Da ultimo, per la stima della perdita inattesa, è opportuno riflettere sul
fatto che la perdita effettivamente registrata ex post da un portafoglio di
impieghi
può
risultare
diversa
da
quella
stimata
ex
ante
fondamentalmente per due ordini di motivi: per il fatto che il tasso di
insolvenza risulti a posteriori superiore a quello stimato in origine e/o per
il fatto che il tasso di recupero in caso di insolvenza risulti ex post
inferiore a quello stimato ex ante.
 Seguendo una logica di tipo probabilistico, quale quella tipica dei
modelli del valore a rischio (VAR), si deve valutare fino a quale punto il
deterioramento di queste due variabili può manifestarsi con un certo
livello di confidenza.
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Rating del debitore
Forma tecnica
Rating del garante
Garanzie reali
In che percentuale di
casi si rischia una
perdita?
Forma tecnica
Margine disponibile
Quale percentuale si
perderà in caso di
default?
PD
Su quale
esposizione
effettiva?
EAD
LGD
Patrimonio (capitale, fondi generali)
Accantonamenti/svalutazioni
Copertura della perdita inattesa
Copertura della perdita attesa
Costo del capitale
Livello dei tassi
Costi operativi
Prezzo
Redditività cliente
Politica commerciale 22
Basilea 3
23
Il dibattito in corso

La gravità della crisi che ha colpito l’economia mondiale,
propagandosi da focolai inizialmente circoscritti ad alcuni segmenti
del settore finanziario d’oltreoceano, ha inevitabilmente portato a
chiedersi se vi fossero gravi difetti nella regolamentazione e, in
particolare, nell’accordo internazionale noto come Basilea 2.

In realtà, all’origine della crisi vi è stata un’interazione fra crescenti
squilibri
macroeconomici,
politiche
monetarie
accomodanti,
un’innovazione finanziaria che sembra aver superato la capacità
degli operatori di gestirne le implicazioni, la naturale tendenza dei
mercati a passare bruscamente da fasi di euforia e sottostima dei
rischi a fasi di crollo della fiducia, il moltiplicarsi delle occasioni di
contagio generata dall’integrazione economica internazionale.
24
Il dibattito in corso


Certamente l’apparato regolamentare e di
supervisione del settore finanziario non è stato
in grado di prevenire l’eccessiva dilatazione dei
rischi o di imbrigliare lo sviluppo della crisi.
In risposta alla crisi è stata avviata un ’ azione
concertata dei governi, all’interno della quale si
svolge, con riferimento al settore finanziario, l’azione
di riforma regolamentare del Financial Stability
Board e, per il settore bancario, quella del Comitato
di Basilea.
25
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

Sin dal primo Accordo di Basilea, la regolamentazione finanziaria
per le banche è stata fortemente incentrata sulla presenza di presidi
patrimoniali commisurati ai rischi assunti, nella convinzione che alle
esigenze di liquidità degli intermediari potesse farsi sempre fronte
grazie a mercati interbancari ben sviluppati e integrati.

Il rischio che banche solvibili potessero trovarsi nella condizione di
non essere in grado di onorare i propri impegni di cassa nei tempi
richiesti e a costi sostenibili era sottostimato.
26
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

La crisi finanziaria ha mostrato invece con quanta rapidità,
intensità e durata possa manifestarsi il rischio di liquidità e
quali effetti esso possa determinare sulla stabilità degli
intermediari e dell’intero sistema.

È risultata evidente l’esigenza di definire a livello
internazionale un sistema di regole in materia di gestione
della liquidità.

Attraverso l’introduzione di regole quantitative, il Comitato di
Basilea mira dunque a evitare che squilibri nella gestione
delle liquidità possano mettere a repentaglio la stabilità del
singolo intermediario e a ridurre le possibilità di contagio ad
altri operatori.
27
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

Un primo indicatore (liquidity coverage ratio - LCR), finalizzata a
garantire l’equilibrio finanziario di breve periodo, richiede che le
banche si dotino di cuscinetti di attività liquide in grado di coprire –
anche in condizioni di stress molto severe – deflussi di cassa attesi
in un orizzonte di 30 giorni, senza ricorrere al mercato (in vigore dal
2015).

Un secondo indicatore (net stable funding ratio – NSFR) risponde
invece all’esigenza di evitare squilibri strutturali nella composizione
per scadenze delle passività e attività di bilancio, su un orizzonte
temporale di un anno (in vigore dal 2018)
28
Le proposte per rafforzare l’adeguatezza del capitale

Le regole sull’adeguatezza del capitale rimangono
lo strumento principale per influenzare gli incentivi
all’assunzione di rischi da parte delle banche e per
determinare la loro capacità di assorbire perdite
rimanendo vitali.

