scarica pagine saggio

annuncio pubblicitario
.
A
p.
‫ ﱯ‬Capitolo Secondo ‫ﱰ‬
S.
Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
‫ﱝﱜﱛ‬
i
1. FONTI DI PRODUZIONE, FONTI SULLA PRODUZIONE, FONTI DI
COGNIZIONE
br
Fonti del diritto sono tutti gli atti o fatti dai quali traggono origine le
norme giuridiche. Caratteristica fondamentale degli ordinamenti giuridici
moderni è la pluralità delle fonti.
li
A) Distinzioni
B) Testi unici e codici
Es
se
Le fonti di produzione pongono le norme di comportamento costitutive del diritto oggettivo
e possono essere definite come ogni fatto abilitato dall’ordinamento giuridico a innovare il diritto
oggettivo. Esse, come si vedrà nel paragrafo successivo, si distinguono in fonti atto e fonti fatto.
Le fonti sulla produzione, invece, disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicando chi è competente ad adottarle e i modi della loro adozione. Tra le fonti sulla produzione si annoverano le «Disposizioni sulla legge in generale» premesse al Codice civile con le quali
si dettano disposizioni generali in materia di fonti (CUOCOLO) e la stessa Costituzione, che, oltre
ad essere una fonte di produzione, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal momento che
disciplina i processi di produzione delle fonti del diritto (come ad esempio le leggi ordinarie e quelle
costituzionali). Infine, le fonti di cognizione. Esse costituiscono gli strumenti attraverso i quali è
possibile venire a conoscenza delle fonti di produzione (ad es.: Gazzetta Ufficiale).
yr
ig
ht
©
Di difficile collocazione sono, poi, i testi unici, vale a dire quegli atti che raccolgono e riformulano disposizioni di molteplici testi normativi succedutisi nel tempo, accomunati dal fatto di disciplinare la stessa materia.
Sicuramente normativi sono i testi unici di coordinamento, fra i quali possono essere annoverati i testi unici di leggi ordinarie adottati con legge del Parlamento, o dal Governo su delega
parlamentare; i testi unici di disposizioni regolamentari adottati con regolamento; i testi unici di
norme regionali adottati con legge regionale. In tali ipotesi i testi unici sono dotati della stessa
forza e dello stesso valore delle disposizioni da unificare e coordinare, per cui sono capaci di
modificarle e abrogarle come qualunque altra fonte equiordinata.
I testi unici di mera compilazione, invece, rappresentano una tipologia alquanto dubbia,
dal momento che non hanno carattere normativo primario come gli altri. In tale categoria rientrano i testi unici la cui compilazione da parte del Governo è stata solo «autorizzata» dal Parlamento e non fatta oggetto di una delega ex art. 76 Cost.; i testi unici di atti legislativi regionali
prodotti dalla Giunta regionale (che non può emanare né decreti-legge, né tantomeno decreti
legislativi); i testi unici di leggi costituzionali compilati dal Governo.
2. FONTI FATTO E FONTI ATTO
C
op
Le fonti di produzione si suddividono in:
— fonti fatto, ovvero fonti non scritte determinate da fatti sociali o naturali
considerati idonei a produrre diritto;
.
382
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
p.
— fonti atto, ossia atti normativi posti in essere da organi o enti nell’esercizio di poteri ad essi attribuiti dall’ordinamento.
li
br
i
S.
A) Le fonti fatto
Tra le fonti fatto annoveriamo vari tipi di consuetudine e il rinvio a fonti
di altri ordinamenti.
La consuetudine consta di due elementi fondamentali, uno oggettivo e
l’altro soggettivo. L’elemento oggettivo si identifica con la ripetitività (diuturnitas) di un determinato comportamento nel tempo, mentre quello soggettivo
con la convinzione (opinio juris ac necessitatis), da parte di coloro che rispettano la norma, che tale comportamento è obbligatorio. Esistono una consuetudine secundum legem (richiamata dalle leggi scritte), una praeter legem (che
opera laddove non sono presenti fonti atto) e si discute sulla possibilità di una
consuetudine contra legem (consuetudine contraria a leggi o regolamenti).
Si parla, poi di consuetudini costituzionali.
©
Es
se
Pur essendo una Costituzione lunga, la nostra non disciplina dettagliatamente tutte le materie
di rango costituzionale: istituti importanti come la formazione del Governo o l’impedimento del
Presidente della Repubblica sono praticamente privi di disciplina. Ovviamente, di fronte all’insorgere di questioni pratiche in simili settori, gli organi costituzionali e i soggetti politici finiscono per assumere determinati comportamenti, che tendono ad essere ripetuti ogniqualvolta la
questione si ripresenti (si pensi alla prassi delle consultazioni dei segretari dei partiti da parte del
Capo dello Stato in occasione della formazione di un nuovo Governo). Rispetto alle altre consuetudini, quelle costituzionali si caratterizzano per il fatto che la reiterazione dei comportamenti
può anche avere una dimensione temporale molto limitata: anche solo due ripetizioni, soprattutto se a distanza di tempo, possono già dar vita ad una consuetudine. Le consuetudini costituzionali sono, quindi, fonti di rango costituzionale (in quanto colmano le lacune della Costituzione) e possono essere applicate nella risoluzione dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato
(sent. Corte cost. 129/1981) e nei giudizi di legittimità costituzionale.
ig
ht
B) Le fonti atto
Assai più importanti, a livello interno, risultano essere le fonti atto. Dal
codice di Hammurabi alle attuali banche dati di legislazione, le fonti atto hanno segnato il cammino della scienza giuridica nel corso dei secoli. Esse si
distinguono a seconda della forma che assumono. Tale forma si può ricondurre all’autorità emanante (D.P.R., Decreto ministeriale, legge etc.) o al nomen
juris dell’atto (legge, decreto legge, legge regionale) (BIN - PITRUZZELLA).
yr
3. I CRITERI CHE REGOLANO I RAPPORTI FRA LE FONTI
A) Il criterio cronologico
C
op
Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo (due leggi, ad esempio, o
due regolamenti), il criterio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al
quale non si applica (perché si ritiene abrogata) la norma precedente, ma quella successiva (lex
posterior derogat legi priori).
.
383
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
p.
B) Il criterio di specialità
S.
Il criterio cronologico non trova, tuttavia, applicazione quando la norma precedente abbia
carattere speciale o eccezionale, nel qual caso lex posterior generalis non derogat legi priori speciali, a meno che, interpretando la legge generale e la volontà ad essa sottesa, l’interprete non
ritenga che essa non tolleri alcuna disciplina diversa, sia essa precedente o successiva.
C) Il criterio gerarchico
br
i
Quando le norme confliggenti provengono da fonti diverse (ad es.: dalla Costituzione e da
leggi ordinarie), la risoluzione delle antinomie segue il criterio gerarchico e non quello cronologico. Nel nostro ordinamento, infatti, le fonti si collocano a livelli diversi, per cui le norme successive, poste da fonti di rango inferiore, che siano in contrasto con norme provenienti da fonti di
rango superiore, sono invalide e devono essere soggette ad annullamento (come prevede l’art.
136 Cost. per le leggi o gli atti ad essa equiparati che siano incostituzionali) o a disapplicazione
(come è tenuto a fare, invece, il giudice ordinario con i regolamenti illegittimi).
li
D) Il criterio di competenza
Il criterio di competenza può presentarsi in due diverse forme:
Es
se
— tra due fonti può esserci una separazione di competenze, fondata sulla diversità di oggetti
regolabili o di ambito territoriale, oppure su entrambi gli elementi;
— in altri casi la Costituzione mostra di preferire, per la disciplina di una particolare materia,
una fonte piuttosto che un’altra, senza impedire a quest’ultima, però, di regolarla fino a quando la fonte preferita non abbia provveduto ad introdurre la sua disciplina (criterio della
preferenza).
E) Le fonti atipiche e rinforzate
ig
ht
©
Si possono individuare tipi diversi di fonte, ciascuno caratterizzato da un particolare procedimento di formazione e da una determinata forza, vale a dire una specifica capacità di innovare
il diritto oggettivo e di resistere all’abrogazione da parte di altre fonti.
Si definiscono fonti rinforzate quegli atti che presentano varianti di procedimento o di forma
rispetto al tipo cui appartengono: le leggi costituzionali che dispongono la fusione o creazione di
nuove Regioni, ad esempio, necessitano del parere dei Consigli regionali, della richiesta di un
certo quorum di Consigli comunali e dell’approvazione delle popolazioni interessate (art. 132
Cost.). Una legge costituzionale che non presenti queste caratteristiche non può modificare l’elenco
delle Regioni contenute nell’art. 131 Cost., che denota, per questo motivo, una capacità di resistenza maggiore di altre norme costituzionali.
Si definiscono atipiche, invece, quelle fonti che hanno una forza attiva o passiva diversa dal
tipo cui appartengono, ad esempio: le leggi di bilancio non possono stabilire nuovi tributi o nuove
spese (come possono invece tutte le altre leggi); le leggi elencate nell’art. 75 Cost. sono le uniche
a resistere al referendum abrogativo.
yr
4. L’INTERPRETAZIONE DELLE FONTI
Per interpretazione si intende quell’attività intellettiva mediante la quale si accerta o si attribuisce un dato significato ai provvedimenti, consentendo all’operatore del diritto (magistrato,
avvocato, giurista etc.) di ricavare da essi una norma che possa essere applicata al caso o alla
questione che si intende risolvere.
op
Se si considerano le tecniche con cui l’attività interpretativa è svolta, è possibile distinguere fra:
C
— interpretazione letterale o dichiarativa, che attribuisce alle disposizioni il significato proprio delle parole, così come risulta dall’uso comune e dalle connessioni sintattiche fra le stesse;
.
384
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
p.