Obiettivo è il miglioramento della qualità degli
strumenti finanziari che possono essere inclusi nel
patrimonio di vigilanza e un più adeguato
trattamento di alcuni rischi.
29
La definizione di capitale

Le nuove regole si prefiggono dunque l’obiettivo di innalzare la
qualità del capitale, rendendo le banche più pronte ad affrontare
future crisi e ad assorbire le perdite in un’ottica sia – e soprattutto –
di continuità aziendale sia di liquidazione.

Nel confermare la ripartizione del patrimonio di vigilanza in
patrimonio di base (Tier 1) – a copertura delle perdite in un’ottica di
continuità aziendale – e patrimonio supplementare (Tier 2) – a
copertura delle perdite in caso di liquidazione – l’orientamento è per
una definizione restrittiva della componente predominante del
patrimonio di base (il core Tier 1), che per le banche costituite
in forma di società per azioni viene essenzialmente limitata alle
azioni ordinarie e alle riserve di utili.
30
La definizione di capitale


Gli attuali coefficienti patrimoniali minimi relativi al
patrimonio totale e a quello di base vengono affiancati
da un requisito relativo al core Tier 1. A regime:

core Tier 1: 4,5%

Tier 1: 6%

Patrimonio complessivo: 8%
Nello stesso spirito, vengono introdotte regole più
stringenti
per
l’ammissibilità
nel
patrimonio
supplementare degli strumenti di debito subordinato;
scompaiono, gradualmente, gli elementi di qualità più
bassa (cfr. tabella successiva)
31
32
Il leverage ratio

Un
altra
problematica
emersa
attiene
all’elevato
indebitamento (leverage) delle banche che maggiormente
hanno subito la crisi.

Si stanno quindi compiendo diversi sforzi per introdurre
strumenti che limitino l’eccessiva crescita dell’indebitamento
nelle fasi di euforia.

La proposta di imporre un leverage ratio (rapporto di
indebitamento) alle banche è una delle risposte all’esigenza di
evitare livelli di debito non compatibili con un equilibrato
funzionamento del sistema economico.

Il leverage ratio, definito come il rapporto massimo tra il
volume delle attività e delle esposizioni fuori bilancio e il
capitale, ha peraltro una duplice finalità.
33
Il leverage ratio

Oltre a contribuire a contenere il livello di indebitamento nelle fasi di
elevata crescita economica, esso può supplire ad eventuali carenze
o imperfezioni nei modelli interni per la valutazione del rischio,
soprattutto di quelli sviluppati per prodotti finanziari particolarmente
complessi o innovativi.

Il rapporto tra il Tier 1 e le attività complessive (on balance e off
balance) deve essere almeno pari al 3%

Periodo transitorio

da gennaio 2011. monitoraggio

da gennaio 2015: informativa sul livello del ratio e sulle componenti

entrata in vigore: 2018
34
L’effetto dei rischi sui bilanci degli intermediari
Una volta definite le principali categorie di rischio, possiamo esaminare come questi
rischi si riflettono sul bilancio degli intermediari. La tabella indica il criterio generale
che deve essere seguito quando l’evento si manifesta e le voci di bilancio interessate
Criterio generale da seguire
Voci di bilancio interessate
RISCHIO DI LIQUIDITA’
Perdita in conto capitale per vendite in condizioni di emergenza
Mancata possibilità di finanziare posizioni in scadenza
Minusvalenze
Maggiori costi di finanziamento
RISCHIO DI MERCATO
Mark-to-market
(esposizione del valore di bilancio al valore economico)
Valore delle attività
Minus-plusvalenze
Conto economico
RISCHIO DI CREDITO
Rettifiche di valore
Perdite su crediti (write-offs)
Deduzioni dirette
Accantonamenti a fondo rischi
35

I vari rischi si riflettono sul patrimonio o direttamente
o passando attraverso la riduzione dell’utile di
bilancio.

E’ allora chiaro perché il patrimonio rappresenti
un autentico «paraurti» rispetto al verificarsi dei
rischi.

La regola economica fondamentale è naturalmente
che un’impresa per poter continuare ad esistere
deve avere patrimonio netto maggiore di zero, cioè
deve essere in condizione di solvibilità.
36

L’adeguatezza del capitale rispetto ai rischi sopportati è dunque
la difesa fondamentale rispetto al rischio di solvibilità.

Il capitale proprio risulta «adeguato» quando riduce la probabilità
di insolvenza futura di un’istituzione ad un livello minimo
predeterminato.

Naturalmente, come per la liquidità non esiste nessuna formula
magica né alcuna regola fissa: valutare ex ante l’adeguatezza è
dunque il momento cruciale delle buone regole di gestione
bancaria e di efficacia degli interventi di controllo.

Proprio perché è sul patrimonio che alla fine si scaricano tutti i
rischi della banca si sono diffuse tecniche di misurazione della
relazione esistente fra singoli rischi (e rischi nel loro complesso)
e il patrimonio stesso.
37