— interpretazione correttiva, che tende, invece, ad attribuire alle disposizioni un significato
diverso da quello risultante dalla lettera del testo, facendo leva sull’intenzione, sulla volontà o
gli scopi del legislatore sottesi alla norma e non esplicitati nella stessa. Questo tipo di attività
interpretativa può ulteriormente articolarsi in:
li
br
i
S.
1) interpretazione estensiva, che estende il significato della disposizione oltre il dato letterale;
2) interpretazione restrittiva, che riduce l’ambito applicativo di una norma;
3) interpretazione sistematica, che inserisce la disposizione da interpretare in un contesto
più ampio (l’intero articolo in cui è collocata, l’insieme delle norme che disciplinano una
determinata materia, l’ordinamento giuridico nel suo complesso) e alla luce di questa
sistemazione le attribuisce un significato specifico;
4) interpretazione adeguatrice, che adatta il significato di una disposizione affinché non
contrasti con il significato di altre norme di rango superiore (ad esempio una legge viene
interpretata in modo che non contrasti con la Costituzione);
5) si distingue, infine, fra interpretazione storica ed interpretazione evolutiva a seconda
che la disposizione da interpretare venga letta alla luce della volontà del legislatore che
l’ha formulata, oppure venga adattata al contesto storico, sociale e culturale in cui deve
essere di volta in volta applicata;
Es
se
— interpretazione analogica. Ogni qualvolta un caso concreto non possa essere risolto applicando una norma preesistente nell’ordinamento giuridico, si configura una lacuna del diritto. Quando ciò accade, il secondo comma dell’art. 12 disp. prel. c.c. dispone che il giudiceinterprete tenga conto delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe e, se il
caso rimane ancora dubbio, decida secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato. Il procedimento analogico non può essere applicato alle norme penali ed eccezionali
(art. 14 disp. prel. c.c.);
— interpretazione autentica, che si ha quando il legislatore interviene con un atto (legge o
altro atto ad essa equiparato) a fissare il significato delle disposizioni normative contenute in
leggi precedenti, vincolando così gli interpreti del diritto a non dare altre interpretazioni di
quella norma e ad applicarla, con quel significato, retroattivamente.
©
5. LE FONTI DELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ITALIANO
C
op
yr
ig
ht
In base alla più recente dottrina, le fonti atto del sistema costituzionale
italiano sono così classificabili (BARBERA-FUSARO):
— la Costituzione e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale,
che si pongono al vertice della piramide delle fonti del diritto riconosciute
dal nostro ordinamento;
— le fonti comunitarie, vale a dire i trattati istitutivi, i regolamenti, le direttive e le decisioni. Si tratta di atti che, una volta immessi nel nostro ordinamento, occupano una posizione di preminenza rispetto alla legislazione
ordinaria statale;
— le fonti dell’ordinamento statale. Vi rientrano le leggi ordinarie e gli atti
aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi), il referendum abrogativo e i regolamenti interni degli organi costituzionali; ad un gradino
inferiore si pongono i regolamenti dell’esecutivo, che non possono essere
in contrasto con le fonti legislative ordinarie;
— le fonti regionali. In questo caso il riferimento è agli Statuti regionali (per
i quali, dopo la riforma della L. cost. 1/1999, si è parlato addirittura di
«fonti paracostituzionali»), alle leggi regionali e ai regolamenti regionali;
.
385
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
S.
p.
— le fonti locali, vale a dire gli Statuti comunali e provinciali e i regolamenti
approvati dagli stessi enti;
— le fonti esterne all’ordinamento, vale a dire quelle che vengono recepite
nell’ordinamento costituzionale italiano in virtù dell’appartenenza del nostro paese alla Comunità internazionale.
6. LA COSTITUZIONE
br
i
La Costituzione è la legge fondamentale di un paese, l’atto che delinea
le sue caratteristiche essenziali, descrive i valori e i principi che ne sono alla
base, stabilisce l’organizzazione politica su cui si regge.
La Costituzione può essere:
©
Es
se
li
— ottriata, se viene unilateralmente concessa dal sovrano, come è accaduto per la nostra previgente Costituzione, lo Statuto albertino;
— votata, se viene adottata da un organo democraticamente eletto o viene comunque approvata
dal corpo elettorale (ad esempio attraverso un plebiscito, come accadde per la Costituzione
della Repubblica francese);
— flessibile, quando può essere modificata dagli ordinari strumenti legislativi senza richiedere
un procedimento particolare;
— rigida, quando è assolutamente immodificabile oppure è modificabile solo attraverso un procedimento aggravato rispetto a quello ordinario, se non altro in quanto richiede una maggioranza più ampia.
Si definisce rigida in senso debole quella Costituzione che non prevede alcun controllo sulla
conformità ad essa delle leggi ordinarie; rigide in senso forte sono, invece, quelle Costituzioni che tale controllo prevedono, o autorizzando ogni giudice a disapplicare le leggi incostituzionali, oppure istituendo un organo apposito che annulli le leggi con esse contrastanti;
— breve o corta, quando contiene soltanto le norme sull’organizzazione fondamentale dello
Stato e alcuni diritti di libertà;
— lunga, quando riconosce, accanto alle libertà civili, i diritti politici ed economici ed enuncia
i valori e principi cui deve ispirarsi l’azione dei pubblici poteri.
ht
La nostra Costituzione è scritta, votata, rigida in senso forte e lunga.
7. LE LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE E LE ALTRE LEGGI
COSTITUZIONALI
C
op
yr
ig
L’art. 138 della Costituzione disciplina il procedimento di formazione di
un peculiare tipo di leggi, denominate appunto leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali.
Per leggi di revisione devono intendersi quelle leggi che incidono sul testo
costituzionale, modificando, sostituendo o abrogando le disposizioni in esso
contenute.
Per altre leggi costituzionali, invece, si intendono:
a) tutte quelle leggi che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione (ad es.: negli artt. 132 e 137);
b) tutte quelle leggi che si limitano soltanto a derogare una norma costituzionale, senza modificarla in via definitiva (ad es.: la legge costituzionale 6
agosto 1993, n. 1);
.
386
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
p.
c) ogni altra legge che il Parlamento voglia approvare col procedimento aggravato previsto dall’art. 138.
S.
8. LE FONTI COMUNITARIE
br
i
Con l’adesione dell’Italia alle Comunità europee la categoria delle fonti primarie include ora anche gli atti adottati dalle istituzioni comunitarie. Le Comunità europee, in quanto organizzazioni sovranazionali, possono adottare,
attraverso le loro istituzioni, atti vincolanti per gli ordinamenti giuridici degli
Stati membri.
In particolare:
se
li
— il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri;
— la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi;
— la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati.
Le decisioni sono atti aventi portata concreta, che possono indirizzarsi ad uno Stato membro
o ad altro soggetto (persona fisica o giuridica), vincolanti per il destinatario; acquistano efficacia con la semplice notifica ai destinatari (art. 254);
— le raccomandazioni e i pareri. Trattasi di atti sforniti di efficacia precettiva e vincolante che
è peraltro difficoltoso distinguere concretamente fra loro.
Es
9. LE LEGGI ORDINARIE DELLO STATO
ht
©
A) Nozione di legge ordinaria e precisazioni terminologiche
Per leggi ordinarie si intendono gli atti deliberati dal Parlamento secondo
il procedimento disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli articoli 70 e ss.
della Costituzione e, più ampiamente, dai regolamenti parlamentari.
L’appartenenza al tipo legge ordinaria comporta l’assoggettamento a un regime giuridico peculiare, sinteticamente riassunto dall’espressione forza o
valore di legge.
In particolare la legge:
ig
a) è idonea a modificare o abrogare, nell’ambito della sua competenza, qualsivoglia disposizione vigente, fatta eccezione per quelle di rango costituzionale;
b) è in grado di resistere all’abrogazione e alla modificazione da parte di fonti ad essa subordinate;
c) può essere soggetta al controllo di conformità alla Costituzione e alle altre disposizioni di
rango costituzionale soltanto da parte della Corte costituzionale;
d) può essere sottoposta a referendum abrogativo ex articolo 75 Cost.
C
op
yr
B) Leggi formali e materiali. Leggi meramente formali
Per leggi in senso formale si intendono quegli atti deliberati dalle due
Camere o dagli altri organi cui è costituzionalmente attribuita la funzione
legislativa (Consigli regionali e Consigli provinciali di Trento e Bolzano) secondo il procedimento disciplinato dagli artt. 70 e ss. Cost., dai regolamenti
parlamentari, dagli Statuti regionali e dai regolamenti dei Consigli regionali e
provinciali.
.
387
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
S.
p.
Per leggi in senso materiale si intendono tutti gli atti a contenuto normativo, indipendentemente dagli organi che li pongono in essere e quale che sia
il procedimento della loro formazione (anche gli atti aventi forza di legge del
Governo rientrano in questa categoria).
La dottrina ha delineato anche la figura delle leggi meramente formali che, pur essendo rivestite della forma di legge, non hanno contenuto normativo, non sono in grado, cioè, di innovare il
diritto oggettivo. Rientrano in tale categoria le leggi di approvazione del rendiconto consuntivo.
br
i
C) Riserva di legge
La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie o oggetti alla legge attraverso l’istituto della riserva di legge.
Le riserve si distinguono in:
Es
se
li
— riserve assolute, che escludono la possibilità di determinare certe materie con fonti di grado
secondario, lasciando tale determinazione solo alla legge o a atti aventi forza di legge;
— riserve relative, in base alle quali l’intervento della legge è previsto solo per definire le caratteristiche fondamentali della disciplina, lasciando spazio alle fonti secondarie di intervenire
per definirla compiutamente;
— riserve di legge costituzionale, quando la materia è affidata a leggi costituzionali (ad es.:
artt. 71, 116, 132, 137 comma 1 Cost.). In tal caso la riserva è sempre assoluta;
— riserve di legge formale, quando si riferiscono solo alla legge formale, approvata dal Parlamento, e non anche gli atti equiparati alla legge o alla legge regionale (ad es.: artt. 77 e 78
Cost.);
— riserve rinforzate, quando la Costituzione, nel riservare la materia alla legge, determina
anche ulteriori limiti di contenuto (ad es.: art. 16 Cost.);
— riserve implicite, quando non sono espressamente previste dalla Costituzione (ad es.: l’articolo 72, nel riservare alcune leggi al procedimento ordinario, a maggior ragione vuole escludere dall’ambito delle materie da esse disciplinate interventi di fonti secondarie).
ig
ht
©
D) Principio di irretroattività
L’art. 11, comma 1 delle disposizioni preliminari al codice civile recita: «La
legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo». Trattasi di
disposizione che, essendo di rango primario, può essere derogata o abrogata
da altre norme di legge. Il principio di irretroattività assurge a rango costituzionale solo in materia penale, secondo quanto dispone l’articolo 25 Cost.:
«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore
prima del fatto commesso».
yr
10. GLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE: I DECRETI LEGISLATIVI O
DELEGATI
C
op
I decreti delegati sono atti aventi forza di legge emessi dal Governo sulla
base di una legge-delega del Parlamento che, in base all’art. 76 Cost., deve
contenere:
— i principi ed i criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi;
— il limite di tempo entro il quale il Governo deve legiferare;
— l’oggetto «definito» del decreto.
.
388
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
p.
11. I DECRETI-LEGGE
S.
L’art. 77 Cost. dispone che in casi straordinari di necessità e di urgenza, il
Governo può, sotto la sua responsabilità, adottare provvedimenti provvisori
con forza di legge, ma il giorno stesso deve presentarsi alle Camere per la
conversione. Queste ultime, anche se sciolte, vengono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
A) Necessità ed urgenza
li
br
i
Presupposto indefettibile affinché il Governo possa legittimamente emettere decreti-legge è
la ricorrenza di una situazione di necessità ed urgenza per far fronte alla quale si renda necessario un intervento tempestivo, quale non può essere la legge ordinaria con il suo lungo procedimento di formazione.
Tale situazione di necessità ed urgenza potrebbe essere data da un fatto naturale, come un
terremoto o un’alluvione, ma potrebbe trattarsi anche di «un vuoto legislativo causato da una
sentenza della Corte costituzionale che richieda di essere colmato» (MARTINES).
B) Controllo sui presupposti per la decretazione d’urgenza
se
Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e urgenza che giustificano l’uso
del decreto-legge può essere svolto da tre diversi organi:
Es
1) dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto;
2) dal Parlamento;
3) dalla Corte costituzionale, tenuto conto che i presupposti del decreto-legge sono previsti
dalla Costituzione, in via successiva e nell’ipotesi in cui sia sollevata la questione di incostituzionalità.
C) La conversione del decreto-legge
C
op
yr
ig
ht
©
In base all’art. 77 Cost., il decreto-legge deve essere convertito in legge entro 60 giorni o perde
la sua efficacia sin dall’inizio. In passato, però, quasi mai le Camere riuscivano a rispettare tale
termine, soprattutto a causa delle lungaggini parlamentari e delle divisioni in seno alle maggioranze. Di fronte all’inerzia del legislatore, il Governo cominciò a riprodurre in nuovi decreti il
contenuto dei decreti non convertiti in 60 giorni, eventualmente tenendo conto degli emendamenti approvati dalle Camere. Con la storica sentenza 360/1996 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la pratica di reiterare decreti legge non convertiti.
In sede di conversione possono essere introdotti emendamenti al testo del decreto: gli emendamenti aggiuntivi (che aggiungono, cioè, qualcosa al contenuto del decreto) hanno sicuramente efficacia ex nunc, operano cioè solo per l’avvenire. Maggiori problemi pongono, invece, gli
emendamenti che modificano o sopprimono disposizioni contenute nel decreto: in tal caso si
può parlare di conversione parziale? E che efficacia hanno tali emendamenti? Premesso che i
regolamenti parlamentari e la stessa legge n. 400 del 1988 ammettono la conversione parziale, c’è
da dire che l’emendamento soppressivo e quello modificativo escludono la conversione d’una parte
del decreto, che perde efficacia sin dall’inizio in virtù dell’art. 77, comma 3, Cost. In più, l’emendamento modificativo introduce una disposizione nuova, che produce effetti dal giorno successivo alla pubblicazione della legge, salvo che questa non disponga diversamente (come prevede
l’art. 15, L. 400/1988).
Anche quando il decreto non viene convertito, il legislatore ordinario può intervenire a disciplinare i rapporti sorti sulla sua base attraverso una apposita legge di sanatoria o convalida.
Tale salvezza non può, invece, essere offerta da un successivo decreto, in quanto a ciò si oppone
sia l’art. 15, L. 400/1988 che lo stesso art. 77 Cost.
.
389
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
p.
D) I limiti della decretazione d’urgenza
L’art. 15 della L. 400/1988 individua una serie di limiti alla decretazione d’urgenza. Il decretolegge non può:
i
S.
a) conferire deleghe legislative;
b) provvedere nelle materie indicate nell’art. 72, comma 4, Cost.;
c) rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con
il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti;
e) ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi
non attinenti al procedimento.
br
Pur essendo contenuti in una disposizione di legge ordinaria, tali limiti possono essere implicitamente desunti dalla Costituzione.
12. IL REFERENDUM ABROGATIVO
se
li
Il referendum è il più importante istituto di democrazia diretta. Grazie ad
esso i cittadini possono esprimere il loro parere direttamente, senza la mediazione del Parlamento.
L’ ordinamento italiano prevede i seguenti tipi di referendum:
Es
— abrogativo, disciplinato dall’art. 75 Cost., volto ad abrogare in tutto o in parte una legge o un
atto avente forza di legge;
— costituzionale o sospensivo, previsto per le leggi di revisione costituzionale ex art. 138;
— territoriale, per modificazioni territoriali di Regioni, Province e Comuni (art. 132 Cost.);
— consultivo, ammesso soltanto a livello regionale o locale;
— di indirizzo, identificabile con una sorta di plebiscito e in realtà tenutosi solo nel 1989 quando
agli elettori fu chiesto di esprimersi sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo che sarebbe stato eletto di lì a poco.
©
Solo il referendum abrogativo, però, costituisce fonte del diritto. Esso, infatti, è capace di invocare
il diritto oggettivo in negativo, abrogando disposizioni preesistenti di leggi o atti aventi forza di legge.
L’istituto del referendum sarà trattato in maniera più approfondita nel Cap. IV.
ht
13. LE FONTI SECONDARIE
La categoria delle fonti secondarie comprende tutti gli atti espressione del potere normativo
della Pubblica Amministrazione statale (Governo, Ministri, Prefetti etc.) o di altri enti pubblici
(Comuni, Regioni, Province ed altri enti).
ig
Si tratta di atti formalmente amministrativi che:
yr
— non possono derogare né contrastare con le norme costituzionali;
— non possono derogare né contrastare con tutti gli atti legislativi ordinari (fonti primarie): perciò
si dice che non hanno forza né valore di legge, ma solo forza normativa, cioè non possono
equipararsi alle leggi, ma nei limiti di esse hanno una loro forza giuridica quali fonti di diritto;
— possono modificare le leggi (ordinarie) solo se una legge ordinaria abbia «delegificato» una
materia, autorizzando atti del potere esecutivo (di solito regolamenti) a disporre norme (in
quella materia) che hanno la stessa forza di quelle emanate con legge.
op
A) I regolamenti dell’Esecutivo
C
I regolamenti sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del potere
esecutivo, aventi forza normativa (sostanzialmente normativi), in quanto contenenti norme destinate a innovare l’ordinamento giuridico.
.
390
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
S.
p.
Caratteri generali dei regolamenti sono la generalità (intesa come indeterminabilità dei destinatari e, quindi, «idoneità di ripetizione nell’applicazione della norma»), l’astrattezza (vista come
«capacità di regolare una serie indefinita di casi») e l’innovatività (intesa come «capacità a concorrere a costituire o a innovare l’ordinamento giuridico», ossia ad immettere nuove norme nel
tessuto ordinamentale).
Principale norma attributiva è l’art. 17 della L. 400/1988, che, per l’appunto, funge da clausola
generale di attribuzione del potere regolamentare.
䉴 Regolamenti esterni: sono fonti del diritto espressione del potere
di supremazia di cui il potere esecutivo dispone verso tutti i consociati
i
䉴 Regolamenti interni: si tratta di atti espressione del potere pararegolamentare, che regolano l’organizzazione interna di un organo
o ente; obbligano solo coloro che fanno parte dell’ufficio (o organo
o ente) e non sono fonti del diritto
br
Classificazione in
base ai destinatari
li
䉴 Regolamenti di esecuzione: specificano una disciplina di rango
legislativo con norme di dettaglio
䉴 Regolamenti di attuazione e di integrazione: completano i principi fissati da leggi e decreti legislativi
se
䉴 Regolamenti indipendenti: disciplinano materie in cui l’intervento
di norme primarie non si sia ancora configurato (purché non si
tratti di materie soggette a riserva di legge)
Classificazione in
base al contenuto
(L. 400/1988)
Es
䉴 Regolamenti di organizzazione: disciplinano l’organizzazione e
il funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo disposizioni dettate dalla legge
䉴 Regolamenti delegati o autorizzati: regolamenti che derogano a disposizioni di legge, abrogando discipline di rango legislativo; ne è un
esempio il regolamento di delegificazione (art. 17, L. 400/1988) con il
quale il Governo può sostituire con disciplina regolamentare norme
di leggi vigenti in materie non soggette a riserva assoluta di legge
©
䉴 Regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie: la legge
comunitaria annuale può autorizzare il Governo ad attuare le
direttive comunitarie tramite regolamento (art. 11, L. 11/2005)
ht
䉴 Non possono derogare o contrastare la Costituzione
䉴 Non possono derogare o contrastare le leggi ordinarie
䉴 Non possono regolare materie riservate alla legge dalla Costituzione
yr
ig
Limiti dei
regolamenti
䉴 Non possono derogare al principio di irretroattività della legge
䉴 Non possono contenere sanzioni penali
䉴 Se emanati da autorità inferiori, non possono contrastare con regolamenti emanati da autorità gerarchicamente superiori
䉴 Non possono derogare ad istituti fondamentali dell’ordinamento
䉴 Non possono disciplinare materie di competenza regionale, salvo
espressa disposizione della legge statale
op
B) Le ordinanze
C
In generale, non è possibile definire con precisione il concetto di ordinanza, in quanto con
questo termine ci si suole riferire a diversi tipi di atti, non necessariamente emanati dall’autorità
amministrativa.
.
391
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
S.
p.
Nel campo del diritto amministrativo per «ordinanze» si intendono tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono «ordini».
Le ordinanze, per essere fonti del diritto, devono avere carattere normativo, e cioè creare delle
regole generali ed astratte.
14. LE FONTI REGIONALI
br
i
A) Gli Statuti regionali
La principale fonte dell’ordinamento regionale è costituita dallo Statuto,
atto con il quale l’ente disciplina la propria organizzazione ed il proprio funzionamento per tutte le attività non regolate direttamente dalla Costituzione.
Attualmente è possibile distinguere tra:
Es
se
li
a) gli Statuti delle 5 Regioni speciali (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige,
Friuli-Venezia Giulia) che sono tali solo di nome, in quanto hanno forma e sostanza di leggi
costituzionali: non sono, cioè, espressione di autonomia, pur costituendo la base dell’ordinamento regionale. Tali leggi hanno un ambito territoriale limitato e sono in grado di derogare
alla Costituzione, purché ciò sia necessario per garantire alle Regioni forme e condizioni
particolari di autonomia (art. 116 Cost.);
b) gli Statuti delle Regioni ordinarie. Si tratta di atti che, in seguito alla riforma costituzionale
operata dalla L. cost. 1/99, devono essere approvati e modificati dal Consiglio regionale con
legge adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive
ad intervallo non minore di due mesi.
La procedura particolarmente elaborata per l’approvazione (che richiama in molti punti quella
adottata per l’approvazione delle leggi di riforma costituzionale) e il contenuto parzialmente
vincolato (la Costituzione individua esplicitamente alcuni argomenti che devono essere disciplinati) fanno degli Statuti delle fonti sovraordinate rispetto alle leggi ordinarie delle
Regioni, con la conseguenza che spetterebbe alla Corte costituzionale valutare la conformità
di queste ultime rispetto alle disposizioni dello Statuto (BARBERA-FUSARO).
ht
©
B) Le leggi regionali
La Costituzione attribuisce alla Regione la potestà di adottare atti aventi
valore di legge ordinaria nelle materie indicate dall’art. 117 e con un’efficacia
limitata al solo territorio regionale.
Alla luce della nuova formulazione dell’articolo 117 Cost., in seguito alle modifiche apportate dalla legge costituzionale 3/2001, la potestà legislativa delle Regioni può essere:
op
yr
ig
— bipartita o concorrente. In questo caso «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato» (art. 117, comma 3, Cost.). Nelle materie indicate, infatti, le leggi regionali devono rispettare i principi generali
fissati dal legislatore statale, principi che non possono essere derogati dal legislatore regionale;
— esclusiva o residuale. L’art. 117 Cost. fornisce un primo elenco di materie di esclusiva competenza statale, cui fa seguito un elenco di materie in cui vi è una potestà legislativa concorrente (Stato e Regioni); per tutte le materie non indicate in questi due elenchi l’articolo in
questione attribuisce una potestà legislativa esclusiva alle Regioni, escludendo qualunque
vincolo introdotto con legge dello Stato, anche di semplice indirizzo e coordinamento (si
potrebbe parlare in questo caso di leggi primarie a competenza territoriale limitata).
C) I regolamenti regionali
C
La potestà regolamentare delle Regioni è esplicitamente prevista dall’art. 117, comma 6, Cost.
secondo il quale queste la esercitano nelle materie in cui non vi è una competenza legislativa esclu-
.
392
A
Libro V: Elementi di diritto pubblico
p.
siva dello Stato. Anche in queste materie, tuttavia, la potestà regolamentare può essere delegata
dallo Stato alle Regioni.
S.
15. LE FONTI LOCALI
A) Gli Statuti comunali, provinciali e delle Città metropolitane
i
Secondo il nuovo testo dell’articolo 114 Cost., i Comuni, le Province e le Città metropolitane
sono «enti autonomi con propri Statuti» elaborati «secondo i principi fissati dalla Costituzione»;
con la nuova versione dell’articolo vengono introdotti nella nostra Carta fondamentale due principi di fondamentale importanza:
li
br
— in primo luogo è riconosciuta esplicitamente un’autonomia statutaria anche agli enti territoriali diversi dalla Regione. In precedenza, infatti, tale autonomia trovava il suo fondamento
soltanto nella legislazione ordinaria, e precisamente nell’articolo 4 della L. 142/90, successivamente confluito nell’art. 6 del D. Lgs. 267/2000 (Testo unico enti locali);
— in secondo luogo vengono posti come unico limite alle previsioni statutarie «i principi fissati
dalla Costituzione». I limiti all’autonomia statutaria, sono, in realtà, più stringenti, così come
precisato dalla L. 131/2003.
se
B) I regolamenti comunali, provinciali e delle Città metropolitane
©
Es
La potestà regolamentare dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, in seguito
alla riforma operata con la L. cost. 3/2001, è riconosciuta dall’art. 117, comma 6, Cost., secondo il
quale tali enti possono esercitarla «in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite».
La disposizione in esame deve essere coordinata con l’art. 7 del D. Lgs. 267/2000 (Testo unico
degli enti locali) che, con riferimento esclusivamente ai Comuni e alle Province, specifica che tali
enti «nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello Statuto, adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per
l’esercizio delle funzioni». Dalla norma in esame si evince che i regolamenti degli enti locali
costituiscono una fonte secondaria del diritto, in quanto devono rispettare sia le prescrizioni
dello Statuto sia i principi fissati con legge dello Stato.
ht
16. LE FONTI INTERNAZIONALI
Tradizionalmente le fonti dell’ordinamento giuridico internazionale sono distinte in:
C
op
yr
ig
1) norme consuetudinarie, ivi compresi i principi generali di diritto (riconosciuti dalle nazioni
civili) che ne costituiscono una particolare categoria e che si indirizzano, generalmente, a
tutti i membri della Comunità internazionale. Ad esse l’ordinamento nazionale si conforma
attraverso il rinvio operato dall’art. 10 Cost.;
2) norme convenzionali, o norme poste in essere da trattati internazionali. Sono fonti vincolanti solo per i soggetti che hanno concorso alla loro formazione. Le norme convenzionali possono essere distinte in formali e materiali, a seconda che istituiscono ulteriori fonti di produzione di norme o regolino direttamente i rapporti giuridici fra gli Stati contraenti. Ad esse l’ordinamento italiano si conforma attraverso un procedimento ordinario o un procedimento speciale (vedi infra);
3) atti vincolanti delle organizzazioni internazionali. Sono fonti previste da regole formali
contenute in accordi istitutivi, che hanno efficacia solo per gli Stati che hanno aderito all’accordo. I più importanti di tali atti sono quelli emanati delle istituzioni comunitarie.
.
393
A
Capitolo II: Le fonti dell’ordinamento giuridico italiano
p.
L’ordinamento italiano prevede diverse procedure attraverso le quali le fonti dell’ordinamento internazionale vengono introdotte in quello nazionale (cd. adattamento del diritto interno al
diritto internazionale), vale a dire:
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
— procedimento speciale (o mediante rinvio), che opera un adattamento automatico alle norme
internazionali generalmente riconosciute, ossia le consuetudini. Ai sensi dell’art. 10 Cost., tali
norme esplicano piena efficacia e pieno vigore all’interno dell’ordinamento giuridico statale
sulla base del semplice rinvio al diritto internazionale consuetudinario, senza necessità di
alcun recepimento formale da parte del legislatore.
L’articolo prima citato opera un cd. rinvio mobile alle norme consuetudinarie, che verranno
applicate nell’ordinamento giuridico italiano dal momento in cui e fin quando esistono per
l’ordinamento internazionale, senza la necessità di recepire in modo esplicito le sue disposizioni (secondo PERASSI si tratta di un «trasformatore permanente» del diritto internazionale nel diritto interno).
Le norme internazionali così introdotte, trovando il loro fondamento nell’art. 10, prevalgono
sulle leggi ordinarie e sugli atti ad esse equiparate, che se in difformità con le prime, vengono
considerate incostituzionali;
— procedimento speciale, che attua l’adattamento ai trattati internazionali mediante l’ordine di
esecuzione. Con tale atto è automaticamente recepito il testo del trattato, che viene immediatamente applicato. L’ordine di esecuzione («Piena ed intera esecuzione è data al trattato…»,
segue il testo dello stesso) è di solito dato con legge ordinaria, ma può essere attuato anche
con legge costituzionale o con atto amministrativo. Le norme pattizie in tal modo recepite
acquistano il rango dell’atto in cui l’ordine di esecuzione è contenuto;
— procedimento ordinario, mediante il quale le norme internazionali (consuetudinarie o pattizie) vengono riformulate in norme interne, che ne riproducono o specificano il contenuto. Di
solito si ricorre a questo procedimento per dare attuazione alle norme non self-executing, vale
a dire non suscettibili di produrre direttamente obblighi e diritti, e che necessitano di un’ulteriore attività normativa integrativa per essere applicate negli ordinamenti interni.
Scarica